RAPPORTO STATISTICO 2010

il Veneto si racconta , il Veneto si confronta

Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Interconnessione : Reti e Sinergie

Le reti sociali dello sviluppo

Capitolo 1

Qualità della rete abitativa

Capitolo 2

Centro e periferia: diversi sistemi di mobilità

Capitolo 3

Famiglia e solidarietà

Capitolo 4

La qualità della rete educativa

Capitolo 5

Vivere la rete lavorativa


Le reti economiche

Capitolo 6

Le interconnessioni del sistema economico

Capitolo 7

La rete mercantile

Capitolo 8

La rete agroalimentare veneta

Capitolo 9

Le sinergie per la montagna

Capitolo 10

Le reti produttive

Capitolo 11

La rete distributiva

Capitolo 12

Turismo: sinergia tra settori e reti tra individui


Le istituzioni e i servizi

Capitolo 13

Lavorare in rete per la salute

Capitolo 14

Il modello veneto di integrazione dei servizi sociali e socio-sanitari

Capitolo 15

Pubblica amministrazione, servizi per il cittadino e per l'impresa

Capitolo 16

Le reti telematiche in Veneto

Capitolo 17

Le reti di controllo dell'ambiente e del territorio

Capitolo 18

Reti istituzionali oltre confine

Capitolo 19

Modelli interistituzionali locali


Fonti

Bibliografia

Lista dei testi utilizzati

Sitografia

Lista dei siti consultati



3.2 - Il valore della famiglia

Fare e essere famiglia, così come il modo di intendere i legami familiari, risulta diverso nei vari Paesi europei; dipende sicuramente da valori culturali, tradizionali, ma anche dal regime di welfare esistente, nonché da importanti fattori strutturali ed economici del contesto in cui si vive. Ciò nonostante, comune a tutti i cittadini europei appare il riconoscimento e il valore attribuiti alla famiglia: invitati a pensare all'importanza che la famiglia ha nella propria vita, mediamente i cittadini europei si sono espressi, in una scala da 1 (per niente importante) a 10 (molto importante), con un punteggio superiore a 9, pari a 9,2 per l'Italia. Il sentimento è comunque forte, sentito e condiviso anche in Svezia, Finlandia e Danimarca (punteggi di 9,4 e 9,5). Così la maggior parte dei cittadini europei si dimostra fiduciosa di poter contare su familiari e parenti per un supporto morale, materiale, pratico o finanziario, nell'affrontare i problemi di tutti i giorni, ma soprattutto i momenti di crisi, di maggiore vulnerabilità, come in caso di malattia, di perdita di lavoro e difficoltà economiche, di fragilità emotiva o psicologica. Come, tra l'altro, ha già avuto modo di sperimentare il 72% dei cittadini dell'UE27, per cui la famiglia è stata fondamentale in più di una occasione, offrendo anche aiuti di tipo diverso. La percentuale tra i vari Paesi è abbastanza variabile (tra l'83% di Malta e 59% della Bulgaria) e dipende non solo dalla propensione alla solidarietà, a chiedere, ricevere e dare aiuto, ma anche dall'effettivo bisogno vissuto da ciascuno, nonché dal sistema di welfare nazionale, che gioca un ruolo fondamentale nella logica degli aiuti informali; per l'Italia il valore è esattamente la stesso di quello europeo.
In caso di difficoltà e disagi, più che ad amici, colleghi o conoscenti, la rete familiare è la prima risorsa cui si ricorre per un appoggio materiale e morale. Per una famiglia è importante sapere se e quante risorse ha a disposizione, perché queste permettono di fronteggiare eventuali stati di criticità: se il momento di difficoltà è grave, ma le risorse per farvi fronte sono sufficienti, la famiglia ha i numeri per ritrovare l'equilibrio e rialzarsi. Alla base delle risorse più importanti di cui una famiglia può disporre c'è senza dubbio il network relazionale, garante di equilibrio e generatore di energia e di fiducioso ottimismo dei membri: appartenere a una famiglia solida, durevole nella sua tenuta, con buone relazioni al suo interno e con una rete parentale allargata ma densa nei rapporti di reciprocità è garanzia contro fenomeni di esclusione sociale. Relazioni, vincoli e affetti hanno la capacità di compensare fragilità e di integrare le potenzialità dei vari membri.
La forza delle reti parentali non sta solo nella capacità di attutire problemi di grossa entità, fornendo prestiti, sostegno, disponibilità di tempo, ma soprattutto si esprime nelle necessità quotidiane di cura, di appoggio affettivo, di aiuto nelle pratiche burocratiche e negli spostamenti, grazie al supporto morale disinteressato e gratuito che viene fornito. I punti chiave di questa rete definita "primaria" sono essenzialmente tre: la gratuità, e quindi la reciprocità che si instaura tra i membri di natura più affettiva che funzionale, la vicinanza fisica dei membri della famiglia e la tempestività con cui si attivano i legami quando dovesse insorgere un bisogno.
Su di essa ritiene di poter contare il 68% dei cittadini europei per un supporto di tipo economico e il 64% per un aiuto morale ed emotivo. Si confida nella solidarietà economica da parte dei membri della famiglia più nei Paesi dell'UE15 che in quelli dell'area orientale, dove le famiglie dispongono di risorse più limitate e il contesto culturale non attribuisce loro questo tipo di responsabilità. In caso di difficoltà economica, questi ultimi si affidano in misura maggiore alla rete degli amici e dei colleghi oppure non hanno a chi rivolgersi (20%).
Emerge, inoltre, una sorta di relazione inversa tra l'aiuto atteso dalla famiglia quando si è in difficoltà economica e quando si cerca un supporto morale, soprattutto nei Paesi più poveri: laddove la rete familiare non è in grado di sostenere economicamente gli individui in difficoltà, sembra invece molto presente in termini di sostegno morale (Tabella 3.2.1).
Le aspettative di aiuto non sempre si trasformano in aiuti concreti. Se avere qualcuno su cui contare è semplicemente un indicatore di fiducia nella rete dei parenti e degli amici, gli aiuti dati o ricevuti testimoniano il funzionamento di questa rete.
Osservando la propensione dimostrata nel dare e ricevere aiuto, si possono individuare quattro situazioni: di apertura/dipendenza (quando si riceve aiuto, ma non se ne dà), di altruismo/autonomia (quando si dà aiuto agli altri ma non si ha bisogno di riceverne), di reciprocità (se invece si danno e si ricevono aiuti) e, infine, di isolamento/chiusura (quando né si danno né si ricevono aiuti).
Significativa è la solidarietà tra le famiglie in Veneto, anche più che in altre realtà italiane; in un confronto regionale, infatti, la nostra regione, come tutta l'area del Nord-Est, emerge per disponibilità e propensione delle famiglie a dare aiuto, a conferma di una maggiore centralità della famiglia, quale punto di riferimento e sistema di relazioni. Offre gratuitamente il proprio aiuto quasi il 60% delle famiglie venete (il 51,7% in Italia), un numero considerevole di persone, viceversa dichiara di ricevere aiuto solo il 18,5% delle famiglie; vale a dire poche famiglie, le più fragili, accentrano molteplici bisogni, per venire incontro ai quali si attiva una rete diffusa, con diversi parenti che assieme collaborano e condividono il carico dell'impegno.
Sono ancora meno (5,9%) le famiglie che ricevono aiuto ma non sono in grado di ricambiarlo: si tratta prevalentemente di individui soli o in coppia, di famiglie con anziani e in generale di famiglie in difficoltà, che dispongono di scarse risorse economiche o con problemi di disoccupazione (Tabella 3.2.2).
Le famiglie più numerose (con 3 o più componenti) sono, invece, tra quelle meglio inserite nella rete degli aiuti reciproci e seppur bisognose di sostegno riescono in qualche modo a ricambiare. Anche nelle famiglie con minori il fabbisogno di aiuto, richiesto soprattutto nella cura dei bambini, non impedisce loro di dimostrarsi disponibili nei confronti degli altri, tanto che un terzo delle famiglie dà e riceve aiuto.
Al contrario, la presenza di anziani in casa, specie se molto in là con gli anni, affatica la famiglia e appesantisce il carico dei familiari che, presi dalla gestione degli impegni quotidiani e dalle responsabilità di cura, indirizzano il loro supporto in primo luogo ai parenti con i quali convivono, mentre faticano a trovare i mezzi per prestare aiuto anche al di fuori delle mura domestiche.
Infine, le famiglie adulte, ossia composte da individui che hanno tra i 35 e i 64 anni, e che tipicamente lavorano, sono le più impegnate nel dare aiuto senza richiederne in cambio (63,1%), proprio perché meno caricate dagli impegni verso i familiari con cui convivono. È questa una fase del ciclo di vita in cui generalmente si vengono a determinare le condizioni per non aver più bisogno di aiuto e, contemporaneamente, per sentirsi in grado e in dovere di darne: i figli sono ormai grandi, probabilmente non ci sono ancora nipoti da accudire, emerge, invece, la necessità di aiutare i genitori o i parenti anziani.
Non dà né riceve aiuto il 34,4% delle famiglie venete e i motivi possono essere diversi, o fortunatamente non vivono situazioni di particolare bisogno, né personale né che le coinvolgano indirettamente, oppure si trovano in un contesto di isolamento, in cui la rete è assente, senza poter contare su qualcuno in caso di necessità. Vista la maggiore solidarietà tra le famiglie in Veneto, come anche il maggiore benessere di cui possono godere, il dato risulta inferiore alla media nazionale.
L'aiuto potenziale che la rete familiare è in grado di offrire è direttamente proporzionale alla densità dei rapporti tra i membri. La maglia delle relazioni è tanto più stretta quanto più le persone sono legate fra loro e condividono spazi e tempi, e quanto più consistenti sono le occasioni che i soggetti hanno per incontrarsi.
La trama delle relazioni è piuttosto coesa: nel 2009 i cittadini veneti si dimostrano per il 37,8% molto soddisfatti dei propri rapporti familiari, valore leggermente superiore al dato nazionale (35,6%), se si aggiungono anche coloro che dichiarano di essere abbastanza soddisfatti, si sfiora il 90%.
La frequenza dei contatti tra familiari è indice dell'importanza del rapporto affettivo tra i componenti coinvolti e della presenza o meno di una rete solida. Quasi il 60% dei veneti che hanno parenti dichiara di vederli tutti i giorni o almeno una volta la settimana, la percentuale è del 66,2% se si considerano coloro che li sentono per telefono. Per le donne, più attente e più propense a coltivare i legami familiari, le relazioni con i parenti sono più frequenti rispetto agli uomini. Solo il 9,6% ha contatti telefonici davvero rari con i propri parenti (almeno una volta l'anno) o mai. Succede di frequente che chi vede spesso i parenti, li sente anche con la stessa frequenza; diversamente circa due terzi di coloro che vedono raramente i parenti cercano almeno di sentirli con una certa assiduità (Figura 3.2.1).
Viceversa, la mancanza di relazioni, soprattutto tra familiari e parenti, o la mancanza di una famiglia solida, ben strutturata e con forti legami reciproci, porta al rischio di esclusione sociale delle persone, fino anche a forme di deprivazione economica: la povertà relazionale può divenire, infatti, una pericolosa premessa per l'innesco di altre forme di disagio. Alla luce di questo, ci sono categorie di persone, e quindi di famiglie, che possono essere maggiormente esposte al rischio di esclusione, come gli stranieri, gli anziani, i disabili, dove più frequentemente il network relazionale rischia di diradarsi.

Inizio Pagina  Famiglie più fragili

Tra le tipologie familiari più bisognose di aiuti, non solo formali ma soprattutto informali da parte di altri familiari non coabitanti, rivestono un ruolo primario le famiglie con disabili o anziani non autosufficienti.
Quando si assiste una persona disabile, ogni membro della famiglia è chiamato a condividere un'esperienza inaspettata con conseguenze significative sia sul piano organizzativo che emotivo. L'attività di sostegno e cura può creare tensioni e compromettere gli equilibri in famiglia, con ripercussioni sulla qualità di vita specie del caregiver coinvolto.
Il 9,3% delle famiglie venete, circa 169.000, ha almeno un disabile in casa, di queste l'83,2% è anziano: la gran parte delle disabilità riscontrate nella popolazione, infatti, sono concentrate proprio tra gli anziani. All'interno delle diverse tipologie di disabilità, quella più grave è rappresentata dal confinamento, che implica condizioni di autonomia nel movimento pressoché nulle: la costrizione permanente in un letto o su una sedia comporta livelli di assistenza molto elevati, tali per cui la famiglia necessita di un aiuto esterno per far fronte ai bisogni di cura della persona con difficoltà; realtà che interessa quasi la metà (47%) delle famiglie con disabili (Figura 3.2.2).
Il 15,5% delle famiglie con disabili in casa si avvale di assistenza sanitaria a domicilio erogata da servizi pubblici, il 12,9%, invece, utilizza servizi a pagamento. Questa quota di famiglie costituisce la domanda soddisfatta di assistenza, mentre quella insoddisfatta è rappresentata dalle famiglie che avrebbero bisogno di assistenza, ma per motivi di vario genere non ne fanno utilizzo, che rappresentano in Veneto il 29,5% delle famiglie con almeno un disabile, quota inferiore al dato nazionale (32,3%). In un confronto regionale emerge un gradiente Nord-Sud, in quanto nelle regioni del Nord e del Centro del Paese c'è un maggiore supporto di servizi territoriali, diversamente nel Sud e nelle Isole.
La presenza in casa di una persona disabile o di un anziano non autosufficiente costituisce un impegno non solo di natura emotiva e di cura quotidiana, ma anche di carattere economico, dovendo la famiglia acquistare servizi specifici per l'assistenza sanitaria. Inoltre, la presenza di una persona con disabilità può tradursi in disagio economico anche in termini di produzione del reddito, in quanto si fa più complessa la conciliazione delle esigenze lavorative con le attività di assistenza della persona non autosufficiente. Nel 2004 la spesa media mensile delle famiglie italiane per l'assistenza domestica alle persone con disabilità è pari circa a 490 euro; tale valore nel Nord-Est sfiora i 573 euro e costituisce il 21,2% della spesa familiare (Nota 1).

Inizio Pagina  Far fronte alla vulnerabilità economica

Tra i fattori che possono rendere vulnerabile una famiglia, ha un peso rilevante la componente economica: in caso di difficoltà, oltre a non riuscire a provvedere in maniera adeguata alle necessità quotidiane, la famiglia rischia di sentirsi isolata e progressivamente esclusa dalla rete e dalla partecipazione sociale.
Una famiglia che fatica ad arrivare alla fine del mese è costretta a elaborare strategie di sopravvivenza che le consentano di rimanere a galla e riprendersi; in questo contesto, le reti possono divenire una leva importante perché mettono a disposizione risorse, umane ed economiche, in aiuto e a supporto della vita quotidiana, affinché le ordinarie difficoltà non si traducano in aperto disagio.
Le fatiche di natura economica, e in particolare la povertà, costituiscono oggi un fenomeno sociale che assume una connotazione nuova: non è più semplicemente uno status economico, ma l'esito di un processo combinatorio di vari fattori di fragilità dell'individuo e della rete che lo circonda. La povertà è una condizione a cui si arriva seguendo un percorso fatto di fratture quotidiane, di microtraumi personali, come la perdita del lavoro, la malattia, la separazione e l'insicurezza economica, che possono condurre all'isolamento e alla percezione di solitudine ed emarginazione, non solo dal punto di vista monetario.
In Veneto nel 2008 la percentuale di famiglie povere risultata abbastanza limitata, ossia il 4,5%, in crescita rispetto all'anno precedente, ma comunque inferiore al dato nazionale; tuttavia, significa circa 89.000 famiglie a rischio di povertà.
Guardando anche alle situazioni meno gravi, nel 2009 il 40,8% delle famiglie considera un po' peggiorata la propria situazione economica rispetto all'anno precedente, il 15,1% la ritiene molto aggravata. E tale percezione negativa sembra accentuarsi negli anni, infatti, nel 2005 il 39,3% delle famiglie valutava la propria situazione economica solo un po' peggiorata, mentre il 14,4% molto. Ma, sebbene in quattro anni le famiglie vedano diminuire il proprio benessere economico, percezione forse alimentata dalla crisi economica che ha attraversato l'Europa e il nostro Paese, il 55,6% delle famiglie venete continua a ritenere le proprie risorse economiche almeno adeguate per le esigenze della propria famiglia, contro il 53,8% di quelle italiane. Ciò anche perché mediamente il reddito delle famiglie venete risulta nel 2007 di circa 37.346 euro (Nota 2), 2.800 euro in più rispetto all'Italia.
Possiamo distinguere le famiglie per ammontare di reddito complessivo in cinque gruppi, secondo i quinti di reddito. Nel primo quinto troviamo le famiglie con minore disponibilità economica, con un reddito familiare netto equivalente (Nota 3) al di sotto di 11.643 euro, fino ad arrivare all'ultimo quinto, dove si situano quelle con redditi più elevati (27.092 euro e oltre). Nonostante il reddito da solo non sia sufficiente a caratterizzare una situazione di disagio economico, si può ipotizzare che nel primo gruppo di famiglie ricadano quelle che si associano più strettamente a situazione di deprivazione (Tabella 3.2.3).
Le famiglie appartenenti al primo gruppo dichiarano di arrivare alla fine del mese con più difficoltà e risultano avere più problemi nel disporre del denaro sufficiente per le necessità primarie, quali cibo, medicine, vestiti. Ben il 21% delle famiglie di questo gruppo ha dovuto affrontare tre o più di questi problemi, mentre già per le famiglie appartenenti al secondo gruppo, e quindi con un reddito più elevato, tale quota scende a 6,3%, pur dichiarando altre difficoltà, del tipo riscaldare adeguatamente l'abitazione, fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni o poter concedersi una settimana di ferie all'anno via da casa.
Notevoli differenze tra il gruppo di famiglie più agiate e quelle con minor reddito si osservano nell'indicatore che esprime l'incapacità di far fronte a spese impreviste di 700 euro: oltre la metà delle famiglie più povere si trova in difficoltà, quota che si riduce via via nelle famiglie con maggiore disponibilità di reddito, fino ad arrivare al 5,4% in quelle più abbienti. Così per quanto riguarda gli arretrati nel pagamento di spese per la casa: si va dal 23,6% del primo quinto ad appena il 2,6% dell'ultimo quinto.
Quando una famiglia fatica a mettere da parte un po' di soldi, o addirittura si ritrova costretta a intaccare il proprio patrimonio, significa che la situazione di disagio ha oltrepassato la soglia di sostenibilità. Accade che nel gruppo di famiglie più povere il 77,2% non è riuscito a risparmiare, anzi il 14,1% dichiara di essersi indebitato; diversamente per il gruppo di famiglie con redditi più elevati (ultimo quinto), dove ben oltre la metà ha risparmiato qualcosa nel corso del 2007.
Ancora più grave può sembrare la situazione delle famiglie che, per difficoltà di natura economica, hanno avuto almeno una volta nel corso dell'anno problemi a garantire ai propri bambini un'alimentazione adeguata. Se si pensa che solitamente i genitori si sforzano di non far mancare nulla ai propri figli, e anzi sono disposti a rinunciare a qualcosa per sé, la condizione di queste famiglie può ritenersi seria.
In Veneto nel 2007, tra le famiglie che hanno almeno un minore, il 4,6% non è stato in grado di assicurare sempre un'adeguata alimentazione ai propri figli; il 16% delle famiglie ha avuto difficoltà a garantire ai ragazzi abiti nuovi indispensabili, adatti alla stagione o a specifiche esigenze, mentre il 10,3% ha dovuto rinunciare a festeggiare, come avrebbe desiderato, i compleanni dei bambini o altre ricorrenze importanti. L'8,5% delle famiglie venete con minori avverte solo uno di questi problemi, il 5,8% due o tutti e tre.
Queste difficoltà nei confronti dei figli sono vissute dal 36% delle famiglie che dichiarano di avere problemi ad arrivare a fine mese; le tipologie più colpite sono quelle monogenitoriali e le coppie con tre o più figli (Figura 3.2.3).
Nelle situazioni di maggiore difficoltà, anche economica, spesso la famiglia può contare su una rete di aiuto. L'8% delle famiglie dichiara di essere ricorso all'aiuto di qualcuno (non coabitante) che ha acquistato per lei o le ha regalato cibo, abiti o altri beni indispensabili, mentre il 7,1% ha ricevuto aiuto di natura economica (prestiti di soldi o regali in denaro). Per oltre l'80% dei casi il sostegno materiale o economico avviene da parte di familiari non coabitanti, quasi sempre genitori.
Sono soprattutto le famiglie unipersonali e quelle più numerose a dichiarare di aver ricevuto nell'anno aiuti di natura economica o per beni di prima necessità: nel primo caso si tratta spesso di anziani soli o di giovani da poco usciti dalla famiglia di origine, nel secondo caso di tratta di famiglie con almeno tre figli. Per quanto riguarda le coppie con figli, emerge che maggiore è il numero di figli, più intenso è il ricorso alla rete familiare. Ma la famiglia più vulnerabile è quella costituita da un solo genitore: in Veneto circa un quarto di queste famiglie ha avuto necessità di cibo, abiti o altri beni, la stessa quota dichiara di aver ricevuto aiuti in denaro da persone non coabitanti. Le famiglie monogenitoriali sono spesso il risultato della frantumazione di una famiglia preesistente: in seguito a separazioni o lutti in genere la madre si trova a dover crescere da sola i figli, e per far fronte alle difficoltà ricorre all'aiuto di membri della famiglia allargata, in particolar modo di genitori o suoceri. Le difficoltà sono non solo di natura economica, trattandosi di famiglie monoreddito, ma la loro fragilità deriva anche dal doppio ruolo genitoriale che il capofamiglia deve assumere, dovendo conciliare da solo tempo per il lavoro e tempo per la famiglia (Figura 3.2.4).
Estendendo le considerazioni anche ad altre forme di disagio, sono quindi le famiglie con una struttura più solida che si dimostrano più forti di quelle destrutturate, tipicamente unipersonali o monogenitoriali, nel far fronte agli stati di crisi, anche di natura economica.
La media degli aiuti ricevuti dalle famiglie è pari circa a 3.590 euro in un anno, quota che incide per l'11,9% sul reddito delle stesse famiglie; tale percentuale sale a circa il 23% per i nuclei monogenitori e per chi vive da solo, mentre è minore per chi vive in coppia senza figli e non è anziano (Figura 3.2.5).
Se la somma di denaro ricevuta è a titolo gratuito, la famiglia può contare su una rete di supporto, di familiari o anche amici, forte o davvero disinteressata. Per il 51% delle famiglie il prestito è stato un regalo, il 39% dichiara di doverlo restituire per intero e il 10,4% solo in parte. Se il prestito è offerto dai familiari, in generale non si è tenuti alla restituzione (nel 55% dei casi), a conferma che l'aiuto ricevuto si fonda su vincoli di affetto e sostegno reciproco; una certa solidarietà, comunque, vi è anche da parte di amici, conoscenti o dalla rete sociale più allargata, che nel 24% dei casi offrono aiuto economico senza pretenderne la restituzione.
L'importanza della rete familiare si fa davvero decisiva specie nei momenti di maggiore ristrettezza economica. Nel caso dei cittadini stranieri, le situazioni di più forte disagio economico spingono alcuni componenti della famiglia a migrare in cerca di lavoro e fortuna: sono i più giovani a partire, lasciando nella terra di origine i propri genitori, i fratelli o anche i propri figli. In questa situazione la rete familiare, seppur fisicamente lontana, ha il potere di essere da supporto principalmente attraverso l'invio di aiuti economici. Le rimesse non hanno solo la finalità di aiutare i cari rimasti in patria, ma si intrecciano a un intero progetto di vita dell'emigrante, che talvolta pianifica un'emigrazione definitiva, altre volte prevede, presto o tardi, un ritorno in patria. In quest'ultimo caso, parte delle rimesse è destinata a sostenere se stessi dopo il progetto di ritorno al Paese di nascita.
L'Italia, che fino agli anni Novanta era ancora un Paese di ricezione di aiuti economici, si posiziona oggi tra i primi posti per volume assoluto di rimesse inviate all'estero. Nel 2008 i 454.453 stranieri residenti in Veneto, pari all'11,7% del totale degli stranieri in Italia, hanno spedito nel proprio Paese di origine secondo i dati della Banca d'Italia quasi 426 milioni di euro, pari al 6,7% del totale delle rimesse partite dal nostro Paese (circa 6.380 milioni di euro), risultando così la quinta regione per ammontare complessivo di rimesse inviate all'estero, dopo Lazio, Lombardia, Toscana e Emilia Romagna. Questa quota è in continuo aumento negli anni, e anche rispetto al 2007 si registra per il Veneto, nonostante le prime avvisaglie di crisi finanziaria, un aumento del 4,7%.
A livello italiano, nel 2008 i primi cinque stati per ammontare di rimesse ricevute sono Cina (1.541 milioni di euro), Filippine (923 milioni), Romania (768 milioni), Marocco (333 milioni) e Senegal (263 milioni), che complessivamente coprono il 62,8% di tutte le rimesse provenienti dall'Italia (più di un quarto va in Cina).
Il denaro inviato al Paese di origine, attraverso sia i canali ufficiali (da cui provengono i dati qui riportati) sia i canali informali, come l'affido di risparmi a familiari e amici di ritorno in patria, diviene una fonte di reddito supplementare o addirittura principale per le famiglie rimaste nel Paese di origine e spesso coinvolta in situazioni di povertà, e contribuisce inoltre allo sviluppo del Paese stesso, rappresentando una percentuale consistente del Pil. In particolare, alcuni studiosi hanno messo in evidenza la presenza di altre tre tipologie di rimesse che, sommate e integrate agli aiuti di natura economica, possono contribuire allo sviluppo locale delle regioni di provenienza e al miglioramento delle condizioni di vita dei familiari rimasti in patria. Si tratta delle cosiddette "rimesse collettive", ossia donazioni di gruppi di migranti con l'obiettivo di sostenere progetti di cooperazione allo sviluppo; si evidenziano poi le "rimesse tecnologiche", vale a dire l'eredità di conoscenze e competenze che gli stranieri riportano nei propri Paesi di provenienza; infine le "rimesse sociali", costituite sia dall'insieme di nuove idee, abitudini e capitale sociale che i migranti possono trapiantare nel Paese di provenienza per accrescere la qualità di vita, sia dal patrimonio di relazioni che hanno costruito durante la permanenza all'estero che può tornare utile anche per nuovi migranti.

Tabella 3.2.1
Percentuale di persone che pensano di poter contare sull'aiuto, economico e morale, di qualcuno - Anno 2007
Tabella 3.2.2
Aiuti tra parenti non coabitanti: percentuale di famiglie che hanno dato e ricevuto aiuti gratuiti, per alcune caratteristiche familiari. Veneto e Italia - Anno 2003
Figura 3.2.1
Frequenza con cui le persone vedono e sentono i propri parenti (per 100 persone della stessa età). Veneto - Anno 2006
Figura 3.2.2
Famiglie con persone disabili per regione - Anno 2005
Tabella 3.2.3
Gruppi di famiglie, suddivise per quinti di reddito, secondo gli indicatori di deprivazione economica e di disagio economico (per 100 famiglie dello stesso quinto). Veneto e Italia - Anno 2007
Figura 3.2.3
Famiglie con minori che hanno avuto almeno un problema negli ultimi 12 mesi per tipologia familiare (per 100 famiglie della stessa tipologia). Veneto e Italia - Anno 2007
Figura 3.2.4
Famiglie che negli ultimi 12 mesi hanno ricevuto almeno una volta aiuti materiali (cibo, abiti, altri beni) o aiuti economici da persone non coabitanti per tipologia familiare (per 100 famiglie della stessa tipologia). Veneto - Anno 2007
Figura 3.2.5
Aiuti economici informali ricevuti in un anno da famiglie che ne hanno avuto bisogno (in euro) e incidenza sul reddito medio per tipologia familiare (per 100 famiglie della stessa tipologia che hanno avuto bisogno). Veneto - Anno 2007


Verifica l'accessibilità del Rapporto Statistico 2010 : Valid HTML 4.01! 

I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.