RAPPORTO STATISTICO 2010

il Veneto si racconta , il Veneto si confronta

Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Interconnessione : Reti e Sinergie

Le reti sociali dello sviluppo

Capitolo 1

Qualità della rete abitativa

Capitolo 2

Centro e periferia: diversi sistemi di mobilità

Capitolo 3

Famiglia e solidarietà

Capitolo 4

La qualità della rete educativa

Capitolo 5

Vivere la rete lavorativa


Le reti economiche

Capitolo 6

Le interconnessioni del sistema economico

Capitolo 7

La rete mercantile

Capitolo 8

La rete agroalimentare veneta

Capitolo 9

Le sinergie per la montagna

Capitolo 10

Le reti produttive

Capitolo 11

La rete distributiva

Capitolo 12

Turismo: sinergia tra settori e reti tra individui


Le istituzioni e i servizi

Capitolo 13

Lavorare in rete per la salute

Capitolo 14

Il modello veneto di integrazione dei servizi sociali e socio-sanitari

Capitolo 15

Pubblica amministrazione, servizi per il cittadino e per l'impresa

Capitolo 16

Le reti telematiche in Veneto

Capitolo 17

Le reti di controllo dell'ambiente e del territorio

Capitolo 18

Reti istituzionali oltre confine

Capitolo 19

Modelli interistituzionali locali


Fonti

Bibliografia

Lista dei testi utilizzati

Sitografia

Lista dei siti consultati



14.2 - Infanzia, minori, giovani e famiglia

Inizio Pagina  Servizi educativi

I piani di zona definiscono la programmazione dei servizi educativi per la prima infanzia, rivolti ai bambini sotto i 3 anni d'età, e delle scuole d'infanzia per i bambini dai 3 ai 6 anni.
Principale caratteristica dell'offerta educativa della Regione del Veneto è la pluralità dei servizi disponibili per i minori. Il Veneto ha anticipato le altre regioni italiane avviando già nel 1990 (Nota 1) una ridefinizione dell'offerta dei servizi per la prima infanzia, che si è conclusa negli anni più recenti, in particolare tra il 2006 e 2007 (Nota 2), portando a un mutamento sostanziale del sistema. Tale riorganizzazione aveva introdotto nuove tipologie di servizi a gestione privata, denominati servizi innovativi, tra cui il nido integrato, il centro infanzia e il nido aziendale, che integravano l'esistente sistema pubblico degli asili nido.
L'offerta complessiva dei servizi per la prima infanzia, allo stato attuale, si articola in: asili nido, micronidi, nidi integrati, centri infanzia e nidi aziendali.
L'asilo nido è un servizio educativo per l'infanzia con finalità sociale ed educativa organizzato per accogliere da trenta a sessanta bambini dai 3 mesi ai 3 anni d'età; il micronido è, invece, un servizio analogo all'asilo nido, ma dotato di una minore capacità ricettiva, da dodici a trentadue bambini.
Il nido integrato è un servizio diurno strutturato in modo simile all'asilo nido, collocato nello stesso edificio della scuola d'infanzia. Svolge attività socio-educativa mediante collegamenti integrativi con le attività della scuola d'infanzia secondo un progetto concordato tra soggetti gestori e ospita da dodici a trentadue bambini lattanti-divezzi fino a 3 anni d'età.
Il centro infanzia è un servizio educativo per l'infanzia organizzato per accogliere da dodici a sessanta bambini, distinguendo la "fascia nido" per i bambini lattanti-divezzi fino ai 3 anni d'età e la "fascia scuola d'infanzia" per i bambini da 3 a 6 anni.
Infine, il nido aziendale è un asilo nido inserito all'interno del luogo di lavoro del genitore o nelle immediate vicinanze.
Durante gli ultimi dieci anni la diversificazione e la flessibilità che caratterizzano i servizi per la prima infanzia ne hanno favorito il rapido sviluppo e la diffusione nel territorio (Figura 14.2.1).
Nel 2008 il sistema dei servizi per l'infanzia comprende 989 servizi (Nota 3), con la prevalenza di nidi integrati (pari al 37,7% dei servizi) e di asili nido (28%). I servizi offrono circa 27.500 posti per bambini sotto i 3 anni, riuscendo a garantire, a livello regionale, un tasso di copertura pari a 20 posti ogni 100 bambini, con valori più elevati nelle provincie di Rovigo (27,8), Verona (23,2) e Padova (21,6) (Figura 14.2.2).
Le scuole d'infanzia costituiscono un servizio educativo fondamentale per l'accesso del minore al sistema scolastico nazionale. In questo ambito il Veneto si caratterizza per la predominanza di scuole d'infanzia non statali e per la presenza di soggetti gestori che provengono dal privato sociale e dalle associazioni.
Nell'anno scolastico 2006/2007 sono presenti 1.755 scuole d'infanzia. Per la maggioranza si tratta di scuole non statali, gestite per il 57,7% da enti religiosi, il 22,8% da associazioni, il 7,9% da Comuni e la parte restante da IPAB, fondazioni e cooperative.
Le scuole d'infanzia accolgono complessivamente 134.497 iscritti e il 9,3% sono bambini di nazionalità straniera, presenti soprattutto nella scuola statale (Tabella 14.2.1).

Inizio Pagina  I servizi per la tutela dei minori

In quest'ambito rientrano il servizio di affido familiare e l'accoglienza residenziale.
L'affido familiare (Nota 4) rappresenta una delle modalità di intervento più efficaci per la tutela del minore in condizioni di disagio e temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo alla sua crescita e alla sua educazione. L'intervento consiste nell'affidare un bambino a un'altra famiglia, per un periodo di tempo limitato, nel caso in cui la famiglia naturale si trovi, per motivi diversi, in una situazione di particolare difficoltà che la porta, temporaneamente, a non essere in grado di occuparsi dell'educazione e delle necessità materiali e affettive dei propri figli. Le problematiche che portano all'allontanamento del minore non sembrano legate, infatti, a difficoltà specifiche del bambino, ma all'ambiente familiare di appartenenza e in particolare ai genitori. Prevalgono problemi di tossico e alcooldipendenza (11,6% dei casi), problemi psichiatrici di uno o entrambi i genitori o conviventi (10,1%), problemi economici, abitativi e lavorativi dei genitori o dei conviventi (10%), difficoltà educative da parte dei genitori (9,9%), incuria del minore (9,7%), violenza sessuale sul minore (9,1%). Un'altra causa frequente del ricorso all'affido è legata alla condizione dei minori stranieri non accompagnati (9,6%).
La Regione del Veneto nel 2006 (Nota 5) ha avviato un progetto per la realizzazione, il sostegno e il potenziamento dei centri per l'affido familiari. Si sono dunque costituiti nel territorio regionale 21 centri per l'affido, uno per ciascuna Azienda Ulss, finalizzati alla promozione dell'affido, alla formazione e al sostegno delle famiglie affidatarie.
Nel 2008 in questi centri risultano attivi 1.380 affidi presso famiglie affidatarie o comunità e servizi tutelari di natura socio-educativa, distinti in affidi di tipo residenziale (80,8%) e diurno (19,2%) (Nota 6) .
Gli affidi residenziali, quelli che presuppongono l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine, si verificano più frequentemente attraverso un mandato istituzionale del tribunale dei minorenni (affido giudiziale presente nel 61,3% dei casi) piuttosto che attraverso il consenso dei genitori (affido consensuale presente nel 38,7% dei casi) (Figura 14.2.3).
I minori che vengono accolti in affido familiare residenziale sono soprattutto adolescenti, tra gli 11 e i 18 anni (65,2%) e, rispetto al genere, vi è una predominanza dei maschi, soprattutto dopo i 14 anni di età.
I minori di cittadinanza straniera rappresentano quasi un terzo dei bambini in affido (32,6%) e per essi si osserva una tendenziale crescita soprattutto della componente femminile.
L'intervento di affido prevede una durata prestabilita, solitamente non più di 24 mesi, che però spesso può protrarsi per più tempo se il tribunale lo ritiene necessario. È comunque un intervento temporaneo, che si conclude solo nel 29% dei casi con il rientro del minore in famiglia, da uno o da entrambi i genitori; nella maggioranza delle situazioni il minore non ritorna dai genitori, ma rimane nella famiglia affidataria (33,9%), o viene reinserito in una nuova struttura (13,6%), oppure viene dato in adozione (8,1%).
I soggetti che assieme ai centri per l'affido realizzano l'intervento sono le famiglie affidatarie, che nel 51,5% dei casi sono parenti diretti del minore, soprattutto zii e nonni, mentre nei restanti casi sono famiglie che non hanno nessun rapporto di parentela con il bambino.
Per quanto riguarda i servizi residenziali socio-educativi, il Veneto da diversi anni ha attivato politiche di contrasto all'istituzionalizzazione del minore, sostituendo i grandi istituti assistenziali con una rete di piccole comunità residenziali basate sull'accoglienza di tipo familiare. In particolare dal 2002 sono state definite e normate le principali tipologie di residenzialità: la comunità educativa per minori, la comunità educativa-riabilitativa, la comunità educativa mamma/bambino, la comunità familiare e la comunità familiare mamma/bambino.
La comunità educativa per minori assicura un servizio educativo-assistenziale con il compito di accogliere temporaneamente il minore qualora il nucleo familiare sia impossibilitato o incapace di assolvere al proprio compito. La struttura ospita al massimo otto minori fino ai 18 anni di età e, se prevede altri due posti riservati all'accoglienza di emergenza, viene denominata comunità per minori con pronta accoglienza.
La comunità educativa-riabilitativa offre, invece, un servizio educativo, terapeutico e riabilitativo, accogliendo temporaneamente il minore in situazione di evidente disagio psico-sociale e/o con gravi disturbi di comportamento. La struttura ospita al massimo dodici minori fino ai 18 anni di età.
La comunità educativa mamma/bambino gestisce un servizio residenziale per gestanti e/o madri con figlio in difficoltà sotto il profilo delle relazioni familiari, parentali e sociali, oppure in condizioni di disagio psico-sociale. La struttura ospita al massimo sei donne con i propri figli e a volte prevede altri due posti per la pronta accoglienza.
La comunità familiare è una struttura dalla forte caratterizzazione domestica e familiare, sia per la connotazione degli spazi, che per la presenza permanente di una famiglia o di almeno due adulti di riferimento residenti nella struttura. Accoglie temporaneamente minori con un nucleo familiare di origine impossibilitato o incapace di assolvere al proprio compito e può ospitare fino ad un massimo di sei ospiti.
Infine, la comunità familiare mamma/bambino è un servizio residenziale per gestanti e/o madri con figli in difficoltà, finalizzata al sostegno dell'autonomia personale e della capacità genitoriale, all'accompagnamento e al reinserimento sociale. Essa può ospitare al massimo sei ospiti tra donne e bambini.
Nel 2008 sono attive 194 comunità: di queste il 43,8% sono comunità educative per minori (comprese quelle con pronta accoglienza), il 42,8% comunità familiari per minori, il 6,2% comunità educative per mamma e bambino, il 4,1% comunità educative riabilitative e il 3,1% sono comunità familiari per mamma e bambino (Figura 14.2.4).
Negli ultimi dieci anni la presenza di minori nelle comunità ha mantenuto un andamento stabile, anche se si riscontra una progressiva diminuzione degli inserimenti di ragazzi italiani, da 950 nel 2001 a 787 nel 2008, contro un aumento dei ragazzi stranieri, da 411 a 617 negli stessi anni. Tra questi ultimi si rileva l'incremento di minori stranieri non accompagnati, che nel 2008 costituiscono il 58,8% degli inserimenti di stranieri.
L'attenzione maggiore verso la crescente presenza di ragazzi stranieri è motivata dalla necessità di adeguare la risposta dei servizi ai nuovi bisogni e alle nuove problematiche di cui questa particolare utenza è portatrice, legate sia alla diversa matrice culturale, ma anche all'esperienza di sradicamento territoriale e familiare vissuta.
I minori accolti nelle strutture residenziali sono prevalentemente preadolescenti e adolescenti: nel 2008 il 76,6% ha un'età compresa tra gli 11 e i 18 anni, periodo della vita in cui i ragazzi risultano più esposti agli interventi di residenzialità. La componente maschile è circa il doppio (64,7%) di quella femminile e il suo peso aumenta al crescere dell'età.
Dall'analisi dei principali motivi di inserimento in struttura di un minore si osservano alcune situazioni costanti negli ultimi anni (2005-2008): la condizione del minore straniero non accompagnato (18,6%), le carenze educative dei genitori (14,6%) e le condizioni di salute, anche psicofisiche, dei genitori (12,3%).
I minori che riescono a rientrare nell'ambito familiare per il miglioramento delle condizioni dei genitori sono il 23,4%; gli altri vengono trasferiti in un'altra struttura (29,6%) oppure vengono affidati a parenti o ad altre famiglie (12,1%), o vengono adottati (3,1%); nel 14,2% dei casi invece raggiungono l'autonomia abitativa, perché divenuti ormai maggiorenni.

Inizio Pagina  Le adozioni

Negli ultimi anni l'evoluzione dei servizi per l'adozione in Veneto è stata contraddistinta da importanti cambiamenti, a partire dalla costituzione, in ciascuna Azienda Ulss, dei servizi specialistici delle equipe adozioni nel 2001 (Nota 7), fino alla creazione di un sistema integrato dei servizi per le adozioni.
Il primo elemento di cambiamento riguarda l'integrazione e il coordinamento tra i numerosi soggetti istituzionali che intervengono nelle diverse fasi dell'iter adottivo: l'equipe adozioni, il Tribunale per i Minorenni, l'ente autorizzato e la commissione per le adozioni internazionali.
L'altro aspetto fondamentale è la finalità condivisa tra questi soggetti di accompagnare e sostenere la coppia e il minore nei diversi momenti che caratterizzano il complesso percorso di formazione di una nuova famiglia: dalla scelta consapevole, all'attesa dell'abbinamento con il bambino adottivo, fino all'inserimento del bambino in famiglia e all'integrazione del nuovo nucleo familiare nel contesto sociale.
Secondo gli obiettivi generali l'equipe adozione è preposta a informare, sensibilizzare e preparare le coppie sull'adozione nazionale, internazionale e sulle relative procedure, svolgere l'indagine psico-sociale sugli aspiranti genitori adottivi e, infine, seguire gli affidi preadottivi e vigilare sugli inserimenti dei bambini in famiglia.
Nel corso del 2008 le equipe adozioni sono state impegnate con le coppie in 749 colloqui informativi, attraverso cui gli operatori del servizio forniscono le prime informazioni di base sul percorso adottivo, 85 corsi di informazione e sensibilizzazione all'adozione, in cui vengono approfonditi gli aspetti normativi dell'adozione e i significati che le coppie attribuiscono a tale scelta, 846 studi di coppia, attraverso cui vengono analizzati su mandato istituzionale diversi aspetti psicologici e sociali, individuali e familiari, della coppia che ha inviato la domanda di adozione al tribunale dei minorenni.
Tra il 2008 e il 2009 sono state inviate al Tribunale dei Minorenni di Venezia 1.311 domande di adozione da parte di coppie venete e di queste il 64,4% sono rivolte all'adozione nazionale mentre il restante 35,6% all'adozione internazionale (Figura 14.2.5).
Le equipe adozioni del Veneto nel corso del 2008 hanno seguito nel percorso adottivo circa 800 coppie e 777 bambini (Nota 8). Le coppie che si sono rivolte all'equipe adozioni per avviare il percorso adottivo hanno per il 67,8% un'età compresa tra i 35 e i 44 anni, e nel 72,8% dei casi sono sposate da più di 7 anni.
I bambini che sono entrati in famiglia sono 353, di cui il 77,6% di cittadinanza straniera, in particolare provenienti dall'Etiopia, dalla Federazione Russa, dalla Colombia e dal Brasile. I bambini italiani hanno un'età media di 2 anni e 11 mesi, mentre i bambini stranieri sono più grandi e hanno un'età media di 4 anni e 10 mesi.

Inizio Pagina  I consultori familiari

I consultori familiari, istituiti con la legge n. 405 del 29 luglio 1975 soprattutto per tutelare la salute della madre e del bambino, si sono costituiti in Veneto fin dall'origine (Nota 9) come servizi ad alta integrazione socio-sanitaria, con personale sociale e sanitario, organizzato in equipe, con funzione di risposta a problematiche espresse soprattutto nell'area materno-infantile.
Nati per assistere la donna e il suo nascituro, si attestarono negli anni quali servizi sempre più rivolti alla coppia e alla famiglia nella sua interezza.
Le funzioni istituzionalmente svolte dai consultori familiari si collocano all'interno di due macro aree: la prevenzione e promozione e il sostegno e cura.
Per quanto riguarda l'area della prevenzione e promozione il consultorio familiare, nell'ambito delle proprie competenze e specificità (Nota 10), concorre ad attuare interventi di tipo preventivo e di sostegno nell'ambito dell'educazione socio-affettiva, della maternità, della contraccezione, della prevenzione all'interruzione volontaria della gravidanza, dei percorsi di preparazione alla nascita, del percorso formativo fino ai 3 anni, delle tematiche relative alla coppia, alla genitorialità, all'adozione, all'affido, alla tutela dei minori, alle tematiche adolescenziali e alle tematiche della menopausa.
Fornisce, poi, interventi di informazione, consulenza e presa in carico di carattere medico-ginecologico, ostetrico, psicologico e sociale nell'ambito dell'area ostetrico-ginecologica, dell'adolescenza, delle difficoltà relazionali dell'individuo, della coppia e della famiglia, delle problematiche genitoriali relative alla genitorialità biologica e sociale e dell'affido familiare.
Sono previsti, inoltre, interventi di mediazione familiare in caso di separazioni e divorzi e interventi di carattere psicologico, sociale e legale su richiesta del Tribunale per i Minorenni in caso di dichiarazione di disponibilità all'adozione, affidamento di bambini in seguito alla separazione conflittuale dei genitori e tutela dei minori in situazioni problematiche, valutazione delle capacità genitoriali biologiche e sociali, presa in carico della coppia genitoriale e della famiglia.
Considerando sia l'offerta pubblica che privata, in Veneto si contano attualmente 141 sedi consultoriali, dove lavorano circa 800 operatori, prevalentemente psicologi (27% del totale), assistenti sociali (23%) e medici-ginecologi (15%).
Complessivamente nel 2008 sono state erogate 78.128 prestazioni di cui oltre il 60% nell'area ostetrico-ginecologica, il 19,9% nell'area psico-sociale a mandato istituzionale, ossia su incarico del Tribunale per i Minorenni, il 19,2% nell'area psico-sociale senza mandato (Figura 14.2.6).
Sono state seguite 127.024 persone, di cui il 79,4% come singoli utenti, il 12,5% come coppia e l'8,1% come nucleo familiare composto da genitori e figli. Al servizio si rivolgono principalmente le donne (86,4%), in particolare nell'età compresa tra i 25 e i 44 anni (52,3%).
Le attività di prevenzione e sostegno sono state realizzate attraverso 18.285 incontri con la popolazione su temi relativi alla salute psicofisica della persona singola, dell'adolescente, della coppia e della famiglia, coinvolgendo circa 103.000 partecipanti.

Figura 14.2.1
Distribuzione percentuale dei servizi per la prima infanzia per tipologia. Veneto - Anno 2008
Figura 14.2.2
Grado di copertura dei servizi per la prima infanzia. Veneto - Anni 2000:2008
Tabella 14.2.1
Scuole d'infanzia: sezioni e bambini iscritti. Veneto - Anno scolastico 2006/2007
Figura 14.2.3
Minori in affido residenziale per genere ed età. Veneto - Anno 2008
Figura 14.2.4
Minori accolti nei servizi residenziali per cittadinanza italiana o straniera. Veneto - Anni 2001:2008
Figura 14.2.5
Domande di adozione nazionale e internazionale. Veneto - Anni 2004:2009
Figura 14.2.6
Distribuzione percentuale delle prestazioni psico-sociali dei consultori familiari. Veneto - Anno 2008


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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.