RAPPORTO STATISTICO 2010

il Veneto si racconta , il Veneto si confronta

Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Interconnessione : Reti e Sinergie

Le reti sociali dello sviluppo

Capitolo 1

Qualità della rete abitativa

Capitolo 2

Centro e periferia: diversi sistemi di mobilità

Capitolo 3

Famiglia e solidarietà

Capitolo 4

La qualità della rete educativa

Capitolo 5

Vivere la rete lavorativa


Le reti economiche

Capitolo 6

Le interconnessioni del sistema economico

Capitolo 7

La rete mercantile

Capitolo 8

La rete agroalimentare veneta

Capitolo 9

Le sinergie per la montagna

Capitolo 10

Le reti produttive

Capitolo 11

La rete distributiva

Capitolo 12

Turismo: sinergia tra settori e reti tra individui


Le istituzioni e i servizi

Capitolo 13

Lavorare in rete per la salute

Capitolo 14

Il modello veneto di integrazione dei servizi sociali e socio-sanitari

Capitolo 15

Pubblica amministrazione, servizi per il cittadino e per l'impresa

Capitolo 16

Le reti telematiche in Veneto

Capitolo 17

Le reti di controllo dell'ambiente e del territorio

Capitolo 18

Reti istituzionali oltre confine

Capitolo 19

Modelli interistituzionali locali


Fonti

Bibliografia

Lista dei testi utilizzati

Sitografia

Lista dei siti consultati



5.2 - Pesci fuori dalla rete: più rischi per alcune persone

La crisi economica e finanziaria ha inciso pesantemente sulle finanze pubbliche, sulle imprese, sul mondo del lavoro e sulle famiglie, non facendo che acuire le problematiche sociali di lungo periodo con cui si confronta l'Europa, quali l'integrazione di una popolazione migrante sempre più numerosa e l'esclusione sociale soprattutto per certe tipologie di persone, nello scenario più generale del persistente invecchiamento della popolazione.

Inizio Pagina  Le donne

L'analisi dell'offerta di lavoro per genere conferma il basso livello di partecipazione della componente femminile della popolazione, nonostante la crescita occupazionale degli anni precedenti sia stata trainata di molto anche dalle donne. Rispetto agli uomini il gap è ancora molto forte: nel 2008 il tasso di occupazione femminile in Italia è pari al 47,2% contro quello maschile del 70,3%; inoltre, il tasso di disoccupazione delle donne si attesta all'8,5%, tre punti percentuali in più di quello degli uomini.
Migliore la situazione nella nostra regione che nel 2008 registra un tasso di occupazione femminile pari al 55,5% a fronte del 77% maschile, ma ancora distante dal target fissato a Lisbona nel 2000 che prevede un livello di occupazione medio femminile almeno del 60% entro il 2010. Migliore anche la performance del Veneto per i livelli di disoccupazione: con un tasso del 5,2% si posiziona quinta nella graduatoria regionale per i livelli più bassi di disoccupazione delle donne.
Considerando i dati più recenti del 2009, tuttavia, in media nel Veneto l'occupazione femminile diminuisce di più di quella maschile rispetto all'anno 2008: a fronte di una perdita nel numero occupati maschi pari al 2,1%, le donne lavoratrici si riducono nello stesso periodo del 2,4%. Abruzzo e Umbria sono le regioni che rilevano la maggiore diminuzione di donne occupate, mentre in Basilicata e Trentino Alto Adige le donne al lavoro aumentano di quasi il 2%. Interessante il dato della Basilicata che, a fronte della maggiore partecipazione femminile nel mercato lavorativo, registra la più intensa contrazione degli occupati maschi fra tutte le regioni (Figura 5.2.1).
Inoltre, se si considerano anche i cittadini italiani in Veneto inseriti in lista di mobilità, a seguito di licenziamenti individuali, la maggior parte sono donne, sebbene negli anni si assiste ad un significativo processo di riduzione della caratterizzazione femminile per una quota sempre più cospicua di maschi licenziati nelle piccole imprese. In dettaglio, considerando la composizione percentuale dei licenziamenti individuali, in Veneto nel terzo trimestre del 2009 il 41,8% sono donne italiane mentre il 36,8% uomini.
In sintesi, si può dire che la partecipazione delle donne al lavoro non solo è strettamente correlata alla condizione familiare, dal momento che sono loro a dover spesso e volentieri sostituire un'adeguata offerta di servizi o cura dei figli e degli anziani che manca, ma è anche tra quelle che risentono maggiormente quando il mercato attraversa un momento difficile.

Inizio Pagina  Gli stranieri

Evidente anche la crescita delle iscrizioni alle liste di mobilità da parte di soggetti provenienti da altri Paesi: in media nei primi tre trimestri del 2009 sono oltre il 13% i cittadini stranieri tra i licenziati collettivi e quasi il 24% tra quelli individuali.
Secondo i dati Istat, gli stranieri che cercano lavoro sono in aumento: considerando la media dei primi tre trimestri del 2009, in Veneto sono 28mila quelli che cercano un impiego, ovvero il 26,7% del numero totale di disoccupati e inoccupati che cercano nella nostra regione, quasi il 65% in più rispetto al dato del 2007. Nel contempo il tasso di disoccupazione degli stranieri, in diminuzione negli ultimi anni, torna a salire e nel 2008 nel Veneto è pari all'8,9%, 0,3 punti percentuali in più dell'anno prima, contro il 2,9% degli italiani.
In diminuzione nella nostra regione anche il tasso di occupazione degli stranieri, pari al 68,5% nel 2008 contro il 69,6% del 2007; in particolare, è il tasso maschile a ridursi in maniera significativa dal momento che passa dall'88,2% del 2007 all'84,5% nell'anno dopo, viceversa i livelli occupazionali delle donne immigrate nello stesso periodo aumentano di oltre due punti percentuali e mezzo.

Inizio Pagina  I giovani

Rispetto ai coetanei di altri Paesi i nostri giovani incontrano il lavoro in età molto avanzata e con conoscenze spesso poco spendibili anche per l'assenza di un vero contatto con il mondo del lavoro mentre si studia. La difficile transizione dal mondo dell'istruzione a quello del lavoro è una delle principali criticità del nostro Paese: da un lato, tale transizione ha spesso tempi molto lunghi che alimentano preoccupanti fenomeni di disoccupazione, anche intellettuale, dall'altro è piuttosto alta la percentuale di lavoratori con un titolo di studio alto utilizzato in maniera non coerente. E in un periodo critico come questo i giovani rischiano ancora di più di restare troppo a lungo fuori dalla rete lavorativa; occorrono interventi integrati e strutturati di politiche attive del lavoro che accorcino i tempi di attesa e rendano più fluidi e trasparenti i meccanismi che regolano l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, anticipando tra l'altro il contatto tra lo studente e l'impresa.
Nel 2008 in Italia il tasso di disoccupazione giovanile, diminuito in maniera consistente negli ultimi anni, torna a salire tanto da registrare un valore pari a 21,3%; migliore la situazione del Veneto che si distingue per essere la seconda regione con il tasso di disoccupazione giovanile più basso nella graduatoria regionale con
meno di 11 ragazzi tra i 15 e i 24 anni su 100 delle corrispondenti forze lavoro che cercano un'occupazione, ma che rispetto all'anno precedente aumenta di oltre due punti percentuali.
Le regioni meridionali mantengono come sempre le distanze dalle altre regioni, mentre la regione con la migliore performance è il Trentino Alto Adige (7,1%). Rispetto al 2007, sono poche le regioni che mantengono il trend di decrescita iniziato già da qualche anno: Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Puglia (Figura 5.2.2).

Inizio Pagina  Fantasmi nella rete: il lavoro nero

L'acuirsi della crisi non giova poi a risolvere il vecchio problema del lavoro irregolare, anzi sembra quasi generare nelle persone una specie di ulteriore legittimazione. Se da una parte la crisi aumenta la disoccupazione e la difficoltà a ricollocarsi velocemente trovando un lavoro regolare, dall'altra molte persone tendono in queste situazioni a preferire il lavoro nero per continuare a usufruire degli ammortizzatori sociali.
Gli ultimi dati Istat del 2009 evidenziano che in Italia sono non regolari quasi 3 milioni di unità di lavoro, per un tasso di irregolarità, ovvero l'incidenza delle unità di lavoro non regolari sul totale, pari al 12,2% contro il 13,8% del 2001.
Non disponendo di dati regionali per il 2009, l'anno appunto della crisi, consideriamo comunque le elaborazioni di Veneto Lavoro sui risultati delle ispezioni condotte dall'Inps tra il 2006 e il 2008. In Veneto, che si distingue da anni per una situazione qualitativa superiore alla media nazionale con livelli di irregolarità lavorativa più bassi, a fronte di una crescita in questo periodo del numero di aziende irregolari su quelle visitate, i lavoratori in nero sembrano diminuire. Infatti, se da una parte si rileva che nel 2008, tra le aziende visitate, sono il 78,5% quelle che presentano una qualche situazione di non regolarità (Nota 1) contro il 72,9% di due anni prima, dall'altra si registra tra il 2006 e il 2008 quasi il 42% in meno di lavoratori in nero scoperti a fronte di circa lo stesso numero di aziende visitate (Figura 5.2.3).
Il settore con maggiore presenza di lavoro sommerso è il commercio che assorbe nel 2008 oltre il 36% dei lavoratori in nero, seguono l'industria (23,9%) e l'artigianato (21,8%). Inoltre, il commercio è anche quello con la maggiore quota di aziende irregolari su quelle visitate, oltre l'83% nel 2008. Sono soprattutto le piccole imprese ad usufruirne; il 52,1% dei lavoratori scoperti sono stranieri, per lo più extracomunitari, mentre il 2,6% sono pensionati e l'1,7% hanno il doppio lavoro.

Figura 5.2.1
Variazione percentuale 2009/2008 del numero di occupati per sesso e per  regione
Figura 5.2.2
Graduatoria del tasso di disoccupazione giovanile per regione - Anno 2008
Figura 5.2.3
Percentuale di aziende con irregolarità su aziende visitate e lavoratori in nero. Veneto - Anni 2006:2008


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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.