RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


1.2 La mobilità del sistema economico

La portata della crisi che sta attraversando l'economia mondiale viene rilevata da più parti. La Banca Centrale Europea (Nota 1), ad esempio, parla della crisi più significativa da diversi decenni, sottolineandone la profondità e la forte sincronizzazione a livello internazionale. Anche la Commissione Europea (Nota 2) ne rimarca l'ampiezza e gli effetti spill over negativi che colpiscono progressivamente anche le aree emergenti. Il Fondo Monetario Internazionale (Nota 3), infine, stima per l'anno in corso una contrazione del PIL nelle economie avanzate e una crescita particolarmente debole a livello mondiale.
Il processo di globalizzazione delle relazioni economiche che, come è noto, ha subito una pesante accelerazione a partire dagli anni '90, ha aumentato la dipendenza delle economie locali dal quadro internazionale. Pertanto l'evoluzione di quest'ultimo può comportare ripercussioni d'intensità differente tra le regioni italiane a seguito della diversificata rete di relazioni esistente tra una regione e le altre aree del mondo. Lo studio che segue intende dare alcuni spunti di riflessione sulla flessibilità del sistema veneto nell'affrontare i diversi cicli economici nella storia degli ultimi anni e sulla sua evoluzione in termini di composizione della struttura produttiva.

Inizio Pagina  La flessibilità nei cicli economici (Nota 4)

Nell'ottica di ottenere qualche utile chiave di interpretazione della crisi attuale può essere utile prendere in esame le fasi di recessione (Nota 5) ed i successivi periodi di ripresa che si sono alternati a partire dagli anni '70.
Tra il 1970 e il 2009 (Nota 6) si rileva una sostanziale omogeneità tra l'evoluzione del PIL del Veneto e quello dell'Italia. Tanto a livello regionale quanto per l'Italia nel complesso si nota come l'intensità delle variazioni riscontrate negli anni '70 si sia ridotta nei decenni seguenti, fenomeno comune a tutti i principali paesi industrializzati (Nota 7). Nonostante le analogie con il dato nazionale, rispetto a quest'ultimo l'economia veneta mostra in genere una maggiore reattività: nelle fasi di espansione la regione presenta una crescita del PIL più ampia di quella dell'Italia, mentre nelle fasi di rallentamento o di recessione le ricadute sull'economia regionale sono generalmente più intense. Ciò denota una maggiore vulnerabilità della regione rispetto all'Italia, ma anche una maggiore capacità di cogliere le opportunità espansive (Nota 8).
In base all'andamento dell'economia veneta e di quella italiana sono stati individuati quattro cicli economici. Il primo comprende il periodo 1970-1976, il secondo gli anni 1976-1988, il terzo arriva fino al 2000, il quarto copre il periodo 2000-2009 (Nota 9). In quest'analisi il Veneto viene confrontato con altre regioni italiane (Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna) ed europee (Baden-Württemberg e Baviera), con l'Italia, l'Unione Europea (a 15 Paesi (Nota 10), UE15, d'ora in poi) e gli Stati Uniti. (Figura 1.2.1) e (Figura 1.2.2)
Dall'analisi emergono alcuni importanti spunti di riflessione.
Le crisi economiche che si sono verificate a partire dagli anni '70 hanno mostrato intensità diverse coinvolgendo i territori in esame in maniera differenziata. Ad esempio la contrazione del PIL di metà anni '70, dovuta alla crisi energetica, colpisce in maniera significativa tutte le aree (fatta eccezione per Emilia Romagna e Baviera), mentre quella verificatasi nei primi anni 2000 è più circoscritta e, comunque, di entità più modesta.
L'impatto e il grado di sincronizzazione dei momenti di crisi deriva da un mix di fattori esterni ed interni all'area in esame. Ad esempio la depressione dei primi anni '90 appare contrassegnata da pesanti tensioni a livello internazionale a cui si sommano alcune specificità locali (rilevanti manovre di politica economica per quanto concerne l'Italia e le sue regioni, effetti della riunificazione della Germania per il Baden-Württemberg e la Baviera). Ancora, in riferimento alla recessione dei primi anni del decennio in corso, gli Stati Uniti nel 2001, l'UE15 l'anno seguente vedono il massimo rallentamento, è nulla nel 2003 la crescita del PIL italiano, particolarmente penalizzato dall'apprezzamento dell'euro e dal debole ciclo internazionale. A tal proposito è interessante notare che il clima di incertezza che caratterizza il periodo 2001-2002, la situazione geopolitica internazionale e la perdita di competitività delle esportazioni dovuta non solo all'apprezzamento dell'euro di cui si è detto, ma anche alla crescente concorrenza delle aree emergenti, colpisce in maniera più significativa rispetto alla media nazionale le regioni italiane oggetto dell'analisi. Infatti, fatta eccezione per la Lombardia, a fronte di un PIL italiano stazionario nel 2003, il Veneto e il Piemonte subiscono una flessione già nel 2002, l'Emilia Romagna nel biennio 2002-2003. Tale diverso andamento può trovare spiegazione in una maggiore dipendenza dal contesto internazionale da parte di quelle regioni che presentano una maggiore apertura ai mercati esteri rispetto alla media italiana.
Nei quattro cicli economici studiati la crescita media del PIL segnala un generale rallentamento nelle aree in esame. Nel 1970-1976 l'Italia e le regioni italiane (Nota 11) mostrano uno sviluppo dell'economia superiore a quello di UE15, nel 1976-1988 tale primato si mantiene solo nei confronti dell'UE15 e non riguarda il Piemonte; nei due cicli successivi tanto l'Italia quanto le regioni italiane in questione mostrano una crescita dell'economia inferiore a quella delle altre aree. (Figura 1.2.3)

Inizio Pagina  La dinamica del PIL veneto

Nei quattro cicli considerati la crescita media del PIL veneto è superiore a quella nazionale. Più in dettaglio nel 1970-1976 la regione presenta uno sviluppo dell'indicatore inferiore solo a quello dell'Emilia Romagna, mentre nel 1976-1988 il Veneto cresce meno solo rispetto agli Stati Uniti e alle regioni tedesche; nel periodo 1988-2000 la crescita del PIL della regione, pur più debole nei confronti internazionali, mantiene il primato sull'Italia e sulle altre regioni; nel periodo successivo il PIL del Veneto, sebbene continui a presentare un'espansione più contenuta rispetto a quella delle aree considerate a livello internazionale, cresce più di quello dell'Italia, dell'Emilia Romagna e del Piemonte. Rispetto all'Italia il Veneto mostra, in media, una flessione più ampia nei momenti di crisi, ma anche una maggiore capacità di sfruttare le opportunità della ripresa. In generale, inoltre, rispetto alle altre regioni italiane in esame, il Veneto sembra essere meno colpito nei periodi di recessione, mostrando, parallelamente, una migliore capacità di recupero. Più in dettaglio durante la crisi di metà anni '70 la regione presenta una riduzione del PIL lievemente più contenuta di quella del Piemonte e della Lombardia e la crescita nel triennio successivo è più ampia di quella delle due regioni, dell'Emilia Romagna e dell'Italia. Nel 1983 l'economia veneta subisce un leggero calo, ma già nel 1984 le principali componenti della domanda e il PIL mostrano uno sviluppo elevato, mentre le altre regioni italiane vedono una contrazione più significativa dell'economia e una ripresa più lenta. Il primato del Veneto è ancora più evidente nel 1993, quando la sua economia subisce un rallentamento e non una recessione che invece si verifica in Italia e nelle altre regioni italiane; nel 1994, in un contesto di ripresa generale, il Veneto mostra una buona accelerazione del PIL, sfruttando sui mercati esteri il vantaggio della debolezza della lira e presentando un tasso di crescita dell'export superiore a quello delle altre aree. Nei primi anni 2000, infine, la contrazione del PIL veneto è più ampia di quella delle altre regioni, ma rispetto a queste ultime la ripresa è più intensa.

Inizio Pagina  Le componenti del conto economico

Nelle fasi di recessione e di successiva ripresa il ruolo delle principali componenti della domanda presenta alcune specificità, ma anche caratteristiche comuni. Limitando l'analisi alle regioni italiane, comune a tutte le crisi è la rilevanza del commercio con l'estero. Da un lato, infatti, in alcuni episodi di recessione è particolarmente evidente come la tenuta di alcune economie regionali (l'Emilia Romagna a metà degli anni '70, il Veneto all'inizio degli anni '90) sia supportata da tassi di crescita delle esportazioni molto elevati, dall'altro tutte le fasi di ripresa vedono un contributo fondamentale nell'evoluzione positiva dell'export. Per quanto riguarda le specificità, si nota che a metà degli anni '70 le economie regionali, ad eccezione del Veneto, sono caratterizzate da una debolezza nella spesa per consumi delle famiglie e da un calo degli investimenti; se la prima delle due componenti riprende già a partire dall'anno successivo alla recessione, il recupero della seconda è meno immediato e più differenziato; ad esempio nel 1976 gli investimenti diminuiscono in Veneto e restano costanti in Piemonte. La recessione dei primi anni '80 per le regioni italiane considerate vede un calo negli investimenti e una situazione più disomogenea per esportazioni e spesa per consumi delle famiglie; la successiva ripresa interessa esportazioni e investimenti con tassi di crescita a volte più favorevoli agli uni, a volte alle altre, mentre il recupero dei consumi è più consistente a partire dal 1984 e più significativo in Veneto ed Emilia Romagna. Nei primi anni '90, come più volte è stato ricordato, le manovre di politica economica volte al risanamento dell'economia e della finanza pubblica generano un impatto depressivo su consumi ed investimenti, ma, grazie alla svalutazione della lira, incoraggiano l'apertura all'estero. I primi anni 2000 sono caratterizzati da una riduzione dell'export in tutte le regioni italiane in esame e da un calo degli investimenti meno diffuso, ma, ove si verifica, più intenso di quello delle esportazioni; nello stesso periodo la spesa per consumi delle famiglie è stagnante in Veneto e Piemonte, mentre cresce maggiormente in Lombardia e soprattutto in Emilia Romagna. Nel 2004 la ripresa coinvolge i consumi delle famiglie, che comunque mostrano tassi di crescita contenuti entro lo 0,9% per tutte le regioni italiane e, in varia misura, anche investimenti ed esportazioni.

Inizio Pagina  L'elasticità dell'occupazione

Si sono voluti osservare a posteriori gli effetti dell'andamento del PIL sull'occupazione nei momenti di crisi. Nei quattro cicli esaminati l'elasticità dell'occupazione rispetto al PIL (Nota 12) presenta cambiamenti significativi. Nel periodo 1970-1976 tale indicatore mostra il valore più elevato degli Stati Uniti, evidenziando una certa distanza rispetto alle altre aree; nel periodo successivo tale divario si assottiglia e valori non lontani da quello degli Stati Uniti si registrano nelle regioni tedesche e in Veneto; nel 1988-2000 l'elasticità dell'occupazione degli Stati Uniti è sostanzialmente in linea con quella dell'UE15 e delle regioni tedesche, mentre tanto l'Italia quanto le regioni italiane presentano un valore dell'indicatore molto modesto (leggermente negativo nel caso del Piemonte); il periodo più recente è, invece, caratterizzato da un'elasticità dell'occupazione per l'Italia e le sue regioni decisamente più elevata di quella delle altre aree: l'occupazione, infatti, cresce in media più di quanto faccia il PIL. Tale risultato risente in gran parte delle misure introdotte in Italia già a partire dalla fine degli anni '90 per rendere più flessibile il mercato del lavoro e d'incoraggiare l'occupazione. A questo proposito l'elasticità per il mercato del lavoro italiano è particolarmente elevata nel periodo 2000-2003, mentre in quello successivo l'indicatore presenta valori relativamente più modesti e tali per cui i divari rispetto alle altre aree in esame sono lievemente più contenuti.
Nell'attuale contesto di pesante recessione a livello globale è ragionevole attendersi ricadute particolarmente significative sull'economia veneta: rispetto all'Italia, infatti, la regione presenta una maggiore sensibilità alle condizioni esterne (andamento della domanda mondiale, competitività di prezzo,..) che deriva in larga parte da un grado di apertura all'estero decisamente più elevato della media nazionale. Parallelamente dall'analisi emerge anche come l'economia della regione presenti una capacità di reazione alle crisi particolarmente rapida ed efficace. (Figura 1.2.4)

Inizio Pagina  La flessibilità della struttura produttiva

L'analisi dei cicli si sposta ora specificatamente sui settori che compongono la struttura economica veneta: agricoltura, industria e servizi, per poi indagare specificatamente l'evoluzione di ogni singolo comparto.
Il ciclo 1970-76 si caratterizza per un calo nel valore aggiunto veneto di tutti i settori, particolarmente intenso nell'industria (-6,4%), ma anche da una successiva ripresa guidata dallo sviluppo dell'industria in senso stretto. Nel ciclo 1976-1988 il valore aggiunto totale del Veneto si mantiene positivo, soprattutto grazie al contributo di servizi e costruzioni e nonostante il calo di quello dell'industria; nel 1984, tuttavia, l'economia del Veneto accelera grazie proprio all'exploit del valore aggiunto dell'industria.
Il ciclo 1988-2000, è caratterizzato da una serie di eventi tra la fine degli anni '80 e la prima metà degli anni '90 estremamente significativi (riunificazione della Germania, guerre balcaniche, guerra del Golfo,...) che condizionano pesantemente l'evoluzione dell'economia internazionale e la crisi colpisce le aree in esame con intensità e in anni differenti. In tale periodo il Veneto presenta un rallentamento del PIL, non un calo: in particolare, a fronte di un ristagno del valore aggiunto dell'industria e di un calo di quello delle costruzioni, mostrano un'evoluzione positiva l'agricoltura e, soprattutto, il terziario.
Nell'ultimo ciclo, quello che va dal 2000 ad oggi, osserviamo nel 2002 che il Veneto subisce la contrazione più intensa, pari a -1,0% del PIL, tra tutte le regioni considerate. In tale anno si assiste ad una flessione del valore aggiunto molto significativa per il comparto agricolo, più modesta per l'industria e i servizi, mentre solo le costruzioni mostrano un'evoluzione positiva. Tuttavia nel 2004 il Veneto presenta un aumento del PIL più ampio di quello dell'Italia e delle altre regioni, l'industria aumenta dopo un triennio di continua flessione e alla crescita di tale settore si allinea anche quella dei servizi. Per il Veneto il 2004 si configura come un punto di massimo del ciclo in esame: gli anni seguenti sono caratterizzati da un rallentamento nel 2005 e da una crescita più vivace nel 2006 e nel 2007, mentre le stime per il biennio 2008-2009 indicano una progressiva flessione dell'attività economica.
L'analisi shift&share
Per uno studio più particolareggiato del valore aggiunto si è affrontata l'analisi shift&share, tecnica che consente la scomposizione della sua crescita in componenti che raccolgano i contributi dei diversi fattori di sviluppo, così da permettere una migliore interpretazione della dinamica della ricchezza prodotta.
La tecnica affrontata permette di isolare l'effetto di tre componenti: la componente tendenziale, quella strutturale e quella locale. La prima esprime una misura della crescita del valore aggiunto dell'intero territorio di riferimento, cioè della nazione; la seconda esprime il contributo fornito dalle specializzazioni produttive regionali, nella quale influisce la presenza sul territorio di settori che crescono più o meno rapidamente. La terza componente esprime la differenza di crescita tra la regione e la nazione al netto degli effetti della composizione settoriale della regione, ossia rappresenta una misura della capacità di crescita autonoma dell'area. E' data da una serie di fattori difficilmente misurabili, da caratteristiche del territorio legate alla sfera tecnologica, infrastrutturale e logistica, alla profondità della cultura del management nelle imprese, alla disponibilità di materie prime, da peculiarità riguardanti la produttività delle forze lavoro dell'area, o, in altre parole, semplicemente dall'identità del popolo veneto.
Questo tipo di analisi fornisce quindi una nuova chiave di lettura della crescita del valore aggiunto, che isola il contributo strutturale delle diverse specializzazioni produttive, da quelli che sono i rimanenti fattori locali di sviluppo, quelli legati alla dinamicità propria del territorio. Infatti, la presenza di specializzazioni produttive favorevoli, espressioni delle realtà più dinamiche dell'economia, costituisce un fattore di progresso autonomo e, almeno concettualmente, separabile dai fattori intrinseci e di competitività. (Figura 1.2.5)
La variazione studiata è quella del 2006 sul 1995, cioè quella che si riferisce agli ultimi undici anni disponibili dalla statistica ufficiale per il valore aggiunto regionale, periodo interessato da una chiara ristrutturazione dell'economia in funzione del settore terziario e in cui hanno agito sulle dinamiche economiche numerosi fenomeni, primo fra tutti la globalizzazione dei mercati, che ha visto l'ingresso di nuovi attori e l'allargamento del raggio d'azione delle imprese come condizione necessaria al successo.
In questo periodo la regione che ha fatto registrare l'incremento maggiore di valore aggiunto totale sono le Marche, con un aumento superiore al 60% negli ultimi undici anni; tra le altre regioni il cui valore aggiunto è cresciuto più della media nazionale compare anche il Veneto, che nel 2006 è stato protagonista di una variazione del valore aggiunto del 56,6% rispetto al dato del 1995. Di queste regioni cresciute in maggior misura, sono il Lazio, la Campania e la Sardegna i territori che più hanno risentito favorevolmente del contributo della componente strutturale alla crescita del valore aggiunto, ossia le regioni nelle quali è stato manifesto l'effetto dovuto alla presenza nell'area di specializzazioni produttive maggiormente in crescita. Questo si spiega, per il Lazio, con la presenza di un'economia basata prevalentemente sui servizi anche legati alla pubblica amministrazione; per le regioni del sud la maggior forza della componente strutturale è da ricercarsi, da un lato, nell'intensità dello sviluppo di alcuni comparti del terziario come quello turistico, dall'altro nell'esistenza di una modesta industria manifatturiera.
Per contro, la composizione strutturale delle attività produttive ha sfavorito in modo particolare il Veneto, le Marche, la Lombardia e la Toscana, regioni frenate da una composizione strutturale basata sul manifatturiero made in Italy, rivelatosi meno dinamico di altri.
Si nota, però, che per queste quattro regioni, tra cui il Veneto, la componente locale più che compensa le considerazioni appena fatte; infatti esse presentano una crescita del valore aggiunto più rapida della media nazionale, mostrando quindi di disporre di sistemi produttivi forti, in grado di mantenere i territori di riferimento ad un livello di sviluppo economico ben consolidato e stabile nel tempo, alimentando così un chiaro segnale di forte produttività del territorio.
Si è inoltre spezzata la serie storica in due parti per osservare eventuali cambiamenti di tendenza. Lo studio della crescita del valore aggiunto regionale relativo soltanto all'ultimo quinquennio mostra una situazione pressoché sovrapponibile a quella relativa al lungo periodo: le regioni che crescono più rapidamente della media nazionale sono le medesime, con l'aggiunta della Valle d'Aosta, che quindi nel breve periodo si mostra più in accelerazione rispetto alle altre regioni. Il valore aggiunto trentino invece dal 2000 al 2006 cresce più lentamente dell'incremento medio nazionale, soprattutto a causa di un abbattimento della propria componente locale, la quale nel breve periodo contribuisce negativamente alla crescita del valore aggiunto. (Figura 1.2.6)
Entrando nel merito della composizione strutturale del tessuto produttivo del Veneto, i comparti dei servizi alle imprese, delle costruzioni e dei trasporti, oltre a padroneggiare una consistente quota sul totale del valore aggiunto ai prezzi base, sono tra i settori in cui l'aggregato in questione è cresciuto maggiormente dal 1995 al 2006.
Il valore aggiunto relativo al settore dei servizi alle imprese nel 2006 rappresentava più di un quinto del totale del valore aggiunto regionale, testimoniandone così l'importanza ricoperta, fondamentale per la sua trasversalità e supporto allo sviluppo innovativo dell'intera economia. Dal 1995 i servizi alle imprese hanno sempre registrato variazioni annue del valore aggiunto positive, con una breve riduzione della crescita alla fine degli anni '90 e negli anni 2004 e 2005, ma con una chiara ripresa nel 2006, quando il valore aggiunto attribuibile alla branca è aumentato del 2,3% sull'anno precedente.
Per quanto riguarda il valore aggiunto relativo al settore immobiliare, l'andamento positivo che aveva contrassegnato il mercato dal 2000 al 2002 e che aveva prodotto la più lunga crescita negli investimenti nel settore degli ultimi trent'anni, negli anni seguenti è di fatto stato sostituito da un rallentamento, i cui primi segnali si sono avuti nel 2003, con la forte dinamica negativa registrata per le nuove costruzioni non residenziali. Negli anni successivi la nuova costruzione residenziale è stata protagonista di una dinamica chiaramente positiva e questa crescita è stata in grado negli ultimi anni di compensare l'andamento negativo dei settori più in difficoltà, cui sono andati aggiungendosi le opere pubbliche e il non residenziale pubblico.
Il settore dei trasporti ha riportato dal 1995 variazioni annue sempre positive, con un incremento degno di rilievo nel 2003, +14,4% rispetto all'anno precedente. Il trend positivo dell'ultimo decennio chiude con una variazione negativa al 2006, anno in cui c'è stata una lieve flessione del valore aggiunto sul dato dell'anno precedente (-1,2%).
La produzione meccanica, ottica, elettronica e di mezzi di trasporto è l'attività produttiva dell'industria in senso stretto presente in maggior misura nella formazione del valore aggiunto regionale nel 2006; le contrazioni incontrate nei primi anni del millennio hanno lasciato spazio dal 2004 ad una continua evoluzione del settore, con tassi di incremento anche abbastanza elevati. (Figura 1.2.7), (Figura 1.2.8), (Figura 1.2.9) e (Figura 1.2.10)
Le attività commerciali ricoprono una buona quota sul totale del valore aggiunto ai prezzi base sul territorio veneto ma non mostrano livelli di crescita particolarmente sostenuti nel corso dell'ultimo quinquennio, comunque abbastanza in linea con la crescita media dell'aggregato. Diminuzioni dal 2004 al 2006 si osservano per il valore aggiunto dell'agricoltura, silvicoltura e pesca, per diverse sottobranche manifatturiere e, unico settore del terziario, per gli alberghi e ristoranti. Nell'ultimo biennio studiato crescono invece abbastanza rapidamente il settore delle costruzioni, dell'intermediazione finanziaria, dei trasporti e, nel settore secondario, in particolar modo la meccanica e l'industria alimentare, anche se quest'ultima continua a costituire una quota abbastanza marginale nell'insieme delle attività economiche in merito alla formazione del valore aggiunto.

Figura 1.2.1
L'andamento del Pil (var. % annua). Veneto e Italia - Anni 1970:2009
Figura 1.2.2
L'andamento del Pil (var. % annua). Veneto, UE15, Baden-Württemberg, Baviera, USA - Anni 1970:2009
Figura 1.2.3
L'andamento del Pil (var. % annua) negli anni di recessione e nel triennio successivo
Figura 1.2.4
La variazione percentuale media annua del Pil e l'elasticità dell'occupazione. Anni 2000:2008
Figura 1.2.5
Crescita del valore aggiunto (var.% 2006/1995): componente locale, componente strutturale e var. % complessiva per regione
Figura 1.2.6
Variazione % 2006/04, var. % 2006/95 del valore aggiunto per settore di attività e quota dei settori sul totale del valore aggiunto. Veneto - Anno 2006
Figura 1.2.7
Variazioni percentuali annue del valore aggiunto del settore dei servizi alle imprese (valori concatenati). Veneto - Anni 1995:2006
Figura 1.2.8
Variazioni percentuali annue del valore aggiunto delle costruzioni (valori concatenati). Veneto - Anni 1995:2006
Figura 1.2.9
Variazioni percentuali annue del valore aggiunto del settore dei trasporti (valori concatenati). Veneto - Anni 1995:2006
Figura 1.2.10
Variazioni percentuali annue del valore aggiunto relativo alla produzione meccanica, ottica, elettronica e dei mezzi di trasporto (valori concatenati). Veneto - Anni 1995:2006

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.