L'analisi del reddito come principale risorsa economica della famiglia va integrata con la descrizione del risparmio e dei consumi, per capire quanto e come le risorse sono impiegate. L'equilibrio tra reddito e consumi si inserisce bene nel contesto della sostenibilità economica della famiglia, soprattutto in una fase storica come questa, segnata da una crisi che ha ridotto le risorse e imposto delle rinunce.
Una delle strategie a medio-lungo termine finalizzate a garantire sicurezza alla famiglia è quella del risparmio, che, unito a una maggiore cautela nei consumi, può costituire un salvagente per emergenze e imprevisti. Oggi però non sembra così scontato riuscire a riempire il salvadanaio, sebbene sia un desiderio condivisibile quello di mettere da parte qualcosa per i figli, per fronteggiare tempi più duri o più semplicemente per permettersi un acquisto di un certo peso. Nel 2009 ben oltre la metà delle famiglie venete (63,2%) non è riuscita a risparmiare, di queste il 5,1% si è indebitata, mentre il 19,6% ha subìto una diminuzione del proprio patrimonio, quota in crescita rispetto al 2006. Molte le famiglie che, pur riuscendo a risparmiare, mettono da parte sempre meno (16,4% delle famiglie in Veneto). Sono soprattutto gli anziani soli (66,4%) a lamentare di non riuscire a mettere da parte dei soldi, mentre le coppie giovani, ancora senza figli, ci sono riuscite più di altri nella prospettiva di investire sulla propria futura famiglia.
(Tabella 8.3.1)
La limitatezza delle risorse può essere, tuttavia, l'occasione per responsabilizzare il comportamento dei consumatori, inducendoli a scelte d'acquisto attente a limitare gli sprechi e riuscire comunque a risparmiare qualcosa.
Contrariamente a quanto consentono di fare i dati sul reddito, fermi al 2008, la disponibilità delle informazioni sui comportamenti di spesa fino al 2009 permette di indagare come le famiglie abbiano reagito alla recente crisi economica. In termini reali, vale a dire trasformando i valori monetari del periodo considerato in valori del 2009, l'andamento della spesa per consumi dal 2003 a oggi segue un trend sostanzialmente costante, in calo nell'ultimo biennio, proprio in concomitanza della crisi. Nel solo ultimo anno, i consumi delle famiglie italiane registrano una riduzione di 2,5 punti percentuali in termini reali, arrivando nel 2009 a un valore medio per nucleo familiare di 2.442 euro al mese. Metà delle famiglie italiane, però, spende meno di 2.020 euro.
Nonostante una maggiore contrazione dei consumi, pari a una riduzione reale di 4,7 punti percentuali nell'ultimo anno, in Veneto la spesa mensile per consumi si mantiene su livelli costantemente superiori alla media italiana e nel 2009 è pari a 2.857 euro, il secondo valore più alto dopo la Lombardia.
(Figura 8.3.1)
La spesa per alimentari e bevande, pari a 444 euro, si riduce del 5,3% (3,7% in Italia) e quella per prodotti e servizi non alimentari del 4,5% (2,2% in Italia). In quest'ultima categoria, tuttavia, si registrano variazioni di segno e ampiezza diversa a seconda del capitolo di spesa considerato: ad esempio, diminuisce significativamente la spesa per servizi sanitari, trasporti, tempo libero e cultura, mentre risulta in crescita la spesa l'istruzione, per l'abitazione, per combustibili ed energia, dato quest'ultimo che risente probabilmente di una stagione invernale particolarmente lunga e rigida.
(Figura 8.3.2)
La composizione per voci di spesa evidenzia, soprattutto in un'analisi di lungo periodo, l'evoluzione dei bisogni delle famiglie derivanti dalle trasformazioni nella struttura socio-demografica del Paese. Crescono, ad esempio, i consumi degli adolescenti che condizionano spesso le scelte d'acquisto della famiglia, si affermano le necessità di una popolazione che invecchia ed emergono nuovi bisogni legati allo stile di vita e alle nuove tecnologie. Tuttavia, il periodo di tempo considerato in questa analisi, dal 2003 al 2009, è troppo limitato per consentire di cogliere variazioni strutturali così nette. Dall'analisi emerge, piuttosto, che le scelte d'acquisto negli ultimi due anni sono indicative soprattutto di una minore disponibilità economica. La crisi ha ridotto la spesa per beni voluttuari o non strettamente indispensabili, tra questi l'automobile, alcuni elettrodomestici e l'arredo. Come per altri beni durevoli, infatti, l'acquisto di questa tipologia di prodotti comporta solitamente un esborso notevole e, in periodi di difficoltà economica, può prevalere la strategia di rimandarne la spesa.
La riduzione della spesa per beni alimentari è in linea con il trend decrescente osservato anche a livello nazionale negli ultimi anni ed è attribuibile alla minore disponibilità economica, ma in parte anche all'evoluzione degli stili di vita orientati a un'alimentazione più sana ed equilibrata. Inoltre, a causa degli impegni lavorativi, un numero crescente di individui consuma i pasti fuori casa e tale voce di spesa si trova classificata dall'Istat nel capitolo degli "altri beni e servizi" e non nella spesa per alimentari.
L'effetto della crisi sulla spesa alimentare si traduce in una riduzione delle quantità acquistate e, in alcuni casi, anche nella rinuncia della qualità. Seppur la maggioranza dei consumatori veneti dichiari di continuare a riempire il carrello come prima per quantità e qualità, vi è comunque una percentuale non trascurabile che ammette di dover affrontare delle privazioni. Per non rinunciare alla qualità, circa un quarto delle famiglie venete nel 2009 riduce l'acquisto di beni alimentari di base, come il pane (24,8%), la pasta (24,3%), la carne (28,7%), il pesce (28,8%) e la frutta e verdura (24,5%). Il 4% limita la quantità acquistata di tutti questi prodotti, scegliendone di qualità inferiore.
Per quanto riguarda le spese per l'abbigliamento e le calzature, oltre un terzo delle famiglie in Veneto (38,2% in Italia) compra meno rispetto all'anno precedente e l'11,5%, oltre ad aver limitato l'acquisto, opta per prodotti di qualità inferiore (14,5% in Italia).
(Figura 8.3.3)
Anche se in Veneto si presenta una situazione decisamente migliore che altrove, il fatto di dover rinunciare all'acquisto di prodotti necessari fa pensare a un impoverimento generale della famiglia, che fatica a sostenere lo standard di vita desiderato. Da segnalare la riduzione dell'incidenza della spesa destinata ai servizi sanitari: molte famiglie, dopo aver pagato le spese che le normali esigenze quotidiane impongono, come l'abitazione, i prodotti alimentari e il trasporto, dispongono di risorse sempre più limitate per curare il proprio stato di salute, eseguire esami specialistici, visite mediche e controlli dal dentista.
La crisi, infatti, ha imposto la necessità di compiere delle scelte di priorità nell'allocazione del budget, considerando i vincoli dettati da alcune spese irrinunciabili. Tra queste, l'abitazione rappresenta il costo principale e assorbe quasi il 30% della spesa totale per consumi, una quota in crescita rispetto al 2007.
Per questo motivo si vuole dedicare una sezione più approfondita alla sostenibilità economica dell'abitazione.
Sostenere i costi della casa
L'accesso a un alloggio di qualità e a prezzi sostenibili è un bisogno e un diritto fondamentale dell'uomo. Inoltre, la casa è un elemento importante di inclusione sociale in quanto centro della vita familiare e delle relazioni con amici, parenti e vicini.
Da un punto di vista economico rappresenta un bene di consumo durevole, una sorta di riserva di ricchezza, che nel tempo può mantenere o anche incrementare il suo valore. A differenza degli altri beni di consumo, può essere utilizzata come garanzia per ricevere un prestito, incrementando così il potere di acquisto della famiglia.
Tuttavia, non tutte le famiglie hanno la possibilità di accedere a una casa adeguata alle proprie esigenze e di sostenerne i costi. A ciò si aggiunge la crisi economica, che sembra aver aggravato situazioni già difficili. Talvolta le spese per l'abitazione incidono in modo così pesante sul bilancio familiare tanto da esporre le famiglie al rischio di povertà o a situazioni di deprivazione, nel caso in cui, una volta coperti i costi della casa, non si disponga di risorse sufficienti per provvedere in modo adeguato agli altri bisogni essenziali.
I costi dell'abitazione sono determinati da diversi fattori, come la situazione del mercato immobiliare, le spese di manutenzione e le bollette, ma anche le scelte individuali: si può preferire, infatti, investire nell'abitazione piuttosto che in altri beni, spendere per renderla più attraente e qualitativamente migliore, così da incrementarne non solo il comfort ma anche il valore. Chiaramente tali scelte sono limitate anche dal reddito di cui si dispone.
(Figura 8.3.4)
Se si considerano le spese
(Nota 6) per le utenze domestiche e per la manutenzione ordinaria, l'affitto e la rata del mutuo, nel 2009 le famiglie venete spendono in media per l'abitazione 423 euro al mese, pari al 15,9% del proprio reddito
(Nota 7). Naturalmente le spese sono diverse a seconda se si è in affitto, se si ha un mutuo da pagare oppure no.
I proprietari senza un mutuo da pagare, che costituiscono il 56,3% delle famiglie venete, si trovano nella condizione più favorevole in quanto le spese per l'abitazione si limitano alle bollette e alla manutenzione ordinaria, incidendo per il 9,2% del reddito, circa 260 euro, quota che rimane abbastanza costante negli anni.
Nel tempo aumentano le famiglie venete proprietarie di una casa e che hanno acceso un mutuo per acquistarla: in sei anni passano dal 14,4% al 16,8%, ossia quasi un quarto delle famiglie con abitazione di proprietà. Per scelta o per necessità, nel richiedere il prestito le famiglie tendono a esporsi a rischi maggiori, visto che in pochi anni la rata mensile del mutuo cresce mediamente di circa 200 euro e nel 2009 si attesta a 720 euro, assorbendo il 22,6% della disponibilità economica familiare. Sommando i costi per le bollette si raggiungono i 965 euro mensili, circa il 30% del reddito.
Anche gli affittuari, pari al 15,9% delle famiglie venete, si trovano ad affrontare situazioni di disagio abitativo in termini economici. L'affitto, infatti, incide per il 21,6% del reddito, però la rata media mensile è di poco superiore ai 400 euro, segno che le famiglie in affitto hanno in genere un reddito più basso e pertanto risultano maggiormente gravate dai costi dell'abitazione. Se si aggiungono le quote per le utenze, la percentuale di reddito impegnato per mantenere la casa sfiora il 32% (circa 600 euro).
(Figura 8.3.5)
In linea generale la situazione diventa un carico eccessivo e insostenibile nel tempo qualora sia necessario destinare oltre il 40% del proprio reddito per far fronte alle spese correnti
(Nota 8) per l'abitazione. L'indicatore calcolato a livello europeo fa emergere notevoli differenze tra i Paesi membri, imputabili a una molteplicità di fattori, tenuto conto anche del diverso contesto socio-economico. In certi casi sono le persone più svantaggiate economicamente a dover sostenere spese per la casa in misura così eccessiva, oltre il 40% del proprio reddito, vivendo tra l'altro in abitazioni di scarsa qualità, con problemi strutturali e di spazio. In questo caso l'indicatore è segnale di un forte disagio economico. Altre volte spendere tanto per la casa può essere invece una scelta, per garantirsi standard di vita elevati; questo è vero naturalmente nei contesti più ricchi in cui le famiglie godono di maggiori disponibilità.
Particolare la situazione degli Stati membri dell'Unione Europea usciti dai regimi comunisti, durante i quali le abitazioni erano di proprietà dello stato; dopo la caduta di tali sistemi di governo molte famiglie sono diventate proprietarie della casa in cui vivevano, che spesso però risultava di scarsa qualità dal punto di vista delle dotazioni strutturali e degli impianti, richiedendo quindi costosi interventi di manutenzione.
Il 12,2% della popolazione dell'Unione Europea spende oltre il 40% del proprio reddito per la casa. I Paesi in cui il carico delle spese risulta più alto sono Danimarca, Germania e Grecia, situazione opposta si osserva invece a Cipro, in Francia, a Malta e in Lussemburgo.
Veneto e Italia si collocano in una posizione intermedia, con rispettivamente il 6,8% e il 7,6% della popolazione in condizioni di alte spese per la casa. In termini familiari, si tratta dell'8,9% delle famiglie venete e del 34,6% di quelle in affitto, percentuale più elevata del valore nazionale e in aumento rispetto al 2004. Anche l'acquisto di una casa può rappresentare un carico eccessivo in rapporto alle risorse economiche, poiché richiede l'investimento di una notevole quota di capitale. Tuttavia la percentuale di famiglie con mutuo che ha dichiarato spese superiori alla soglia di sostenibilità è decisamente più bassa rispetto a quella delle famiglie in affitto.
(Figura 8.3.6) e
(Figura 8.3.7)
D'altra parte l'8% delle famiglie venete ha problemi a versare regolarmente l'affitto, valore che sale al 12,9% in Italia, e il 7,5% a saldare la rata del mutuo
(Nota 9); inoltre il 6,2% dichiara arretrati nelle bollette, contro il 9,2% a livello nazionale. Anche se si riescono a rispettare le scadenze dei pagamenti, le spese per la casa sono comunque giudicate impegnative e difficili da sostenere da gran parte delle famiglie. È ritenuta particolarmente gravosa la rata del mutuo, considerata un onere pesante dal 62,6% delle famiglie venete che vivono in abitazioni di proprietà con mutuo.
Per semplificare i confronti tra Veneto e Italia e per misurare il divario tra le diverse tipologie di famiglie, si è costruito un indicatore sintetico di sostenibilità abitativa, che tiene conto sia dell'entità dei costi per la casa sia di come le famiglie giudicano e percepiscono lo sforzo richiesto per far fronte a queste spese. L'indicatore si compone dunque di una dimensione oggettiva e di una soggettiva e varia tra 0 e 100, dove 100 rappresenta la situazione più favorevole, cioè la massima sostenibilità
(Nota 10).
Rispetto alla situazione italiana non si osservano differenze significative in termini di sostenibilità complessiva, visto che il punteggio medio dell'indicatore per il Veneto è di 74,4 su 100, per l'Italia è 75
(Nota 11). Tuttavia il Veneto si colloca tra le regioni in cui la sostenibilità abitativa sembra risultare più difficile; mostrano infatti valori più bassi dell'indicatore soltanto Liguria, Piemonte, Lombardia, Campania ed Emilia Romagna. Le spese per l'abitazione risultano più elevate probabilmente a causa degli alti prezzi imposti dal mercato immobiliare, di una maggiore diffusione del mutuo, ma anche per le differenti aspettative di vita delle famiglie, portate a investire una quota maggiore del proprio reddito nell'abitazione nel tentativo di migliorarne la qualità.
(Figura 8.3.8)
Le spese per l'abitazione risultano più sostenibili per le famiglie con figli e soprattutto per le coppie anziane, mentre incontrano maggiori difficoltà le persone sotto i 35 anni che vivono da sole e i monogenitori, come anche le coppie giovani senza figli a carico e gli anziani soli, per cui il valore dell'indice complessivo rimane sotto il punteggio di 70 su 100. Le differenze emerse sono dovute principalmente alla componente oggettiva dell'indicatore, ossia a quanto i costi per la casa incidono sul reddito e se alla famiglia rimangono risorse sufficienti da destinare ad altri consumi e per mantenere standard di vita accettabili. Minore variabilità si osserva nella componente soggettiva, nella percezione e nel giudizio espresso sul carico delle spese.
In generale, rispetto al 2004 la condizione delle famiglie risulta aggravata, soprattutto nelle situazioni che già si presentavano critiche: la sostenibilità economica si abbassa di quasi 10 punti per le persone sole giovani, di circa 6 punti per quelle anziane e di 4 per le famiglie con figli; mentre la sostenibilità percepita peggiora soprattutto per i monogenitori e per gli anziani soli.
A livello nazionale la situazione risulta molto simile: sono confermate le differenze tra le tipologie familiari, anche se con livelli leggermente diversi. Diversamente che in Veneto, però, nell'arco di 5 anni la sostenibilità abitativa risulta peggiorata soprattutto tra le coppie giovani senza figli a carico.
(Tabella 8.3.2)