Capitolo 17

31 Ottobre - 2 novembre 2010: l'alluvione dei santi (Nota 1)

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17.1 Le alluvioni nella storia del Veneto

Riportando alcune testimonianze storiografiche di eventi eccezionali, già Gaio Plinio Secondo detto il Vecchio nel "Naturalis Historia" (Nota 2) descrive la situazione fluviale dell'area lagunare e delle campagne venete. Per quanto gli stravolgimenti maggiori siano già avvenuti durante il ritiro dei ghiacci dell'ultima glaciazione, nel I secolo a.C. l'Adige e il Bacchiglione si mescolano al Po e assieme ad essi raggiunge la foce (Nota 3), testimonianza antica dei mutamenti nei percorsi dei fiumi veneti avvenuti anche in epoca più recente. Di eventi alluvionali si hanno documentazioni anche nell'epoca tardo antica-altomedioevale, durante la quale si assiste a un lungo peggioramento delle condizioni climatiche. Di questo periodo, e precisamente del 17 ottobre 589, ci è noto un evento catastrofico ricordato sotto il nome di "La rotta della Cucca" e del quale Paolo Diacono nel "Historia Langobardorum" scrive "Eo tempore fuit aquae diluvium in finibus Venetiarum et Liguriae seu ceteris regionibus Italiae, quale post Noe tempore creditur non fuisse." (Nota 4). Unendo questi eventi all'incuria del periodo tardo romano e barbarico nel mantenimento della rete idrica, i fiumi alluvionati abbandonarono i loro vecchi alvei verso zone più depresse. I Longobardi, infatti, usarono le aree golenali dell'Adige disalveato e le zone paludose che vennero a crearsi come confine e difesa naturale nei confronti dell'Esarcato di Ravenna.
Tra gli eventi maggiori accaduti in tempi recenti si può citare l'alluvione del 1882, che segnò una presa di coscienza per un rilancio della gestione del territorio, la rotta del fiume Po in Polesine del novembre 1951 e l'alluvione del novembre 1966.
Gli eventi non eccezionali, invece, sono ben governati da secoli di ingegneria idraulica che, a partire dal periodo romano e passando per la Serenissima Repubblica, hanno sottratto grandi aree di territorio alle paludi consegnandole alla popolazione. I punti deboli di questo processo, che ci ha restituito il territorio così come oggi lo viviamo, possono essere individuati nell'eccessivo disboscamento e nella maggiore difficoltà di deflusso a mare di alcuni fiumi che ai tempi della Repubblica Veneziana sono stati deviati fuori dalla laguna per evitarne l'interramento.
 
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17.2 Il contesto

Come per tutte le piane alluvionali, il maggior rischio idrogeologico e ambientale per la pianura padano-veneta sono gli eventi alluvionali determinati dall'esondazione delle acque dagli alvei dei fiumi nei periodi di piena e da situazioni quali frane, smottamenti e riporto a valle di materiale. Questi eventi hanno la caratteristica della ciclicità e sono definiti da misure idraulico-statistiche di portata e di precipitazione, collegate al tempo di ritorno o al grado di rarità. L'inevitabilità di questi eventi nel nostro territorio non deve mai essere dimenticata per permettere alla società organizzata di minimizzarne l'impatto nei confronti della popolazione e dell'economia. Questi eventi naturali, al pari di terremoti, maremoti o eruzioni vulcaniche, continuano a mettere in crisi la civiltà umana in ogni angolo della terra e l'unico mezzo che abbiamo per combatterli è conoscerli, non dimenticandoci del loro potenziale in relazione al territorio interessato al loro rischio. Una delle cause che può far cogliere impreparati è legata alla memoria umana e al grado di rarità degli eventi. Nel territorio veneto le alluvioni eccezionali accadono con frequenza trans-generazionale causando così nella popolazione sensazioni di paura e impotenza che vanno oltre alla giusta disperazione delle persone colpite negli affetti e nelle proprietà generando problematiche socio-psicologiche.
La morfologia del territorio del Veneto è una tra le più complesse in Italia per la presenza di diversi aspetti fisici del territorio. Complessivamente oltre il 56% del territorio è pianeggiante, il 29% montano mentre quasi il 15% è costituito da zone collinari. La popolazione, che conta oltre 4,9 milioni di abitanti, si concentra per oltre i tre quarti nella pianura, mentre, del rimanente quarto, il 16,5% risiede in zona collinare e il 7,1% in zona montana.
In pianura si individuano piuttosto nettamente due zone, l'Alta Pianura e la Bassa Pianura, tra loro separate dalla linea delle risorgive. L'Alta Pianura è formata prevalentemente da materiali ghiaiosi ad elevata permeabilità, costituiti nel tempo ad opera delle continue divagazioni dei corsi d'acqua in forma di imponenti conoidi ghiaiose; la Bassa Pianura è costituita invece da sedimenti più fini, sabbiosi e argillosi, con dimensione decrescente da monte verso valle. (Tabella 17.2.1)
Vi sono inoltre estese lagune costiere, oltre 150 km di spiagge e la riva orientale del Lago di Garda, il più grande lago d'Italia. Ha inoltre una notevole ricchezza d'acqua, sia sotterranea sia superficiale, la cui rete idrografica è costituita da ben sei bacini di rilievo nazionale, Adige, Brenta-Bacchiglione, Livenza, Piave, Po e Tagliamento, due di rilievo interregionale, Fissero-Tartaro-Canalbianco e Lemene, e tre di rilievo regionale, Bacino scolante in Laguna di Venezia, Pianura tra Livenza e Piave, e Sile. (Figura 17.2.1)

Tabella 17.2.1

Comuni, superficie e popolazione del Veneto per zona altimetrica - valori e % - al 31/12/2009

Figura 17.2.1

Suddivisione della Regione del Veneto nei suoi bacini idrografici
 
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17.3 L'evento alluvionale dei Santi

Concentrandoci sull'alluvione dei Santi cerchiamo di presentare un quadro su quanto accaduto. Una perturbazione di origine atlantica ha dato luogo a un'ampia e persistente circolazione ciclonica tra il Mar Ligure e il Mar Tirreno, che si è spinta fino alle coste africane convogliando un intenso e persistente flusso di correnti sciroccali caldo-umide sul Veneto. Questa configurazione ha determinato precipitazioni su tutta la nostra regione con quantitativi estremi sulle zone prealpine e pedemontane. Da domenica 31 ottobre a martedì 2 novembre 2010 il Veneto è stato interessato da piogge persistenti, a tratti anche a carattere di rovescio, in particolare sulle zone prealpine e pedemontane, dove si sono superati diffusamente i 300 mm complessivi, con punte massime locali anche superiori a 500 mm di pioggia (Nota 5). L'evento è stato caratterizzato anche dalla persistenza di venti di scirocco, sia sulla costa sia in quota, determinando un sensibile innalzamento del limite della neve. Per la maggior parte dell'evento tale limite è stato superiore ai 2000 m comportando anche lo scioglimento della neve preesistente in montagna, specie sulle Prealpi occidentali. Tutto ciò ha comportato il manifestarsi di una profonda sofferenza idraulica e di diffuse situazioni di dissesto geologico in tutto il territorio regionale. Certamente indicativo il dato risultante dalle rilevazioni in mare condotte da ARPAV tramite la propria rete di monitoraggio che segnalano un alto Adriatico meno salato, meno ossigenato e più torbido nei mesi successivi a novembre per l'eccezionale apporto di acqua e materiale causato dalle piene dei fiumi di novembre.
Analizzando i dati per zona di allerta sul rischio idrogeologico e idraulico, definite per la prima volta nel dicembre 2006 (Nota 6) risultano dati medi pluviometrici giornalieri molto abbondanti soprattutto nella fascia pedemontana e montana che raggiungono il valore di 149,5 mm il giorno 1 novembre nel bacino dell'alto Brenta-Bacchiglione. I valori massimi sono stati molto elevati nella fascia montana, pedemontana e nei bacini del basso Piave, Sile e del bacino scolante in laguna, con misure puntali che sono arrivate a toccare il valore di 255,6 mm il 31 ottobre nel bacino dell'alto Piave, e precisamente presso la stazione di Valpore a Seren del Grappa.
Considerando l'evento nel suo complesso si rileva che si sono registrati valori massimi locali estremamente elevati, superiori a 500 mm nei bacini dell'alto Piave e dell'alto Brenta-Bacchiglione, superiori a 300 mm nelle due zone di allerta comprendenti le aree dell'Adige, del Garda, dei Monti Lessini e i bacini del basso Piave, del Sile e il bacino scolante in laguna, e superiori a 200 mm sulla zona corrispondente al basso Brenta-Bacchiglione. Inoltre i valori medi areali di precipitazione su diverse zone sono stati molto significativi, a testimonianza del fatto che precipitazioni particolarmente abbondanti hanno interessato aree vaste e non solo singole località. In particolare i valori medi areali complessivi di tutto l'evento sono stati di 339 mm sull'area dell'alto vicentino, di circa 175 mm sulle aree montane e collinari del bellunese e del veronese, e di 128 mm sull'area che comprende i bacini del basso Piave, Sile e il bacino scolante in laguna. (Figura 17.3.1) e (Tabella 17.3.1)
Alla fine della perturbazione sulla parte prevalente delle Dolomiti meridionali, delle Prealpi e della Pedemontana sono stati misurati più di 200 mm complessivi, con una vasta area sulle zone prealpine e pedemontane con valori tra i 300 e i 400 mm e locali punte di oltre 500 mm, con il massimo assoluto di 587 mm in provincia di Belluno a Valpore - Seren del Grappa. Sulle Dolomiti settentrionali sono stati registrati valori dai 75 ai 200 mm, con andamento crescente da nord a sud. In pianura sono stati misurati dai 200 mm sulle zone più settentrionali prossime alla pedemontana ai meno di 10 mm sul rodigino, con andamento decrescente da nord-ovest verso sud-est. (Figura 17.3.2)
Per avere un'indicazione statistica del grado di rarità di un evento viene utilizzato il concetto di tempo di ritorno, ossia l'intervallo di tempo entro cui una certa altezza di precipitazione viene eguagliata o superata in media una volta. L'altezza di pioggia caduta in un determinato intervallo temporale viene analizzata facendo riferimento alle massime precipitazioni annuali per stazione pluviometrica nello stesso arco temporale per l'intero periodo di attività. Per una corretta valutazione dei tempi di ritorno delle precipitazioni intense è necessario avvalersi di un campione di dati di numerosità adeguata. Nel caso in esame, per la maggior parte delle stazioni esaminate sono disponibili solo 18-19 anni di osservazioni. Per tale motivo l'accurata valutazione dei tempi di ritorno superiori a 20 anni risulta imprecisa e si è ritenuto opportuno limitarla ad una generica indicazione di "tempo di ritorno maggiore di 50 anni". Si osservi che le stazioni presentano in molti casi tempi di ritorno dell'ordine dei 50 anni o superiori dato indicativo dell'elevata severità del fenomeno. (Tabella 17.3.2)
Ci può essere utile a questo proposito il confronto con alcuni dati storici di precipitazione. Da un primo sommario confronto l'evento si colloca tra i 2 o 3 eventi più intensi ed abbondanti che hanno colpito le zone prealpine e pedemontane del Veneto negli ultimi 50 anni. Tali aree rappresentano anche le aree mediamente più piovose della regione, specie nella stagione autunnale.
In particolare sulle zone centro-occidentali, Prealpi e area pedemontana di Vicenza e Verona, i valori massimi registrati nelle 24 e 48 ore hanno in alcuni casi superato i massimi storici che appartenevano nella maggior parte dei casi agli eventi dell'ottobre 1992 e del novembre 1966. Ad esempio a Castana, nel comune di Arsiero in provincia di Vicenza, nel bacino del Posina in 2 giorni si sono registrati 431 mm contro i precedenti massimi storici registrati il 4-5 novembre 1966 di 326 mm alla stazione di Posina e il 4-5 ottobre 1992 con 313 mm, registrati dalla stessa stazione di Castana. A Turcati, nel comune di Recoaro, provincia di Vicenza, nel bacino dell'Agno, come anche a San Bortolo, nel veronese, sui Lessini orientali, i valori registrati nelle 24 ore e nei due giorni risultano molto prossimi ai massimi storici appartenenti all'evento del 4-5 ottobre 1992.
Sulla pedemontana orientale, corrispondente al trevigiano settentrionale, sono stati ampiamente superati i massimi storici. Ad esempio a Follina in due giorni sono caduti 313 mm contro un precedente massimo, registrato nell'ottobre 1928 nella vicina stazione storica di Cison di Valmarino, di 280 mm, mentre nella storica alluvione del 1966 si registrarono nella stessa stazione 178 mm tra il 4 e il 5 novembre.
Sulle Prealpi orientali, in provincia di Belluno, i valori massimi registrati a Valpore, comune di Seren del Grappa, e in Cansiglio, in due giorni, sono rispettivamente 463 mm e 432 mm, che risultano inferiori solo alle misure relative all'evento alluvionale del novembre 1966.
Un quadro di sintesi è ben rappresentato dalle analisi per differenze tra l'evento in oggetto e quelli del 1992 e del 1966. In entrambe le rappresentazioni è evidente una maggiore concentrazione di precipitazione nell'area prealpina e pedemontana rispetto ai due eventi passati. In confronto alla disastrosa alluvione del 1966 si è riscontrato come il fenomeno del 2010 sia stato alquanto più moderato in pianura, nelle zone alpine del nord bellunese e nelle aree trentine e nord friulane e più acuto nelle aree prealpine e pedemontane corrispondenti al nord veronese, vicentino e trevisano e alla bassa bellunese. (Figura 17.3.3) e (Figura 17.3.4)
Circa le altezze idrometriche, si precisa che i dati disponibili risentono di alcuni fattori di incertezza. Esse, pur riferendosi principalmente a registrazioni in tempo reale effettuate dalle stazioni della rete della Regione del Veneto, utilizzano anche misure provenienti dalle stazioni delle reti della Provincia Autonoma di Trento e della Regione Friuli Venezia Giulia. Altri dati inoltre sono stati forniti in corso di evento dai concessionari delle primarie opere di ritenuta per la laminazione dei principali corsi d'acqua. In alcuni casi, per le estreme situazioni idrometriche occorse, quali le rotte arginali, le tracimazioni, i rigurgiti ad opera di manufatti e confluenze, questi dati vanno valutati con prudenza, tenendo presente che qualche stazione è andata fuori servizio poco prima del passaggio del colmo di piena per il superamento dei range strumentali previsti.
In ogni caso, in attesa che i dati idrometrici rilevati dalle stazioni siano verificati e confrontati con le letture manuali agli idrometri storici operate in corso di evento dalle Unità di Progetto del Genio Civile, si ritiene significativo presentare qualche grafico sulle onde di piena in confronto con la massima piena registrata.
Per il bacino dei Fiumi Agno-Guà e Fratta-Gorzone la piena fluviale è risultata particolarmente significativa. I livelli idrometrici raggiunti dal Fiume Agno a Recoaro hanno sfiorato quelli registrati durante la massima piena storica, mentre quelli di Ponte Brogliano la superano se pur di poco. A Borgofrassine invece i livelli hanno superato la massima piena storica già prima della rotta sul Frassine che si è verificata attorno alle ore 14:30, condizionando fortemente i livelli idrometrici delle sezioni a valle della rotta stessa. Anche i livelli del sistema Fratta-Gorzone sono stati influenzati dalle rotte occorse sul Frassine in quanto i deflussi di quest'ultimo sono confluiti in vario modo nel sistema Fratta-Gorzone con tempi differiti. (Figura 17.3.5)
La piena del Fiume Bacchiglione ha dato parecchi problemi durante l'evento tanto che tutte le sezioni di riferimento hanno superato il livello massimo storico registrato. Si può notare come l'idrometro di Montegalda non ha più funzionato in corrispondenza del presumibile colmo di piena. Già nel corso della misura di portata effettuata si era osservato, poco a monte del ponte ove il sensore è installato, un sormonto arginale in sponda destra, con deflusso non trascurabile del fiume esternamente all'alveo. (Figura 17.3.6)
Anche gli affluenti del Bacchiglione hanno evidenziato livelli idrometrici superiori o molto prossimi ai massimi valori registrati. In particolare il Tesina a Bolzano Vicentino ha superato il livello della massima piena storica, ed il Posina a Stancari, Vicenza, ha di fatto eguagliato il massimo livello registrato. (Figura 17.3.7)
Per stimare l'eccezionalità dei livelli idrometrici raggiunti dal Bacchiglione nel novembre 2010 è bene confrontarli con i dati storici raccolti e recuperati negli atti del Genio Civile di Padova. Per i livelli rilevati a Bovolenta e a Pontelongo l'evento storico di paragone può essere solo quello del 1966, quando erano già completati i manufatti Scaricatore e Regolatore di Voltabarozzo. Le massime piene in epoche precedenti sono riferite a situazioni idrauliche ben diverse. Si deve inoltre tenere presente che rispetto agli eventi del 1966, nel 2010 si sono verificate, a monte, due rotte, quella del Tesina Padovano e quella di Ponte S. Nicolò. (Tabella 17.3.3)

Figura 17.3.1

Suddivisione del Veneto in zone di allerta per il rischio idrogeologico

Tabella 17.3.1

Dati pluviometrici massimi puntuali e medi areali - 31/10 - 2/11/2010

Figura 17.3.2

Precipitazione cumulata nel Veneto tra il 31/10 e il 2/11/2010

Tabella 17.3.2

Tempi di ritorno in anni delle precipitazioni per le durate di 12 e 24 ore e 2 e 3 giorni - 31/10 - 2/11/2010

Figura 17.3.3

Carta delle differenze delle precipitazioni registrate in due giorni, tra l'evento del 31 ottobre - 1 novembre 2010 e quello del 4-5 ottobre 1992

Figura 17.3.4

Carta delle differenze delle precipitazioni registrate in due giorni, tra l'evento del 31 ottobre-1 novembre 2010 e quello del 4-5 novembre 1966

Figura 17.3.5

Propagazione della piena del Fiume Agno-Guà-Frassine-Gorzone misurata in quattro località nel corso dell'evento del 31/10 - 2/11/2010

Figura 17.3.6

Propagazione della piena del Fiume Bacchiglione misurata in quattro località nel corso dell'evento del 31/10 - 2/11/2010

Figura 17.3.7

Propagazione della piena lungo i principali affluenti del Bacchiglione (Astico-Posina-Tesina) nel corso dell'evento del 31/10 - 2/11/2010

Tabella 17.3.3

Confronto dei livelli idrometrici raggiunti dal fiume Bacchiglione a seguito dell'evento del 31/10 - 2/11/2010 con i dati storici
 
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17.4 Gli impatti, gli interventi e la solidarietà

Gli impatti
L'impatto sulla popolazione è stato pesante: due morti, un disperso, molti feriti e migliaia di sfollati. Oltre al danno fisico vanno considerate anche le conseguenze psicologiche sulla popolazione interessata. Su questo fronte è intervenuto un gruppo di psicologi volontari che ha portato attività per superare la situazione di emergenza.
Poiché non è possibile, nel momento in cui si scrive, presentare un bilancio economico consolidato su quanto successo, si riportano di seguito dei dati con l'intento illustrare l'impatto sul territorio e sulle attività economiche.
Un semplice elenco per provincia di rotte arginali, allagamenti e dissesti sorti con l'evento ci fa comprendere la vastità di quanto successo e la difficoltà nell'affrontare l'emergenza da parte della popolazione e degli uomini che hanno portato aiuto. Sono stati coinvolti nelle operazioni la Regione del Veneto, la Protezione Civile locale e il Dipartimento Nazionale, i Comuni, le Province, le Prefetture, le Aziende ULSS, i Consorzi di Bonifica e le Autorità di Bacino. Le Regioni intervenute a supporto sono state Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Marche, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia. Con questi enti hanno inoltre collaborato circa 3 mila volontari della Protezione Civile, circa 800 vigili del fuoco, di cui un centinaio da altre Regioni, circa 300 militari e tutte le forze dell'ordine disponibili. (Tabella 17.4.1)
Da dati parziali e provvisori del 2 maggio 2011, in provincia di Vicenza si concentra il maggior numero di beni mobili e immobili danneggiati, conseguenza dell'allagamento subito dal centro storico di Vicenza, in una zona molto popolata e con alta densità di attività commerciali. A seguire hanno subito danni migliaia di immobili nelle provincie di Padova e Verona, parecchie centinaia a Treviso e alcune decine tra Belluno, Rovigo e Venezia.
Per quanto riguarda gli animali morti nell'evento i servizi Veterinari delle Aziende ULSS coinvolte hanno comunicato un totale di oltre 151 mila capi morti da indennizzare, tutti nei comuni della provincia di Padova. Circa 112 mila polli, 36 mila tacchini e 3 mila conigli provengono da allevamenti intensivi, mentre altri 59 capi sono animali di taglia più grossa come bovini, suini e caprini provenienti anch'essi per la quasi totalità da attività di allevamento. Agli animali deceduti e conteggiati dai servizi veterinari delle Aziende ULSS dovrebbe essere aggiunto l'impatto sulla fauna selvatica.
Un ragionamento particolare deve essere fatto per le attività produttive e commerciali messe in ginocchio da quanto accaduto, e qui, come per la popolazione, oltre che dei danni diretti e materiali si deve tener conto delle conseguenze sulla competitività e sulla determinazione a ripartire.
Un'altra questione da considerare è quella dei rifiuti: oltre alla necessità di smaltimento di ingenti quantitativi di rifiuto indifferenziato, l'alluvione ha prodotto la dispersione nel terreno di agenti inquinanti provenienti da depuratori, cisterne di idrocarburi, depositi di solventi, vernici e simili che hanno reso necessari alcuni immediati interventi di tamponamento. Tuttavia i campionamenti e le analisi eseguite da Arpav a fine marzo 2011 nelle provincie di Padova, Verona e Vicenza hanno evidenziato un inquinamento del suolo limitato. Le analisi restituiscono nella quasi totalità dei casi una completa compatibilità ambientale, evidenziando valori nei limiti di legge e ricompresi entro il fondo naturale per quanto riguarda metalli e idrocarburi pesanti presenti nel terreno e nei sedimenti. In due campionamenti si sono riscontrati valori che si distaccano significativamente dalla norma. Uno in provincia di Padova, per valori anomali di cromo, e uno in provincia di Verona per il superamento nel terreno delle concentrazioni di rame che tuttavia sembra poter derivare da trattamenti antiparassitari congrui con la gestione agronomica.
Gli interventi
Durante il disastro e nei giorni immediatamente successivi, sono stati attivati 129 interventi, ormai pressoché tutti terminati. Di questi primi cantieri realizzati, 111 sono stati aperti da parte dei Geni Civili e 18 da parte dei Consorzi di Bonifica, per una spesa complessiva di una quarantina di milioni di euro. Si è trattato di cosiddetti interventi di somma urgenza, per tamponare argini crollati, frane, smottamenti e ripristinare la funzionalità minimale delle opere, dopo un evento che ha fatto registrare 140 km quadrati di territorio allagati, alcuni per più di una settimana. Contemporaneamente sono stati progettati altri interventi, di completamento dei primi o comunque funzionali al ripristino o al miglioramento delle condizioni di sicurezza idraulica preesistenti all'alluvione. In seguito si sono aggiunti altri interventi di somma urgenza per effetto di due code "alluvionali", la prima alla vigilia del natale 2010, la seconda il 16 marzo 2011, che ha causato tra l'altro l'allagamento di parte del centro abitato di Soave. In complesso, gli interventi connessi all'alluvione sono diventati 249, oltre un centinaio dei quali già conclusi, un altro centinaio in corso e i restanti in fase di completamento di progettazione, di autorizzazione o di appalto.
Dei comuni che hanno segnalato danni quasi i due terzi hanno già avuto un primo acconto sul rimborso dei danni segnalati. Le somme sono state erogate a 5 amministrazioni provinciali e a 228 comunali (Nota 7) sulla base delle schede di "Quantificazione del danno" trasmesse dagli enti e pervenute al Commissario Delegato entro la data del 12 gennaio 2011. L'importo totale degli acconti erogati dalla Regione ai Comuni e alle Provincie devastate ha superato i 118 milioni di euro.
Al fine di individuare la graduatoria dei Comuni si è considerato il totale dei danni dichiarati e per la determinazione dell'acconto sono state istituite quattro fasce. Ventotto sono i Comuni che hanno ricevuto un acconto del 30% del totale del danno dichiarato che è stato superiore ai 2 milioni di euro e dodici di essi si trovano nelle provincie di Vicenza e Padova. Ventisette sono i comuni che hanno ricevuto un acconto pari al 20% del danno stimato e compreso tra uno e due milioni di euro, e cinquantotto sono le amministrazioni comunali con una stima dei danni compresa tra i 300 mila e un milione di euro che hanno ricevuto l'acconto del 15%. I rimanenti 115 comuni hanno ricevuto un acconto pari al 10% del danno dichiarato. (Figura 17.4.1)
I tempi di risposta sono stati strettissimi. Il 2 novembre era già stato dichiarato lo stato di crisi da parte della Giunta Regionale e il 5 novembre era già dichiarato lo stato di emergenza da parte del Governo. Il 13 novembre, con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, avvenivano la nomina del Commissario per il superamento dell'emergenza e lo stanziamento di 300 milioni di euro. Il 15 dicembre, circa un mese dopo, i 300 milioni di euro indicati dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri sono messi effettivamente a disposizione del Commissario nel conto corrente appositamente istituito presso la Banca d'Italia e il 17 dicembre i primi contributi, per 93 milioni 350 mila euro, arrivavano ai 26 Comuni più danneggiati, per coprire il 30 per cento del danno segnalato. Il 20 dicembre, sono nelle casse degli altri Comuni i finanziamenti per 11 milioni di euro per acconti sui danni. Altri 50 milioni di euro sono stati destinati a pagare parte dei lavori di somma urgenza già eseguiti e gli ulteriori interventi indifferibili, che nel frattempo sono stati tutti progettati e sono ormai pronti a partire. A questi si aggiungeranno nuovi lavori dopo il ripetersi di eventi alluvionali il 16 marzo scorso, per un totale di una trentina di milioni.
Nel frattempo è stato predisposto il Piano strategico di interventi per la mitigazione del rischio per una cifra complessiva di circa 2,7 miliardi di euro e che sarà oggetto di ordinanza del Commissario. In seguito si potranno attivare le iniziative per realizzarne le disposizioni che richiedono le successive fasi di progettazione e il reperimento dei finanziamenti necessari.
La solidarietà
La solidarietà agli alluvionati ha raggiunto venerdì 29 aprile 2011 una quota pari a 5.048.826 euro di cui 1.815.408 euro raccolti dagli sms di solidarietà. Le donazioni sono pervenute per metà della cifra attraverso bonifici, quasi il 40% nel Conto Solidarietà aperto per la circostanza e quasi il 10% nel Conto Tesoreria della Regione Veneto. I messaggi sms di 2 euro hanno concorso al 36% del totale raccolto, mentre il rimanente 15% circa è già destinato al ripristino funzionale di Ponte Pusterla in compartecipazione finanziaria con il Comune di Vicenza. (Tabella 17.4.2)
Nel "Conto Corrente Solidarietà" istituito presso il tesoriere Regione Veneto sono alla data del 29 aprile 2011 confluiti poco più di 2 milioni di euro. Il mondo imprenditoriale ha prediletto questo mezzo per manifestare generosamente la propria solidarietà, offrendo denaro per circa 875 mila euro. A seguire se ne sono serviti in gran numero anche privati cittadini, concorrendo per circa mezzo milione di euro, e enti pubblici per un valore di poco inferiore. Il valore rimanente corrisponde a una quota di poco inferiore al 10% offerta da raccolte fondi promosse da insiemi di privati cittadini, provenienti in primis da associazioni ma anche da scuole, consigli di enti pubblici, partiti politici, volontari, Comuni e pure da due istituti penitenziari.
Analizzando il numero di bonifici pervenuti nel "Conto Corrente Solidarietà" per settimana, si individua un andamento decrescente nel tempo ad eccezione del periodo prenatalizio. L'importo versato per settimana mostra una curva di crescita iniziale indice che le donazioni più generose in termini assoluti, provenienti dal modo imprenditoriale, hanno avuto la necessità tecnica di un paio di settimane per essere quantificate. Per motivi analoghi il successivo andamento decrescente per valore è interrotto da alcuni massimi che hanno un notevole picco nella settimana di Natale. (Tabella 17.4.3) e (Figura 17.4.2)
Oltre a somme di denaro sono stati donati molti beni mobili utilizzati per far fronte alla prima emergenza nei confronti della popolazione direttamente colpita e per permettere alle persone di compiere attività minori di sgombero e pulizia. Tra essi vi sono molti elettrodomestici, mobili e utensili, ma anche sanitari e impianti di riscaldamento. (Tabella 17.4.4)
Della somma raccolta, 750 mila euro sono stati destinati al risanamento strutturale e al ripristino funzionale di Ponte Pusterla a Vicenza. L'ordinanza che stabilisce il finanziamento a favore di quest'opera pubblica devastata dal Bacchiglione prevede che la parte rimanente della spesa necessaria complessiva, che ammonta a 2,2 milioni di euro, sia a carico dell'amministrazione comunale vicentina. Come per questo caso, gli altri fondi di solidarietà, per espresso volere del Commissario per il superamento dell'emergenza, saranno destinati "al ripristino di opere esemplari di carattere pubblico e di utilità collettiva, importanti per i cittadini e per la messa in sicurezza del territorio". Il ripristino di opere di questo genere testimonierà nel tempo la generosità delle tantissime persone e delle istituzioni e società che hanno voluto concretamente dare una mano ai veneti per contribuire alla ripresa della normalità dopo il disastro.

Tabella 17.4.1

Rotte arginali, allagamenti e dissesti idrogeologici - 31/10 - 2/11/2010

Figura 17.4.1

Comuni veneti alluvionati che hanno ricevuto un acconto in base alla presentazione di una stima dei danni - 21/01/2011

Tabella 17.4.2

Importi delle donazioni pro-alluvione - valori in euro e % - dati al 29/04/2011

Tabella 17.4.3

Valore e numero dei versamenti effettuati nel 'Conto Corrente Solidarietà' per categoria - valori e % - Situazione al 29 aprile 2011

Figura 17.4.2

Importo e numero di versamententi affettuati nel 'Conto Corrente Solidarietà' per settimana - 08/11/2010 - 25/04/2011

Tabella 17.4.4

Beni mobili donati pro-alluvione. Sintesi per macro-categorie - 5/5/2011
 

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