Capitolo 12

Il ruolo chiave della scuola nella sostenibilità sociale

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12.1 Agire europeo, pensando italiano

A partire dall'ultimo decennio del secolo scorso le economie e il modus vivendi di gran parte delle popolazioni cominciano a trasformarsi per effetto di due grandi evoluzioni: la globalizzazione e la rivoluzione tecnologica di cui ha beneficiato in particolar modo l'economia USA, migliorando in efficienza e produttività.
Di conseguenza i leader politici europei, riunitisi a Lisbona nel marzo 2000, nel definire le priorità per un'Unione europea competitiva nei confronti degli USA e degli altri grandi protagonisti mondiali, stabiliscono l'obiettivo strategico di "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". 
Per poter raggiungere tale obiettivo individuano la necessità di adottare una strategia globale di intervento con azioni coordinate e integrate in campo economico e sociale; in particolare, riconoscono come per sostenere l'economia sia indispensabile modernizzare il modello sociale europeo, investendo nelle persone e combattendo l'esclusione sociale.
Nonostante siano visibili i numerosi obiettivi raggiunti con le politiche individuate attraverso la Strategia di Lisbona 2000/2010, molti progressi sono stati neutralizzati dalla crisi degli ultimi anni. L'Unione europea è quindi chiamata nuovamente a definire una strategia, Europa 2020, per i prossimi dieci anni per combattere gli effetti della crisi e rilanciare il sistema economico.
A tal fine nella strategia Europa 2020, come si evince dalla Comunicazione della Commissione Europa 2020 - Bruxelles, 3.3.2010, si individuano tre motori di crescita, da mettere in atto mediante azioni concrete a livello europeo e nazionale: tra questi la crescita intelligente, mirata allo sviluppo di un'economia basata sulla conoscenza e l'innovazione. In concomitanza, come per la Strategia di Lisbona, vengono quindi fissati anche dei target da raggiungere nel decennio.
Si ribadisce il ruolo fondamentale dei sistemi di istruzione e di formazione e il miglioramento della qualità di essi, così da garantire maggiori benefici e possibilità ai giovani, e non solo, nella prospettiva di migliorare il livello della qualità dell'occupazione e l'inclusione sociale. In questo senso, tra le azioni da intraprendere sono considerate prioritarie: combattere l'abbandono scolastico prematuro, che deve ridursi al 10% entro il 2020, e innalzare la quota di giovani 30-34enni laureati ad almeno il 40% in questi dieci anni.
Nel 2009 in Italia l'abbandono scolastico prematuro, ossia la percentuale di giovani in età 18-24 anni con titolo di studio inferiore al diploma superiore e che non frequenta altri corsi scolastici o svolge attività formative superiori ai 2 anni, è pari al 19,2% contro il 25,1% rilevato nel 2000, ma ancora distante dal dato registrato per l'Unione europea pari al 14,4%. Le condizioni peggiori si rilevano a Malta (36,8%), mentre la situazione più favorevole si registra in Slovacchia con un tasso pari già al 4,9%.
Rispetto alla media nazionale, minore la quota di abbandoni in Veneto che registra un valore del 17%, oltre un punto percentuale in meno rispetto al dato del 2004, ma ancora molto bassa la percentuale di giovani laureati, appena il 17,3% dei 30-34enni contro il dato dell'UE27 pari al 32,3%. Nel confronto regionale spicca il Lazio con la quota più bassa di giovani che troppo presto lasciano gli studi (11,2%) e una percentuale più consistente di laureati 30-34enni (25,6%); viceversa Campania, Puglia e Sicilia presentano i risultati peggiori.
E' il caso di sottolineare che a fronte di paesi europei che hanno già raggiunto gli obiettivi indicati dalla strategia o di altri che si avvicinano di molto, le regioni italiane partono da livelli più bassi tali per cui il governo italiano ha riflettuto su quali potessero essere i target più realistici per l'Italia da raggiungere entro il 2020; a tal fine hanno deciso che gli obiettivi italiani da perseguire siano di raggiungere il 26-27% per l'istruzione terziaria e il 15-16% per gli abbandoni scolastici. (Figura 12.1.1)
In questo scenario si inserisce la riforma del sistema universitario italiano entrata in vigore nel gennaio 2011 (Nota 1), che mira a evitare gli sprechi, di soldi e di risorse, nelle università e punta ad una governance secondo criteri meritocratici e di trasparenza. La riforma prevede la possibilità di fusione fra università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, al fine di ridurre i costi e aumentare la qualità della didattica e della ricerca. Una riforma, quindi, che, secondo il ministro Gelmini, manterrebbe il nostro paese al passo con l'Europa.

Figura 12.1.1

Tasso di abbandono prematuro scolastico e quota di popolazione in età 30-34 anni laureata. Paesi dell'UE27 e Veneto - Anno 2009
 
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12.2 Giovani: energia rinnovabile da sostenere con pari opportunità educative

La sostenibilità del sistema educativo è uno dei principali strumenti per garantire la coesione sociale, nonché prospettare ad ogni ragazzo un futuro a misura delle proprie peculiarità.
In questo scenario, il compito della scuola è prevenire le potenziali cause di irregolarità di percorso degli studenti, di garantire servizi e didattica di qualità e lavorare sulle motivazioni e il clima attorno ad essi; questi obiettivi permettono di non sprecare inutilmente il tempo e le risorse che gli studenti impiegano nell'istruzione e prevengono l'insorgere di fenomeni di stress e insoddisfazione nei confronti della scuola e in futuro, quindi, del mondo lavorativo.
Le giovani generazioni rappresentano l'energia rinnovabile e di rinnovamento per costruire il futuro della nostra società; ci si attende da loro, quindi, che si formino al fine di ricoprire ruoli attivi nella società e nel lavoro, garantendo il naturale avvicendamento con le generazioni precedenti.
Di conseguenza assumono ruoli di spicco le scelte formative che gli studenti compiono dopo il percorso scolastico dell'obbligo comune, ovvero dopo le scuole medie; come si vedrà di seguito, infatti, la scelta del percorso influisce fortemente anche sulla dispersione scolastica e sugli esiti educativi.
Eliminare le disparità presenti nei percorsi scolastici superiori, rendere la scuola più uniforme e accessibile e garantire a tutti gli studenti pari opportunità indipendentemente dalla provenienza, sono elementi fondamenti dello sviluppo sostenibile.
L'influenza dello status sociale: nascita o talento?
Con il termine "status sociale" si intende la posizione che un individuo occupa nella società in relazione agli altri individui: esso è determinato da diversi fattori, come il possesso di beni materiali, la posizione occupazionale, l'accesso alle risorse economiche, la cultura e il prestigio sociale.
Il sistema educativo, al fine di seguire i principi costituzionali, si è sempre più spostato verso un modello che permettesse a tutti gli studenti di raggiungere gli obiettivi educativi e di formazione, in base unicamente alle proprie capacità e non alle caratteristiche della famiglia di origine.
Tuttavia, in un recente studio, l'OCSE (Nota 2) ha analizzato l'influenza della famiglia d'origine rispetto alle scelte educative, ai risultati scolastici e lavorativi. Ne emerge un'Italia che fatica a crescere, che non riesce a slegare i risultati ottenuti dai figli da quelli ottenuti dai genitori: i figli di genitori laureati hanno il 50% di probabilità in più degli altri di laurearsi, mentre i figli di genitori poco istruiti hanno circa il 45% di probabilità in più di non ottenere un diploma di scuola superiore. Queste differenze permangono poi nel mercato del lavoro: i figli di padri laureati hanno in media un reddito superiore del 50% rispetto ai figli di padri con un'educazione inferiore. A questo va aggiunto che il 40% del vantaggio economico di una persona ben retribuita rispetto ad un'altra meno retribuita si trasmette da padre in figlio. Infine, osservando le differenze fra i paesi Ocse, l'Italia è fra quelli in cui la mobilità intergenerazionale è meno vivace, dove i figli hanno più difficoltà a liberarsi del bagaglio lasciato in eredità dai genitori e dove nascere in determinati ambienti fa ancora la differenza.
Provenire da famiglie più agiate con lavori meglio retribuiti e titoli di studio più elevati rappresenta un indubbio vantaggio per il futuro lavorativo dei giovani, anche se ciò non è del tutto legato al raggiungimento di alti livelli cognitivi: in Italia, lo status sociale influenza poco i risultati scolastici, a differenza di altri paesi. Secondo l'indagine internazionale PISA (Programme for International Student Assessment), promossa e condotta dall'OCSE, nel 2006, a livello OCSE, il punteggio medio ottenuto in scienze, in lettura e in matematica dagli studenti quindicenni i cui genitori svolgono lavori medio alti è superiore del 16% rispetto al punteggio degli altri studenti. Anche in Italia si possono osservare queste differenze, nonostante gli scarti fra i due gruppi di studenti siano più limitati: la differenza si ferma a +11%. Volendo stendere una graduatoria degli stati dove il lavoro dei genitori influenza di più il rendimento scolastico dei figli, troviamo al primo posto la Francia, seguita da Germania e Portogallo; l'Italia si colloca in penultima posizione, seguita solo dalla Corea.

Dimmi da dove vieni e ti dirò dove andrai...

Il background familiare influenza molto la scelta del percorso da intraprendere al termine della scuola media. Dai dati dell'indagine del 2007 sui percorsi di studio e di lavoro dei diplomati del 2004 condotta da Istat, è stato possibile costruire un indicatore sintetico basato sul titolo di studio del padre e della madre e sul lavoro da essi svolto (Nota 3). Da qui ne deriva che, in Veneto, il 35% dei diplomati proviene da famiglie con "background di basso livello", il 32% da famiglie con "background di medio livello" e il rimanente 33% da famiglie con "background di alto livello", valori in linea con la media nazionale.
All'aumentare dell'indicatore di background familiare, e quindi all'aumentare del titolo di studio dei genitori e della loro posizione professionale, diminuisce la percentuale di giovani che scelgono una scuola professionale o tecnica e aumenta parallelamente la preferenza verso i licei; in Veneto, i giovani che provengono da famiglie con bassi profili scelgono per il 33% una scuola professionale (in Italia il 27%), per il 49% un istituto tecnico (stessa percentuale in Italia) e solo per il 14% un liceo (21% in Italia). Per i veneti che hanno alle spalle famiglie con profili più alti, in linea con il dato italiano, la percentuale di chi sceglie un liceo raggiunge il 60%; solo il 7% sceglie un professionale. (Figura 12.2.1)
Ne consegue che gli istituti professionali sono frequentati soprattutto da ragazzi meno agiati: fra tutti gli iscritti alle professionali, ben il 58% proviene da famiglie di profilo sociale basso; viceversa nei licei si iscrivono per il 56,5% dei casi ragazzi con genitori che hanno titoli di studio e professioni più alte.
L'influenza della famiglia d'origine risulta ancora più accentuata se si analizzano le differenze alla luce del voto di licenza media: in sintesi, si può affermare che i ragazzi più studiosi (quelli che escono dalla scuola media con distinto - ottimo) si iscrivono ad un istituto tecnico se provengono da famiglie con status medio basso, ad un liceo se provengono da famiglie con status medio alto. D'altra parte, i ragazzi che, invece, hanno incontrato qualche difficoltà in più (ossia quelli che escono dalla scuola media con sufficiente - buono), continueranno iscrivendosi ad un liceo, se provengono da famiglie di livello medio alto, mentre sceglieranno un istituto professionale o al più un istituto tecnico se il loro status sociale è medio basso.

L'influenza di mamma e papà fra scuola e lavoro

Le differenze non si esauriscono con il conseguimento del diploma di scuola superiore, ma permangono negli anni a seguire, anche nella scelta fra lavoro e università. Indipendentemente dal tipo di scuola frequentata e dai risultati conseguiti, i ragazzi con famiglie di basso profilo intraprendono per lo più un percorso lavorativo, i ragazzi con famiglie di alto profilo, invece, un percorso universitario.
In dettaglio, scelgono di andare a lavorare la maggioranza dei ragazzi con un diploma professionale, in misura minore però quelli che vengono da famiglie agiate, mentre i giovani liceali proseguono l'università (o studiano e lavorano) per il 90% dei casi nella fascia di alto background e per il 77% in quella più bassa. Ma gli scarti si fanno più evidenti analizzando gli istituti tecnici: in media, fra i giovani con un alto background, il 55% prosegue gli studi, percentuale che scende progressivamente fino ad arrivare al 27% fra i ragazzi con profili familiari più bassi. (Figura 12.2.2)
L'influenza dello status familiare sulle scelte di percorsi, sugli esiti e sugli sbocchi post diploma è ancora notevole. Occorre lavorare sulla realizzazione in tempi brevi di una politica di riequilibrio delle opportunità educative offerte ai giovani, orientata più ai talenti che alla nascita. E' necessaria un'azione educativa e di orientamento che garantisca stimoli differenziati, investendo maggiormente sui soggetti più deboli, quelli che non possono contare sulle risorse culturali della famiglia; infine, occorre una maggiore solidarietà sociale, orientata a sostenere anche sul piano economico le famiglie che non possono permettersi percorsi di studio troppo lunghi per i propri figli.
Le diverse opportunità offerte dalle scuole
Riuscire a garantire ad ogni studente la possibilità di svolgere il percorso di istruzione superiore più consono ai suoi talenti ed interessi, garantendo, indipendentemente dalla scelta di percorso, il raggiungimento degli obiettivi su conoscenze ed acquisizione di abilità per la vita, significa mettere tutti i ragazzi sullo stesso piano.

Un buon orientamento oggi per un domani più sostenibile

La scelta della scuola superiore è una scelta importante che influenza il percorso di vita del ragazzo e un orientamento sbagliato può portare già al primo anno a risultati insoddisfacenti. Ma la dispersione scolastica può essere generata anche da una scuola poco efficace, non incentrata sui talenti dei ragazzi; l'insuccesso è un'esperienza di fallimento comune a molti giovani, che indubbiamente influisce, spesso negativamente, anche sulle aspettative, sulle motivazioni e sulle scelte di formazione future. Occorre fornire ai ragazzi un orientamento continuo nonché graduali e personalizzati processi di stimolazione all'apprendimento al fine di ottenere migliori risultati.
Nell'anno scolastico 2006/07, in Veneto più del 38% delle interruzioni scolastiche nelle scuole secondarie di secondo grado si verifica al primo anno di studi, con un picco per la provincia di Padova dove tale quota raggiunge il 42,6%. Le interruzioni al primo anno rappresentano nella nostra regione il 3,6% delle iscrizioni all'anno stesso, con una forte variabilità territoriale: se per la provincia di Treviso le interruzioni sono il 2,4% delle iscrizioni, queste salgono ad oltre il 5% a Padova.
Negli ultimi cinque anni, inoltre, la quota di ripetenti sugli iscritti al primo in Veneto è in crescita: si passa dall'8,4% del 2004/05 al 10,2% del 2008/09 (Italia 10,3%). Ma la situazione è diversa a seconda della scuola scelta: si passa dal 6,7% di bocciati che ripetono l'anno ai licei al 13,4% degli istituti professionali, segnale anche di dinamiche selettive diverse.
Nel 2007, alla fine del primo anno di scuola superiore, il 7,5% degli studenti della nostra regione abbandona, il quarto valore più basso nella graduatoria regionale, contro il dato nazionale pari all'11,4%; prima in classifica l'Umbria con il 5%, mentre la regione che registra il valore più alto è la Sicilia con quasi il 16%.

Scuola e ragazzi: da chi dipende il successo?

Dare risposte efficaci alle difficoltà che i ragazzi possono incontrare durante il loro percorso nella scuola secondaria superiore significa prevenire le situazioni di insuccesso che si possono manifestare durante il cammino scolastico, ma anche nella vita e successivamente nel lavoro.
La scuola va, infatti, intesa come un percorso continuo per meglio comprendere sé stessi: la consapevolezza delle proprie attitudini ed aspettative matura durante lo svolgimento del tragitto scolastico di ognuno, conoscendo progressivamente tanto le materie di studio, quanto i propri interessi, talenti e conseguenti aspettative.
Parlare, quindi, delle diverse tipologie scolastiche in base ai percorsi degli studenti che le scelgono, diventa un imperativo per riuscire a comprendere una parte essenziale di quel complesso meccanismo che è la scuola e riuscire così a fare delle scelte di politica e di strategia scolastica più consapevoli e mirate.
Garantire ai ragazzi uguali opportunità a seconda del percorso scolastico scelto significa caratterizzare la scuola in funzione sia dei bisogni della società e del mercato del lavoro che dei giovani che la frequentano, garantendo a tutti la possibilità di un posto ed uno stile di vita futuro sostenibile nella società.
In complesso, il successo scolastico in Veneto è maggiore rispetto a quello medio nazionale: il 74,3% degli iscritti al primo anno raggiunge il diploma di maturità contro il dato italiano minore del 71%. Ma le cose cambiano a seconda della scuola scelta: se da un lato si ha che l'83% di iscritti al primo anno nei licei si diploma, o il 76,3% per gli istituti tecnici, dall'altra sono appena il 58,4% quelli degli istituti professionali. Simili i dati per l'Italia, con un picco negativo però del 48,4% per gli istituti professionali. Evidente, quindi, lo squilibrio tra le scuole a carattere professionale e le altre tipologie scolastiche: nelle prime, infatti, il meccanismo selettivo, nel corso dei cinque anni, sembra molto più accentuato.
In dettaglio, sia per l'istruzione liceale che per quella tecnica lo scoglio più grande è rappresentato dal superamento del primo anno, mentre per gli istituti professionali si incontrano difficoltà sia all'inizio che a metà percorso, anche se bisogna considerare che una piccola quota di studenti ai professionali esce dopo il terzo anno con una qualifica.
Inoltre, nei licei veneti nel 2006/07 si registra quasi un terzo delle bocciature che si riscontrano negli istituti professionali, 6,9% i ragazzi non ammessi alla classe successiva ad un liceo contro il 18,2% rilevato negli istituti professionali. Sei ragazzi su dieci del liceo vengono promossi senza debiti, mentre questa quota scende a circa un ragazzo su tre per i professionali: in una impresa si direbbe "bassa produttività".
Le difficoltà riscontrate durante l'anno scolastico trovano spiegazione principalmente tramite l'analisi per materia studiata e la tipologia scolastica. Quasi due ragazzi su tre dei licei linguistici risultano insufficienti in lingua straniera; la matematica è, invece, la materia più ostica per gli studenti dei professionali (44,4% insufficienti) e dei tecnici (40,7%). I licei, i classici ancor più degli scientifici, presentano quote inferiori di insufficienze (per tutte le materie tra il 10% e il 30%), facendo riflettere sulla maggiore necessità di concentrare gli sforzi su un corretto orientamento per gli studenti delle scuole più professionalizzanti.
Infine, le distribuzioni dei diplomati per voto conseguito alla maturità presentano ulteriori differenze per tipo di scuola frequentata. Voti più alti per i liceali, oltre il 19% escono con un voto superiore a 91; viceversa circa il 47% degli iscritti agli istituti tecnici e il 52% agli istituti professionali si diplomano con i voti più bassi
In sintesi, la selezione per gli studenti delle scuole professionali appare troppo squilibrata in un'ottica di percorso formativo, poiché si tratta di quegli studenti che desiderano una formazione meno teorica, ma più tecnico/pratica, al fine di inserirsi al più presto nel mercato del lavoro rispetto ai coetanei dei licei e degli istituti tecnici, molto più orientati difatti ad un proseguimento universitario dopo le superiori. Oltre tutto, come si nota nel paragrafo relativo all'influenza dello status sociale, si tratta della scuola in prevalenza scelta da ragazzi appartenenti ai profili sociali più bassi. (Tabella 12.2.1)
L'accessibilità scolastica: opportunità e limiti
La capacità del territorio di programmare strutture e mezzi adeguati a rispondere alle esigenze che si manifestano nello stesso è la chiave della sostenibilità scolastica dal punto di vista dell'offerta.
In quest'ottica l'accessibilità scolastica, intesa come uniforme distribuzione delle scuole e degli iscritti sul territorio, è un primo passo verso un sistema scolastico orientato verso le pari opportunità; il problema legato alla lontananza dal luogo di studi è, infatti, uno dei limiti ancora da superare per avere una scuola superiore che possa dirsi realmente a portata di tutti. Si pensi a quanto influisca la distanza casa-scuola sulla scelta del percorso scolastico da seguire dei ragazzi.
Inoltre, il problema legato all'accessibilità alle strutture educative si intreccia con il concetto più ampio di sostenibilità sociale: dover accompagnare i figli a scuola per lunghi tragitti può essere, difatti, un limite sia per quanto riguarda i costi che per quanto riguarda il tempo e lo stress di cui le famiglie sono costrette a farsi carico.
A livello nazionale (Nota 4) si osserva che nel 2008 più di otto ragazzi su dieci usa un mezzo di trasporto per andare a scuola: si passa dall'81,3% per i 14-17enni all'86,8% per i 18-19enni. Il mezzo di trasporto più utilizzato è il pullman/corriere, quasi uno studente su tre; segue tram e bus, 21,2% per i 14-17enni e 22,1% per i 18-19enni, e l'uso dell'automobile come passeggero, 24,7% per i 14-17enni e 16,6% per i 18-19enni, quota quest'ultima più bassa considerata la percentuale di ragazzi che, con il conseguimento della patente, usano la macchina autonomamente (10,7%).
Più in voga tra i maschi moto, ciclomotori e biciclette, mentre le ragazze preferiscono essere accompagnate in auto.
Ne consegue che in media circa uno studente italiano su quattro, in età 14-17 anni, impiega più di mezz'ora per andare a scuola, spendendo almeno un'ora al giorno solo per lo spostamento; più alta, poi, tale quota per i 18-19enni, 29,3%. Infine, scende dal 40,3% al 30,1%, per le due classi di età, la quota di studenti che impiega meno di a 15 minuti.

La sostenibilità nella gestione della scuola

Sostenibile deve essere anche la gestione della scuola. Classi troppo affollate possono minare la qualità didattica. Nell'anno scolastico 2009/10 il numero medio di alunni per classe alle scuole statali, nella nostra regione, è pari a 22,3, con un massimo di 23 per le province di Verona e Vicenza, fino a scendere a 20 per Belluno.
Il numero medio di classi per scuola, statale o non statale, è di 19,8 nel 2008/09, quindi pari a quattro sezioni scolastiche da cinque anni per istituto; questa quota scende a 11,9 per Belluno (poco più di due sezioni per istituto) e sale a 24,2 per la provincia di Vicenza (quasi cinque sezioni per istituto).
Fondamentale poi la presenza degli insegnanti di sostegno che aiutano i ragazzi più in difficoltà a vivere la scuola come gli altri coetanei. Per l'anno scolastico 2009/2010, nelle scuole superiori del Veneto, si ha in media un docente di sostegno ogni 2,2 ragazzi con disabilità, passando da uno ogni 1,9 ragazzi disabili per Treviso a uno ogni 2,5 per Verona. (Tabella 12.2.2)

Meno confini tra i banchi di scuola: stranieri più integrati

Un sistema scolastico che sappia leggere i cambiamenti come opportunità per rinnovare e rinnovarsi, come occasioni di sfida per testare le proprie capacità educative e sociali, e che garantisca equità nell'accesso all'istruzione e alla formazione a tutti i cittadini, è un sistema sostenibile.
Negli ultimi trent'anni, il nostro Paese è stato protagonista di forti fenomeni di migrazioni da parte degli stranieri, stabilitisi e integratisi nelle nostre comunità. Ciò ha portato in meno di dieci anni a far aumentare significativamente la quota dei nati da genitori stranieri e di conseguenza la quota di studenti stranieri nelle scuole del Veneto, divenendo così una delle principali realtà territoriali per quanto concerne il fenomeno dell'incidenza di stranieri nel sistema educativo.
In particolare, un indice chiave dell'integrazione dei ragazzi di cittadinanza straniera nel sistema scolastico è la quota di iscritti alle superiori, primo vero momento di scelta formativa.
La percentuale di alunni stranieri sulla popolazione scolastica delle superiori è aumentata di quasi sette volte dall'anno scolastico 2000/01 all'anno 2008/09, portandosi dallo 0,9% al 6,9%; simile, anche se meno marcata, la tendenza per l'Italia, che passa dallo 0,7% per il 2000/01 al 4,8% per il 2008/09. (Figura 12.2.3)
Nell'a.s. 2008/09, considerando il totale di alunni stranieri in tutti gli ordini di scuole, la cittadinanza più rappresentativa è quella romena, 15,2% del totale degli stranieri, segue la marocchina (14,7%) e l'albanese (11,3%).
Quasi il 44% degli studenti stranieri si iscrivono ad un istituto professionale e il 41% ad un istituto tecnico; gli stranieri sono più rivolti a lavori a carattere prettamente tecnico o manuale da spendere al più presto nel mercato lavorativo; solo il 13% di questi, infatti, frequenta un liceo. Parallelamente si può osservare come l'incidenza degli studenti di nazionalità non italiana, rispetto al totale degli iscritti, sia molto più spiccata negli istituti professionali (13,6%) e nei tecnici (7,7%), piuttosto che nei licei (2,4%). (Figura 12.2.4)
La sostenibilità relazionale e motivazionale
Sostenibilità in ambito scolastico è anche il soddisfacimento delle esigenze scolastiche presenti, senza compromettere la possibilità dei futuri studenti di sopperire alle proprie (Nota 5). Ciò non si lega unicamente alle esigenze contingenti degli studenti, connesse all'apprendimento cognitivo, ma anche alla capacità di instillare nelle giovani generazioni la consapevolezza dell'importanza del rispetto per la propria persona e per tutti gli altri individui e alla capacità di sviluppare in maniera libera ed autonoma i propri talenti ed aspirazioni, per potersi realizzare in futuro nel lavoro e nella vita.
Permettere lo sviluppo nei ragazzi di una coscienza critica consentirà loro di essere in grado di effettuare scelte efficaci e più sostenibili, auto-orientandosi ed auto-educandosi in maniera permanente, valore aggiunto per una società più competitiva; risulta necessario creare, quindi, il clima giusto per favorire lo studio e accrescere le motivazioni, limitando inoltre situazioni di tensione o disagio, che tendono, per loro natura, a limitare gli studenti anche dal lato dell'apprendimento cognitivo e motivazionale.

Relazioni difficili: un limite per l'apprendimento

La scuola è un luogo di socializzazione, dove i ragazzi sperimentano, in piccolo, la vita comunitaria adulta e trovano un loro spazio di interazione sociale nella comunità di pari; talvolta purtroppo fenomeni come il bullismo rischiano di minare questi obiettivi, creando situazioni di ansia e disagio nei ragazzi.
Dall'indagine dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, denominata HBSC (Health Behaviour in School-aged Children), si ricavano anche alcuni dati significativi relativi al fenomeno del bullismo (Nota 6). In Veneto, nel 2006, più di uno studente quindicenne su quattro ha partecipato, nei due mesi precedenti alla rilevazione, almeno una volta ad atti di bullismo verso un compagno; quota che scende all'8,2% se si considerano gli atti di bullismo recidivi (due o più volte nei due mesi precedenti). Il 15,4% dei quindicenni ha, invece, subito, nei due mesi precedenti, almeno una volta un atto di bullismo a scuola, mentre sono il 3,5% le vittime abituali.
La maggior parte dei bulli in Veneto sono maschi e questo è sempre più vero al crescere dell'età: il divario tra bulli maschi e femmine aumenta sensibilmente, tanto per gli occasionali che per quelli recidivi (quasi quindici punti percentuali di scarto per i quindicenni).
Venezia è la provincia dove il fenomeno dello "spalleggiamento" tra bulli è più alto: infatti, in questo territorio per ogni vittima si hanno in media ben 3,6 bulli, evidenziando come questi siano per i giovani veneziani comportamenti di gruppo reiterati. Caso opposto Belluno, dove gli atti di bullismo sono per la quasi totalità un'unica relazione tra aggressore e vittima; la media regionale si attesta a quota 2,3.
Volendo poi vedere quanti tra gli studenti quindicenni veneti dichiara di aver consumato droghe come ecstasy, cocaina e LSD i risultati non confortano: a Rovigo, già a quindici anni, oltre sei studenti su cento dichiarano di aver consumato cocaina, il 5,5% di aver preso Ecstasy e il 3% LSD.
Anche solo visualizzando i dati per la media regionale salta all'occhio come sia un'impresa ardua conciliare un uso così elevato di sostanze e un corretto sviluppo cognitivo e psico-sociale degli stessi. (Tabella 12.2.3)

Veneti più soddisfatti della scuola

Secondo i dati dell'indagine Istat del 2007 sui diplomati che hanno conseguito il diploma tre anni prima, è possibile valutare il loro grado di soddisfazione per l'esperienza scolastica vissuta. Si tratta di un giudizio tendenzialmente positivo, tanto per la nostra regione quanto per la media italiana: buoni i rapporti intrattenuti con gli insegnanti, le loro capacità professionali e i contenuti degli studi effettuati. In tutti i casi la quota di ragazzi soddisfatti supera l'80% dei diplomati.
Gli studenti più soddisfatti in Veneto sono quelli che hanno frequentato un istituto tecnico, seguono gli ex-liceali, ultimi quindi quelli con un diploma professionale. In dettaglio, gli ex studenti dei licei si mostrano più contenti rispetto agli altri sui contenuti degli studi effettuati, i tecnici delle loro strutture scolastiche, mentre gli allievi delle professionali del rapporto stabilito con gli insegnati.
Confrontando i dati veneti con quelli medi nazionali, le maggiori differenze si trovano nel giudizio rispetto alle strutture scolastiche in cui hanno studiato: in particolare, i veneti usciti dagli istituti tecnici sono soddisfatti per circa il 74% dei casi contro il 60,5% degli italiani. (Figura 12.2.5)
Infine, i diplomati veneti che a tre anni dalla maturità lavorano, valutano più positivamente l'utilizzo nel loro impiego delle conoscenze acquisite alla scuola superiore: il Veneto, infatti, è la seconda regione per livelli di soddisfazione più alti (66,1% i soddisfatti: 64,4% i maschi e 68,2% le femmine). Al vertice il Trentino Alto Adige (circa il 72%), ultima in classifica invece la Sicilia con meno del 56%.

Figura 12.2.1

Distribuzione percentuale di diplomati del 2004 e intervistati nel 2007 per scelta di scuola superiore e background familiare. Veneto e Italia

Figura 12.2.2

Distribuzione percentuale dei diplomati nel 2004 per condizione occupazionale nel 2007 e background familiare. Veneto

Tabella 12.2.1

Differenze nei percorsi scolastici nelle scuole secondarie di II grado per tipologia scolastica. Veneto

Tabella 12.2.2

Differenze territoriali nell'offerta scolastica per provincia. Veneto - A.s. 2009/2010

Figura 12.2.3

Percentuale di studenti con cittadinanza non italiana sul totale degli alunni nelle scuole secondarie di II grado. Veneto e Italia - A.s. 2000/01:2008/09

Figura 12.2.4

Percentuale di studenti di scuole secondarie di II grado con cittadinanza non italiana sul totale degli studenti per tipologia scolastica. Veneto - A.s. 2008/09

Tabella 12.2.3

Percentuale di studenti quindicenni con comportamenti devianti per provincia. Veneto - Anno 2006

Figura 12.2.5

Percentuale di diplomati del 2004 che nel 2007 si dichiarano soddisfatti relativamente ad alcuni aspetti dell'esperienza scolastica per sesso . Veneto e Italia
 
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12.3 Stili di vita più sostenibili per cittadini più preparati

In una società competitiva come la nostra diventa sempre più necessario possedere una preparazione di base adeguata: le persone meno qualificate si trovano poi in condizioni più disagiate nella formazione lungo l'arco della vita, nei confronti delle possibilità occupazionali e corrono più rischi di rimanere emarginate.
Partendo da questi presupposti si sono fissati quindi, dapprima con la strategia di Lisbona e a seguire con Europa 2020, degli standard di riferimento che ogni Paese è tenuto a sforzarsi di raggiungere, al fine di garantire uno sviluppo degli individui equilibrato in ogni Paese.
Giovani più competenti: fondamenta del Paese
Tra gli obiettivi strategici europei, vi è la volontà di migliorare le competenze di base nella lettura, nella matematica e nelle scienze, componenti strutturali per "imparare ad imparare" e che consentono alla persona di acquisire quelle abilità chiave utili per un'autonomia nell'apprendimento e per migliori possibilità nel campo lavorativo. A tal fine è stato fissato il target europeo che la quota di alunni aventi risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze scenda al di sotto del 15 % entro il 2020.
L'indagine internazionale PISA (Programme for International Student Assessment), promossa e condotta dall'OCSE, consente di verificare in quale misura i giovani quindicenni scolarizzati abbiano acquisito queste competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società e per continuare ad apprendere per tutta la vita. Per far ciò si prefigge di valutare periodicamente, ogni tre anni, le competenze di tali studenti, ovunque essi si trovino, senza distinzione di tipo di scuola o di classe frequentata, nelle tre aree appunto della lettura, della matematica e delle scienze. I risultati ottenuti dagli alunni sono classificati sulla base di scale di competenza articolate in vari livelli a seconda della difficoltà superata.
Si tratta di un'indagine di tipo campionario e nel 2009 il campione italiano è costituito da 1.097 scuole per un totale di quasi 31.000 studenti, a rappresentare una popolazione di oltre 539.000 quindicenni scolarizzati, mentre quello veneto è formato da 53 unità scolastiche per 1.577 studenti testati che rappresentano un po' più di 40.000 studenti quindicenni della regione.
Nel 2009, per la prima volta, il campione italiano è rappresentativo di tutte le regioni e delle due province autonome di Trento e Bolzano, e all'interno delle singole regioni/province sono presentati tutti i tipi di scuola: licei, istituti tecnici, Istituti professionali, scuole secondarie di primo grado e la formazione professionale. In merito alla formazione professionale, come si evince dal Rapporto Nazionale PISA 2009 dell'Invalsi, occorre specificare che non è stato possibile ottenere i dati da tutte le regioni; pertanto, per le regioni che non hanno fornito tali dati, il confronto con le altre regioni/province va effettuato con cautela (Nota 7). Inoltre, occorre fare attenzione anche al confronto con le indagini effettuate nelle passate edizioni poiché la formazione professionale è presente soltanto a partire dal 2006.

Veneto, già negli standard europei

La maggioranza assoluta degli studenti veneti nel 2009 supera di molto il punteggio "sufficiente" in tutte le tre specifiche competenze; l'istruzione veneta ottiene dunque risultati soddisfacenti, in quanto è meno marcata la quota di studenti con scarse competenze nei tre ambiti valutati, mentre la percentuale dei ragazzi con preparazione di livello medio-alto risulta maggiore della media italiana.
Il 12,8% dei quindicenni veneti, infatti, raggiunge i livelli più alti di competenze in matematica, il 7,4% in lettura e il 9,0% in scienze.
Il Veneto raggiunge già anche l'obiettivo europeo che la quota di alunni aventi risultati insufficienti scenda al di sotto del 15 % entro il 2020 nel campo della lettura (sono, infatti, insufficienti il 14,5% dei quindicenni scolarizzati) e delle scienze (11,7%); poco distante anche nella competenza in matematica (15,9%). Lontano, invece, dagli obiettivi complessivamente l'Italia che registra quote sopra al 20% in tutti e tre gli ambiti; in particolare, forti sono le difficoltà in matematica dove il 25% dei quindicenni non raggiunge la sufficienza, tre punti percentuali al di sopra della media Ocse. (Figura 12.3.1)
Con l'intento di sintetizzare i risultati ottenuti nelle tre competenze con un unico valore numerico, al fine di meglio comprendere il livello cognitivo generale dei quindicenni e confrontare più facilmente le diverse realtà territoriali, si è fatta la media aritmetica dei punteggi ottenuti nelle tre scale (Nota 8).
Il Veneto raggiunge un punteggio medio di livello cognitivo pari a 510,5 (Italia 485,9), minore di qualche punto rispetto al 2006, ma in aumento rispetto il dato registrato nel 2000; punteggi migliori si riscontrano, a livello nazionale, solo per la Lombardia (521,0), il Friuli Venezia Giulia (515,7), la provincia di Trento (514,9) e la Valle d'Aosta (512,5). Nella classifica internazionale, al top la Finlandia con un punteggio pari a 543,5, mentre l'ultimo è il Messico con meno di 420 punti.

Licei in testa alle graduatorie

Sia a livello nazionale che in Veneto si registrano elevate disparità tra le tipologie scolastiche: i licei ottengono i punteggi più alti in tutte le competenze, distaccandosi largamente dagli altri tipi di formazione.
Più bassi i punteggi ottenuti dai ragazzi che frequentano gli istituti professionali; ancora una volta, come già visto nei paragrafi precedenti, si richiama l'attenzione sull'esigenza di una maggiore equità ed efficacia nell'offerta scolastica nei confronti dei ragazzi con aspettative ed attitudini di carattere più tecnico e professionale.
Infine, più bassi ancora i risultati conseguiti dai ragazzi che frequentano un corso di formazione professionale; in particolare, nel campo della lettura dove il punteggio medio ottenuto è nel Veneto pari a 403 e in Italia di 399. (Figura 12.3.2)

Scuole diverse uguale livelli cognitivi diversi

I punteggi ottenuti nei test di PISA sono, quindi, influenzati più dalle capacità acquisite da ogni singolo studente o dal contesto scolastico nel quale si trova inserito?
Per dare parziale risposta a questo quesito si ricorre ai valori relativi alla varianza (Nota 9) dei punteggi ottenuti in lettura tra studenti di scuole diverse e studenti della stessa scuola: più la varianza, che è una misura di variabilità, risulta elevata, maggiore è la differenza nei punteggi ottenuti dai quindicenni all'interno degli istituti o tra di essi. Di conseguenza dei punteggi molto differenti (varianza elevata) tra scuole indicano come il punteggio medio ottenuto sia influenzato dalla scuola che si frequenta, ovvero che vi sono scuole dove i ragazzi sembrano mediamente più preparati e scuole meno. Punteggi molto diversi all'interno della stessa scuola stanno, invece, a segnalare l'eterogeneità di risultato degli studenti entro la scuola.
Nel 2009, nel campo della lettura, l'Italia è il paese dove la varianza tra scuole è massima, mentre ottiene un valore per la varianza all'interno della stessa scuola piuttosto bassa rispetto alle altre realtà (23,5 su 100). Questo mette in luce come nel nostro Paese sembra esserci una grossa differenza, in termini di risultati in lettura, tra scuola e scuola, mentre è molto limitata tra studenti dello stesso istituto. Nel sistema scolastico italiano la preparazione in lettura dipende in misura maggiore dalla scelta della scuola, lasciando presagire come, probabilmente, la selezione degli studenti avvenga al momento della scelta di entrata nell'istituto.
Risultati simili si ottengono anche in Germania, Ungheria e Belgio, mentre i paesi del Nord-Europa e dell'Oceania mostrano una tendenza ad avere bassa variabilità nei punteggi di lettura tra scuole diverse, ma una spiccata diversità tra gli studenti dello stesso istituto. (Figura 12.3.3)
Persone più formate, persone al passo con lo sviluppo della società
Al di là di imparare fin da studente le competenze di base adeguate per non trovarsi, poi, in difficoltà nel mondo reale, è evidente che le sfide poste dai cambiamenti demografici e tecnologici e le mutevoli circostanze economiche e sociali esistenti, determinano la necessità di aggiornare e sviluppare periodicamente le competenze, secondo un approccio all'apprendimento che abbracci tutto l'arco della vita.
Apprendere durante tutto l'arco della vita, apprendere in tutte le esperienze di vita, crescere continuamente è essenziale non solo per la competitività, l'occupabilità e la prosperità economica, ma anche per l'inclusione sociale, la cittadinanza attiva e la realizzazione stessa delle persone. Gli stessi adulti, se potranno migliorare le loro competenze, saranno più motivati nel lavoro, con vantaggi sia per loro che a sostegno delle imprese. In tale scenario si inserisce l'obiettivo strategico europeo sull'aggiornamento e il miglioramento delle competenze degli adulti: fornire una formazione permanente ad almeno il 12,5% degli adulti in età 25-64 anni entro il 2010 e al 15% entro il 2020.
A livello europeo siamo lontani dal raggiungimento del target fissato, sebbene si rilevi un forte aumento della percentuale di popolazione 25-64 anni che frequenta un corso di studio o di formazione professionale: nel 2009 l'UE27 registra un valore pari al 9,2%, oltre il doppio di quello calcolato nel 2000. Buone le performance dei Paesi Nordici, primo fra tutti la Danimarca con un dato pari al 31,6%; basse, invece, le quote registrate nei Paesi dell'Est. Anche in Italia la situazione non è rosea: da anni si mantiene intorno al 6%. In linea con la media nazionale, la situazione del Veneto dove nel 2009 il 6,1% degli adulti si forma. Meno distante dal target europeo il Trentino Alto Adige che primeggia fra le regioni italiane con un valore pari all'8,3%. (Figura 12.3.4)
Analizzando tali dati, è certo l'impegno richiesto alla nostra regione, e ancora di più all'Italia, in termini di investimenti in formazione e di sensibilizzazione verso di essa, per sostenere la crescita della produttività e rispondere ai cambiamenti strutturali del mercato del lavoro attuale.
E' evidente il lavoro svolto dalla Regione del Veneto che, a fronte della difficile congiuntura economica, si è data subito da fare anche nel campo dell'istruzione e formazione. Tra le varie azioni intraprese, infatti, anche quelle tese al potenziamento del Sistema dell'Istruzione, favorendo l'integrazione con i Sistemi della Formazione e del Lavoro, rafforzando i rapporti di scambio e collaborazione fra i principali attori istituzionali pubblici e privati e garantendo la complementarietà tra politiche, nella prospettiva graduale della realizzazione di un apprendimento lungo tutto l'arco della vita (Nota 10).
Verso nuove competenze: la formazione si veste di verde
All'affermarsi sempre più deciso di economie orientate alla sostenibilità ambientale ne consegue una forza lavoro che deve disporre delle giuste competenze. L'offerta formativa si trova quindi a rispondere alle mutate esigenze e fornire un opportuno supporto ai nuovi fabbisogni emergenti di professionalità ambientali.
Dalle indagini censimentali sull'offerta formativa ambientale, realizzate annualmente dall'area di ricerca dell'Isfol Progetto Ambiente - Ifolamb, è possibile rilevare la situazione a livello nazionale considerando i settori della formazione professionale, i corsi universitari e i master. Si sottolinea che le indagini si sono concentrate su attività formative ambientali a carattere professionalizzante funzionali all'acquisizione di una specifica professionalità ambientale, alla riqualificazione, specializzazione e aggiornamento di professionalità già definite e all'educazione e all'apprendimento permanente.
Complessivamente, in Italia, negli ultimi anni le attività formative verdi si attestano annualmente intorno ai 2000 corsi, per un totale di 50-55mila partecipanti. Negli anni si assiste a una diminuzione nell'investimento della formazione professionale, frutto di un processo di assestamento graduale, a favore di una crescita più consistente dei percorsi universitari in campo ambientale.
In dettaglio, nel 2008/2009 si rilevano 2.033 percorsi formativi di cui il 55,5% sono corsi di formazione, il 34,2% corsi universitari e il 10,2% percorsi post-laurea. Il Veneto assorbe il 12,1% del totale nazionale, la seconda quota più alta fra le regioni; prima in graduatoria la Toscana con il 14,7%. Rispetto al 2007/08 l'offerta formativa green aumenta: +3,5 in Veneto e +5,2 in Italia. E' soprattutto il Centro a investire, accogliendo nell'ultimo anno quasi il 30% di tutti i corsi. (Figura 12.3.5)
Per quanto riguarda i corsi di formazione professionale ambientale, il Nord-Est ne accoglie la quota più consistente, il 30% del totale italiano. Spetta proprio al Veneto il primato fra le regioni assorbendo oltre il 18% nazionale, seconda la Toscana con il 16,3%.
A livello nazionale, si tratta di corsi per lo più rivolti alla preparazione nel campo del disinquinamento, risparmio e controllo delle risorse; in particolare, il settore più in voga è quello relativo all'energia rinnovabile e risparmio delle risorse che incide nel 2008/09 per oltre il 19,3% del numero totale dei corsi e negli ultimi cinque anni è più che triplicato.
Per quanto riguarda, invece, i percorsi universitari ambientali, la maggiore concentrazione si registra nel Mezzogiorno, il 33% di tutto il territorio italiano contro il 17,5% rilevato nel Nord-Est. Anche in questo caso, la regione che ne ospita di più è la Toscana, 12,1% del totale nazionale, segue il Lazio (11,8%), mentre nel Veneto sono appena il 4,3%.
In dettaglio, volendo considerare il potenziale veneto, nel 2008/09 si stima che sono iscritti a corsi di laurea di tipo ambientale nei nostri atenei il 7,4% del numero complessivo di studenti; si tratta per lo più di corsi istituiti a Padova e, confermando i dati relativi ai green jobs nel capitolo sul lavoro, sono i maschi soprattutto a preferirli. Nel 2009 si contano quasi l'8% di laureati in queste materie, in particolare formati nel campo dell'ingegneria civile o edile. (Tabella 12.3.1)
Infine, in tema di sviluppo sostenibile, l'obiettivo di sostenere adeguatamente le professioni ambientali, comporta la necessità anche di formare profili professionali e competenze specialistiche di alto livello in grado di rispondere ai cambiamenti del mercato del lavoro. Da ciò, è importante rilevare anche la crescita dell'offerta formativa ambientale post- laurea nell'ultimo decennio: dal 1999 l'offerta di questo segmento formativo è quasi quintuplicato in Italia. Il Centro è la circoscrizione dove ne sono stati realizzati di più, il 44% del nazionale, viceversa nel Nord-Ovest (15,9%).
Rimangono le università i maggiori promotori di master ambientali, anche se sono in aumento quelli promossi da enti e istituti privati o da aziende.

Figura 12.3.1

Distribuzione del punteggio ottenuto dagli studenti quindicenni in lettura, matematica e scienze per livello di punteggio. Veneto - Anno 2009

Figura 12.3.2

Punteggio medio ottenuto dagli studenti quindicenni per tipo di competenza e per tipologia scolastica. Veneto - Anno 2009

Figura 12.3.3

Distribuzione in centesimi dei Paesi Ocse per la varianza tra scuole e all'interno della stessa scuola per il punteggio ottenuto in lettura. Anno 2009

Figura 12.3.4

Adulti che partecipano all'apprendimento permanente per regione - Anno 2009

Figura 12.3.5

Graduatoria regionale della distribuzione percentuale dell'offerta formativa ambientale - Anno 2008/09

Tabella 12.3.1

Percentuale stimata di iscritti, immatricolati e laureati in corsi di laurea nel settore ambientale sul rispettivo totale per ateneo veneto e sesso - Anni 2007/08 e 2008/09
 

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