RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


Popolazione migrante tra passato e presente

Inizio Pagina  Lo scenario europeo

Il quadro demografico europeo è caratterizzato mediamente da una crescita tendenziale della popolazione. Ma una visione attenta dei differenti scenari non può non mettere in luce dinamiche diverse tra est e ovest europeo. Le regioni centro-occidentali vantano un modello demografico caratterizzato da una popolazione in crescita, grazie soprattutto a nuove iscrizioni da paesi esteri. Le aree con una popolazione in diminuzione sono invece prevalenti nell'Est e in alcune zone scandinave. Inoltre, le regioni che ospitano capitali sono in genere oggetto di una rilevante crescita della popolazione, anche nei paesi con minore sviluppo demografico.
Tale scenario, così differente se confrontato con quello di decenni scorsi, è solo in parte frutto della componente naturale: oggi a giocare un ruolo chiave sono i flussi migratori, che hanno consentito di bilanciare in alcune zone un trend di crescita naturale negativo.
Un confronto del fenomeno migratorio tra gli ultimi anni '90 e i primi anni del nuovo millennio già rivela profondi cambiamenti in atto. Se nel primo quinquennio analizzato, nonostante saldi migratori positivi meno concentrati nelle regioni dell'Est, si osserva una diffusione a macchia di leopardo tra incrementi e decrementi migratori, dopo il 2000 il gradiente Est-Ovest si fa decisamente più marcato: al bilancio migratorio negativo di molte regioni orientali, fatta eccezione delle capitali che persistono nel loro ruolo di traino economico del paese, si contrappongono le nazioni centro-occidentali con bilanci positivi. In particolare molte regioni mediterranee di Spagna, Francia e Italia dimostrano una spiccata capacità attrattiva nei confronti di cittadini stranieri, cui si aggiungono Irlanda, Cipro e alcune aree inglesi e greche.
La presenza straniera è fortemente aumentata nel nostro paese, e lo stesso fenomeno ha interessato anche molti altri paesi dell'Europa occidentale ma in tempi meno recenti, come Germania e Francia. In conseguenza di questo ritardo, l'Italia mantiene un volume di presenza immigrata ancora contenuto e inferiore se confrontato a quello dei paesi storici di immigrazione, ma gli attuali trend di crescita lasciano immaginare fra alcuni anni una realtà a loro simile. (Figura 8.1) e (Figura 8.2)

Inizio Pagina  La svolta per il Veneto

Si può affermare che, almeno in tempi di pace, le zone di emigrazione siano economicamente più depresse e socialmente meno stabili di quelle di immigrazione. Anche il Veneto negli anni sembra aver seguito tale regola, tanto che attraverso i cambiamenti nei processi migratori è possibile rintracciare il passaggio da una realtà veneta ancora rurale e di maggiori ristrettezze al progressivo consolidamento di una situazione economica e sociale più robusta, divenendo così da paese di emigrazione a paese di immigrazione.
Verso la fine degli anni '60 avviene la svolta: dal 1968 il saldo migratorio con le altre regioni inizia ad essere positivo, quello con l'estero poco dopo.
A partire da questi anni avviene che flussi in entrata - da altre regioni o dall'estero (italiani che rimpatriano o più spesso nuovi stranieri) - superano quelli in uscita, a conferma della crescente capacità attrattiva della nostra regione, in grado di offrire nuove opportunità economiche e lavorative. (Figura 8.3)
Una seconda situazione di svolta avviene per il Veneto nei primi anni '90. Fatta eccezione per alcuni anni segnati da un comportamento non in perfetta linea con il trend del periodo, inizia per la nostra regione un afflusso sempre più sostenuto di stranieri, tanto che il saldo migratorio con l'estero sorpassa quello interno, che si arresta sino ad oggi a livelli più contenuti.
Le iscrizioni anagrafiche da altri paesi esteri hanno subìto improvvise accelerazioni soprattutto dal 2000: queste sono da attribuire, oltre che a fattori congiunturali nei paesi di origine e all'evoluzione del quadro politico-economico dell'Est-Europa, anche alla predisposizione periodica da parte dell'Italia di provvedimenti di regolarizzazione di cittadini stranieri prima presenti sul territorio in maniera non regolare.
Gli ingressi dall'estero contribuiscono oggi a contenere, soprattutto in alcune realtà territoriali, gli effetti negativi o più lenti della dinamica naturale e rappresentano un'insostituibile risorsa per contribuire alla crescita demografica totale.
Anche nell'ultimo anno la popolazione nel Veneto è cresciuta, raggiungendo nel 2007 4.832.340 abitanti, in aumento dell'1,2% rispetto al 2006 e si stima che supererà i 5 milioni entro il 2012. La popolazione si concentra in prevalenza nelle province di Padova (18,8%), Verona (18,5%) e Treviso (18,0%), province che registrano anche l'incremento demografico più sostenuto. La densità di popolazione per l'intera regione arriva a 262,6 abitanti per kmq, ma è Padova ad aggiudicarsi il primato con 424,8 abitanti per kmq, Belluno invece si situa in fondo alla graduatoria con 58,1.

Inizio Pagina  Trasferimenti restando in Italia

Di particolare interesse è analizzare come si è evoluta nel tempo la mobilità all'interno del territorio nazionale: se per gli anni '60 e '70 si parla di flussi a lungo raggio che vedevano lo spostamento di singoli o famiglie intere dal Mezzogiorno verso le regioni del Nord, ora si è di fronte nella maggioranza dei casi a spostamenti di breve raggio. La quota dei trasferimenti interregionali si è nel tempo gradualmente ridotta, a vantaggio della quota di trasferimenti interni ai confini regionali o provinciali.
Le motivazioni alla base degli spostamenti sono in genere diverse: tipicamente, spostamenti a medio e lungo raggio (interregionali e con l'estero) sono legati in prevalenza a motivi di studio o di lavoro, mentre trasferimenti di più breve distanza (intraregionali e intraprovinciali) sono più spesso connessi ad eventi familiari particolari, come matrimoni, separazioni, uscite dalla famiglia di origine che sovente si accompagnano a mutate esigenze abitative e insediative.
Secondo gli ultimi dati disponibili del 2005 emerge che in Veneto il 22,5‰ della popolazione complessiva ha cambiato la propria residenza prediligendo un altro comune della stessa regione. Tale quota, a fronte di una media nazionale del 16,9‰, è la più elevata dopo Valle d'Aosta (24,2‰) e Lombardia (23,9‰): i veneti quindi sono una popolazione in movimento, ben disposta a cambiamenti di dimora per spostamenti di breve o medio raggio, non altrettanto propensa però a spostamenti verso altre regioni. Tale tendenza appare in aumento da dieci anni a questa parte, quando nel 1995 coinvolgeva il 16,7‰ della popolazione.
Considerando gli spostamenti a lungo raggio verso altre regioni, nel 2005 in Veneto quattro persone su mille (19.285) hanno cambiato la propria residenza per trasferirsi in una regione diversa da quella di partenza. Le mete più ambite sono, come si può facilmente intuire, regioni confinanti del Nord Italia, in particolare Lombardia (20,6%), Emilia Romagna (12,9%) e Friuli Venezia Giulia (11,8%).
Per quanto riguarda i trasferimenti da altre regioni verso la nostra (23.472), oltre alla Lombardia e alle altre regioni limitrofe al Veneto, sono specialmente alcune regioni del Sud, tradizionalmente più propense all'emigrazione anche di lungo raggio, a trovare particolarmente attrattivo il Veneto, soprattutto Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. Le età protagoniste di tali flussi sono quelle tra i 20 e i 40 anni. (Figura 8.4)
Se in un territorio le cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza sono elevate rispetto alle iscrizioni, allora si tratta di una zona che i residenti tendono ad abbandonare e che esercita quindi uno scarso potere attrattivo sugli abitanti delle altre terre. Viceversa, se le iscrizioni superano le cancellazioni, si può affermare che la popolazione di quel territorio stia crescendo grazie all'arrivo di nuove persone in numero maggiore rispetto alle uscite, facendo quindi di quest'area un polo di attrazione in grado di offrire condizioni adeguate all'insediamento.
A partire da queste considerazioni è possibile costruire un indice, convenzionalmente denominato indice di efficacia demografica (Nota 1), che tiene conto simultaneamente sia della forza attrattiva della regione che di quella repulsiva oltre i suoi confini. Per il Veneto tale indice assume valore 9,8 nel 2005, in netto calo rispetto al 22,8 del 1996: rimane comunque una zona di attrazione, ma il divario tra flussi in entrata e in uscita è andato diminuendo nel tempo. Da qui la riduzione significativa dell'indice. (Figura 8.5)
Un confronto complessivo fra le tendenze di mobilità delle regioni italiane permette l'individuazione di comportamenti differenti e ben distinti. Innanzitutto, molte regioni del Sud si caratterizzano come territori di fuga, dove cioè dominano i cambi di residenza in uscita rispetto a quelli in entrata. Coloro che lasciano un comune del Mezzogiorno, in particolar modo di Molise, Sicilia, Puglia, Calabria o Basilicata, si dirigono in prevalenza al di fuori dei confini regionali, mentre piuttosto contenuti sono gli spostamenti all'interno. Tra le regioni del Sud si distingue la Campania, con la fuga verso altre regioni più elevata, e con una mobilità interna comunque sostenuta.
Emilia Romagna, Trentino Alto-Adige, Toscana e Marche si profilano come le aree con massima attrattività nei confronti di altre regioni, mentre Veneto assieme a Piemonte, Lombardia, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia registrano i livelli più elevati di mobilità interna al proprio territorio regionale.
Sono le regioni del Centro e del Nord a dimostrare nel complesso una maggiore attrazione per i cittadini esteri, quelle meridionali si configurano invece come terre di minor richiamo. In cima alla graduatoria si collocano Umbria e Valle d'Aosta, il Veneto occupa l'ottava posizione.
Uno sguardo ai movimenti interni alla nostra regione rivela differenti gradi di attrazione demografica delle sette province. I trasferimenti interni ai confini provinciali sono sostenuti soprattutto a Vicenza, Treviso e Verona che interessano oltre il 20‰ della popolazione, un po' meno a Padova, più contenuti per le restanti province (meno del 15‰).
Considerando separatamente i trasferimenti tra province del Veneto e province di altre regioni si evidenziano differenti profili di attrattività. Verona e Padova attraggono nuovi residenti soprattutto da altre regioni, viceversa Treviso e Rovigo principalmente da province del Veneto. Vicenza, e soprattutto Venezia, non risultano attrattive per quanti vengono da fuori regione, mentre Belluno si configura come l'unico territorio di fuga sia rispetto a province venete che non.
Venezia si distingue inoltre per il maggiore potere di attrazione nei trasferimenti dall'estero. (Figura 8.6)
La migrazione nella migrazione
Il crescente peso della componente straniera sul fenomeno della mobilità interna è una realtà sempre più evidente. Si parla di migrazione nella migrazione (Nota 2): gli stranieri sono migranti che lasciano la loro terra di origine e che, una volta giunti sul nostro territorio, non stabiliscono subito la propria dimora, ma il loro viaggio prosegue alla ricerca di migliori condizioni, soprattutto abitative e lavorative.
Nonostante, in termini assoluti, la maggioranza degli spostamenti di residenza all'interno del territorio nazionale coinvolga cittadini italiani, la quota relativa agli stranieri assume sempre più rilevanza.
Nel 2005 in Veneto, se si considerano i protagonisti degli spostamenti di residenza tra comuni interni alla regione, quasi uno su quattro (23,2%) è straniero. Con tale quota il Veneto raggiunge il terzo posto nella graduatoria delle regioni italiane, dopo Umbria (24,3%) e Marche (23,4%). Solo una decina d'anni prima, nel 1996, gli stranieri rappresentavano appena il 6,2%. (Figura 8.7)
Gli stranieri mostrano una propensione maggiore a spostarsi nel territorio rispetto ai veneti di origine italiana. Se per questi ultimi 18,5 persone su mille hanno nel 2005 cambiato la propria residenza entro i confini regionali, per gli stranieri residenti in Veneto tale quota arriva all'81,2, in crescita rispetto a 10 anni prima.
Scendendo nel dettaglio territoriale, è possibile distinguere quei comuni più attrattivi nei trasferimenti di residenza degli stranieri e quelli protagonisti di una maggiore fuga. Di richiamo per gli stranieri già residenti sul territorio sono molti comuni della provincia di Padova, così come alcune aree della marca trevigiana. Dinamiche simili interessano la bassa veronese, fino ad alcuni comuni di Rovigo e di Padova e i comuni veneziani confinanti con altre province. Nel bellunese si distinguono il capoluogo e le zone limitrofe. (Figura 8.8)
Se si analizza la mobilità di lungo raggio, ossia fuori dai confini regionali, gli stranieri mostrano anche in questo caso una propensione elevata a spostarsi. Su mille stranieri, 13 hanno trasferito la residenza dal Veneto in altri comuni italiani, appena 3 su mille tra i residenti con cittadinanza italiana.
Guardando anche alla mobilità in entrata, l'indice di efficacia demografica vale 7,8 per questi ultimi, mentre è più che doppio per gli stranieri (16,5).
Anche più di una dimora
Nuove esigenze lavorative e di studio spingono sempre più persone ad adottare un modello di vita flessibile, che si adatti ai cambiamenti e alla crescente mobilità che caratterizza la vita nella nostra società. Anche per la residenza, i luoghi dell'abitare si moltiplicano quando necessità formative o lavorative richiedono di abbandonare provvisoriamente la famiglia di origine, per vivere con una certa regolarità in un comune diverso da quello solito di residenza. Studenti o lavoratori, che si dividono tra la dimora degli affetti e quella dell'impegno professionale e per questo definiti i "pendolari" della famiglia.
L'Italia meridionale presenta una più elevata propensione a questo tipo di mobilità rispetto al resto d'Italia, dove maggiormente si preferisce o si riesce invece a studiare o lavorare vicino a casa, a distanze che permettono un pendolarismo giornaliero, senza dover vivere per alcuni giorni o per periodi più lunghi in un comune diverso da quello di residenza. Questa tendenza è osservabile anche nella nostra regione, dove il tessuto produttivo comprende molte aziende di piccole o medie dimensioni diffuse sul territorio, e dove le università sono protagoniste di fenomeni di decentramento in sedi succursali. (Figura 8.9)
Più che studenti, la maggior parte sono lavoratori, specie maschi, comunque giovani non ancora con una famiglia propria e che continuano a mantenere la residenza nella casa dei genitori.
Di questi, circa il 60% rimane comunque entro i confini regionali, fanno eccezione le regioni meridionali dove maggiore è la propensione a studiare o lavorare in altre regioni.
I pendolari della famiglia sono in Veneto il 6% di quanti lavorano o studiano, in linea con la tendenza media nazionale e di altre regioni del Nord, quali Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte.
Quanto alle caratteristiche socio-anagrafiche di questo particolare gruppo, anche per la nostra regione si conserva quanto prima descritto. (Figura 8.10)

Inizio Pagina  La re-urbanizzazione

I mutamenti sociali ed economici, avvenuti in parallelo ai cambiamenti demografici, hanno trasformato il territorio e le città capoluogo, da sempre fulcro della vita economica. I capoluoghi, per la loro posizione centrale, hanno il potere di attrarre insediamenti: i motivi per trasferirsi in città vanno ricercati nelle maggiori opportunità occupazionali, nella vicinanza ai servizi e nelle più ampie possibilità di svago. Ma è nell'accessibilità e nella godibilità delle città che si gioca il futuro del loro popolamento: tutto dipenderà, oltre che dallo sviluppo economico e occupazionale, anche dall'efficienza delle infrastrutture di trasporto e dai costi delle abitazioni.
Negli anni '90 molti capoluoghi italiani, anche nelle province venete, sono stati protagonisti di un fenomeno di fuga dalle città, che ha portato a un progressivo inurbamento delle cinture metropolitane, dilatando aree produttive e residenziali fino a creare arcipelaghi metropolitani. I motivi di questa espansione territoriale centrifuga rimandavano alla ricerca di abitazioni meno costose e meno densamente distribuite sul territorio, alla possibilità di utilizzo di mezzi privati per gli spostamenti, all'allontanamento dal caos e dall'inquinamento metropolitano a favore di una maggiore qualità di vita. La città sembrava trasformarsi progressivamente in luogo di consumo, attraversata da chi ne utilizza servizi e risorse, da chi ci lavora, ci studia o visita da turista. La mancata residenza in un luogo sempre più "consumato" e sempre meno "abitato" alimentava il rischio di scollamento con la popolazione utilizzatrice, in termini di identificazione e di responsabilità civile nei confronti della città. (Tabella 8.1)
Dal 2001 si assiste però a un lento ripopolamento dei grossi centri urbani, che per il Veneto ha interessato tutti i capoluoghi, fatta eccezione per Venezia. Tuttavia, il fenomeno si presenta diversificato nella regione in termini di intensità: Verona e Vicenza, già meno interessate negli anni '90 dal fenomeno di fuga dalle città, presentano oggi i trend di crescita più sostenuti, mentre Treviso, pur registrando un ripopolamento, si arresta ad una variazione rispetto al 2001 dell'1,8%. I motori di questa nuova forza centripeta sono riconducibili da un lato al fenomeno dei grandi flussi migratori, che vede nuovi cittadini stranieri occupare in un primo momento i grandi centri urbani per poi trasferirsi nei comuni limitrofi, e dall'altro allo sforzo di riqualificazione degli spazi urbani intrapreso da molte città per riconquistare forza attrattiva.
Nonostante la recente ripresa dei capoluoghi, per molte aree del Veneto la provincia mostra un potere attrattivo superiore a quello del capoluogo: questo vale specialmente per le province situate nella fascia centrale della regione, con una dinamicità economica e occupazionale più distribuita su tutto il territorio. I capoluoghi di Belluno e Rovigo, invece, registrano una forza attrattiva più marcata delle rispettive province, confermando per questi comuni maggiori opportunità di lavoro, più facile accesso ai servizi e migliore qualità di vita rispetto al resto del territorio provinciale. Un discorso a parte riguarda il comune di Venezia, che vede una perdita di popolazione a differenza del resto della provincia. (Figura 8.11)

Inizio Pagina  Le abitazioni

L'insediamento della popolazione sul territorio si lega all'evoluzione del patrimonio immobiliare residenziale. A sua volta la questione abitativa può avere effetti d'impatto sullo sviluppo di una città e più in generale sulla crescita di un paese.
Nell'ultimo decennio l'aumento della popolazione dovuta ai nuovi flussi migratori, l'aumento del numero di famiglie - pur di dimensioni sempre più ridotte - e fenomeni di occupazione di stock residenziale per attività terziarie come la localizzazione di uffici e attività commerciali in edifici dei centri città, hanno incrementato la richiesta di abitazioni. Questo boom immobiliare è connesso anche ad un tipo di società, quella italiana, ancora legata all'ambizione di una casa di proprietà, desiderio che in molti casi si è potuto concretizzare grazie al sostegno delle banche, che hanno reso più favorevole e flessibile la sottoscrizione di mutui, e che è stata la risposta all'aumento dei prezzi degli affitti, rendendo in taluni casi più conveniente l'accensione di un mutuo e il pagamento della relativa rata rispetto al canone di locazione. L'aumento dei prezzi delle case soprattutto nei capoluoghi e nelle grandi città aveva spinto e spinge tuttora molte famiglie all'acquisto di un'abitazione nelle periferie o nelle cinture metropolitane, dove da diversi anni si registra il maggior incremento delle compravendite. (Figura 8.12)
Nel 2007 le transazioni di proprietà compravendute (Nota 3) sono state 72.569, in lieve calo rispetto all'anno precedente (-5,5%), flessione che si registra in tutte le province, ma in particolar modo nei capoluoghi.
In generale oltre la metà delle compravendite interessa l'abitazione di dimensione media e media grande, vale a dire tra i 70 e i 130 mq. Anche se tra i capoluoghi e il resto della provincia si può notare una certa diversità: infatti nei primi più intense sono le compravendite tra i monolocali e le grandi abitazioni, anche di più di 130 mq.
Il 2007 sembra segnare l'inizio di una fase di declino del ciclo immobiliare e si assiste ad un calo delle nuove residenze pari al -5%, che interessa la maggior parte delle province, in particolare Treviso registra una diminuzione del 20%. Fanno però eccezione proprio alcuni capoluoghi, ossia Vicenza ma ancor più Rovigo, Treviso e Venezia, con una crescita anche superiore al 40% del nuovo patrimonio immobiliare. Complessivamente nei capoluoghi si registra un incremento del 16,9%, a testimonianza di una leggera ripresa di dinamicità non solo demografica ma anche immobiliare nei capoluoghi, grazie anche agli investimenti dei governi locali in termini di riqualificazione dei centri urbani.
Le nuove costruzioni in Veneto (29.774) rappresentano oggi l'1,2% dello stock totale di abitazioni presenti nel 2007 (le abitazioni totali sono 2.419.356).

Inizio Pagina  I flussi dall'estero

L'arrivo di nuovi stranieri e la loro spiccata propensione alla mobilità sul territorio interrogano una vasta gamma di interventi sociali legati alle abitazioni, al lavoro, alla scuola e più in generale ai servizi locali, così come influenza lo sviluppo urbano. Inoltre, gli immigrati, portatori di culture, religioni e stili di vita a volte così lontani dai nostri, contribuiscono in parte ai rapidi mutamenti sociali, con cui i veneti già oggi sono chiamati a confrontarsi.
In Veneto nel 2008 si stima che gli stranieri residenti siano il 9,3% della popolazione complessiva (circa 457 mila stranieri), quota sensibilmente più rilevante rispetto all'intero territorio nazionale (6,5%) e che colloca la nostra regione al terzo posto, assieme alla Lombardia, nella graduatoria regionale per incidenza sulla popolazione. Come già evidenziato, il Veneto si dimostra particolarmente attrattivo nei confronti dei cittadini stranieri: circa l'11,7% degli immigrati nel nostro Paese l'ha scelto per stabilire la propria dimora e il flusso non sembra destinato ad arrestarsi; infatti secondo le previsioni Istat saranno nel 2020 quasi 800 mila, ossia oltre il 15% della popolazione complessiva, e entro il 2030 dovrebbero raggiungere la soglia del milione.
Vista la natura prevalentemente economica dei flussi migratori in entrata, in Veneto la popolazione immigrata si concentra in prevalenza nelle aree in grado di offrire maggiori opportunità occupazionali, vale a dire nelle zone a vocazione più industriale come Treviso, Vicenza e Verona, che registrano un'incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva attorno al 10%.
Un'analisi più approfondita della presenza immigrata sul territorio Veneto mostra un quadro che nel corso di un decennio ha subito profonde trasformazioni. Se in un primo momento gli stranieri scelgono le città capoluogo per insediarsi, attratti dalle maggiori opportunità di lavoro, dal più facile accesso ai servizi e dalla comodità negli spostamenti con mezzi pubblici; passato un certo periodo di assestamento prediligono i comuni della provincia, che registrano performance di integrazione più elevate rispetto ai capoluoghi, in termini di stabilità sociale, lavorativa e abitativa. Le grandi città restano invece un luogo privilegiato per gli stranieri di estrazione culturale più elevata (Nota 4).
Rispetto alla fotografia del 1997, dieci anni dopo i capoluoghi - soprattutto delle province centrali - rimangono comunque densamente popolati dagli stranieri, ma altrettanto popolati sono anche molti comuni più o meno limitrofi. La distribuzione sul territorio degli stranieri si fa più diffusa e capillare, sia perché sono in numero maggiore, sia per la loro alta propensione alla mobilità sul territorio. (Figura 8.13) e (Figura 8.14)
La nostra regione si caratterizza per una molteplicità di paesi di provenienza degli stranieri, confermando una delle peculiarità dell'immigrazione in Italia. Tale puzzle di differenti etnie affonda le radici nella sua storia: nel corso degli anni si è assistito infatti a mutamenti nelle correnti migratorie, sia in termini di quantità che di nazionalità dei flussi, che hanno segnato anche per la nostra regione una storia molto variegata. Una prima fase dell'immigrazione in Europa è stata caratterizzata da mutamenti di carattere geo-politico, primo fra tutti la caduta del Muro di Berlino, oltre a fattori geografici che hanno reso possibile flussi di immigrati soprattutto dall'Africa settentrionale. Le guerre balcaniche dei primi anni '90 hanno intensificato l'esodo di molti cittadini di queste aree verso il nostro territorio. Oggi, oltre all'effetto dell'allargamento dell'Unione europea che incoraggia cittadini dell'Est-Europa ad attraversare i nostri confini, si stanno rivelando sempre più determinanti fattori esogeni legati alla globalizzazione, alle situazioni di conflitto in molte aree del Terzo Mondo, alle loro fragili situazioni economiche - legate anche all'indebitamento - e alla pressione demografica di molti paesi in via di sviluppo.
Gli ultimi due anni sono eccezionali per il fenomeno migratorio: nella nostra regione si contano in media 54 mila stranieri in più all'anno, si tratta di una delle variazioni più alte dell'ultimo periodo. Gran parte dei nuovi ingressi sono legati a flussi di cittadini rumeni, che sono oggi la comunità più diffusa in Veneto e rappresentano il 19% dei cittadini stranieri. Questo perché il nostro paese non ha usufruito, diversamente da altre nazioni, della facoltà di applicare il regime transitorio per l'accesso al mercato del lavoro dei cittadini provenienti da Romania e Bulgaria, paesi diventati membri dell'Unione Europea nel 2007, che hanno quindi potuto usufruire fin da subito delle nuove norme sulla libera circolazione e soggiorno applicate in Italia a partire dall'aprile 2007 (Nota 5).
Numerosi, oramai da diversi anni, sono anche i cittadini marocchini e albanesi, che sommati a rumeni, serbi-montenegrini e cinesi costituiscono oltre la metà di tutti gli stranieri residenti sul nostro territorio. Sostenuti sono gli incrementi rispetto al 2006 di rumeni, cinesi e moldavi, che rappresentano tra le nazionalità più diffuse in Veneto quelle di più recente ingresso. Flussi più storici riguardano invece Marocco e Serbia-Montenegro, le cui motivazioni di abbandono del proprio paese sono legate a condizioni di ristrettezze economiche e conflitti interni di origine meno recente.
Le diverse comunità, che mostrano profili socio-demografici molto differenti, seguono modelli di inserimento residenziale e lavorativo peculiari. I cittadini rumeni, presenti in Veneto da un tempo relativamente più breve, si concentrano oggi in prevalenza nei capoluoghi - soprattutto a Verona, Padova e Venezia - com'è tipico per cittadini arrivati da poco. Sono invece più uniformemente distribuiti nella provincia di Treviso, anche se i comuni orientali ai confini con Pordenone e quelli occidentali limitrofi ai territori padovani e vicentini mostrano una densità rilevante.
Albanesi e ancor più Marocchini, giunti sul nostro territorio da più anni e progressivamente maggiormente stabilizzati, si presentano diffusi sul territorio in maniera più omogenea: risiedono in prevalenza nelle province centrali di Verona, Vicenza, Treviso, Padova e Venezia.
Serbi e montenegrini occupano principalmente i comuni vicentini e trevigiani. I moldavi, di più recente arrivo, si situano nei comuni capoluoghi, manifestando una spiccata concentrazione soprattutto a Padova, Venezia e Verona. Particolarmente concentrati, infine, gli indiani, che si situano quasi esclusivamente nei comuni a cavallo tra Verona e Vicenza, dove si condensa l'industria conciaria vicentina. (Figura 8.15), (Figura 8.16), (Figura 8.17) e (Figura 8.18)
Per conoscere i motivi che hanno determinato l'afflusso di nuovi cittadini stranieri nella nostra regione occorre fare riferimento alle informazioni derivanti dai permessi di soggiorno, seppur rappresentano solo una parte del fenomeno migratorio. L'eccezionale picco registrato per gli stranieri soggiornanti nella nostra regione da quattro anni, ossia dal 2002, è conseguenza della regolarizzazione avvenuta nel 2002 attraverso la legge Bossi-Fini (leggi 189 e 222), che ha segnato un impatto notevole sullo stock degli immigrati, la grande maggioranza dei quali giunti in Veneto per motivi di lavoro. Già a partire dall'anno successivo, l'incremento nei permessi è imputabile quasi esclusivamente a motivi di ricongiungimento familiare di parenti di lavoratori già arrivati.
I precedenti picchi di permessi per motivi di lavoro osservabili nei grafici sono riconducibili a modifiche normative avvenute negli anni, in particolar modo a sanatorie: si possono riconoscere nel profilo temporale dei permessi le modifiche normative della legge 39/90, del d.l. 489/95 e del d.p.c.m. 16/10/1998. Per quanto riguarda i motivi di ricongiungimento familiare, poiché le regolarizzazioni sono avvenute negli anni ad intervalli abbastanza ripetuti, si osserva un andamento piuttosto costante: i decreti di regolarizzazione, infatti, coinvolgono quasi esclusivamente nuovi ingressi per motivi di lavoro, che presentano quindi andamenti anomali a picchi, mentre i successivi ricongiungimenti familiari si distribuiscono in più anni.
Fin dai primi anni gli stranieri di genere maschile sono attratti dal nostro territorio principalmente per motivi di lavoro, mentre per le donne il motivo prevalente è soprattutto il ricongiungimento familiare. Nel 2007 l'analisi dei permessi di soggiorno fa emergere che il 58,2% delle donne straniere soggiorna nel nostro territorio per motivi di tipo familiare, contro il 15% dei maschi. Le ragioni occupazionali interessano il 38,4% delle straniere, mentre coinvolgono quasi l'81% dei maschi (Nota 6). (Figura 8.19)
Da migrazione individuale a familiare
Se nelle prime fasi il fenomeno migratorio interessava quasi esclusivamente singoli individui, spinti dalla necessità di sanare anche provvisoriamente una situazione di emergenza attraverso la ricerca di un lavoro - com'era tipico delle prime fasi dei flussi - per fare poi ritorno in patria, ora si tratta di un progetto migratorio spesso familiare più a lungo termine, che prevede l'arrivo di parenti e la nascita di nuovi bambini: il fenomeno, da individuale, si calcifica sempre più attraverso la ricomposizione e la formazione di nuclei familiari.
Protagoniste di flussi migratori sempre più consistenti sono anche le donne, non solo in termini numerici: la loro presenza sul territorio si configura come una delle chiavi dell'integrazione sociale tra culture e valori, sia per il peso nel mercato del lavoro, sia per il loro ruolo nella vita familiare. Donne impegnate come lavoratrici, come mogli e come madri dei tanti minori di origine straniera che saranno in buona parte dei nuovi veneti e che costituiranno il tessuto di una società futura sempre più multietnica.
Nel 2007 le donne costituiscono il 47,9% del totale degli stranieri, cinque anni prima erano il 44,9%. Uno studio delle nazionalità con maggiore presenza femminile rispetto a quella maschile rimanda a molti paesi dell'Est europeo e dell'America Latina: su 100 stranieri provenienti dall'Ucraina, ben 82 sono donne; per i paesi dell'America centrale e meridionale si va da 77 donne su 100 stranieri totali per Cuba a 62 per l'Ecuador.
Un altro elemento importante che caratterizza la popolazione straniera è costituito dalle nascite. Seppure numericamente tale fenomeno sia inferiore ai nuovi ingressi da paesi esteri, risulta invece determinante sia per i processi di integrazione, sia per il contributo che danno alla componente naturale della demografia del nostro territorio, riportando in attivo il saldo naturale della popolazione: se una donna veneta nella sua vita mette al mondo mediamente 1,3 figli, una donna straniera residente in Veneto ha una propensione di fecondità quasi doppia.
Il contributo alle nascite sempre più considerevole è dovuto da un lato alla crescita numerica della popolazione straniera, dall'altro al progressivo radicamento nel territorio di alcune comunità di stranieri, che hanno portato alla formazione di nuove coppie o al ricongiungimento di quelle che già si erano formate all'estero, grazie alla creazione nel tempo di condizione abitative, lavorative e di inserimento sociale più favorevoli, che hanno consentito la predisposizione di un progetto di vita a medio e lungo termine nel nostro territorio.
La presenza di figli di stranieri rappresenta un ulteriore segnale per testare il crescente radicamento di nuove culture: portare i figli con sé o decidere di averne in Veneto significa scegliere la nostra regione come luogo in cui dimorare stabilmente e realizzarsi.
È proprio il Veneto la prima regione italiana per presenza di minori stranieri (quasi un quarto della popolazione immigrata) e nell'ultimo anno sono quasi 9.200 i nati da genitori stranieri, in crescita rispetto all'anno precedente, ossia il 19% del totale dei nati. (Figura 8.20)
La sfida dell'integrazione
Il radicamento di questi gruppi nel tessuto sociale non è un processo che avviene spontaneamente e senza frizioni. La transizione demografica che ha portato a massicci flussi di stranieri non si può dire sia sempre andata di pari passo al processo di inclusione: prima arrivano gli stranieri, poi nasce l'esigenza dell'integrazione, al fine di evitare fenomeni di segregazione e di marginalizzazione che, se esasperati, possono rappresentare una minaccia per gli equilibri sociali.
Proprio per questo nasce da alcuni anni il bisogno di tenere monitorati i processi di inclusione di nuove etnie. Lavoro, inserimento sociale e radicamento sul territorio sono i punti chiave per testare il livello di integrazione di un popolo, aspetti che CNEL e Caritas considerano nella formulazione di specifici indici di integrazione. (Figura 8.21)
I principali indici sintetici elaborati sono tre: l'indice di attrattività, che tiene conto dei diversi aspetti del radicamento nel territorio, quali ad esempio l'incidenza e la permanenza dei soggiornanti; l'indice di stabilità sociale che mette insieme dati legati ai ricongiungimenti, la lunghezza del soggiorno, l'acquisizione della cittadinanza e la natalità; l'indice di inserimento lavorativo che sintetizza disoccupazione, fabbisogno di manodopera, retribuzioni e imprenditorialità.
I tre indici confluiscono in un indicatore di integrazione complessivo, che vede il Veneto scivolare oggi al settimo posto, pur confermando la sua presenza nella fascia di integrazione massima. In particolare, Vicenza si aggiudica il quarto posto nella graduatorie delle province italiane, mentre Treviso - la seconda provincia veneta più alta in graduatoria - occupa la 23° posizione.
Riguardo alla capacità della nostra regione di attrarre e trattenere stabilmente la popolazione straniera al suo interno, il Veneto raggiunge buone performance, confermando rispetto all'anno precedente una fascia d'intensità massima. Migliora il quadro dell'inserimento sociale, che vede il nostro territorio passare da un livello medio ad uno alto nella graduatoria delle regioni, pur registrando cospicue differenze interne tra le sue province: l'inclusione sociale è massima a Vicenza (seconda nella graduatoria provinciale nazionale), ma risulta addirittura minima a Venezia, dove gli stranieri sembrano riscontrare le maggiori difficoltà ad adeguarsi a standard e abitudini della popolazione autoctona locale.
Migliora rispetto al 2005 anche l'intensità dell'inserimento occupazionale per gli stranieri residenti in Veneto, facendo balzare la nostra regione dalla fascia media a quella alta: come già più volte ribadito, sono soprattutto le province situate nella fascia centrale del territorio regionale ad offrire maggiori opportunità professionali ai nuovi immigrati.
Il Veneto sembra così avere alcune delle caratteristiche che, secondo alcuni studiosi, stanno alla base di un'integrazione di successo. I processi di inclusione sociale paiono più efficaci in contesti geograficamente più ristretti, in cui le relazioni umane possono essere potenzialmente più dirette e le politiche degli amministratori meno dispersive e generiche, piuttosto che in grandi agglomerati metropolitani. In Veneto la presenza diffusa degli immigrati sul territorio, favorita dalla conformazione urbana in tanti comuni di medie-piccole dimensioni ciascuno con la propria identità storico-culturale, e la convivenza di un policentrismo razziale, riescono ancora a contenere la marginalizzazione di specifici gruppi etnici in periferie di degrado urbano.
Gli aiuti economici ai paesi di origine
Pur avvertendo l'esigenza di integrarsi con il nuovo contesto sociale nel quale sono inseriti, i cittadini stranieri mantengono spesso legami con i paesi di origine, non solo in termini affettivi, ma anche economici. Secondo i dati della Banca d'Italia, nel 2007 gli stranieri residenti in Veneto hanno spedito nel proprio paese di origine quasi 407 milioni di euro, pari al 6,7% del totale delle rimesse partite dal nostro Paese (più di 6 miliardi), risultando così la quarta regione per ammontare complessivo di rimesse inviate all'estero, dopo Lazio, Lombardia e Toscana. Questa quota è in forte e continuo incremento negli anni, e rispetto al 2004 - anno più remoto con cui è possibile un confronto temporale di dati omogenei - l'aumento è tra i più elevati in Italia, pari al +136,9%, terzo solo a Toscana e Lazio. (Figura 8.22)
Gli effetti di questa mobilità monetaria si traducono in sostegno economico per le famiglie di origine, in investimento nell'istruzione dei figli e più generalmente nel capitale umano familiare, ma anche in stimolo all'economia locale, perché incentivano investimenti e consumi.
Se nel 2007 in Veneto gli stranieri occupati sono circa 182 mila, si può stimare che mediamente ciascun lavoratore straniero nell'ultimo anno ha spedito nel proprio paese d'origine circa 2.236 euro. Si tratta di una quota del tutto ipotetica, non depurata da quegli immigrati che, integrati nel nostro territorio e avendo legami solo sporadici con la famiglia di origine, non spediscono rimesse nel proprio paese. La stessa stima, effettuata a livello nazionale, restituisce un dato di 4.024 euro, molto superiore a quello del Veneto.
Se si sposa la tesi di alcuni studiosi secondo cui il fatto di inviare più o meno rimesse sia strettamente connesso al progetto di immigrazione di ciascun straniero, si potrebbe avanzare l'ipotesi di un livello di integrazione maggiore degli stranieri residenti in Veneto rispetto alla situazione media nazionale. Infatti, nei casi in cui il processo di integrazione risulti più avanzato, il fabbisogno finanziario nel nostro territorio, ad esempio per l'educazione dei figli o per l'acquisto e il mantenimento di una casa, renderebbe meno urgente l'invio di soldi in patria, abitudine invece molto praticata quando la migrazione sia intesa come un'esperienza di vita temporanea, con un progetto di ritorno in patria.
Non va dimenticato che le rimesse inviate tramite i canali ufficiali, come quelle qui analizzate, sono solo una parte dei soldi effettivamente destinati ai paesi di origine degli stranieri, che talvolta passano più facilmente attraverso canali informali, come l'affido di risparmi a familiari e amici di ritorno in patria.

Inizio Pagina  I Veneti nel mondo

Il Veneto: terra di immigrati oggi e di emigranti ieri. Prima delle conquiste economiche avvenute dagli anni '60 in poi, molti veneti spinti dalla miseria e dalla mancanza di prospettive scelsero di lasciare la propria terra, le proprie radici e i propri affetti per costruirsi una nuova vita all'estero o più semplicemente per tentare la sorte. Molti progetti migratori di breve periodo, pensati inizialmente per mettere da parte risparmi da rimandare alla famiglia in patria, si sono nel tempo consolidati in programmi a lungo termine, tanto da portare i veneti migranti a stabilire la propria dimora nella nuova terra di arrivo, attraverso il ricongiungimento della famiglia o la formazione di una nuova con persone del luogo. Una dinamica questa che, pur nei differenti tratti distintivi, ricorda quella che si può osservare oggi nella nostra regione.
Quantificare oggi con precisione il numero di italiani nel mondo suscita oltre che un interesse di natura conoscitiva e informativa anche un interesse legato all'influenza che questi possono avere in termini elettivi. L'Anagrafe degli Italiani residenti all'Estero (Aire) registra i connazionali che hanno conservato la cittadinanza italiana pur vivendo in paesi esteri. I veneti all'estero nel 2008 sono 260.849, il 7% di tutti gli italiani all'estero. Sono presenti soprattutto in Europa (46,8%), in particolare in Francia Germania e Belgio, e in America centro-meridionale (39,5%), destinazione quest'ultima che coinvolge una quota di veneti ben superiore alla quota totale nazionale (28,8%). Un veneto nel mondo su cinque vive oggi in Brasile, seguono nella graduatoria dei paesi di emigrazione Svizzera e Argentina. Queste prime tre nazioni di insediamento raggruppano quasi la metà dei veneti residenti all'estero.
La provincia che più ha esportato o esporta propri cittadini è Treviso, con circa il 30% del totale dei veneti nel mondo. Seguono Vicenza e Belluno, rispettivamente con il 19% e il 14,3%, ultima nella graduatoria Rovigo (3%) (Nota 7). (Figura 8.23)
I veneti all'estero sono per la maggior parte di età superiore ai 40 anni e oltre un quinto ha addirittura più di 65 anni, a testimonianza di un fenomeno più diffuso nei decenni scorsi rispetto ad oggi.
Tuttavia, si osserva che molti degli italiani all'estero di recente iscrizione sono giovani, in ricerca di migliori condizioni di lavoro. Questo vale anche per molti laureati, specie quelli in discipline scientifiche e tecnologiche, insoddisfatti delle opportunità occupazionali qui offerte e alla conquista, oltre che di retribuzioni più alte, anche di una maggiore valorizzazione delle proprie competenze acquisite durante gli studi, come emerge da una recente indagine di AlmaLaurea.
I cittadini italiani residenti all'estero mantengono legami con il paese di origine anche attraverso un canale di tipo monetario. Un tempo le rimesse dei veneti nel mondo sono state un fattore importante non solo per il sostentamento delle famiglie rimaste in patria, ma anche per la ripresa economica dell'intera regione. Ora questo fenomeno è molto meno diffuso, anche se i connazionali all'estero continuano a rappresentare una fonte di trasferimento di denaro. Dai dati della Banca d'Italia emerge che nel 2006 sono arrivati dall'estero per il Veneto più di 17 milioni di euro, pari al 6,9% del totale nazionale. Le province con i maggiori introiti sono Treviso e Vicenza, che insieme superano la metà del totale regionale e che corrispondono anche alle province con più veneti residenti all'estero.

Figura 8.1
Contributo medio annuo della componente migratoria alla crescita della popolazione (base anno 1995) in Europa (Nuts3) - Periodo 1996-1999
Figura 8.2
Contributo medio annuo della componente migratoria alla crescita della popolazione (base anno 2000) in Europa (Nuts3) - Periodo 2001-2005
Figura 8.3
Trasferimenti con altre regioni italiane e con l'estero. Veneto - Anni 1964:2007
Figura 8.4
I trasferimenti di residenza del Veneto - Anno 2005
Figura 8.5
Indicatori di mobilità per regione: trasferimenti di residenza interni, tra regioni e con l'estero - Anno 2005
Figura 8.6
Capacità di attrazione di ciascuna provincia veneta rispetto a province di altre regioni e province della stessa regione  - Anno 2005
Figura 8.7
Mobilità interna alla regione per trasferimenti di residenza. Veneto - Anni 1995:2005
Figura 8.8
Mobilità degli stranieri entro i confini nazionali: capacità attrattiva dei comuni veneti. Veneto - Media 2006-2007
Figura 8.9
Persone che abitano con una certa regolarità prevalentemente in un comune diverso da quello di residenza per motivi di studio o di lavoro. Valori percentuali per ripartizione, Veneto e Italia - Anno 2007
Figura 8.10
Persone che abitano con regolarità in un comune diverso da quello di residenza. Distribuzione percentuale per alcune caratteristiche. Veneto - Anno 2007
Tabella 8.1
Fuga dalle città e re-urbanizzazione dei capoluoghi (variazione percentuale della popolazione residente). Veneto - Anni 1990-2000 e 2001-2007
Figura 8.11
Capacità di attrazione dei capoluoghi rispetto alla provincia (variazione percentuale della popolazione residente). Veneto - Anni 2003-2007
Figura 8.12
Incremento delle compravendite del settore residenziale. Veneto - Anni 2000:2007
Figura 8.13
Distribuzione territoriale degli stranieri residenti. Veneto - Anno 1997
Figura 8.14
Distribuzione territoriale degli stranieri residenti. Veneto - Anno 2007
Figura 8.15
Graduatoria delle prime 10 cittadinanze di stranieri residenti (valore assoluto, distribuzione percentuale e var. % 2007/06). Veneto - Anno 2007
Figura 8.16
Distribuzione territoriale degli stranieri residenti di origine rumena. Veneto - Anno 2007
Figura 8.17
Distribuzione territoriale degli stranieri residenti di origine marocchina. Veneto - Anno 2007
Figura 8.18
Distribuzione territoriale degli stranieri residenti di origine albanese. Veneto - Anno 2007
Figura 8.19
Distribuzione dei soggiornanti in Veneto secondo la durata e il motivo del soggiorno. Veneto - Anno 2006
Figura 8.20
Percentuale di minorenni stranieri sul totale stranieri per regione - Anno 2008
Figura 8.21
L'integrazione sociale degli stranieri - Anno 2006
Figura 8.22
Rimesse dei cittadini stranieri (in migliaia di euro) per regione di invio e variazione percentuale rispetto al 2004 - Anno 2007
Figura 8.23
Cittadini veneti residenti all'estero per aree continentali - Anno 2008

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.