RAPPORTO STATISTICO 2010

il Veneto si racconta , il Veneto si confronta

Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Interconnessione : Reti e Sinergie

Le reti sociali dello sviluppo

Capitolo 1

Qualità della rete abitativa

Capitolo 2

Centro e periferia: diversi sistemi di mobilità

Capitolo 3

Famiglia e solidarietà

Capitolo 4

La qualità della rete educativa

Capitolo 5

Vivere la rete lavorativa


Le reti economiche

Capitolo 6

Le interconnessioni del sistema economico

Capitolo 7

La rete mercantile

Capitolo 8

La rete agroalimentare veneta

Capitolo 9

Le sinergie per la montagna

Capitolo 10

Le reti produttive

Capitolo 11

La rete distributiva

Capitolo 12

Turismo: sinergia tra settori e reti tra individui


Le istituzioni e i servizi

Capitolo 13

Lavorare in rete per la salute

Capitolo 14

Il modello veneto di integrazione dei servizi sociali e socio-sanitari

Capitolo 15

Pubblica amministrazione, servizi per il cittadino e per l'impresa

Capitolo 16

Le reti telematiche in Veneto

Capitolo 17

Le reti di controllo dell'ambiente e del territorio

Capitolo 18

Reti istituzionali oltre confine

Capitolo 19

Modelli interistituzionali locali


Fonti

Bibliografia

Lista dei testi utilizzati

Sitografia

Lista dei siti consultati



3.1 - Nuovi equilibri nelle relazioni familiari

Le profonde trasformazioni demografiche e sociali che hanno investito i Paesi sviluppati nel corso degli ultimi decenni hanno contribuito a modificare intimamente la struttura della famiglia e, quindi, la natura delle relazioni familiari.
La struttura familiare tende ad allontanarsi sempre più dal modello tradizionale, risultando quanto mai frammentata e destrutturata, con una dimensione media ad oggi di 2,4 componenti in Veneto, quando trent'anni fa, nel 1978, era di 3,3 individui. La persistente bassa fecondità, la propensione dei giovani a rimandare il momento di creare una propria famiglia e di diventare genitori, il progressivo invecchiamento e l'instabilità coniugale hanno, infatti, portato a un aumento delle persone sole e delle coppie senza figli.
L'assottigliamento della dimensione familiare è poi il risultato della disgregazione delle famiglie allargate, un tempo piuttosto diffuse in Italia, specie in Veneto, dove la struttura agricola e insediativa faceva da sfondo a famiglie di dimensioni superiori rispetto a quelle di altre regioni, comprese quelle meridionali. Vivere in una famiglia multi-generazionale era anche una strategia per ottimizzare le risorse materiali ed economiche. Oggi, nonostante l'allungamento della sopravvivenza abbia contribuito a far crescere il numero delle generazioni contemporaneamente in vita, la compresenza di più generazioni all'interno della stessa famiglia è un fenomeno raro; i figli sposati scelgono di non vivere in casa con i genitori, preferendo piuttosto la prossimità abitativa a breve o brevissima distanza, caratteristica questa propria della cultura familiare italiana e che può essere vista come un'evoluzione della famiglia allargata. Nel 2008 le famiglie complesse, ossia con più nuclei, sono in Veneto il 7% del totale delle famiglie, quelle a due generazione appena l'1,3% (Figura 3.1.1).
Sempre più dominante è, dunque, il modello di famiglia nucleare, ossia con un solo nucleo, di solito una coppia con o senza figli, talvolta con la presenza di un altro familiare, generalmente un genitore vedovo.
Si affermano, inoltre, nuove forme di vita familiare, come le famiglie ricostituite, quelle monogenitoriali o le libere unioni, vissute non più come passo preliminare al matrimonio ma come forma stabile alternativa alle nozze e che prevedono anche la nascita di figli. Questi nuovi soggetti familiari richiedono un'attenzione particolare anche per la problematicità dei rapporti che si instaurano nella ricerca di equilibri nuovi.
Tali trasformazioni interessano la gran parte dei Paesi europei, anche più del nostro, tanto che il modello della famiglia italiana continua a conservare una sua specificità nel contesto europeo, per la maggiore solidità e durata della storia familiare, l'elevata età a diventare genitori, i livelli straordinariamente bassi di fecondità, la minore frequenza di convivenze non matrimoniali e di nascite fuori dal matrimonio.
Oltre a ciò, la crescente partecipazione al mondo del lavoro delle donne sta avendo un impatto decisivo sulla vita familiare, richiedendo una riorganizzazione dei tempi e dei carichi di lavoro, delle reciproche responsabilità e quindi delle relazioni intra e intergenerazionali.
La natura delle relazioni familiari è strettamente legata al ciclo di vita della famiglia, all'età e al ruolo dei suoi componenti. Di seguito si focalizza l'attenzione su alcune fasi particolari della vita: il momento di assumersi le proprie responsabilità e uscire di casa per formarsi una propria famiglia o in generale per acquisire autonomia, il passaggio da genitori a nonni e la delicata fase dell'infanzia e il rapporto con mamma e papà.

Inizio Pagina  Scegliere di diventare adulti

Il periodo tra i 18 e i 34 anni rappresenta una fase importante della vita, di grandi cambiamenti e progettualità e i giovani europei dimostrano di affrontarla secondo modalità e tempi assai diversi, innanzitutto per l'età in cui decidono di lasciare la famiglia dei genitori e iniziare una vita autonoma e indipendente. Nei Paesi dell'Europa nord-occidentale, ad esempio, il distacco dalla famiglia di origine avviene prima che nell'area orientale e meridionale, di solito entro i 25 anni, addirittura poco dopo il raggiungimento della maggiore età nei Paesi scandinavi. In Italia vi è, invece, la tendenza a restare con i genitori fin oltre i 30 anni, un fenomeno sempre più diffuso che sta investendo anche le regioni del Sud, dove fino a qualche anno fa i giovani erano più propensi a formarsi presto una propria famiglia e a diventare genitori.
Tra i giovani italiani di età 18-34 anni ben il 66% dei maschi e il 53% delle femmine, nel 2008, vive ancora in condizione di figlio nella famiglia di origine. In Veneto, le percentuali sono inferiori, pari rispettivamente al 61% e al 48,3%, tuttavia si tratta di valori particolarmente elevati, di molto superiori alla media europea e a quanto osservato anche in altri Paesi mediterranei. All'opposto, in Svezia, ciò riguarda appena il 12% dei ragazzi e il 10% delle ragazze della stessa età.
Seguono un modello a sé le società dell'Est Europa, dove i giovani, rispetto alla media UE15, escono più tardi di casa, ma diversamente sono propensi ad avere figli prima (entro i 34 anni il 44% delle femmine e il 28% dei maschi ha già bambini contro rispettivamente il 31% delle ragazze e il 16% dei ragazzi dei Paesi UE15), e soprattutto, anche in questo caso, seppur sposati con una propria famiglia, tendono a rimanere più frequentemente a vivere con i genitori in una famiglia di tipo allargata, a due generazioni (Figura 3.1.2).
Alla base vi è un aspetto culturale, ma non solo. In Italia in particolare, ma più in generale nei Paesi mediterranei, il legame tra genitori e figli ha sicuramente una natura diversa, è più forte e si mantiene a lungo intenso; i genitori tendono a investire molto sui figli, sia affettivamente che materialmente, particolarmente protettivi sembrano disposti a sacrificarsi di più per il loro bene e a ospitarli a lungo in casa, fin tanto che non si realizzano le migliori opportunità per il futuro.
Tutto ciò va letto congiuntamente alla specificità dei regimi di welfare, in Italia assai poco generoso nei confronto dei giovani, e della famiglia in generale, tanto da essere tra i Paesi dove economicamente è più penalizzante avere figli. La mancanza di adeguati aiuti pubblici e di sufficienti ammortizzatori sociali non agevola sicuramente l'uscita di casa dei giovani italiani e soprattutto la sostenibilità di mantenersi senza l'aiuto dei genitori, visti anche i percorsi di studio più lunghi, gli alti costi delle case e degli affitti, nonché le più difficili condizioni del mercato del lavoro, meno flessibile e con stipendi più bassi di quelli goduti dai coetanei inglesi, tedeschi o francesi.
Basti pensare che, a livello nazionale, tra il 2003 e il 2007 solo il 20,8% dei ragazzi tra i 18 e i 39 anni ha lasciato la casa dei genitori e, nonostante l'intenzione, molti giovani non riescono ad abbandonare il nido. Su 100 che nel 2003 avevano dichiarato di essere certi di uscire di lì a poco, solo il 53,4% è effettivamente uscito e tra chi lo riteneva un evento probabile, solo il 24,2% l'ha visto realizzarsi.
Conquistare una propria autonomia, quindi, in Italia risulta più difficile e rischioso, e questo trova conferma nel fatto che i giovani escono di casa solo quando hanno un lavoro sufficientemente stabile con una ragionevole autonomia finanziaria e principalmente non per andare a vivere da solo ma con il partner; in Veneto solo il 6,6% dei ragazzi vive da solo, non in coppia, e il 93,3% di loro ha un lavoro su cui contare.
Diversamente accade nel Nord Europa, in particolare nei Paesi scandinavi, dove molti dei ragazzi vivono da single (in Svezia il 44% dei maschi e il 31% delle femmine) ed escono di casa mentre sono ancora studenti per frequentare l'università, riuscendo spesso a mantenersi grazie ai contributi e ai sostegni allo studio (Figura 3.1.3).

Inizio Pagina  Da genitori a nonni

Il modo in cui i giovani creano la propria famiglia ha conseguenze anche sulla struttura delle famiglie con persone di una certa età. Se i figli tendono a posticipare sempre più il momento in cui vanno a vivere per conto proprio, o, nei casi più rari in cui anche se sposati rimangono a vivere con i genitori, o vi rientrano in seguito a una separazione, allora verosimilmente i genitori, anche a una certa età, si troveranno a vivere per diverso tempo nella stessa casa con i figli adulti. Viceversa se la propensione dei giovani è di formarsi presto una vita autonoma in una casa propria, più frequentemente i genitori vivranno in coppia senza figli, o da soli se vedovi.
In Veneto quattro anziani su dieci vivono in coppia, senza figli perché nella gran parte dei casi già usciti dalla famiglia di origine, un quarto invece vive da solo. Gli anziani che vivono in contesti familiari stabili e potenzialmente più solidi sono quelli che abitano in coppia (con o senza figli) e con altri membri, che in Veneto costituiscono il 17,9% degli anziani. Non più in coppia, ma comunque con altri componenti come fratelli o più spesso figli, sono invece gli anziani che ricoprono la quota residua di famiglie (16,4%) (Figura 3.1.4).
La maggior parte degli anziani vive, quindi, da solo o in coppia, senza figli conviventi. Trattandosi di nuclei con un più limitato numero di componenti, sono famiglie più vulnerabili: in caso di estrema necessità, l'anziano, infatti, non può contare sull'assistenza immediata di un parente giovane coabitante. E allora la domanda di aiuti è indirizzata altrove: i figli che vivono fuori casa, i vicini, il volontariato del quartiere, il sistema pubblico o privato dell'assistenza. Il problema, poi, si fa ancora più sentito per gli uomini, meno abituati a fronteggiare da soli le incombenze della vita quotidiana.
La tendenza dei figli, infatti, è quella di lasciare l'anziano dove vive, fin tanto che è in buona salute, senza portarlo a casa propria, piuttosto si cerca di andare a vivere vicino, così da essere comunque presenti e poter garantire una certa assistenza. La vicinanza aiuta la frequentazione e la relazione, che per un anziano sono fondamentali sia per ridurre la percezione di solitudine, sia per dare sollievo alle attività quotidiane.
Solo nel caso in cui si crea una situazione di vedovanza, o di non autosufficienza, la coabitazione diviene più probabile; comunque si tende a trovare una sistemazione in famiglia, ricorrendo all'istituzionalizzazione solo nei casi più gravi, quando è necessaria un'assistenza specializzata o quando la famiglia è assente e lo sforzo richiesto è eccessivo.
Finché gli anziani sono in buona salute, questi rappresentano un aiuto concreto per l'accudimento dei nipoti: quando è possibile, le famiglie scelgono proprio i nonni perché garantiscono una forma di aiuto flessibile, per durata e orari, e soprattutto gratuito e fidato. Quando però le condizioni di salute dell'anziano limitano la sua autosufficienza, sono i figli a doversi prendere cura di lui. Se è vero, infatti, che la vita media si allunga e che quindi gli anziani possono vivere più a lungo, è vero anche che nell'ultima parte della vita l'anziano non sarà autosufficiente, e anzi il periodo compreso tra l'insorgere della non autosufficienza e il decesso è destinato nel tempo a dilatarsi.
Una delle preoccupazioni prioritarie per il nostro Paese e per molti dei Paesi industrializzati è, pertanto, la capacità di sostenere in futuro il crescente bisogno di cura di persone anziane, specie se gravate da problemi di salute, che sempre meno potrà essere garantito pienamente dalla sola rete familiare.
Se in passato gli anziani potevano contare sull'assistenza dei numerosi figli e delle donne di casa che non lavoravano, molti degli anziani di domani, senza figli o con uno al massimo, saranno costretti a cercare assistenza fuori dalla famiglia. Questa prospettiva è destinata ad accentuarsi nei casi di indebolimento della famiglia e di sfarinamento dei rapporti tra i membri.
Considerando che in una famiglia il carico dell'assistenza agli anziani grava soprattutto sulla donna moglie-madre-figlia-nuora, che sempre più si divide tra gli impegni lavorativi e quelli familiari, si può prevedere per il futuro una situazione di faticosa sostenibilità, come evidenziato dall'andamento dell'indice del carico di anziani per donna. La prospettiva futura appare anche più grigia se si considerando i tassi di fertilità in costante decrescita (nei primi anni '60 ogni donna in Veneto aveva in media circa 2,5 figli, quarant'anni dopo si scende a meno di 1,5) e la crescente partecipazione delle donne nel mondo del lavoro, che porterà a un numero sempre maggiore di donne impegnate fuori casa con meno tempo a disposizione per il lavoro di cura (Figura 3.1.5).
Potenzialmente, il sostegno affettivo e materiale è tanto maggiore quanto più numerosi sono i familiari, quanto più vicini abitano e quanto più intense sono le relazioni. A livello nazionale gli anziani con figli viventi sono circa l'86% e in media hanno 2,4 figli. Nel 34% dei casi almeno un figlio vive con loro e nel 36% in una casa propria ma molto vicino, entro un chilometro. Solo il 4% degli anziani ha il figlio più prossimo che abita a più di 50 chilometri o all'estero.
La prossimità abitativa favorisce sicuramente l'assiduità dei rapporti e infatti in più della metà dei casi l'anziano vede il figlio tutti i giorni, considerando poi quelli che vedono il figlio almeno una volta la settimana la quota di anziani arriva all'88%.
Il 76% degli anziani ha anche fratelli viventi, molti ne hanno tre o più (34,2%) e generalmente abitano a una distanza massima di 16 chilometri (nel 72,5% dei casi). Quasi il 42% vede il fratello o la sorella più vicina almeno una volta la settimana, i restanti vedono il proprio caro più raramente o mai, specie se questo abita lontano o se l'anziano presenta problemi di salute che gli impediscono spostamenti frequenti.

Inizio Pagina  Se in famiglia ci sono bambini

La famiglia è l'ambiente naturale del bambino, capace di incidere profondamente nel processo del suo sviluppo cognitivo e della sua personalità, di trasmettere atteggiamenti e valori che andranno a formare gli adulti di domani.
La dimensione affettiva, ovvero l'atmosfera che si respira in casa, tra i genitori e tra genitori e figli, aiuta a soddisfare il bisogno di sicurezza e di autorealizzazione dei figli: in famiglia imparano ad amare, accettare e superare le prime inevitabili difficoltà, apprendono comportamenti e modi di relazionarsi, si preparano al mondo sociale e all'incontro con gli altri.
L'attuale contesto familiare in cui crescono i bambini e i ragazzi di oggi è sicuramente diverso da quello che ha fatto da sfondo all'infanzia dei loro genitori o dei loro nonni. In termini di composizione familiare, in linea con la tendenza nazionale, in Veneto continua a prevalere la famiglia con uno o due figli al massimo: oltre la metà dei bambini ha un solo fratello e uno su tre è figlio unico. Inoltre, a seguito della crescente fragilità dei legami matrimoniali sale a 5,7% la percentuale di minori che vive con un solo genitore; il fenomeno, però, è molto più visibile a livello nazionale, dove nel giro di dieci anni si passa dal 6% al 9,4% dei minori.
Prevale ormai il modello familiare nel quale i genitori lavorano entrambi rispetto a quello più tradizionale, in cui la madre rimane a casa. È vero soprattutto nelle regione del Nord, in aumento rispetto a dieci anni fa; in Veneto, ad esempio, nel 1998 quasi la metà dei minori aveva ambedue i genitori occupati, nel 2008 tale quota cresce ulteriormente fino al 55,6% (Figura 3.1.6).
Specie se tutti e due i genitori lavorano, la presenza di bambini all'interno della famiglia rende necessario organizzare in maniera attenta i tempi di vita familiari. Quando i bambini, soprattutto i più piccoli, non sono con i genitori o impegnati a scuola, la famiglia deve ricorrere all'aiuto di altre figure, parenti o non. La situazione si presenta sempre più frequentemente, proprio perché sempre più spesso anche la madre è impegnata professionalmente fuori casa: nel 2008 solo per il 19,7% dei bambini veneti non si presenta la necessità di affidarlo ad altri adulti. Ovviamente, il ricorso a figure di supporto è tanto più evidente quanto minore è l'età del bambino.
Molto spesso la famiglia riesce a gestire la situazione attingendo a risorse interne, trovando il sostegno cercato solo nella rete dei parenti (nonni, fratelli e sorelle e altri parenti conviventi o non). Accade per oltre il 60% dei bambini, segue l'appoggio alla rete informale degli amici, dei vicini di casa, mentre è marginale il ricorso a persone retribuite (per il 5,1% dei bambini).
Tra coloro che si prendono cura dei più piccoli ci sono prima di tutto i nonni, conviventi o non: il 64,3% dei bambini veneti viene affidata proprio a loro almeno qualche volta a settimana. Del resto il rapporto tra nonni e nipoti rimane molto forte, infatti il 40% dei bambini e ragazzi ha modo di vedere i propri nonni ogni giorno e oltre il 30% almeno una volta a settimana.
Le trasformazioni nella struttura familiare hanno necessariamente modificato anche le funzioni della famiglia, come soggetto di educazione e socializzazione. La famiglia, un tempo l'unica agenzia di formazione primaria per i bambini molto piccoli, si trova oggi affiancata da altri attori, quali gli asili nido e le scuole dell'infanzia, che ne integrano il ruolo educativo. La maggioranza dei bambini in età 0-5 anni in Veneto frequenta l'asilo nido o la scuola dell'infanzia; la famiglia fa questa scelta in primis perché ne riconosce l'importanza dal punto di vista educativo e per far stare i propri figli in compagnia di altri bambini, ma non manca una minoranza che vi ricorre per sopperire alla mancanza di familiari che possano accudirli (4%).
Il rapporto con i genitori è essenziale e insostituibile per educare il bambino e plasmare il suo modo di essere e di relazionarsi agli altri. E durante l'infanzia questo rapporto si concretizza anche attraverso il gioco e il tempo trascorso assieme ai propri figli. Nonostante la frenesia della quotidianità, i genitori si dimostrano attenti alle esigenze dei più piccoli, anche in questo senso. Il rapporto ludico tra genitori e figli è diffuso e anche abbastanza intenso: sono sempre di più i bambini che giocano con i genitori, sia nei giorni feriali che in quelli festivi: circa la metà dei bambini tra i 3 e i 10 anni gioca tutti i giorni con la madre e il 34,7% tutti i giorni con il padre. I giorni festivi consentono ai genitori, in particolare ai padri, di intrattenersi di più con i figli ed è così che la partecipazione dei genitori, complice la libertà dagli impegni professionali, cresce e arriva rispettivamente al 66,5% per la madre e al 68,8% per il padre.
Non è solo il gioco, in senso stretto, a rappresentare la dimensione ludica del rapporto genitori-figli. Il tempo che madri e padri dedicano ai loro figli, raccontando storie o ascoltando le loro esperienze vissute a scuola, accompagnandoli ai giardini, allo zoo o al cinema, è prezioso e importante nella costruzione di un rapporto sereno e di complicità.
Importanti compagni di gioco sono naturalmente anche i fratelli (nel 64% circa dei casi), i cugini, specie nei giorni festivi (36,1%), e, in modo diverso, i nonni, sempre più attenti nei confronti dei nipoti (nei giorni feriali il 20,2% gioca con il nonno e il 30,2% con la nonna). La quota di bambini che gioca sempre da sola rimane, per fortuna, irrisoria a conferma che i bambini e i ragazzi sono sempre meno isolati.
I più piccoli giocano soprattutto in casa propria, al crescere dell'età, invece, gli spazi al di fuori delle mura domestiche tendono ad assumere maggiore rilevanza. Dopo l'abitazione sono il cortile (30,8%) e i giardini pubblici (40,8%) ad essere segnalati frequentemente come spazi di gioco; troviamo poi anche l'oratorio e la parrocchia (19,3%), che in Veneto continuano a costituire un importante punto di incontro e di gioco.

Figura 3.1.1
Famiglie per tipologia. Veneto - Anni 1951:2008
Figura 3.1.2
Percentuale di giovani tra i 18 e i 34 anni che vive assieme ai genitori, per genere, nei Paesi europei - Anno 2003
Figura 3.1.3
Distribuzione percentuale dei ragazzi di 18-34 anni per condizione familiare. Veneto e Italia - Anno 2008
Figura 3.1.4
Distribuzione percentuale delle persone anziane (di 65 anni e più e di 75 anni e più) per condizione familiare. Veneto e Italia - Anno 2008
Figura 3.1.5
Andamento e previsioni del carico di anziani per donna. Veneto e Italia - Anni 1998:2008 e previsioni 2009:2020
Figura 3.1.6
Percentuale di bambini e ragazzi di 0-17 anni per tipo di famiglia. Veneto e Italia - Anni 1998 e 2008


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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.