RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


4.1 La mobilità reale

In una società come quella attuale, dove tutto è mobile - la popolazione, gli affetti, il sistema economico, il lavoro, ecc., come testimonieranno le pagine di questo Rapporto - muoversi, nel significato letterale del termine, diventa un bisogno primario, è espressione della libertà individuale. Parafrasando Cartesio, verrebbe da dire "moveo, ergo sum"; ognuno di noi si trova dibattuto tra la necessità e il desiderio di muoversi.
Sicuramente il Veneto è un territorio che attrae a sé persone e merci, e quindi genera mobilità, per diversi motivi. La cosiddetta città diffusa che nel corso degli anni è andata via via caratterizzando il territorio veneto ha condotto ad una sorta di "specializzazione" delle aree - si vive in località A, si portano i bambini a scuola in B, si lavora in C, si fa la spesa in D, e così via - e, conseguentemente, ad un'accresciuta domanda di trasporto, soprattutto privato e da parte dei cittadini residenti. Tanto che ci sono urbanisti che sostengono la necessità di tornare a quartieri caratterizzati dalla compresenza di funzioni residenziali, commerciali, terziarie e ricreative, raggiungibili a piedi, in bici o con i mezzi pubblici per riuscire così a ridurre la mobilità.
Un altro fattore, oltre al particolare piano insediativo, che incide fortemente sul traffico di persone e merci che attraversa il Veneto è la sua posizione geografica. Con la caduta del muro di Berlino prima e con l'approvazione da parte della UE dei corridoi europei poi, il traffico verso Est si è moltiplicato in maniera esponenziale ed il Veneto è divenuto una sorta di porta verso l'Est e il Sud del mondo, ruolo che risulta essere al tempo stesso privilegio e vantaggio competitivo ma anche fonte di criticità.
Certamente non trascurabile è l'attrazione di turisti, giornalieri e non, esercitata dalla montagna, dal mare, dalle terme, dalle città d'arte, dalle iniziative culturali della nostra regione: una presenza media giornaliera di 166 mila persone - pari a 34 ogni mille abitanti - che vanno ad aggiungersi ai residenti.
Anche i poli ospedalieri veneti possono essere considerati fattori generanti mobilità: oltre ai pazienti bisognosi di cure, essi attraggono anche i familiari che devono prestare assistenza e che, pertanto, cercheranno ospitalità e si muoveranno sul territorio.
La posizione geografica del Veneto, nel bene e nel male, va "governata" e gestita al meglio per poterne trarre tutti i potenziali benefici. Pertanto, quale che sia l'origine della domanda di mobilità espressa, particolare attenzione va rivolta alla qualità della dotazione infrastrutturale, che influisce sulle comunicazioni e gli spostamenti di persone e merci e che è uno dei fattori che influenzano tanto le scelte insediative degli individui quanto quelle localizzative delle imprese. Non è un caso che la Regione Veneto abbia posto in evidente centralità strategica il tema della mobilità e dei trasporti attraverso i suoi strumenti di programmazione - il Piano Regionale di Sviluppo (PRS), il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), il Piano Regionale dei Trasporti (PRT), il Piano Triennale di Viabilità.
Fra gli obiettivi della programmazione prevista dal Piano Regionale di Sviluppo per il settore Mobilità figurano la realizzazione delle cosiddette "grandi infrastrutture", la risoluzione dell'emergenza rappresentata dai "punti neri" della viabilità ordinaria da cui derivano gravi disagi per la mobilità e forti diseconomie per il sistema produttivo, lo sviluppo e il miglioramento del sistema del trasporto pubblico regionale e locale, su gomma e su ferro.
La mobilità è uno dei temi espressamente indicati dal nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento: l'obiettivo è che essa venga garantita, preservando, però, le risorse ambientali. Con il Piano ci si propone di razionalizzare e potenziare la rete delle infrastrutture, migliorare la mobilità nelle diverse tipologie di trasporto, migliorare l'accessibilità alle città e al territorio, sviluppare il sistema logistico regionale.
Il Piano Regionale dei Trasporti s'impegna, dal canto suo, "a capire la natura della domanda di mobilità presente e a prevedere l'andamento di quella futura, per incanalarla verso soluzioni che tengano in adeguato conto le esigenze multiple" espresse dal territorio.
Sono numeri importanti quelli previsti dal nuovo Piano Triennale della Viabilità 2009-2011 approvato dal Consiglio Regionale lo scorso mese di marzo: il provvedimento stanzia complessivamente 411 milioni di euro, di cui 330 di fonte regionale, per realizzare interventi sulla viabilità regionale e provinciale, tutti già concordati con le sette province venete. La maggior parte dei fondi (307 milioni di euro, pari al 93% della dotazione finanziaria complessiva di fonte regionale) viene destinato a nuovi interventi infrastrutturali. Il restante 6,8%, pari a 22,5 milioni di euro, è destinato a manutenzioni straordinarie e a interventi di emergenza. Una frazione minima, pari a 500 mila euro, è riservata a studi e progetti. Con questo piano, il terzo da quando la Regione Veneto nel 2001 ha assunto competenze e risorse sulla viabilità, salgono a 1.422 i milioni investiti per l'adeguamento e l'ammodernamento della rete viaria in Veneto. Sarà la provincia di Belluno ad aggiudicarsi la fetta più consistente dei finanziamenti del piano triennale (102,4 milioni di euro, di cui 50 stanziati dall'accordo Stato-Regione per il traforo di Col Cavalier), seguita, a distanza, nella 'graduatoria' dalle province di Padova (56,5 milioni di euro), Venezia (54,5 milioni di euro) e Verona (52 milioni di euro). In coda le province di Vicenza (46 milioni di euro), Treviso (44,6 milioni di euro) e Rovigo (32 milioni di euro). (Figura 4.1.1)
Il Bilancio Sociale del 2007 ci informa che alla macro-area "Territorio ambiente e infrastrutture" è stata destinata la seconda quota più rilevante del totale degli impieghi del bilancio regionale: 1.113 milioni di euro, di cui 616 per il settore "Infrastrutture per la mobilità" per obiettivi strategici quali la razionalizzazione, il miglioramento e l'adeguamento della rete stradale di competenza regionale, il miglioramento della qualità, efficacia, ed efficienza dei servizi di trasporto pubblico, la realizzazione delle grandi opere programmate e la pianificazione dello sviluppo del Veneto come grande area metropolitana.
Da anni ormai il traffico di attraversamento insiste sullo stesso sistema viario utilizzato dalla mobilità intraregionale di breve percorrenza. Ne consegue che i cittadini devono subire le esternalità negative del sistema dei trasporti quali la congestione viaria, la difficoltà di accessibilità, l'incidentalità, l'inquinamento atmosferico e acustico. Non è un caso che la recente indagine condotta dall'Osservatorio delle Politiche Pubbliche della Regione Veneto abbia rilevato come quello del "Traffico e viabilità" sia ritenuto il problema più importante e urgente del territorio in cui si vive (secondo il 28,1% dei veneti intervistati). Inoltre, nella graduatoria delle politiche regionali ritenute più importanti, il settore "Strade, ferrovie e trasporto locale" occupa il terzo posto, dopo Sanità e Istruzione, e, a differenza di questi, risulta essere un ambito con criticità relativamente all'operato della Regione. Per quanto riguarda gli interventi infrastrutturali, il trasporto pubblico locale è segnalato da un quarto degli intervistati come problema più urgente, seguito da quello delle strade, sia urbane che extraurbane. Fra i servizi erogati o finanziati dalla Regione Veneto l'unico ad ottenere una prevalenza di giudizi negativi (soprattutto su aspetti quali la pulizia, l'affollamento, la puntualità) è il trasporto ferroviario locale, percepito peraltro in netto peggioramento.
Non sono di natura molto diversa i rilievi che provengono dal fronte delle piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto produttivo veneto, come ci informano i risultati di un'indagine svolta dalla Fondazione Leone Moressa e finalizzata, tra l'altro, ad individuare quali infrastrutture assorbano i maggiori flussi di traffico derivanti dai rapporti commerciali. Dall'analisi emerge che il 62% dei principali clienti e il 60% dei fornitori dei piccoli imprenditori intervistati hanno sede all'interno della regione, e sono soprattutto le strade locali, provinciali e statali le infrastrutture maggiormente utilizzate per far circolare i propri prodotti (45,8%) e per l'approvvigionamento delle merci (43,5%). Opere importanti, quali ad esempio la realizzazione del Passante di Mestre o l'ampliamento dell'autostrada verso Trieste (fondamentali per il sostegno della mobilità di attraversamento), dovrebbero essere accompagnate, secondo il 56,2% delle aziende, da un miglioramento progressivo della rete stradale locale.
Ne consegue che Il Veneto, per riuscire a sfruttare al meglio il privilegio della sua posizione geografica, deve attuare politiche per la mobilità che perseguano obiettivi quali il completamento delle grandi infrastrutture, il miglioramento dell'utilizzo della viabilità regionale, il miglioramento della gestione della domanda di trasporto passeggeri e merci, la costruzione di un nuovo rapporto territorio-trasporti e utenti-trasporti.
Per poter intervenire in maniera efficace dal lato dell'offerta, chi progetta e governa il territorio deve conoscere bene non solo lo stato della rete infrastrutturale ma anche le caratteristiche, gli stili e i comportamenti di chi domanda mobilità, distinguendo fra le esigenze di chi chiede mobilità urbana e di quanti, invece, domandano mobilità extra-urbana.

Inizio Pagina  Offerta di mobilità

La rete stradale
Per analizzare il livello di infrastrutturazione del territorio veneto in termini fisici, ovvero riferendosi alla presenza di risorse fisiche in senso stretto, si può ricorrere a quelli che in letteratura vengono definiti indicatori di concentrazione o "assorbimento" e calcolati per ogni tipo di infrastruttura. I dati regionali al 2007 indicano una crescita rispetto al 2000 delle diverse tipologie di infrastrutture nel Veneto e valori superiori alla media nazionale posta uguale a 100. (Tabella 4.1.1) e (Tabella 4.1.2)
Se, però, i dati sulle diverse tipologie di infrastrutture vengono rapportati a superficie, popolazione residente e veicoli circolanti si ottengono risultati diversi. Secondo alcune elaborazioni condotte in tal senso dal Sole 24 Ore - e basate su dati di fonte Istat e Banca d'Italia -, le maggiori inadeguatezze riguardano le regioni del Nord che ospitano i motori tradizionali dello sviluppo del Paese: in particolare Emilia Romagna, Toscana e Veneto, ma anche Lombardia e Piemonte si collocano poco sopra metà classifica. (Figura 4.1.2)
Con riferimento alla rete stradale rapportata alla superficie, si nota come nel decennio 1996:2006 ci sia stato uno sviluppo, in linea con il dato nazionale ma ancora in ritardo rispetto alle regioni italiane competitor. (Figura 4.1.3)
Anche rapportando l'estensione della rete stradale ai veicoli circolanti, si ottiene conferma di come il Veneto disponga di una rete insufficiente per sostenere il traffico che vi insiste: solo 38 km scarsi ogni 10.000 veicoli, contro i 50 italiani, i 52 emiliani, gli oltre 60 piemontesi e toscani (solo La Lombardia, fra i competitor, ha una minor disponibilità, 26 km).
Pertanto la criticità sembra risiedere non tanto nella scarsa disponibilità infrastrutturale in termini assoluti, quanto in riferimento ai potenziali utilizzatori (persone e imprese, ognuno con i propri mezzi di trasporto). D'altra parte, il congestionamento del traffico è un fenomeno che quotidianamente anche ogni singolo cittadino può sperimentare nei principali nodi della rete viaria ed è evidenza dell'insufficienza e dell'incapacità della rete stessa a far fronte alla domanda di movimento di cittadini e imprese.
Il passante di Mestre
Uno dei punti neri peggiori della viabilità autostradale di tutto il territorio veneto, ma anche nazionale, è da tempo, senza dubbio, la tangenziale di Mestre. Quando fu progettata nel 1972, fu concepita come un raccordo autostradale, bretella di collegamento fra l'autostrada Milano-Venezia e la Venezia-Trieste, mentre con il tempo essa è diventata parte del sistema viario urbano ed extra-urbano. Nel 1990 il Piano Regionale dei Trasporti della Regione Veneto prevedeva che sarebbe arrivata a livelli di saturazione nel 2010 con un traffico medio giornaliero di 110 mila veicoli, invece il boom dell'economia e la caduta del muro di Berlino hanno finito per accelerare il processo portando a registrare già nel 2008 un numero di veicoli in transito superiore a 140 mila al giorno. D'altra parte, Mestre rappresenta un punto strategico di passaggio sia a livello regionale, sia nazionale che internazionale; di qui la congestione delle sue arterie stradali. La tangenziale di Mestre inoltre costituisce un'arteria attraversata anche dal traffico locale. In essa sfociano le vie Miranese, Castellana e Terraglio e per questo rappresenta un raccordo inevitabile per l'attraversamento dell'hinterland mestrino. Tutto questo spiega perché la tangenziale di Mestre era spesso intasata ed i tempi di percorrenza spesso prolungati. Il numero di veicoli circolanti sulla tangenziale di Mestre aveva raggiunto circa quota 150 mila al giorno (con punte di 170.000), di cui il 30% costituito da mezzi pesanti. Nel 53% dei casi la tangenziale era utilizzata come raccordo autostradale, mentre per il 47% come asse per spostamenti all'interno della città. Nelle ore di punta sulle due corsie transitavano fino a 4.000 veicoli all'ora.
I dati della Società delle Autostrade di Venezia e Padova relativi ai flussi veicolari alle "barriere", sui tratti di tangenziale e sulle strade di collegamento principale aiutano a comprendere l'entità e la crescita del traffico di quest'area nel periodo 2003:2006. (Tabella 4.1.3)
A peggiorare le prospettive sulla viabilità futura erano anche le previsioni di traffico nel breve e nel lungo periodo nell'area di Mestre, con aumenti, in alcune tratte, anche superiori al 100%. (Figura 4.1.4)
Dallo scorso mese di febbraio la situazione è migliorata grazie all'apertura del cosiddetto Passante di Mestre, 32 km e 300 metri d'asfalto a tre corsie da Dolo a Quarto d'Altino che consentono di bypassare la tangenziale di Mestre, tornata così a svolgere le funzioni proprie, ad uso del traffico pendolare. Infatti, la principale funzione del Passante, segmento chiave del corridoio Lisbona-Kiev, è quella di decongestionare la tangenziale dal traffico di attraversamento, che rappresenta oltre la metà dei transiti. Ora tutto il traffico di attraversamento Est-Ovest e viceversa può utilizzare il Passante per superare l'area di Mestre, senza mai uscire dal sistema autostradale; sulla tangenziale rimane il solo traffico da e per l'area di Venezia-Mestre.
I primi dati a disposizione sul traffico veicolare giornaliero sembrano effettivamente confermare queste previsioni, dando evidenza di un considerevole sgravio al traffico sulla tangenziale, soprattutto quello pesante. (Tabella 4.1.4) e (Tabella 4.1.5)
Un altro vantaggio portato dal Passante sarà dato dalla riduzione del tempo necessario a coprire alcune delle tratte principali degli spostamenti regionali. I tecnici hanno stimato che, una volta completate tutte le infrastrutture previste, il tempo per spostarsi da Treviso a Padova potrebbe scendere dagli attuali 45 a 20-25 minuti e quello tra Treviso e Vicenza da 60 a 30-35, con un conseguente aumento degli spostamenti all'interno del quadrilatero Vicenza-Treviso-Venezia-Padova.
Occorre ricordare che il Passante di Mestre non è un progetto isolato; è prevista l'esecuzione di una fitta rete di opere complementari, ovvero di una serie di arterie di viabilità ordinaria, tangenziali e circonvallazioni atte a sgravare i centri limitrofi da un'intensa circolazione di mezzi e consentire un rapido accesso ai nodi del Passante. Ad ultimazione di tali lavori, presumibilmente nel biennio 2010-2011, e quindi quando il "sistema Passante" sarà a regime, la Società delle Autostrade di Venezia e Padova stima che i flussi veicolari sia alle barriere sia nei diversi tratti di tangenziale subiranno diminuzioni di oltre il 20%, con punte del 41% alla Barriera Venezia Ovest. (Tabella 4.1.6) e (Tabella 4.1.7)
Il trasporto pubblico locale
Ma l'emergenza infrastrutturale di cui soffriamo non è interamente superata. Da una parte il Passante esige che altre opere siano avviate e completate, come la realizzazione della terza corsia dell'Autostrada A4 Venezia-Trieste, la Pedemontana, l'Alta Velocità, la Nuova Romea, dall'altra occorre tener presente che una politica del settore dei trasporti incentrata solamente sulla realizzazione di nuove infrastrutture stradali non è compatibile con uno sviluppo sostenibile, per il quale, invece, è necessario intraprendere azioni che mirino ad un riequilibrio e ad una integrazione modale nel trasporto delle persone e delle merci e al potenziamento del trasporto pubblico locale.
Ma qual è lo stato delle reti di trasporto pubblico, ovvero l'offerta di trasporto pubblico?
Con riferimento ai comuni capoluogo, nel 2007 in Veneto per ogni 100 kmq di superficie comunale corrono 123 km di linee di autobus, tram e filobus (120 il dato Italia), che variano da un massimo di 213 a Padova ad un minimo di 57 a Belluno. Si tratta di una dotazione sostanzialmente invariata rispetto al 2000 per molti capoluoghi, tranne che per Vicenza (+9,4%), Verona (+4,6%) e Venezia (+3,7%). I capoluoghi offrono una disponibilità di autobus variabile dalle 11,4 vetture ogni 10.000 abitanti di Vicenza alle 5,5 di Treviso - escluso Venezia che, comprendendo anche i traghetti, ne dispone di 17,1 -, con variazioni rispetto al 2000 di segno ed entità diversi da città a città. (Figura 4.1.5)
Da molti anni il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti conduce una rilevazione censuaria sulle imprese che effettuano trasporto pubblico locale di viaggiatori su strada in ambito regionale, con esclusione dei trasporti che mettono in collegamento più di due Regioni. Le figure 4.1.6 (Figura 4.1.6) e 4.1.7 (Figura 4.1.7) mostrano alcuni indicatori dell'offerta del servizio di trasporto pubblico locale da parte delle aziende: con riferimento all'ultimo anno disponibile, il 2006, e all'indicatore dei posti-km offerti (Nota 1) che esprime l'offerta effettiva di trasporto, si nota come il Veneto si distingua per l'offerta di servizio extraurbano - risultando essere la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, pur essendo diminuita nel decennio 1996:2006 - mentre, invece, risulta ultimo fra i competitor per quanto concerne l'offerta di servizio urbano, pur essendo cresciuta nel decennio 1996:2006.
E' certamente positivo il potenziamento dell'offerta in ambito urbano, considerata la massiccia concorrenza esercitata dall'uso del mezzo di trasporto privato che sembra adattarsi meglio alle esigenze di mobilità degli individui, soprattutto dei cosiddetti city users (pendolari, lavoratori e studenti non residenti, turisti, ecc.) che non vivono nelle città ma fruiscono delle loro risorse, aumentando la pressione sui servizi urbani. Non sembra altrettanto positiva, invece, la diminuzione dell'offerta in ambito extraurbano, considerato che la cosiddetta "città diffusa" che caratterizza il territorio veneto porta ad una maggiore richiesta di spostamenti di media e lunga distanza, soprattutto dalla periferia verso i centri maggiori, dove si concentrano i luoghi di produzione di servizi e di consumo.

Inizio Pagina  Domanda di mobilità

Se da un lato abbiamo rilevato come sia cresciuta nel tempo la dotazione infrastrutturale stradale, dall'altro esistono molte fonti statistiche ufficiali che testimoniano la situazione di criticità del territorio veneto, sempre sottoposto a intensi flussi di traffico di varia natura, solo parzialmente diminuiti negli ultimi mesi come conseguenza della crisi economica in atto.
Negli spostamenti quotidiani delle persone si conferma il ruolo predominante dell'auto: secondo i dati Isfort, il 77% di quanti escono di casa (79,5% il dato Italia) per motivi di lavoro, studio, gestione familiare o tempo libero utilizza mezzi di trasporto a motore e nel 79% dei casi si tratta appunto dell'auto privata (72,6% il dato Italia). È bassa la percentuale di coloro che utilizzano un mezzo pubblico (6,3%) o una combinazione di mezzi (4,4%).
La preferenza della modalità gomma è netta anche nel trasporto delle merci: negli ultimi dieci anni il 96-97% delle merci è stato trasportato su strada (92-93% il dato Italia), pari a 45 tonnellate per abitante nel 2005 (contro le 25 a livello Italia), e solo un marginale 1-1,5% su ferrovia (2% il dato Italia).
Anche nel 2007, ultimo anno disponibile, il parco veicoli risulta in crescita, seppur in misura minore rispetto agli anni precedenti: oltre 3.700.000 unità, con il 76% di autovetture e il 10% di autocarri, rimorchi e motrici.
I veicoli a disposizione ogni 100 residenti sono 9 in più rispetto a dieci anni fa: 78 (79 il dato Italia), valore che sale a 93 (95 per l'Italia) se si considera solo la popolazione maggiorenne. (Tabella 4.1.8), (Tabella 4.1.9) e (Figura 4.1.8)
I dati relativi al traffico negli ultimi dieci anni sulle autostrade in esercizio che interessano la regione veneta mostrano aumenti significativi sia del numero di veicoli effettivi, ovvero i veicoli entrati in autostrada a prescindere dai chilometri percorsi, sia della quantità di veicoli/km, ovvero i chilometri complessivamente percorsi dai veicoli entrati in autostrada, con riferimento sia al traffico pesante che al traffico leggero.
Complessivamente il numero di veicoli entrati in autostrada è aumentato del 29%, in particolare del 27,5% il traffico passeggeri e del 34,5% il traffico merci. Se l'Autostrada Brescia-Padova è quella che presenta i maggiori flussi in valore assoluto, la Brennero-Modena - nel tratto Brennero-Verona - è quella che registra la crescita maggiore: +56% il traffico leggero e +70% il traffico pesante. (Figura 4.1.9) e (Figura 4.1.10)
Anche i chilometri complessivamente percorsi dai veicoli entrati in autostrada crescono del 29% (+26% il traffico leggero, +39% il traffico pesante), con punte del +32% nel tratto Vicenza-Piovene Rocchette per il trasporto passeggeri e del +47% nel tratto Brennero-Verona per il trasporto merci. (Figura 4.1.11) e (Figura 4.1.12)
Se fino al 2007 i flussi autostradali sono sempre aumentati, i dati provvisori forniti da Aiscat - disponibili solo per società concessionaria e non per singola tratta - relativi al trimestre settembre-ottobre-novembre 2008 e al periodo gennaio-novembre 2008 segnalano una prima battuta d'arresto, in particolare con riferimento al traffico pesante, da imputare in primis alla crisi economica iniziata a partire dal mese di settembre dello stesso anno.
Tutte le società concessionarie del Triveneto (escludendo quindi Autostrade per l'Italia che gestisce le tratte Bologna-Padova e Mestre-Belluno) nei primi undici mesi dell'anno mostrano un calo dei traffici, eccetto Autovie Venete - che gestisce la Venezia - Trieste (con dir. Palmanova-Udine e Portogruaro-Conegliano) - che risulta sostanzialmente stabile. (Tabella 4.1.10), (Figura 4.1.13) e (Figura 4.1.14)
Con particolare riferimento alla mobilità nei centri urbani maggiori è interessante sottolineare la diffusione che ha avuto l'utilizzo del motociclo: nel 2007 nel territorio del Comune di Padova circolavano 122 motocicli ogni 1.000 abitanti (+52% rispetto al 2000), a Verona 118, con una crescita del 61% rispetto al 2000. Questa crescita è, probabilmente, da imputare a diversi fattori: le difficoltà di parcheggio, l'agilità consentita in mezzo al traffico urbano, le crescenti limitazioni alla circolazione dei veicoli in zone cittadine. (Figura 4.1.15)
A confermare ulteriormente la preferenza dei cittadini veneti per l'auto privata come mezzo di trasporto per gli spostamenti quotidiani contribuisce anche l'indicatore della domanda di trasporto pubblico: il valore che esso assume nei comuni capoluogo non evidenzia, infatti, un'alta propensione a servirsi dei mezzi pubblici. Escludendo il caso particolare di Venezia, tutti gli altri capoluoghi hanno un valore di passeggeri annui trasportati dai mezzi pubblici per abitante nettamente più basso rispetto a quello medio italiano. (Figura 4.1.16)
Con riferimento al servizio extraurbano, il totale dei viaggiatori-km trasportati, dopo essere diminuito passando dagli oltre due miliardi del 1996 al miliardo e mezzo del 2003, ha iniziato a crescere risalendo fino agli 1,7 miliardi rilevati nel 2006, valore ancora ben inferiore al dato di dieci anni prima. Nonostante questo, però, si rileva come il Veneto, con Lombardia e Lazio, sia una delle tre maggiori regioni per traffico di passeggeri - insieme raccolgono quasi il 40% del totale nazionale.

Inizio Pagina  Stili e comportamenti di mobilità dei cittadini in Veneto

(Nota 2) Conoscere stili e comportamenti di mobilità dei cittadini residenti, ovvero poter rispondere a interrogativi del tipo "quanto si muovono i cittadini, per quanto tempo, su quali distanze, per quali motivi, con quali mezzi di trasporto?" è senz'altro utile a chi deve decidere sulle migliori politiche di gestione del territorio e della mobilità da adottare.
Fornisce indicazioni su questi temi la banca dati costruita dall'Osservatorio nazionale su stili e comportamenti di mobilità degli italiani ("Audimob") realizzato da Isfort, attivo dal 2000 (Nota 3).
Riportiamo di seguito i principali risultati ottenuti dallo studio di Isfort-Osservatorio "Audimob" "Una cluster analysis su stili e comportamenti di mobilità dei cittadini in Veneto", confrontati anche con quanto caratterizza il livello nazionale.
Lo studio si confìgura come un focus regionale di una precedente analisi su scala nazionale, sempre condotta da Isfort-Osservatorio "Audimob", dal titolo "Le sei Italie della mobilità. I cittadini che si spostano: una cluster analysis su stili e comportamenti della domanda".
L'analisi statistica condotta sul campione "Audimob" ha portato all'identificazione di sei gruppi tipologici (cluster), ben caratterizzati sia rispetto alle discriminanti della domanda di mobilità di breve periodo (caratteristiche degli spostamenti effettuati nel giorno precedente l'intervista), sia rispetto alla normale utilizzazione dei mezzi di trasporto (livello di ricorso nei tre mesi precedenti l'intervista), sia infine rispetto ad un nucleo significativo di percezioni e valutazioni espresse sul trasporto e sulla mobilità sostenibile (soddisfazione per i mezzi utilizzati, propensione al cambio modale, giudizio sulle misure antitraffico e antismog).
La tabella 4.1.11 (Tabella 4.1.11) contiene l'elenco dei sei gruppi del campione nazionale e del solo sub-campione veneto, "battezzati" con una breve locuzione che aiuta ad identificarne immediatamente il tratto distintivo e pesati in termini di numerosità di individui nella dinamica 2000:2007. Come si può osservare il peso dei diversi raggruppamenti in Veneto non è significativamente difforme da quello che si è registrato nel campione nazionale. Rispetto ai dati del 2007, l'unico scarto di un certo rilievo riguarda, non a caso, il cluster denominato "I casa-lavoro-casa del profondo Nord (e non solo)" che, in Veneto, incide per il 23,9% del totale, contro il 21,6% a livello nazionale. E' un differenziale che si distribuisce sugli altri gruppi, tutti un po' meno rappresentati in Veneto (ad eccezione de "Il primato del tempo libero"), ma per frazioni decimali o poco più.
Guardando alle variazioni 2000:2007, la dinamica rilevata in Veneto è, di nuovo, del tutto simile a quella nazionale. Il raggruppamento più forte, il già citato "I casa-lavoro-casa", è anche quello che perde più peso seppure in Veneto con una (leggera) minore accentuazione rispetto alla media nazionale (-4,7% contro -5,1%). In rilevante consolidamento l'importante cluster de "I resistenti della mobilità urbana" - di più in Veneto, con +3,8% rispetto al +3,0% nazionale -, mentre tra i cluster minori crescono significativamente "Il primato del tempo libero" (+4,0% in Veneto contro il +4,6% della media nazionale) e "Meglio non muoversi" (+3,8% contro +3,6%), a scapito de "L'iperattivismo giovanile", che in Veneto vede precipitare il proprio peso ad un modesto 8,6% (solo un po' meglio a livello nazionale: 9,5%), e del gruppo "Piccole faccende e poco più" (-3,2%, più della tendenza negativa nazionale pari a -2,5%).
Una prima considerazione generale può essere fatta osservando la redistribuzione dei pesi tra il 2000 e il 2007. I dati danno evidenza di un cambiamento in atto del modello tradizionale della mobilità. Emblematico è il vistoso calo di incidenza del gruppo de "I casa-lavoro-casa", che pure resiste saldamente al primo posto come quota assoluta. La frammentazione dei comportamenti di consumo e la conseguente disarticolazione delle motivazioni dello spostamento, la segmentazione progressiva del mercato del lavoro (più lavoro autonomo, più posizioni "atipiche", più precariato ecc.), l'ampliamento dei sistemi relazionali (reali e/o virtuali) sono tutti processi che erodono la presenza dominante del modello consolidato del pendolarismo "casa-lavoro-casa", centrato sul protagonista "unico" dell'occupato dipendente con posto fisso che va al lavoro percorrendo sempre lo stesso "corridoio monomodale" in auto (prevalentemente) o con un mezzo pubblico.
Il secondo gruppo in forte diminuzione, in Veneto più della media nazionale, è quello de "L'iperattivismo giovanile", per effetto certo del calo demografico strutturale e dell'invecchiamento della popolazione, ma si potrebbe ipotizzare per effetto anche di una nuova latente tendenza al rinserramento e alla ricerca di punti di riferimento tradizionali - la famiglia o il "solito gruppo di amici" - che sembra attraversare le nuove generazioni nel momento in cui si affacciano nel mondo del lavoro.
Simmetricamente il cluster "Il primato del tempo libero", dove sono molto forti le componenti degli studenti e dei giovani pensionati, è quello che aumenta di più il proprio peso. Qui fa premio la vitalità di quella fetta di popolazione matura che, oltre a contare di più numericamente, tende in misura crescente ad affrancarsi dalla dimensione del "ritiro sociale" - si rimane a casa, fuori da ogni circuito lavorativo e relazionale - per vivere, dove la salute e le condizioni economiche lo permettono, una sorta di seconda giovinezza, fatta di viaggi, spostamenti, nuove relazioni sociali, pieno sfruttamento del tanto tempo libero a disposizione e così via. Nel medesimo cluster è poi incisiva la presenza delle fasce di giovani (e giovanissimi) che ritardano il momento dell'entrata nel mondo del lavoro; anche in questo caso si tratta di una componente sociale in forte ascesa, che quindi fa lievitare il peso del gruppo.
Guardando infine in modo più specifico alla dimensione urbana, i due gruppi che si consolidano, in Veneto più che nel resto del Paese, rappresentano due facce emblematiche - una "combattiva" e a volte vincente ("I resistenti della mobilità urbana"), l'altra "remissiva" e quasi sempre perdente ("Meglio non muoversi") - di quel poliedrico, confuso e frammentato spazio del vivere di oggi che sono le realtà urbane. "I resistenti della mobilità urbana" reagiscono alle fatiche della città spingendo all'estremo la propria capacità di auto-organizzazione. Non vogliono rinunciare a uno stile di vita che tiene insieme lavoro, esigenze familiari e consumo del tempo libero; di riflesso ricercano soluzioni di trasporto flessibili e che ottimizzino i tempi di spostamento.
All'opposto c'è invece chi subisce passivamente i disagi e le difficoltà della vita urbana, ripiegando sempre di più nella propria nicchia fisica - la casa, da cui si esce il meno possibile - e relazionale (la solitudine crescente). Sono gli anziani del gruppo "Meglio non muoversi" espressione limpida di quella tendenza all'anonimato sociale che sembra avanzare anche nei piccoli centri, dove in prevalenza vivono gli appartenenti al gruppo. Per una regione come il Veneto dove tradizionalmente il tessuto sociale è robusto e le reti della solidarietà sono molto diffuse, soprattutto nella provincia minore, l'espandersi di questo gruppo potrebbe suonare come un serio campanello d'allarme, non solo (e non tanto) sul fronte dei modelli di mobilità.
Una lettura trasversale dei cluster
Il primo aspetto da sottolineare, del tutto in linea con la segmentazione del campione nazionale, è il divario molto netto che si registra sui livelli di consumo di mobilità fra i primi tre gruppi ("I resistenti della mobilità urbana", "L'iperattivismo giovanile" e "I casa-lavoro-casa"), che esprimono una domanda sostenuta e dinamica, di rilevante impatto quantitativo, e gli ultimi due gruppi ("Piccole faccende e poco più" e "Meglio non muoversi") caratterizzati al contrario da livelli residuali di consumo. (Figura 4.1.17)
La centralità delle motivazioni degli spostamenti nella riconoscibilità del gruppo è un elemento ricorrente nell'analisi trasversale dei cluster, in modo particolare in almeno tre raggruppamenti, il secondo ("L'iperattivismo giovanile"), il terzo ("I casa-lavoro-casa"), ovvero i pendolari lavorativi, e il quinto ("Piccole faccende o poco più"), composto soprattutto da donne e anziani che escono di casa quasi esclusivamente per le strette esigenze di gestione familiare. (Figura 4.1.18)
E' forte anche in Veneto, così come al livello Italia, la concentrazione urbana della domanda che caratterizza soprattutto il gruppo de "I resistenti della mobilità urbana", nel quale si esplicita un modello di consumo tipicamente cittadino: spostamenti frammentati, brevi e ripetuti, con motivazioni diverse (lavoro, gestione familiare, tempo libero) e con mezzi di trasporto individuali per poter "arrivare dappertutto" in tempo utile.
Il campione del Veneto è caratterizzato da una quota di residenti nei piccoli centri, in particolare in quelli 5 mila-20 mila abitanti, marcatamente più alto della media nazionale (41,8% contro 26,4%). La dimensione della piccola città, del borgo, domina il gruppo de "I casa-lavoro-casa" in misura superiore rispetto alla media nazionale - in Veneto quasi il 65% degli appartenenti a questo gruppo abita nei centri con meno di 20 mila abitanti contro il 48% della media nazionale -, imprimendone con ancora maggiore nettezza lo stile di vita e di mobilità. La domanda relazionale del cluster, e per conseguenza la (sostenuta) domanda di mobilità, sembra racchiudersi per intero in un contesto sociale-valoriale identificato con il luogo di lavoro e la "casa", intesa come la famiglia, il paese e più in generale una riconoscibile comunità territoriale di riferimento.
Infine si evidenzia come i gruppi a maggior consumo di mobilità mostrano in Veneto sia livelli di soddisfazione per i mezzi di trasporto decisamente più alti per i modi individuali (auto, moto, bicicletta) rispetto a quelli collettivi sia un grado di utilizzazione del trasporto pubblico decisamente inferiore rispetto ai mezzi privati. Quest'ultimo aspetto riflette la capacità di risposta solo parziale del trasporto collettivo - per come oggi è organizzato sui territori - alle molteplici esigenze della domanda provenienti dai gruppi a più forte consumo di mobilità. Ad esempio, chi fa parte de "I resistenti della mobilità urbana" certamente non trova nel servizio pubblico risposte adeguate per una domanda molto frammentata di mobilità. Per il gruppo de "I casa-lavoro-casa", invece, la relativa elevata intensità d'uso del trasporto collettivo - superiore alla media generale - conferma una certa funzionalità del mezzo pubblico quando lo spostamento è regolare e di media distanza. (Figura 4.1.19)
I resistenti della mobilità urbana
Questo corposo gruppo (20,3% del totale), il secondo per numerosità e in crescita dal 2000, rappresenta il ceto urbano lavorativo, colto e maturo, con uno stile di mobilità che riflette l'organizzazione di vita affannata e frenetica tipica dei contesti urbani.
La domanda di mobilità è infatti sostenuta e frammentata: ogni giorno in media 4,7 spostamenti, il numero più alto fra tutti i gruppi, e quasi 80 minuti spesi per muoversi. I viaggi sono brevi e ripetuti, spesso occasionali. Una tale disarticolazione della domanda non può essere sostenuta dall'offerta rigida e time consuming del mezzo pubblico. Perciò si va quasi sempre in auto (71,7% contro una media del 67%) oppure con un mezzo non motorizzato - gli spostamenti a piedi o in bicicletta sono un quarto del totale -, sfruttando la prossimità di molti dei tragitti da effettuare. L'uso del mezzo pubblico è invece quasi del tutto assente: solo l'1,3% delle percorrenze effettuate (contro l'8,3% della media), la quota più bassa tra tutti i cluster.
Per quanto riguarda il profilo sociodemografico del gruppo, risulta più alta della media la componente femminile, quanto all'età in prevalenza ne fa parte chi ha fra 30 e 45 anni (38,8% contro il 32,5% del totale), ma cospicua è anche la fascia anziana over 65 anni (quasi un quinto del totale) a scapito soprattutto dei più giovani (gli under 29 anni sono solo l'11,2%, poco più della metà della media). Il livello di istruzione è decisamente alto: la quota di laureati raggiunge il 22,3%, il valore più alto tra tutti i gruppi (14,9% la media). Il profilo professionale vede una prevalenza dei lavoratori dipendenti - quasi la metà del totale, un livello tuttavia non così distante dalla media - e un forte peso relativo dei pensionati (28,1% contro il 22,9% della media). Quanto infine al contesto urbano di residenza è marcata la maggiore incidenza relativa delle medie e grandi città, ma in assoluto la quota più corposa del gruppo vive nei centri minori, come la gran parte della popolazione veneta. Articolate sono le motivazioni degli spostamenti, la maggior parte delle quali si riconnette ad esigenze di gestione familiare (41,9%, contro una media complessiva pari al 31,0%). Rilevante, oltre un terzo del totale, è anche il consumo di mobilità per tempo libero.
Quanto alle misure strutturali di contrasto del traffico, "I resistenti della mobilità urbana" manifestano uno specifico interesse a difendere dal traffico privato gli spazi vitali dei centri cittadini, dove evidentemente concentrano i propri variegati interessi, ma rifiutano l'idea che l'obiettivo possa essere raggiunto introducendo ticket, in particolare per l'accesso al centro. (Tabella 4.1.12)
L'iperattivismo giovanile
In maggioranza uomini, con livelli elevati di istruzione (tre su quattro hanno almeno un titolo medio superiore), giovani e soprattutto giovanissimi (44,2% nella fascia 14-29 anni, più del doppio della media), lavoratori (61,1%) o studenti: è l'identikit del gruppo che esprime nettamente la domanda più intensa di mobilità. Gli indicatori quantitativi lo confermano: chi fa parte del cluster dedica agli spostamenti oltre 100 minuti (la media è pari a poco più di un'ora), percorre 66,6 km (40,4 la media) ed effettua 4,25 viaggi (3,12 la media).
E' un gruppo piccolo, il meno numeroso di tutti e con una forte tendenza alla contrazione (-3,7% nel 2007 rispetto al 2000), ma con una cifra sociale e culturale molto ben delineata che si traduce in uno stile di mobilità aggressivo e libertario. Qui si concentrano gli "onnivori" della mobilità. Di fatto utilizzano intensamente tutti i mezzi di trasporto, quasi sempre in misura superiore alla media, comprese le diverse modalità collettive (in particolare autobus e treno). Le ragioni della mobilità si polarizzano sul lavoro/studio da un lato e, soprattutto, sul tempo libero dall'altro (51,1% contro il 33,0% del totale). Gli orari degli spostamenti, in coerenza con la cifra giovanilista del gruppo, sono decisamente spostati sulle fasce serali (18,1% dopo le ore 20, più del doppio della media).
La forte domanda di mobilità acuisce tuttavia un bisogno di migliore organizzazione dell'offerta. Gli indici di soddisfazione nell'utilizzazione dei mezzi di trasporto sono, infatti, (relativamente) bassi, penalizzando soprattutto i vettori collettivi extraurbani, sia su gomma che su ferro. Da sottolineare lo scetticismo del gruppo verso il ventaglio delle misure antitraffico e antismog, con rarissime eccezioni, motivato presumibilmente dal timore di penalizzazioni eccessive nell'autonomia di scelta del mezzo di trasporto e dei percorsi da compiere: la mobilità è ritenuta espressione della libertà individuale e va assicurato il lato dei diritti più che quello dei doveri. (Tabella 4.1.13)
I casa-lavoro-casa
È il gruppo più numeroso (23,9% del totale), seppure in sensibile diminuzione dal 2000, con un preciso segno caratteristico: si tratta dei pendolari lavorativi della provincia veneta. Soprattutto uomini (62,9%), complessivamente giovani (45,5% nella fascia di età 30-45 anni, a cui si aggiunge il 26,5% con meno di 30 anni) e un buon livello di istruzione, occupati nell'80,7% dei casi (la media è attestata al 50%) e residenti nei centri di piccola dimensione (il 65% nei comuni con meno di 20 mila abitanti). Si muovono quasi solo per ragioni di lavoro/studio (93,7% degli spostamenti) e quasi solo su percorrenze sistematiche (nell'88,8% dei casi si tratta degli stessi tragitti ogni giorno), con un'elevata concentrazione negli orari mattutini. Solo il 4% degli spostamenti (poco più della metà della media) si affaccia nelle ore serali, a conferma di uno stile di vita sostanzialmente compresso tra luogo lavorativo e luogo familiare.
La domanda di mobilità del gruppo è piuttosto elevata, sostenuta in particolare dalla rilevante distanza percorsa giornalmente (44,9 km). I viaggi sono pochi, ma tendenzialmente più lunghi della media e con una bipolarizzazione delle quote modali caratteristica del pendolare: il 66,5% si effettua con l'auto e il 20,2% con i mezzi pubblici (è uno share più che doppio rispetto al totale, il più elevato tra tutti i gruppi).
La scelta del mezzo di trasporto è funzionale al percorso migliore nel corridoio casa-lavoro.
Tra i mezzi pubblici si registra un ricorso superiore al totale per tutte le modalità. Fa eccezione il treno locale, poco utilizzato, a vantaggio soprattutto del pullman (il 12,5% ne fa ricorso in modo sistematico, il triplo della media). La soddisfazione per i diversi mezzi di trasporto è molto bassa per tutte le modalità, sia quelle private, sia quelle collettive. In generale si tratta del cluster che assegna i punteggi di gradimento più bassi.
Prevale poi lo scetticismo verso tutte le misure di emergenza per ridurre l'inquinamento, mentre le politiche per la mobilità sostenibile ricevono adesioni articolate: alte verso la promozione del trasporto pubblico e la riorganizzazione degli orari dei negozi, basse verso le tariffazioni. (Tabella 4.1.14)
Il primato del tempo libero
Il profilo socio-anagrafico di questo cluster (15,9% del totale, in crescita del 4% dal 2000 al 2007) è probabilmente il meno caratterizzato tra tutti i gruppi. Quattro punti di specificità tuttavia vanno messi in rilievo: la prevalenza maschile (54%), la forte componente di "non lavoratori" - pensionati in particolare, ma anche studenti, casalinghe e disoccupati -, la maggiore concentrazione relativa della fascia di età più giovane (28,4% contro il 20,5% della media), il radicamento nei centri minori (quasi l'80% vive in comuni con meno di 50mila abitanti).
Il fattore fondamentale di coagulo del gruppo è da ricercare nelle motivazioni del consumo di mobilità: dominano infatti gli spostamenti per tempo libero che assorbono ben il 74,8% della domanda (33% la media). Preponderante la quota di tragitti irregolari e occasionali, a scapito di quelli sistematici (solo il 15%, circa un terzo rispetto al totale). E molto rilevante è la concentrazione di spostamenti nelle ore pomeridiane (61,5%), con un significativo prolungamento nella fascia serale (11,6% dopo le 20).
Tra i mezzi di trasporto utilizzati domina l'automobile: la quota modale delle "quattro ruote", pari ad oltre il 70%, è la più alta fra tutti i gruppi. Rilevante anche la frequenza d'uso della bicicletta, con un peso superiore al 20%, molto vicino alla media generale. Il ricorso più contenuto del mezzo pubblico si spiega agevolmente, ricordando la fortissima domanda di spostamenti asistematici, alla quale l'organizzazione del trasporto collettivo fatica a rispondere con efficacia. (Tabella 4.1.15)
Piccole faccende e poco più
Come per il cluster precedente, è la ragione del muoversi a costituire il segno di riconoscimento di questo gruppo che rappresenta il 13,1% del totale. Cambia tuttavia la natura della motivazione: qui, infatti, l'asse portante è lo spostamento collegato alla gestione familiare, per acquisti e servizi o per cura delle persone (l'88,8% del totale, contro una media pari al 31%). E cambia soprattutto la caratterizzazione socio-anagrafica, in questo caso molto più visibile: si tratta soprattutto di donne (oltre il 60%), ultra-sessantacinquenni - con un peso pari al 35%, il doppio della media ed è il valore più alto tra tutti i gruppi - o della fascia 46-64 anni, con basso titolo di studio e incidenza altissima di casalinghe (29%, contro il 12,2% della media) e pensionati (quasi il 37,2%).
Caratterizzano questo gruppo i tragitti brevi e frammentati, in buona parte non sistematici, effettuati a piedi o in bicicletta (43,2% del totale, quasi il doppio della media) e concentrati quasi esclusivamente negli orari mattutini (il 90% prima delle 14,00, contro il 53% del totale). La domanda di mobilità espressa è ovviamente molto bassa: in media si fanno 2,4 spostamenti al giorno, percorrendo non più di 14,7 km (circa un terzo della media) e dedicandovi poco più di mezz'ora di tempo.
Insomma, si esce di casa per le piccole faccende di gestione della vita quotidiana, per sé e per la propria famiglia, e non si fa praticamente nient'altro. Basse risultano le frequenze d'uso dei diversi modi di trasporto, con l'eccezione della bicicletta, utilizzata quasi tutti i giorni dal 38% dei componenti, a fronte di una media complessiva del 27,2%. Circa le politiche antitraffico e antismog, l'atteggiamento è straordinariamente positivo: praticamente tutte le misure segnalate per la mobilità sostenibile ricevono un grado di apprezzamento che è il più alto fra tutti i cluster. (Tabella 4.1.16)
Meglio non muoversi
È il gruppo della mobilità molto debole, del tutto residuale, di chi non ha effettuato spostamenti nel giorno precedente l'intervista. Rappresenta il 18,1% del totale degli intervistati, in aumento del 3,8% dal 2000 al 2007.
Il profilo socio-anagrafico enfatizza tutti i segmenti a consumo ridotto di mobilità, con evidenti similarità rispetto al gruppo delle "Piccole faccende e poco più": le donne, gli anziani, il basso titolo di studio, l'appartenenza alla popolazione inattiva (casalinghe e pensionati, in gran parte). E' invece un po' diversa la collocazione urbana. L'asse, infatti, si sposta con più decisione nei centri di piccola dimensione: il 23% dei componenti vive in comuni con meno di 5 mila abitanti (16,7% la media) e il 43% nei comuni di 5 mila-20 mila abitanti.
Particolarmente basso è il tasso di utilizzazione dei diversi mezzi di trasporto.
Spunti per le politiche di mobilità sostenibile
Il quadro di lettura complessiva dei profili dei cluster del Veneto può dare alcune indicazioni sulla possibilità di far leva per promuovere modelli di mobilità alternativi all'uso dominante del mezzo individuale, per l'individuazione di possibili punti di ricezione delle cosiddette misure di mobilità sostenibile.
Pur con una certa cautela, si può tentare di evidenziare punti di debolezza (e di potenziale resistenza) e punti di forza (e di leve per il cambiamento) dei diversi cluster rispetto alle politiche di mobilità sostenibile raggruppabili in cinque classi: 1) il rafforzamento quantitativo e qualitativo dell'offerta di base di trasporto collettivo, 2) lo sviluppo di servizi aggiuntivi, sempre del trasporto collettivo, 3) il miglioramento degli ambienti urbani come lotta allo smog e alla congestione e come qualificazione del contesto per la mobilità ciclopedonale, 4) lo sviluppo di sistemi alternativi ai modi di trasporto tradizionali, in particolare a quelli individuali, 5) le campagne di comunicazione e sensibilizzazione a favore di modelli di mobilità sostenibile.
Due sembrano essere le macropolitiche con effetti più forti e diffusi:
  • lo sviluppo dei servizi aggiuntivi di trasporto collettivo, che contiene quell'elemento di flessibilizzazione e personalizzazione dell'offerta decisivo per attrarre clientela dai gruppi più ostili, quali i giovani e coloro che si muovono soprattutto per il loro del tempo libero", oltre che per favorire il consolidamento della clientela anziana;
  • il miglioramento dell'ambiente urbano, sul quale incidono misure complesse ed eterogenee (divieti di circolazione ai veicoli privati, misure antismog, spazi dedicati alla mobilità pedonale e ciclabile) alle quali sono sensibili, per motivi diversi, il ceto urbano lavorativo e i pendolari lavorativi, nonché di nuovo i due gruppi a domanda debole formati soprattutto da anziani, casalinghe e pensionati.

Quanto agli interventi strutturali di rafforzamento dell'offerta di base del trasporto collettivo - incremento della capillarità e della frequenza del servizio, miglioramento della puntualità e dei tempi di percorrenza, oltre che del comfort del viaggio - l'impatto è abbastanza diffuso e solo nel caso dei pendolari lavorativi si può assegnare ad essi un livello primario di incidenza.
Quanto alle altre macropolitiche, le campagne di sensibilizzazione per promuovere modelli di mobilità sostenibile raccolgono valutazioni di impatto meno significative, a causa da un lato di una certa (presunta) chiusura dei cluster più resistenti su questi temi (ad esempio "L'iperattivismo giovanile"), e dall'altro all'oggettiva minore forza strutturale di tali politiche, viste più con un ruolo di completamento dentro strategie articolate di intervento, piuttosto che con un ruolo prioritario.
Viceversa, interessante è la posizione delle politiche di sviluppo di soluzioni alternative ai mezzi tradizionali, quali l'intermodalità, il car-sharing, il car-pooling, il taxi collettivo ecc., perché proprio su queste politiche si rileva l'unica differenza di un certo spessore tra i cluster del Veneto e quelli nazionali: sono quindi misure che potrebbero trovare in Veneto un interessante terreno di promozione e una più vasta, auspicabile recezione.

Inizio Pagina  La mobilità sostenibile

Si è più volte fatto cenno alle politiche di mobilità sostenibile ma senza soffermarsi nei dettagli. Considerata, però, l'importanza che tale settore va via via acquisendo, sembra opportuno dedicarvi un approfondimento.
Ma cosa si intende per mobilità sostenibile e in che cosa consistono esattamente le misure atte a raggiungere questo obiettivo? La risposta a queste domande è cruciale per capire in che direzione si sta andando in un'ottica di conciliazione tra le necessità di continuo movimento della società e l'ormai imprescindibile bisogno di salvaguardare l'ambiente che ci circonda.
Con la locuzione "mobilità sostenibile" si intende un sistema di trasporto urbano che, pur garantendo a tutti il diritto a muoversi e fornendo un adeguato servizio di trasporto, non grava troppo sull'ambiente, consentendo quindi di mantenere sotto controllo l'inquinamento atmosferico, acustico e la congestione dovuta al traffico veicolare. Tale concetto si inserisce in un contesto di evoluzione verso mezzi di trasporto più rispettosi dell'ambiente da una parte, infrastrutture sempre più efficienti dall'altra, ma anche comportamenti e abitudini maggiormente responsabili.
E' noto che il trasporto su strada è una delle cause, non la principale, dell'inquinamento atmosferico delle nostre città. Per capire meglio l'impatto che il settore ha sull'ambiente è utile riferirsi, oltre alla quantità di traffico che insiste sulle nostre strade, anche alla "qualità" dei mezzi che in esse corrono.
Da un'analisi dei veicoli in circolazione emerge che, nel 2006, in Veneto, le auto rispondenti alla normativa di emissione di sostanze inquinanti "Euro4" rappresentano il 17% del totale, mentre per il 57,5% appartengono alle normative "Euro2" e "Euro3". Confrontando questi dati con il resto dell'Italia si capisce come la regione veneta sia più avanti nel processo di ammodernamento del parco veicolare. Infatti, le "Euro4" incidono sul totale nazionale solo per il 16% e, per contro, le "Euro0" rappresentano ancora il 18% delle autovetture circolanti nella penisola, mentre nella nostra regione sono ormai ridotte al 14%.
Gli autoveicoli commerciali mostrano una distribuzione rispetto alle normative di emissione di sostanze nocive un po' diversa rispetto a quella delle autovetture. I mezzi "Euro0" rappresentano ancora il 29% in Italia e il 22% in Veneto, valori certamente più elevati rispetto a quelli delle autovetture. Ovviamente va tenuto conto delle diversità tra le due categorie di veicoli e, in modo particolare, del fatto che la vita media dei veicoli industriali è più lunga di quella delle autovetture. Sia per l'Italia che per il Veneto ci sono due picchi proprio in corrispondenza dei mezzi omologati "Euro2" e "Euro3", ad indicare che proprio in quel periodo c'è stato un ricambio consistente del parco veicolare ad uso industriale. Analoghe considerazioni valgono pure per gli autobus. Va tuttavia segnalato che, nel 2006, circolano ancora molti autobus vecchi ("Euro0") e che questi rappresentano, sia in Italia sia in Veneto, la fascia più consistente dell'intero parco circolante. (Figura 4.1.20)
Questi dati mostrano che il processo di sostituzione dei mezzi di trasporto vecchi con altri di nuova concezione e a minore impatto ambientale è tuttora in atto. Tale evoluzione è peraltro favorita da diverse campagne statali di incentivazione alla rottamazione dei veicoli non più rispondenti alle moderne norme sull'inquinamento e a favore dell'acquisto di altri più recenti e meno inquinanti.
Tra gli interventi di mobilità sostenibile vanno citati sicuramente il potenziamento del trasporto pubblico locale, la realizzazione di piste ciclabili, l'introduzione di zone a traffico limitato (ztl), la promozione delle iniziative di car-sharing e car-pooling e l'istituzione del Mobility Manager.
L'iniziativa del car-sharing - ovvero "auto condivisa" - è una delle nuove forme di trasporto collettivo: si tratta di un servizio che permette di utilizzare un'automobile su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pagando in ragione dell'utilizzo fatto. Tipicamente si tratta di un servizio commerciale erogato da apposite aziende e consente di rinunciare all'automobile privata ma non alla flessibilità delle proprie esigenze di mobilità.
Il termine car-pooling - ovvero "auto di gruppo" - indica un'altra forma di trasporto collettivo e consiste nella condivisione di un mezzo di trasporto privato da parte di più persone che compiono quotidianamente lo stesso itinerario, utilizzando una sola autovettura con più persone a bordo. L'obiettivo del car-pooling è diminuire il numero delle vetture circolanti e di conseguenza ottenere vantaggi ambientali notevoli, oltre che un sensibile taglio dei costi che vengono ripartiti fra i partecipanti all'iniziativa. Una formula che dà un contributo concreto al miglioramento della qualità dell'aria che respiriamo. In Veneto le province di Venezia e Padova sono in prima linea per quanto riguarda la promozione di questo strumento.
Il Mobility Manager, invece, è rappresentato da una figura professionale che analizza le esigenze di mobilità dei dipendenti di aziende pubbliche e private e organizza, di concerto con le amministrazioni locali, il sistema di viabilità casa-lavoro, casa-scuola, quello per i poli ospedalieri, le aree commerciali e fieristiche, cercando di sincronizzare gli orari lavorativi con quelli del trasporto pubblico e favorendo proprio l'utilizzo di strumenti come il car-pooling. Vanno altresì ricordate altre politiche gestionali volte alla riduzione del traffico nei centri abitati o comunque alla riduzione della congestione delle strade urbane, almeno per i mezzi pubblici, quali le corsie preferenziali per bus e taxi e l'introduzione delle zone a traffico limitato (ztl) il cui accesso è regolamentato tramite appositi permessi. Negli ultimi anni sono stati utilizzati anche altri strumenti per tentare di ridurre l'inquinamento dovuto al trasporto su strada, quali i blocchi del traffico parziali e totali in alcune fasce orarie oppure le cosiddette "domeniche ecologiche" con divieto di circolazione a tutti i mezzi alimentati a benzina o gasolio o comunque ai veicoli più inquinanti.
Sul versante dei mezzi ad "impatto zero" la Regione Veneto sta incentivando anche l'uso della bicicletta tramite il "bike-sharing", finanziando la realizzazione di servizi di noleggio automatico di biciclette da parte dei comuni. I finanziamenti sono rivolti alle Amministrazioni comunali interessate per l'acquisto delle biciclette e delle attrezzature necessarie per il servizio di noleggio, da dislocare in punti considerati cruciali e strategici all'interno dell'area urbana, come stazioni ferroviarie, parcheggi scambiatori, piste ciclabili. Lo scopo è, naturalmente, di favorire una mobilità intelligente nei centri urbani, contribuendo nel contempo alla riduzione dell'inquinamento da polveri sottili.
Nell'ambito dell'adozione di politiche di mobilità sostenibile si distinguono le iniziative delle province venete. Ciascuna di esse si è attivata in questi anni con progetti e attività legate allo sviluppo del settore trasporti in un'ottica di miglioramento dei servizi e, al contempo, di tutela dell'ambiente.
Tra le principali iniziative c'è l'istituzione della figura del Mobility Manager di area nelle province di Venezia e Padova, oltre all'introduzione del "bollino blu", già in vigore dal 2005, che prevede l'obbligo, per tutti i veicoli a motore di proprietà di persone o enti aventi residenza o sede in Veneto e immatricolati da oltre un anno, di attestare il rispetto delle prescrizioni tecniche in termini di emissioni di sostanze inquinanti.
Molto dinamica è l'attività di sviluppo della mobilità sostenibile nella provincia di Treviso che, proprio a dicembre 2008, ha ricevuto un finanziamento da parte della Comunità Europea legato a quattro progetti che rientrano negli obiettivi delle "iniziative volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie" e che rispondono agli obiettivi di Lisbona e Goteborg sulla sostenibilità della crescita economica ed ambientale. Di questi quattro progetti uno riguardava proprio la promozione della mobilità sostenibile (INTERREG IV C - Pimms Transfer). Sempre Treviso ha ricevuto anche una menzione speciale per il progetto "Bike-Sharing" (Nota 4) presentato alla 4° edizione del concorso nazionale "Città amiche della bicicletta" promosso da Euromobility.
I dati sull'ambiente urbano mostrano come, nelle città venete, sia sicuramente aumentata l'attenzione ai problemi ambientali negli ultimi anni, anche se c'è ancora molta strada da percorrere.
Nel 2007, nei comuni capoluoghi del Veneto, la situazione relativa alle aree pedonali e alle piste ciclabili si presenta piuttosto eterogenea. Per quel che riguarda il primo aspetto, escludendo Venezia che, per motivi morfologici, ha ovviamente una densità di aree pedonali nettamente superiore alla norma, spicca Padova con 81 mq ogni 100 abitanti - valore raggiunto grazie al considerevole aumento pari a oltre il 52% in più rispetto all'anno 2000 - che pongono la città, unica del Veneto, al di sopra della media nazionale che è pari a 32,4 mq ogni 100 abitanti. Nella graduatoria regionale al secondo posto c'è Belluno con 31,2 mq per 100 abitanti. (Figura 4.1.21)
Anche per quanto riguarda le piste ciclabili, il comune di Padova, grazie alla promozione della bicicletta quale mezzo di locomozione alternativo, ha nel 2007 la più alta densità regionale di percorsi dedicati, superando i 114km ogni 100 kmq di territorio. Si può notare il forte impulso dal 2000, quando le piste ciclabili non arrivavano ai 36km. Anche in tutte le altre province venete, la tendenza è stata quella di favorire l'utilizzo della bicicletta per gli spostamenti all'interno delle aree urbane; infatti, rispetto al 2000, c'è stata una crescita degli spazi dedicati a tale mezzo di trasporto un po' ovunque. In generale la densità di piste ciclabili nelle nostre città è sempre superiore rispetto alla media dell'Italia con la sola esclusione di Belluno, per la quale va detto che, nonostante la relativamente bassa densità di piste ciclabili all'interno dell'area urbana, a livello provinciale possiede i percorsi dedicati ai velocipedi più lunghi e panoramici dell'intera regione, come, ad esempio, la "pista ciclabile delle Dolomiti" che congiunge Belluno a Bolzano. (Figura 4.1.22)
Infine l'istituzione delle zone a traffico limitato, specie nei centri storici delle città, ha avuto un grosso sviluppo proprio in questi ultimi anni. Nel 2007, in Italia, le ztl coprono circa mezzo chilometro quadrato ogni 100 kmq di territorio comunale, con un incremento, rispetto al 2000, che si avvicina al 38%. In Veneto le Amministrazioni comunali seguono politiche diverse, probabilmente anche in base alle caratteristiche dei singoli territori e le esigenze specifiche. Si va dal caso di Padova che presenta una densità di ztl pari a 1,4 kmq per 100 kmq di territorio - oltre il doppio della media nazionale, con un incremento del 111,4% nell'arco dei sette anni considerati - a Belluno, dove la presenza delle stesse si attesta a 0,01 kmq per 100 kmq e non ha subito variazioni rispetto al 2000, fino a Vicenza dove, addirittura, la presenza di tali aree si è lievemente ristretta. (Figura 4.1.23)

Figura 4.1.1
Risorse destinate alle province dal Piano Triennale per la Viabilità Veneta 2009:2011
Tabella 4.1.1
Indice di dotazione infrastrutturale per tipologia per regione (Italia=100) - Anni 2000 e 2007
Tabella 4.1.2
Estensione stradale (in km) per tipologia e regione - Anno 2006
Figura 4.1.2
Indicatore sintetico di dotazione infrastrutturale (Italia=100) per regione - Anno 2007
Figura 4.1.3
Indice di dotazione delle infrastrutture stradali per regione - Anni 1996 e 2006
Tabella 4.1.3
Flussi veicolari alle barriere di Venezia e sulla tangenziale di Mestre: valori assoluti e variazioni percentuali - Anni 2003 e 2006
Figura 4.1.4
Veicoli in transito previsti nell'area di Mestre - Anni 2008 e 2020
Tabella 4.1.4
Traffico veicolare giornaliero sul Passante e sulla tangenziale di Mestre - Febbraio 2009
Tabella 4.1.5
Traffico veicolare giornaliero sulla tangenziale di Mestre per tratta - Anni 2008:2009
Tabella 4.1.6
Flussi veicolari stimati sul Passante di Mestre - Anno 2010
Tabella 4.1.7
Flussi veicolari stimati alle barriere di Venezia e sulla tangenziale di Mestre: valori assoluti e variazioni percentuali - Anni 2010:2011
Figura 4.1.5
Disponibilità di autobus nei comuni capoluogo di  provincia - Anni 2000 e 2007
Figura 4.1.6
Trasporto pubblico locale - Servizio extraurbano: Posti-km offerti (in milioni) per regione - Anni 1996, 2001 e 2006
Figura 4.1.7
Trasporto pubblico locale - Servizio urbano: Posti-km offerti (in milioni) per regione - Anni 1996, 2001 e 2006
Tabella 4.1.8
Consistenza parco veicoli per alcune categorie e variazioni percentuali. Veneto - Anni 2006 e 2007
Tabella 4.1.9
Tasso di motorizzazione e variazioni percentuali per provincia - Anni 1998 e 2007
Figura 4.1.8
Tassi di motorizzazione: veicoli per 100 abitanti. Veneto e Italia - Anni 1998 e 2003:2007
Figura 4.1.9
Veicoli effettivi medi giornalieri sulle autostrade in servizio interessanti il Veneto - Anni 1998 e 2003:2007
Figura 4.1.10
Veicoli effettivi medi giornalieri sulle autostrade in servizio interessanti il Veneto - Anni 1998 e 2007
Figura 4.1.11
Veicoli/km (in milioni) sulle autostrade in servizio interessanti il Veneto - Anni 1998 e 2003:2007
Figura 4.1.12
Veicoli/km (in milioni) sulle autostrade in servizio interessanti il Veneto - Anni 1998 e 2007
Tabella 4.1.10
Traffico sulla rete autostradale (in milioni di veicoli/km) per società concessionaria - Gen.-Nov. 2007:2008
Figura 4.1.13
Traffico totale (in milioni di veicoli/km) per società concessionaria - Set.:Nov. 2008
Figura 4.1.14
Traffico di veicoli pesanti (in milioni di veicoli/km) per società concessionaria - Set.:Nov. 2008
Figura 4.1.15
Dotazione di motocicili nei comuni capoluogo di provincia - Anni 2000 e 2007
Figura 4.1.16
Domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo di provincia - Anni 2000 e 2007
Tabella 4.1.11
I gruppi tipologici della cluster analysis: la distribuzione nel campione nazionale e nel campione del Veneto
Figura 4.1.17
Indicatore sintetico di Mobilità Espressa(IME*): i cluster a confronto
Figura 4.1.18
Le motivazioni degli spostamenti: i cluster a confronto (valori %)
Figura 4.1.19
I mezzi di trasporto utilizzati negli spostamenti: i cluster a confronto (valori %)
Tabella 4.1.12
Indicatori di domanda di mobilità quotidiana
Tabella 4.1.13
Indicatori di domanda di mobilità quotidiana
Tabella 4.1.14
Indicatori di domanda di mobilità quotidiana
Tabella 4.1.15
Indicatori di domanda di mobilità quotidiana
Tabella 4.1.16
Indicatori di domanda di mobilità quotidiana
Figura 4.1.20
Veicoli per normativa di emissione (valori %). Veneto, Italia - Anno 2006
Figura 4.1.21
Aree pedonali nei comuni capoluogo (mq per 100 abitanti) - Anni 2000 e 2007
Figura 4.1.22
Piste ciclabili nei comuni capoluogo (km per 100kmq) - Anni 2000 e 2007
Figura 4.1.23
Zone a traffico limitato (ztl) nei comuni capoluoghi (kmq per 100 kmq di superficie comunale) - Anni 2000 e 2007

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.