La società cambia... e la scuola?
I cambiamenti sociali e l'innovazione culturale entrano in continuazione nel sistema scolastico, in particolare se lo si considera dal lato dei soggetti più rilevanti che lo compongono.
Sotto il profilo comunitario, delineato nel trattato di Lisbona 2000 e, da ultimo, nella strategia "Europa 2020", l'attenzione è focalizzata oltre che al miglioramento della qualità e dell'efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione nell'Unione europea, anche sull'accesso di tutti i cittadini all'istruzione e alla formazione lungo tutto l'arco della vita e sull'apertura al mondo dei sistemi di istruzione e di formazione.
Un sistema formativo capace di essere al passo con il progresso e proiettato al futuro implica una scuola che sa progettare, assumere dei rischi ed anticipare le domande e i bisogni dei propri studenti al fine di dare risposte sempre attuali e dinamiche, in linea con i tempi e la crescita del Paese.
Ecco perché vi è la necessità di un sistema scolastico che sappia leggere i cambiamenti come opportunità per rinnovare e rinnovarsi, come occasioni di sfida per testare le proprie capacità educative e sociali.
La forte crescita degli stranieri a scuola
Negli ultimi trent'anni, il nostro Paese è stato protagonista di forti fenomeni di migrazioni da parte degli stranieri, stabilitisi e integratisi nelle nostre comunità, i cui figli, in particolare negli ultimi dieci anni, hanno cominciato dapprima a frequentare le scuole primarie, fino ad arrivare in numero consistente alla fine del percorso scolastico dell'obbligo.
La percentuale di studenti con cittadinanza non italiana è, difatti, decisamente in crescita negli ultimi anni, tanto nella nostra regione, quanto in Italia; nell'ultimo decennio, però, il Veneto è diventato una delle mete favorite delle famiglie immigrate che vengono a risiedere in Italia.
Questo è attribuibile in parte al fatto che gli stranieri riescono a trovare maggiori opportunità in campo lavorativo, soprattutto nel campo agricolo ed industriale, nella nostra regione.
L'arrivo massiccio di stranieri, per lo più in cerca di lavoro, ha portato in meno di dieci anni a far aumentare significativamente la quota dei nati da genitori stranieri e di conseguenza la quota di studenti stranieri nelle scuole del Veneto, divenendo così una delle principali realtà territoriali per quanto concerne il fenomeno dell'incidenza di stranieri nel sistema educativo.
L'incidenza degli alunni stranieri sulla popolazione scolastica delle superiori è aumentata di quasi sette volte dall'anno scolastico 2000/01 al 2008/09, portandosi dallo 0,9% al 6,9%; simile, anche se meno marcata, la tendenza per l'Italia, che passa dallo 0,7% al 4,8%.
Anche all'interno della nostra stessa regione è possibile osservare delle forti differenze in termini di quote di studenti stranieri; questo, come già detto, si spiega con la maggiore attrattività che godono certe zone dove il mercato del lavoro ha una più forte richiesta di manodopera straniera e permette una più rapida integrazione degli stessi.
(Figura 3.5.1)
Ecco quindi perché nella scuola superiore vi è uno scarto così evidente tra la provincia di Treviso, che nel 2008/09 conta l'8,5% di studenti stranieri sulla sua popolazione scolastica, e Belluno, dove tale valore è meno del 4%.
(Figura 3.5.2)
Gli stranieri nei nostri banchi di scuola, soprattutto romeni, marocchini e albanesi
Ma da dove vengono questi giovani stranieri iscritti nelle nostre scuole?
La risposta a questa domanda appare oggi necessaria se si vuole essere una società interculturale, in grado di trovare delle soluzioni efficaci alle potenziali situazioni complesse, pur salvaguardando le differenze culturali.
La complessità sociale derivata dalla crescita di figli di immigrati nelle nostre scuole, inoltre, mette il sistema scolastico di fronte alla necessità di continuo rinnovamento, nonché genera nuove figure e profili professionali, prima inesistenti.
Si osserva che, per l'anno scolastico 2008/09, considerando il totale di alunni stranieri in tutti gli ordini di scuole, le sei cittadinanze più rappresentative coprono oltre il 61% del totale degli iscritti di cittadinanza non italiana nelle scuole venete: la più rilevante è la percentuale di romeni, che sono il 15,2% del totale degli stranieri, seguiti dai marocchini, 14,7%; albanesi, 11,3%; serbi-montenegrini-kosovari, 7,7%; cinesi, 6,6%, ed infine moldavi, 5,8%.
Rispetto all'anno 2007/08, invece, le sei cittadinanze che sono cresciute più fortemente sono di origine africana: prima fra tutte il Burkina Faso, 28,7%, la moldava, 24,9%, la senegalese, 23,4% e la nigeriana, 22,8%.
(Figura 3.5.3)
Per le sole scuole superiori le cittadinanze più rappresentate coincidono con quelle emesse nel totale delle scuole venete; anche in questo caso, difatti, le prime sei nazionalità rappresentano ben più della metà (62%) degli iscritti stranieri: nell'ordine si hanno romeni (16%), albanesi (11%), moldavi (11%), marocchini (9%), cinesi (7,5%) e serbo-montenegrini (7%).
Le scelte scolastiche degli stranieri
Generalmente i figli degli immigrati in passato non hanno avuto le stesse opportunità, sociali ed educative, dei giovani italiani; oggi le cose sono un po' diverse.
Nell'anno scolastico 2008/09 in Veneto, il 43,7% degli studenti stranieri si iscrivono ad un istituto professionale e il 41,0% ad un istituto tecnico, a segnale del perpetuarsi di una condizione sociale che vede gli stranieri più rivolti a lavori a carattere prettamente tecnico o manuale; solo il 13,1%, infatti, frequenta un liceo, che rappresenta la scuola più ambita per coloro i quali abbiano l'intenzione di proseguire il proprio cammino di formazione verso il mondo universitario.
(Figura 3.5.4)
Tale logica si lega anche con lo status sociale delle famiglie: i figli di immigrati difficilmente arrivano a quei lavori socialmente ed economicamente più ambiti, confermando la più evidente difficoltà per gli studenti stranieri di elevare la propria condizione sociale.
Parallelamente si può osservare come l'incidenza degli studenti di nazionalità non italiana, rispetto al totale degli iscritti, sia molto più spiccata negli istituti professionali (13,6%) e nei tecnici (7,7%), piuttosto che nei licei (2,4%) o nell'istruzione artistica (4,2%). Il fatto che più di uno studente su dieci ai professionali sia straniero, mentre sia solamente uno su cinquanta ai licei, conferma quanto appena detto; si evidenzia, inoltre, che, se si tenesse conto anche dei corsi regionali di formazione professionale, la percentuale di una scelta per così dire "professionalizzante" sarebbe destinata a salire ulteriormente.
(Figura 3.5.5)