La "green economy" ha portato alla creazione di un mercato globale per beni e servizi volti alla tutela dell'ambiente. L'OCSE definisce questo settore come quell'insieme di attività volte alla "produzione di beni e servizi per misurare, prevenire, limitare o correggere i danni ambientali ad acqua, aria e suolo; nonché i problemi connessi ai rifiuti, il rumore e l'ecosistema. Questo include tecnologie, prodotti e servizi che riducono il rischio ambientale e minimizzano l'inquinamento e l'uso delle risorse".
Il termine green economy sta dunque ad indicare l'insieme integrato di politiche green da parte delle istituzioni, ma anche gestione green da parte delle imprese, sviluppo di tecnologie green da parte del mondo della ricerca, consumatori green oriented, senza tralasciare le occupazioni green.
Lo sviluppo della "green economy" può dare un contributo significativo alla crescita regionale attraverso la creazione di lavoro ed incentivando l'esportazione delle aziende presenti sul territorio. Può essere utile per migliorare la posizione competitiva delle aziende stesse attraverso l'adozione di prodotti e servizi innovativi che aumentino la produttività industriale contenendo gli impatti ambientali. Il mercato globale di beni e servizi ambientali è vasto e continua a crescere rapidamente.
I settori essenziali allo sviluppo di un'economia verde: un confronto internazionale
(Nota 19) Ad oggi non esistono indicazioni precise per poter classificare un'impresa "green", per questo motivo non è possibile quantificare il fenomeno, ma si è ritenuto utile conoscere il potenziale veneto per lo sviluppo della "green economy" nel breve e medio periodo. Per questo l'istituto di ricerca Bak Basel Economics ha condotto un'analisi sulla performance di crescita dei settori collegati all'economia verde e confrontato il Veneto con altre regioni, considerate storicamente sue competitor, che hanno dinamiche economiche molto somiglianti o si sono distinte per la sensibilità nei confronti dei problemi ambientali, Rhône-Alpes, Manchester, Monaco di Baviera, Baden-Württemberg, Finlandia Centrale, Svezia, Cataluña, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Puglia
(Nota 20), Toscana.
Dall'analisi della letteratura è possibile restringere l'analisi a nove settori rilevanti: il settore primario, la chimica, la meccanica, l'industria di fabbricazione di apparecchi elettrici, radiotelevisivi e per le comunicazioni, la produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas, di vapore e acqua calda, le costruzioni, il settore Ricerca e Sviluppo, le attività professionali e consulenza alle imprese, il comparto dello smaltimento dei rifiuti solidi, delle acque di scarico e simili. L'istituto Bak ha utilizzato le informazioni sul complesso di questi settori perché fossero confrontabili tra territori diversi, ma nel prosieguo del rapporto, al capitolo sul lavoro (n. 11) vi sarà un approfondimento su alcuni sottosettori più specifici, che in relazione all'occupazione, possono definirsi "green".
Una "leadership" ed una buona performance in questi settori può essere la base per avviare un mercato verde, dove un territorio può diventare il principale produttore di macchinari per le energie rinnovabili, e puntare alla relativa esportazione. Questo è un ruolo che ad oggi hanno principalmente le regioni tedesche, dove due sole compagnie
(Nota 21) detengono oggi il 26% del mercato mondiale della produzione di pannelli solari.
L'individuazione dei settori sopra citati deriva inoltre dall'analisi del mercato delle bioenergie. Nel mercato delle biomasse vi è una maggior difficoltà nella determinazione di un "leader" mondiale poiché esistono molteplici tecnologie di trasformazione della biomassa in energia: questa è, infatti, l'unica fonte che può essere utilizzata sia per la produzione di calore, che di elettricità, che combustibile. La produzione di questo tipo di energia coinvolge varie filiere produttive: settore agricolo, produzione industriale, gestione dei rifiuti, trasporto, progettazione ed installazione. I settori citati sono analizzati nel loro complesso, osservando le relative dinamiche su occupazione e valore aggiunto. L'assunto alla base è che una migliore performance nei settori considerati sia un forte fattore di attrattività per investimenti futuri.
Il valore aggiunto dell'insieme dei settori supera un quarto della produzione complessiva dell'economia per le regioni tedesche, la francese Rhône Alpes, la regione della Finlandia centrale. La quota di occupazione coinvolta va dal 26 al 30% con eccezione di Svezia, Manchester e Toscana. In Veneto, i settori correlati alla "green economy" ricoprono poco più del 20% del PIL totale e quasi il 27% del totale della forza lavoro.
La crescita media annua del valore aggiunto identifica invece una dinamica elevata per la Finlandia Centrale e la Svezia, tra le più attive sulle tematiche della "green economy".
L'analisi della crescita media annua occupazionale dà risultati differenti: Svezia, Finlandia centrale e regioni tedesche rivelano dei tassi di crescita occupazionale in questi settori più limitati di quelli del Veneto e in generale delle regioni italiane. La differenza tra effetti su occupazione e valore aggiunto è un dato che ricorre abbastanza spesso. Le ragioni di questo risultato rispecchiano le caratteristiche della struttura produttiva italiana, che è limitata da una bassa produttività e cerca con politiche volte ad aumentare l'offerta di lavoro di non perdere il passo in termini di PIL nei confronti degli altri paesi europei. Tuttavia, un'elevata crescita occupazionale nei settori correlati alla "green economy" può essere molto utile per lo sviluppo futuro, quando con l'avvio dell'economia verde, le aziende operanti in questi settori correlati avranno già a disposizione la manodopera che aiuterà a soddisfare nei tempi più brevi possibili la domanda del mercato. In queste condizioni è anche più semplice per le aziende operanti in un settore cambiare la propria offerta ed estenderla a prodotti "green".
Tra i territori analizzati, il Veneto realizza performance molto positive nel settore delle costruzioni. Un buon grado di sviluppo in quest'ambito potrà portare a maggior risparmio energetico e alla diffusione sul territorio di un'edilizia sostenibile. Nonostante l'edilizia negli ultimi due anni stia vivendo una fase di decelerazione, in Veneto nel 2009 contribuisce per il 6,1% alla ricchezza regionale e dimostra di essere un settore con maggiori potenzialità rispetto alle altre regioni. Del resto, il mercato immobiliare si sta ora orientando verso una visione più complessiva dell'impatto ambientale, che coinvolge i criteri di vivibilità e rispetto del territorio circostante e del risparmio energetico secondo le più moderne tecniche della bioedilizia.
(Figura 3.4.1)
Anche il settore dello smaltimento rifiuti sta vivendo negli ultimi anni in Italia uno sviluppo vivace con tassi di crescita compresi tra il 2 ed il 4%. Ovviamente rispetto ai principali settori del manifatturiero made in Italy e del terziario tradizionale, il suo contributo al PIL regionale è quasi irrisorio, ma il suo sviluppo pari al 3,3% in Veneto dal 2000 al 2009 mostra la sensibilità al fenomeno. Tutte le regioni italiane analizzate, ad eccezione della Lombardia, mostrano una buona performance in questo settore, indice che già sono stati avviati investimenti che potranno avere certamente un impatto positivo anche sul comparto delle biomasse.
L'impatto ambientale e la propensione al green delle imprese
A livello nazionale, Istat rileva che nel 2008 la spesa complessiva per investimenti ambientali
(Nota 22) delle imprese dell'industria in senso stretto è risultata pari a 1.853 milioni di euro, di cui 1.464 milioni per gli investimenti in impianti ed attrezzature di tipo end-of-pipe
(Nota 23) e 389 milioni di euro per quelli in impianti ed attrezzature a tecnologia integrata
(Nota 24). Nel 2008 l'incidenza degli investimenti per la protezione dell'ambiente sul totale degli investimenti fissi lordi realizzati dalle imprese è pari al 3,8%.
I dati 2008 confermano che le imprese industriali realizzano prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto, 79% rispetto al totale investimenti di protezione ambientale, piuttosto che integrare i propri impianti con tecnologie più "pulite", che contribuiscono a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo, 21%. Analizzando la composizione della spesa complessiva del settore manifatturiero, le attività economiche che nel 2008 presentano valori più consistenti sono quelle della fabbricazione di coke e di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (28,6%), la metallurgia (15,3%) e la fabbricazione di prodotti chimici (15,1%); questi tre settori realizzano, complessivamente, quasi il 60% del totale degli investimenti manifatturieri. Consistente è anche il contributo al totale degli investimenti ambientali delle imprese della fabbricazione di prodotti in metallo (6,4%), della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (5,6%) e della fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici (5,1%).
Le informazioni succitate rappresentano soltanto una delle dimensioni di eco-efficienza aziendale. La Fondazione Symbola nel Quaderno "Green Italy" ha analizzato, a livello nazionale, il rapporto impresa - ambiente attraverso le fasi di input ed output del processo produttivo, all'interno del comparto manifatturiero. Nell'ottica del rispetto ambientale gli input sono rappresentati dai consumi energetici. Tra gli output vengono considerate le emissioni atmosferiche e la produzione di rifiuti e la quota di questi avviata al recupero, ossia riutilizzata nel processo produttivo. Incrociando
(Nota 25) tali elementi per le varie attività del settore manifatturiero italiano è stato possibile avere una valutazione del grado di impatto ambientale dei diversi settori.
Bisogna precisare che il contributo all'inquinamento complessivo dell'industria manifatturiera è abbastanza circoscritto: le emissioni di CO2 dell'attività manifatturiera italiana rappresentano il 30% delle emissioni totali, quota di poco superiore rispetto a quella causata dalle famiglie, 20% circa.
(Figura 3.4.2)
I settori complessivamente caratterizzati da una forma di pressione ambientale più elevata risultano quelli legati alla petrolchimica, ossia fabbricazione di coke, raffinerie e industria chimica, oltre alla lavorazione di minerali non metalliferi e alla metallurgia, che in Veneto rappresentano il 27,5% del manifatturiero totale. Essi assorbono circa il 56% dei consumi del manifatturiero e contribuiscono a produrre il 75% di emissioni atmosferiche. Volendo trovare una nota positiva, si osserva per tutte e quattro queste attività un basso impatto per la componente del recupero. Infatti le imprese di questi settori producono il 75% del volume complessivo di rifiuti del manifatturiero, ma nello stesso tempo ad esse è ascrivibile circa il 70% di rifiuti recuperati.
L'industria alimentare risulta un settore ad alto impatto, ma complessivamente meno preoccupante di quelli già citati in quanto mostra quote di assorbimento più contenute nel campo dell'energia, delle emissioni inquinanti e dei rifiuti.
I settori tradizionali legati al tessile, alla meccanica, editoria, gomma e plastica, mezzi di trasporto e le altre manifatturiere (attività di gioielleria e articoli sportivi), che in Veneto rappresentano il 48,6% dell'imprenditoria manifatturiera, si caratterizzano per livelli medi di impatto ambientale evidenziando intensità diversificate di assorbimento energetico, di produzione e recupero di rifiuti e di emissioni atmosferiche.
Si distingue invece l'industria del legno, ben rappresentata dal 7,5% delle imprese venete, per la minore pressione ambientale grazie a livelli bassi di pressione in ben tre delle quattro dimensioni oggetto di analisi.
Il rapporto della Fondazione Symbola valuta anche la tendenza green delle imprese, ossia misura gli sforzi messi in campo dal sistema produttivo nel riorientare i processi di produzione, sia dal lato dell'input sia da quello dell'output, verso una maggiore sostenibilità ambientale. Dall'analisi risulta evidente che nel quinquennio 2003-2007 si realizza una maggior propensione alla diminuzione di input energetici, all'incremento di recupero di rifiuti, alla diminuzione di emissioni di produzione complessiva di rifiuti.
Il settore tessile e abbigliamento risulta quello con una dinamica complessivamente migliore: ottiene il miglior risultato in termini di riduzione per unità di prodotto di input energetici, una rilevante diminuzione di emissioni atmosferiche e di produzione di rifiuti e un incremento intermedio per il recupero dei rifiuti.
Si distinguono l'industria del legno, il comparto della gomma e delle materie plastiche e anche la fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali, per i risultati nel quinquennio considerato ai fini del miglioramento complessivo rispetto ai valori di partenza.
Le dinamiche green negative interessano principalmente la fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento di combustibili nucleari, dove si rileva che il recupero di rifiuti diminuisce, le emissioni aumentano (+1,2% per la CO2), così come la produzione di rifiuti (+2,4%).
Anche il cartario, stampa ed editoria mostra una propensione negativa: ha incrementato negli ultimi anni gli input di energia per unità di prodotto vedendo incrementare oltretutto le emissioni atmosferiche.
Dall'incrocio della dimensione dell'impatto ambientale con la misura della tendenza green dei flussi di input ed output aziendali, si ottiene un buon posizionamento dell'industria della gomma e plastica, ma anche per i settori pelli, concia, cuoio e simili, macchine e appar. elettriche ed ottiche, mezzi di trasporto, altre industrie manifatturiere (gioielleria, art. sportivi) e tessili e abbigliamento.
In generale, in base a questa classificazione nazionale dei settori manifatturieri, le imprese venete che rientrerebbero in una dimensione abbastanza buona sia dal punto di vista della pressione ambientale che della propensione alla sostenibilità rappresenterebbero il 62,1% delle imprese venete
(Nota 26).
(Figura 3.4.3)
I bandi regionali
(Nota 27) Così come il tema dello sviluppo sostenibile è attualmente in cima all'agenda politica europea, in questi anni, la Regione del Veneto ha attivato varie misure volte, da un lato a sostenere le imprese che attuano processi di crescita e di innovazione e, dall'altro, a favorire l'accesso al mondo lavorativo di categorie della popolazione svantaggiate, quali donne e giovani.
A fine 2010, nel campo dell'innovazione, è stato approvato nell'ambito del POR 2007-2013 - Azione 1.1.4, un bando con risorse finanziarie comunitarie e regionali per un importo complessivo di euro 5.867.100,00, per la concessione di contributi per i servizi di consulenza finalizzati all'ottenimento di varie certificazioni da parte delle PMI. In particolare tra queste si evidenziano le certificazioni relative alla sostenibilità ambientale:
- UNI EN CEI 16001:2009 - sistema di gestione per l'energia (SGE), che rappresenta uno standard europeo che definisce azioni di miglioramento continuo verso il risparmio energetico;
- ISO 14001:2004 - norma accettata a livello internazionale che definisce le modalità per predisporre un sistema di gestione ambientale efficace, ossia progettata per affrontare il delicato equilibrio tra il mantenimento del profitto e la riduzione dell'impatto ambientale. A livello europeo con regolamento CEE n. 1221/2009 EMAS III, si definisce un sistema di certificazione che riconosce il raggiungimento di risultati di eccellenza nel miglioramento ambientale;
- ECOLABEL, che rappresenta il marchio europeo di qualità ecologica che premia i prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambientale.
Nel contesto della responsabilità sociale, il bando succitato ha previsto inoltre la certificazione SA 8000:2008, accettata a livello internazionale, consistente nel riconoscimento etico e sociale di un'impresa, relativamente al rispetto dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori e le garanzie di sicurezza e di salubrità sul posto di lavoro.
Nell'ambito della sostenibilità è annoverabile anche la certificazione OHSAS 18001:2007, strumento organizzativo che consente di gestire in modo organico e sistematico la sicurezza dei lavoratori senza sconvolgere la struttura organizzativa aziendale.
La risposta della realtà produttiva veneta al bando è stata molto positiva, con un risultato di 1.700 domande pervenute e con una quantificazione media presunta di contributo concedibile, pari a euro 6.500, a fronte di una spesa media per singolo progetto pari a euro 13.000.
METAS "Metadistretto dell'Ambiente per lo sviluppo sostenibile"
(Nota 28) Tra i meta distretti veneti che rispondono ai requisiti della L.R. n. 8 del 4 aprile 2003 (e successive modifiche ai sensi della L.R. n. 5 del 16 marzo 2006), troviamo Metas, il Metadistretto dell'Ambiente per lo sviluppo sostenibile. L'idea di realizzare un Metadistretto dell'Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile nasce dal Centro Interdipartimentale I.D.E.A.S. e dal Parco Scientifico Tecnologico (PST) VEGA di Venezia. Si ricorda che il Centro Interdipartimentale per l'analisi delle Interazioni Dinamiche tra Economia, Ambiente e Società (I.D.E.A.S.) fu istituito nel 2002 dall'Università Ca' Foscari di Venezia, dove, nel 1989, si creò il primo corso di laurea in Italia in Scienze Ambientali per promuovere, realizzare e coordinare attività di formazione avanzata e di ricerca interdisciplinare. In realtà l'attenzione alle problematiche ambientali, riferito allo sviluppo industriale era nata già nel 1971 con l'istituzione presso l'università di Ca'Foscari del primo corso di chimica della polluzione atmosferica delle acque precursore della contemporanea chimica ambientale. VEGA, il più grande parco scientifico italiano e tra i più importanti Parchi Scientifici e Tecnologici a livello internazionale, opera da oltre dieci anni per la promozione e lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica applicata alle imprese e al territorio.
Scopo del Metadistretto è la creazione di una forte interrelazione tra gli operatori del settore, i quali metteranno a disposizione la loro esperienza specifica e le loro capacità per una politica integrata, rivolta alla salvaguardia e alla qualità dell'ambiente nel proprio territorio e alla sostenibilità, sia delle produzioni sia dei servizi.
Il Patto Metadistrettuale presentato nel 2008 fornisce alcune informazioni, datate 2007, sulla filiera delle imprese, che si occupano a vario titolo di ambiente. Complessivamente si tratta di quasi 2.000 aziende operanti che impiegano circa 40.000 addetti ed hanno un volume d'affari stimato in 21 miliardi di euro. Le aziende aderenti al Metadistretto sono 400 e coinvolgono quasi 17.000 addetti per un volume d'affari stimato in 4,5 miliardi di euro.
Nel Patto di distretto si sostiene che il Metadistretto Veneto dell'Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile rappresenti un distretto atipico rispetto ai distretti produttivi classici: individuare la sua filiera e le imprese che si occupano di ambiente in modo restrittivo solo in base ai codici ISTAT, senza una concreta valutazione della specifica attività condotta e dei suoi impatti sull'ambiente, sarebbe infatti apparso assai riduttivo e fuorviante.
"Diversi esempi si possono portare a giustificazione di quanto sopra menzionato, registrati durate i mesi di lavoro e di studio per la realizzazione del Patto qui proposto. Abbiamo infatti riscontrato e conosciuto eccellenze, che attraverso l'asettica analisi formale non sarebbero emersi: ad esempio alcune imprese legate ai settori della cosmetica, piuttosto che alla cartotecnica, le quali devono rientrare a pieno titolo nel settore ambientale, visto che la loro produzione è costituita da prodotti ecocompatibili, che contribuiscono alla salvaguardia dell'ambiente. Il censimento quantitativo della filiera, talvolta restrittivo e rigido, costituisce tuttavia una base di partenza imprescindibile per stimare il peso economico (volume di fatturato, valore aggiunto, ecc.) e sociale (numero di addetti, ecc.) del comparto ambientale"
(Nota 29).
La filiera regionale di METAS comprendeva aziende distribuite in tutte le province del Veneto con una maggiore concentrazione a Venezia (23%) e a Padova (16%) e con un numero maggiore di imprese (oltre il 50%) operanti nella produzione e lavorazione delle risorse naturali ambientali (selvicoltura, prodotti legnosi, ecc.) e degli scarti (rifiuti). Il volume d'affari registrato ha una maggiore concentrazione a Venezia con il 23% e a Verona con il 17%. Per quanto concerne gli addetti della filiera, questi risultano complessivamente concentrati principalmente nelle aziende della provincia di Venezia (36%) e Vicenza (33%).