Il modello veneto di welfare, definito dalla legislazione regionale nell'arco di un ventennio, si caratterizza per l'integrazione delle politiche sociali con quelle sanitarie e per l'attiva collaborazione tra soggetti pubblici e privati, sia in ambito comunale che sovracomunale.
L'integrazione si è concretizzata per mezzo della realizzazione di un sistema di erogazione di servizi sociali e servizi a elevata integrazione socio-sanitaria, della loro gestione unitaria in ambiti territoriali omogenei, corrispondenti a quelli definiti per le Ulss, e attraverso la delega da parte dei Comuni della gestione dei servizi stessi all'Azienda Ulss o, alternativamente, la stipula di accordi di programma tra gli enti interessati.
Lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e dell'integrazione socio-sanitaria è il piano di zona, che viene elaborato e approvato dal Sindaco o dalla Conferenza dei sindaci e recepito dall'Azienda Ulss. I titolari sono, pertanto, i Comuni, le Province, la Regione e altri soggetti pubblici (amministrazioni periferiche dello Stato: scolastiche, della giustizia, del lavoro, IPAB, Comunità Montane, ecc.) che intervengono per il conseguimento di traguardi comuni di interesse generale. All'elaborazione del piano di zona partecipano, inoltre, gli organismi del terzo settore.
Il piano di zona esprime il sistema di offerta, definendo i servizi, le prestazioni, gli interventi economici e le misure di sostegno in diverse aree d'intervento, tra cui l'infanzia, i minori e la famiglia, la non autosufficienza, la disabilità, le dipendenze e la marginalità sociale.
(I numeri del capitolo 14)