Capitolo 1

Introduzione
Sostegno alle scelte di politica abitativa

"Proteggersi dalle intemperie" è da sempre un bisogno vitale per l'uomo. Quello dell'abitare è un fenomeno che ha subito nel corso dei millenni profonde evoluzioni: da componente prevalentemente "fisica" a dimensione culturale, identitaria, esistenziale per la persona e la famiglia. Il Decalogo della Bibbia (Esodo, oltre 3000 anni fa) prevede come decimo comandamento "Non desiderare la casa del tuo prossimo". In un libro recente (I Comandamenti, Edizioni S. Paolo, 2002), G. Ravasi scrive "...la macchinazione che sottrae a una persona la sua casa, indirettamente le toglie anche gli affetti, le sfalda la famiglia, le incrina la sicurezza, le offusca la dignità, le umilia lo spirito" . Il comandamento (insieme con il nono "non desiderare la moglie del tuo prossimo"), secondo Ravasi, intende "tutelare...soprattutto la società familiare, la vita quotidiana nella concretezza della sua attuazione, nella realtà delle sue relazioni, nella serenità di una esistenza pacifica e armoniosa" . Negare o limitare il diritto alla casa vuol quindi dire negare la persona e la famiglia.
 
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1.1 - La normativa

Per quanto attiene alle finalità del presente lavoro, appare opportuno svolgere alcuni cenni sulla peculiare disciplina giuridica del diritto all'abitazione e, per far questo, è necessario anzitutto muovere dall'analisi del quadro normativo internazionale.
Infatti, numerose sono le fonti di diritto internazionale, elaborate specialmente nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che consacrano l'abitazione quale componente essenziale dei diritti fondamentali dell'uomo. Si pensi, in primis, alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, che, all'art. 25, prevede che "ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo [...] all'abitazione" .
Probabilmente, il riconoscimento internazionale più forte in tema di diritto all'alloggio è contenuto nel Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, che all'articolo 11 recita "gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un'alimentazione, un vestiario ed un alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l'importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul libero consenso" .
Occorre evidenziare che, in questi come negli altri documenti internazionali che sanciscono il diritto a una abitazione dignitosa e adeguata, la casa viene concepita spesso in funzione strumentale, come una pre-condizione per consentire un pieno ed effettivo godimento di una gamma di altri diritti fondamentali, quali il diritto alla salute psicofisica, allo sviluppo personale, alla privacy, all'igiene ambientale, ecc.
D'altro canto, va ricordato che le Dichiarazioni di principi delle Nazioni Unite non costituiscono un'autonoma e valida fonte di norme internazionali generali: da questo punto di vista, appare difficile sostenerne l'efficacia obbligatoria persino all'interno degli stessi Paesi che hanno votato le Dichiarazioni: infatti, l'assenza di un potere legislativo mondiale in capo all'Assemblea generale ONU non consente di riconoscere ad esse il carattere di norme vincolanti.
Il quadro di riferimento europeo
Anche il Consiglio d'Europa ha una lunga tradizione in materia di qualità dell'abitare. Nella revisione del 1996 della Carta sociale europea, approvata nel 1961, si prevede, tra l'altro: " con l'intento di garantire l'esercizio del diritto alla casa, le parti introducono misure mirate a :
  1. promuovere l'accesso alla casa a un adeguato standard qualitativo
  2. prevenire e ridurre il fenomeno dei senzatetto, con la prospettiva di una graduale eliminazione."
Il Consiglio d'Europa comprende tra i diritti sociali, "la protezione sociale, l'abitare, il lavoro, la salute, l'educazione". La casa figura quindi tra le componenti "chiave" dei diritti sociali.
D'altro canto, conformemente al principio di sussidiarietà, l'Unione europea non è competente a legiferare in materia di edilizia abitativa, costituendo una materia tendenzialmente conservata in capo alla competenza degli Stati membri. Ciononostante, i programmi comunitari sostengono alcune politiche strategiche in questo settore. Meritano di essere segnalate, per l'impatto indiretto esercitato sul contesto abitativo, le iniziative dell'Unione Europea che, nell'ambito delle politiche di sviluppo regionale e urbano, mirano a promuovere la coesione sociale, la qualità della vita e la competitività delle aree urbane, mediante strategie intergrate per i trasporti, gli alloggi, la formazione e l'occupazione: si vedano, in specie, il Programma "Urbact II" e "JESSICA" (Sostegno europeo comune per investimenti sostenibili nelle aree urbane).
Numerosi sono anche gli interventi in materia di qualità dell'abitare in relazione alle politiche di contrasto alla povertà e all'emarginazione. In proposito, ad esempio, nella Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulla piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, si raccomanda agli Stati membri una "politica proattiva in materia di alloggi dignitosi per garantire l'accesso universale, a un costo abbordabile o a un prezzo d'acquisto preferenziale, a un alloggio di qualità, che assicuri l'accesso ai servizi essenziali dal punto di vista della salute e della sicurezza, e per evitare la perdita dell'alloggio, poiché l'esserne privo può arrecare grave pregiudizio alla dignità". Richiede, tra l'altro, di prestare maggiore attenzione ai migranti, che sono spesso sfrattati e costretti a vivere in alloggi insalubri, di sviluppare l'offerta di alloggi popolari e di emergenza di qualità, di prevedere per i senzatetto speciali programmi e opportunità in materia di alloggi al fine di garantire condizioni minime di vita, nonché di attuare politiche di prevenzione degli sfratti.
Il diritto italiano
Passando all'esame del diritto interno italiano, la Costituzione repubblicana, pur non riconoscendo una specifica ed espressa tutela del diritto alla casa, contiene diverse disposizioni che possono costituire un ancoraggio all'aspettativa abitativa dell'individuo.
Si pensi, in primo luogo, all'art. 47, secondo cui "la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese" .
A ben vedere, i destinatari di tale disposizione sono i piccoli risparmiatori e non la generalità dei cittadini, dal momento che la norma, attenendo non tanto al diritto all'abitazione quanto alla proprietà civilistica della stessa, intende promuovere l'investimento del risparmio popolare verso destinazioni ritenute prioritarie e coerenti dal costituente.
Oltre l'art. 47 citato, esistono diverse norme costituzionali che presuppongono o implicano la reale disponibilità di una abitazione per le persone, in quanto cittadini e lavoratori, indipendentemente dalla loro condizione di risparmiatori: invero, la nostra Costituzione, come è stato sottolineato da illustri costituzionalisti, non si occupa solo del diritto sulla abitazione, ma anche, e ancor prima, del diritto alla abitazione.
In questo senso, sono stati valorizzati l'art. 2, in tema di diritti inviolabili dell'uomo, e l'art. 3, in merito all'uguaglianza formale (comma primo) e sostanziale (comma secondo) tra i cittadini.
A tal proposito, basti osservare come la mancanza di uno spazio abitativo, vitale per il pieno sviluppo dell'individuo e della famiglia, costituisca una pericolosa limitazione al principio di uguaglianza formale e sostanziale sancito dalla nostra Carta costituzionale. È infatti evidente che la mancanza o la perdita dell'abitazione rende impossibile l'uguaglianza e la pari dignità sociale dei cittadini di fronte alla legge, garantita dalla nostra Costituzione a prescindere dalle condizioni personali e sociali (art. 3, comma 1); al tempo stesso, la mancanza di un tetto rappresenta uno degli «ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» e che è dovere della Repubblica rimuovere (art. 3, comma 2).
Occorre a questo punto considerare l'implementazione che di tali norme costituzionali, di natura essenzialmente programmatica, è stata data in sede di legislazione statale ordinaria, nella quale l'estrinsecazione più evidente e concreta del diritto all'abitazione è rappresentata dagli interventi normativi di edilizia residenziale pubblica.
Tale disciplina mira a promuovere il soddisfacimento, in via diretta o indiretta attraverso agevolazioni economiche, della richiesta abitativa delle categorie sociali meno abbienti e, pertanto, maggiormente esposte al rischio di carenza abitativa.
Senza scendere in dettagli di diritto urbanistico che esulano dai fini della presente trattazione, la materia, disciplinata in modo organico per la prima volta nel 1938, ha conosciuto un notevole decentramento di funzioni a beneficio di Regioni ed Enti locali per effetto del d.lgs. 112/1998 e, successivamente, della legge cost. 3/2001, ai sensi della quale l'urbanistica e l'edilizia, in via generale, risultano oggi comprese nella nuova materia di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni denominata "governo del territorio" (art. 117 Cost.).
Al tempo stesso, dal punto di vista operativo, deve registrarsi un progressivo avvicinamento dell'edilizia residenziale pubblica ai modelli programmatori propri dell'edilizia ordinaria, in particolare mediante lo strumento del convenzionamento, che comporta deroghe limitate al regime del mercato immobiliare "libero", relativamente alla fissazione di prezzi di vendita o di locazione.
Nella prassi, quindi, la politica dei "piani di zona" per la realizzazione di nuovi insediamenti di edilizia residenziale pubblica ha progressivamente lasciato spazio a programmi integrati di edilizia economica in convenzione, spesso finalizzati alla riqualificazione e riconversione urbana del patrimonio immobiliare esistente, ovvero al recente fenomeno della dismissione, mediante la vendita agli stessi assegnatari degli alloggi (c.d. "riscatto") o sul libero mercato.
Tra i più significativi interventi degli ultimi anni, si segnalano il d.p.c.m. del 16 luglio 2009, denominato "Piano nazionale di edilizia abitativa", e l'Intesa sancita dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie locali del 31 marzo 2009 sul c.d. "piano casa": in particolare, quest'ultimo intervento consente ai proprietari di immobili di effettuare opere di ampliamento e miglioramento degli stessi, avvalendosi di procedure semplificate in deroga alle disposizioni ordinarie, conformemente alla disciplina che ogni Regione si è impegnata ad adottare per il proprio territorio.
L'ordinamento del Veneto
Per quanto riguarda il Veneto, occorre segnalare l'importante riforma dell'intero settore urbanistico introdotta dalla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, con particolare riferimento agli strumenti pianificatori e attuativi, che naturalmente impatta anche sull'edilizia abitativa.
La disciplina organica del settore dell'edilizia residenziale pubblica è rinvenibile essenzialmente nelle leggi regionali n. 40 del 1983 (Norme per la scelta dei soggetti incaricati della realizzazione dei programmi di edilizia agevolata - convenzionata), n. 10 del 1996 (Disciplina per l'assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) e n. 2 del 1999 (Norme per la concessione di benefici nel settore dell'edilizia residenziale pubblica).
Si segnalano anche le disposizioni regionali in tema di "piano casa" contenute nelle leggi regionali 8 luglio 2009, n. 14 e 8 luglio 2011, n. 13, le quali complessivamente mirano a promuovere "misure per il sostegno del settore edilizio attraverso interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e delle fonti di energia rinnovabili" . La principale di tali misure consiste nella facoltà di eseguire interventi di ampliamento degli edifici esistenti fino al 20% del volume, anche in deroga alle previsioni di regolamenti e piani locali.
 
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1.2 - La programmazione regionale

L'intervento della Regione Veneto a sostegno della qualità dell'abitare è ampio e di lungo corso. Tra i molteplici provvedimenti, di seguito si riporta dapprima una breve descrizione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), perché costituisce il principale strumento regionale di governo del territorio e il documento di riferimento per la tematica paesaggistica, e di seguito una sintesi della programmazione regionale in tema di edilizia residenziale pubblica, poiché rappresenta un esempio importante di politica abitativa coerente con il tema della presente pubblicazione. Si presentano, infine, in questa sezione i primi risultati dell'attività di monitoraggio del Piano Casa.
Le prescrizioni del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
Ai sensi dell'art. 24, c.1 della L.R. 11/2004, "in coerenza con il programma regionale di sviluppo (PRS) di cui alla legge regionale 29 novembre 2001, n.35 "Nuove norme sulla programmazione", il PTRC indica gli obiettivi e le linee principali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione".
Nel 2007 la Regione Veneto ha avviato il processo di aggiornamento del PTRC: il nuovo documento è stato adottato dalla Giunta con DGR n. 372 del 17/02/2009, pubblicata sul BUR n. 22 del 13/03/2009, restando in attesa dell'approvazione definitiva da parte del Consiglio regionale.
Il PTRC sta ora per essere nuovamente aggiornato assumendo anche valenza paesaggistica. Il rinnovo del PTRC ha lo scopo di renderlo attuale e di riassegnare al paesaggio la sua valenza di risorsa e non di problema. Si procederà con una variante parziale, che si prevede di adottare entro il prossimo ottobre, da inviare poi al consiglio regionale. Per costruirla insieme, è stata scelta la strada del confronto con il territorio: sono state previste sette azioni, ognuna su una tematica specifica (montagna, cultura e natura, mobilità e intermodalità, area metropolitana e nuove città, difesa idraulica e sismica, economia e rete del produrre, pianificazione paesaggistica), con l'obiettivo del più ampio coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati per raccogliere suggerimenti e osservazioni.
ll PTRC si propone di proteggere e disciplinare il territorio per migliorare la qualità della vita in un'ottica di sviluppo sostenibile e in coerenza con i processi di integrazione e sviluppo dello spazio europeo, attuando la Convenzione europea del Paesaggio, contrastando i cambiamenti climatici e accrescendo la competitività.
Le tematiche e le finalità generali dichiarate nel documento sono le seguenti.
  1. Uso del suolo

    L'obiettivo mira a tutelare e valorizzare la risorsa suolo attraverso:
    1. la razionalizzazione dell'utilizzo;
    2. l'adattamento dell'uso del suolo in funzione dei cambiamenti climatici in corso;
    3. la gestione del rapporto urbano/rurale valorizzando l'uso dello spazio rurale in un'ottica di multifunzionalità.
  2. Biodiversità

    L'obiettivo consiste nel tutelare e accrescere la biodiversità e la qualità ambientale e si esplica in:
    1. assicurare un equilibrio tra ecosistemi ambientali e attività antropiche;
    2. salvaguardare la continuità ecosistemica;
    3. favorire la multifunzionalità dell'agricoltura;
    4. perseguire una maggiore sostenibilità degli insediamenti.
  3. Energia, risorse e ambiente

    Si intende ridurre le pressioni antropiche climalteranti, attraverso:
    1. la promozione dell'efficienza nell'approvvigionamento e negli usi finali dell'energia e l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili;
    2. il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici;
    3. la difesa della qualità e quantità della risorsa idrica;
    4. la prevenzione e riduzione dei livelli di inquinamento di aria, acqua, suolo e la produzione di rifiuti.
  4. Mobilità

    L'obiettivo consiste nel garantire la mobilità preservando le risorse ambientali e si esplica in:
    1. stabilire sistemi coerenti tra distribuzione delle funzioni e organizzazione della mobilità;
    2. razionalizzare e potenziare la rete delle infrastrutture e migliorare la mobilità nelle diverse tipologie di trasporto;
    3. valorizzare la mobilità slow;
    4. migliorare l'accessibilità alla città e al territorio;
    5. sviluppare il sistema logistico regionale.
  5. Sviluppo economico

    Delineare modelli di sviluppo economico sostenibile, attraverso azioni volte a:
    1. migliorare la competitività produttiva favorendo la diffusione di luoghi del sapere, della ricerca e della innovazione;
    2. promuovere l'offerta integrata di funzioni turistico-ricreative mettendo a sistema le risorse ambientali, culturali, paesaggistiche e agroalimentari.
  6. Crescita sociale e culturale

    L'obiettivo consiste nel sostenere la coesione sociale e le identità culturali, assumendo quindi due interessi apparentemente contrapposti:
    1. promuovere l'inclusività sociale valorizzando le identità venete;
    2. favorire azioni di supporto alle politiche sociali;
    3. promuovere l'applicazione della Convenzione europea del paesaggio;
    4. rendere efficiente lo sviluppo policentrico preservando l'identità territoriale regionale;
    5. migliorare l'abitare nelle città, favorire la qualità dell'abitare nelle periferie urbane, riqualificare il degrado urbano e contrastare il disagio abitativo.
Solo l'ultimo punto riguarda la qualità dell'abitare in senso stretto. Per il resto si tratta di una visione complessiva della qualità del contesto territoriale nel quale sono ubicate le abitazioni.
L'edilizia residenziale pubblica
In ambito di edilizia residenziale pubblica i principali strumenti di programmazione e pianificazione sono il programma regionale per l'edilizia residenziale pubblica a cadenza triennale (l'ultimo si riferisce al triennio 2007-2009), approvato dal Consiglio regionale, che costituisce il documento di riferimento per il coordinamento degli interventi e la pianificazione delle risorse statali e regionali, e il programma annuale di attuazione del precedente, approvato dalla Giunta regionale.
L'azione dell'amministrazione regionale si articola in un complesso di interventi miranti a favorire da un lato la locazione e dall'altro la proprietà a protezione delle famiglie economicamente più svantaggiate. Sono essenzialmente previsti finanziamenti agevolati, o contributi a fondo perduto, a favore di soggetti pubblici e privati - comuni, Ater (Nota 1), persone fisiche, imprese di costruzione e cooperative edilizie - al fine di integrare il patrimonio immobiliare abitativo esistente mediante la realizzazione e il recupero di alloggi da destinare alla locazione a canone sociale o moderato, ossia sensibilmente inferiore rispetto ai parametri di mercato, oppure da cedere in proprietà a prezzo convenzionato, anche mediante la promozione di interventi edilizi complessi (Programmi integrati di riqualificazione urbana, Contratti di Quartiere previsti nel programma 2007-2009).
Gli ambiti di intervento sono, dunque, quelli dell'edilizia residenziale sovvenzionata e di quella agevolata. Per edilizia residenziale sovvenzionata si intende l'edilizia a totale o prevalente carico della Regione, esclusivamente destinata alla locazione a canone sociale in favore di famiglie particolarmente svantaggiate, come definito dalle legge regionale n.10/1996, mentre per edilizia residenziale agevolata si intende l'edilizia realizzata con il contributo parziale della Regione, destinata alla locazione a canone calmierato o alla cessione in proprietà a prezzo convenzionato. E' rivolta alle famiglie il cui reddito non è così basso da poter accedere ai benefici per l'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, né d'altra parte possono permettersi di poter affrontare gli elevati canoni di affitto proposti dal libero mercato, data la loro limitata potenzialità economica.
La Regione, inoltre, ha costituito, con la partecipazione delle Fondazioni bancarie, il Fondo Immobiliare Etico denominato "Veneto Casa", strumento finanziario rivolto a reperire nel mercato immobiliare, anche mediante la esecuzione di interventi di nuova edificazione, alloggi da destinare alla locazione a canone calmierato.
Gli obiettivi perseguiti, di fatto, si rivelano determinanti per contrastare l'aumento della tensione abitativa, dovuta all'incremento numerico della cittadinanza in aree con presenza industriale e artigianale, ma anche causata dalla forte crisi economica che interessa anche strati sociali appartenenti al cosiddetto ceto medio.
Inoltre sia il Programma E.R.P. 2007-2009 sia il Fondo Immobiliare Etico seguono le indicazioni previste dalla direttiva della Commissione "Europa 2020" poiché le tipologie degli alloggi che saranno realizzati e/o recuperati prevedono anche l'utilizzo di componenti ecocompatibili.
Il monitoraggio del Piano Casa (Nota 2)
Il "Piano Casa" permette interventi di ampliamento e/o demolizione e ricostruzione con ampliamento, in deroga ai regolamenti comunali e agli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali.
E' stato previsto con L.R. n.14/2009 "Intervento regionale al sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche", successivamente modificata e integrata dalla L.R. n.13/2011. L'applicazione della legge è stata prorogata fino al 30 novembre 2013, provvedendo nel contempo a introdurre alcune modifiche utili a renderla più incisiva ed efficace, senza peraltro intaccare la tutela garantita dai divieti previsti, tanto per i beni culturali tutelati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, quanto per gli edifici oggetto di specifiche forme di tutela contenute nei piani territoriali e urbanistici. Tra le altre modifiche introdotte, il contributo di costruzione (Nota 3), che era già stato ridotto del 60% dalla L.R. n.14/2009 per gli edifici destinati a prima abitazione del proprietario o avente titolo, ora non è più dovuto se si utilizzano fonti di energia rinnovabile.
Il Piano Casa è stato riproposto grazie al successo dimostrato: ha dato lavoro alla piccola impresa artigiana, ai progettisti, alle aziende del settore e, dal punto di vista sociale, ha permesso al cittadino veneto medio, proprietario di un'unica casa, di ampliare la propria abitazione per adattarla alle diverse esigenze familiari e migliorare così la qualità della vita.
L'attività di monitoraggio sul Piano Casa è svolta dalla Direzione Urbanistica e Paesaggio della Regione del Veneto a partire da novembre 2009 ed è tutt'ora in corso. Principalmente riguarda il conteggio delle istanze presentate nei vari comuni in base all'articolo 8 della L.R. n.14/2009: "I Comuni, a fini conoscitivi, provvedono ad istituire ed aggiornare l'elenco degli ampliamenti autorizzati ai sensi degli articoli 2, 3 e 4" . Successivamente, con la modifica e integrazione apportata a tale articolo dalla L.R. n.13/2011, che ha introdotto il comma 1-bis: "L'elenco di cui al comma 1 indica per ciascun tipo di intervento di cui agli articoli 2, 3 e 4, il volume o la superficie di ampliamento autorizzato" , oltre al numero delle istanze totali si conteggiano anche gli articoli 2 (ampliamento) e 3 (demolizione e ricostruzione con ampliamento) con rispettivo volume e/o superficie di ampliamento. Tali informazioni permettono di quantificare gli impatti, positivi o negativi, sul tessuto urbanistico, in termini di volume e/o superficie ampliabili e di riqualificazione e recupero del patrimonio edilizio esistente.
Il monitoraggio dell'articolo 4, che riguarda gli stabilimenti balneari con strutture fisse e le infrastrutture private quali i campeggi e gli impianti sportivi e ricreativi come da Allegato S/4 del Testo Unico regionale sul Turismo (L.R. n.33/2002), non è stato effettuato dato il numero esiguo di tali strutture in tutta la Regione (secondo i dati Istat 2010 i campeggi sono 187).
Oltre a questo sono raccolte e catalogate tutte le delibere comunali di recepimento della L.R. n.14/2009, così come modificata e integrata dalla L.R. n.13/2011, e vengono anche raccolte le segnalazioni pervenute all'ufficio Piano Casa da parte dei cittadini in merito alla non corretta applicazione della legge.
Le analisi in corso riguardano la ricerca degli effetti e delle ricadute sul sistema socio-economico derivanti dall'attuazione della legge e delle ragioni per le quali abbia "funzionato" di più in alcuni ambiti regionali piuttosto che in altri. I motivi vanno ricercati sicuramente nella conformazione morfologica, nella tipologia edilizia (case singole, bifamiliari, case a schiera, ecc...), nel paesaggio, negli elementi storico-culturali e testimoniali, nella presenza di imprese artigiane edili, nel reddito pro capite, e in quanto molteplici e differenziati per ciascun ambito meritano un'indagine più approfondita.
Si vuole anche monitorare e verificare che la legge sia applicata in prevalenza sulla prima casa di abitazione, che non favorisca un eventuale utilizzo speculativo e consumo di nuovo suolo e che gli interventi non compromettano l'integrità del paesaggio e delle aree ad elevata naturalità.

I primi risultati

Secondo il Rapporto congiunturale sull'industria delle costruzioni in Veneto prodotto dall'ANCE a marzo 2012, la variazione in percentuale degli investimenti in costruzioni residenziali nel periodo 2007-2012 evidenzia un incremento del 5,5% di investimenti per manutenzioni straordinarie e recupero e una diminuzione del 43,1% per le nuove costruzioni. È chiaro che si sta verificando un'inversione di tendenza del mercato, che si sposta dalle nuove costruzioni alle manutenzioni straordinarie e recupero, dove, appunto, il Piano Casa si colloca, favorendo principalmente la riqualificazione degli edifici residenziali privati.
Osservando l'andamento delle domande sul Piano Casa presentate a livello regionale, si può notare come, da ottobre 2010 a luglio 2011 il numero sia cresciuto di circa 1.500 pratiche al mese. Tale crescita è continuata con questa dinamica anche nell'ultimo anno, infatti, a luglio 2012 si contano circa 44.400 istanze presentate (18.000 in più rispetto alle 26.361 di luglio 2011). (Figura 1.2.1)
Considerando il numero di domande presentate e un costo di investimento medio per intervento di 40.000-50.000 euro, si ipotizza a luglio 2011 un impatto del Piano Casa regionale sull'economia di 1,1-1,4 miliardi di euro, che a luglio 2012 crescerebbe fino a 1,8-2,2 miliardi di euro. Dai 2,2 miliardi di euro vanno comunque sottratti 400-500 milioni di euro di investimenti mancati che derivano dalla differenza tra il numero di istanze presentate e quelle effettivamente attivate.
In realtà gli interventi potrebbero essere molti di più se non ci fossero state troppe limitazioni imposte dalle delibere comunali di recepimento della legge. Limitazioni che riguardano anche la prima casa di abitazione.
Per analizzare l'impatto della legge sulle imprese delle costruzioni si sono prese a riferimento solamente quelle artigiane che hanno dimostrato di essere interessate dal Piano Casa. Secondo i dati di Infocamere, per tale tipo di imprese si registra una variazione in percentuale del -4,1% nel periodo 2009-2012 (nel 2° trimestre 2012 risultano essere 56.326, mentre nel 2° trimestre 2009 erano 58.719).
Quindi se il Piano Casa poteva dare un impulso maggiore alle imprese, nonostante l'andamento sempre crescente delle istanze, il risultato inferiore alle aspettative è sicuramente imputabile non solo alla crisi economica, ma anche al fatto che le amministrazioni comunali hanno aspettato troppo tempo per deliberare creando un clima di incertezza e scoraggiando gli investitori (basti pensare che circa l'87% dei comuni ha deliberato a fine novembre, dopo quattro mesi dall'entrata in vigore della legge).
Altro fattore che non ha contribuito a far crescere il numero dei cantieri più consistenti è stata la scarsa applicazione dell'articolo 3, che prevede la demolizione e la ricostruzione con ampliamento dell'abitazione (solo 813 casi in tutta la regione), che determina costi di investimento medi per intervento di gran lunga superiori a quelli stimati per l'articolo 2 (ampliamento) e tempi più lunghi di realizzazione, senza dimenticare la perdita momentanea del valore economico dell'immobile. Inoltre non è da trascurare il difficile momento economico nella compravendita di abitazioni.
Se si analizza l'andamento del numero di domande presentate nelle sette province del Veneto emerge che cinque di esse registrano un numero elevato di istanze, Padova, Venezia, Vicenza, Treviso e Verona, mentre due un numero molto contenuto, Rovigo e Belluno.
A livello regionale a luglio 2012 si sono presentate in media 76 domande per comune, con una notevole variabilità tra le province: il numero medio di istanze per comune varia da un minimo di 23 per la provincia di Belluno a un massimo di 188 per la provincia di Venezia. (Tabella 1.2.1)
Le pratiche effettivamente attivate in tutta la regione a luglio 2012 sono complessivamente 34.285 (Nota 4), pari al 77% delle domande presentate, e riguardano per la maggior parte la prima casa di abitazione. Di queste, 33.472 interessano l'articolo 2, cioè l'ampliamento, mentre 813 l'articolo 3, ossia la demolizione e ricostruzione con ampliamento. A livello provinciale, ad eccezione di Belluno, la percentuale di domande attivate è sempre superiore al 70% di quelle presentate, raggiungendo anche l'82% a Vicenza.
Si rileva che la differenza tra le pratiche presentate e quelle attivate deriva dall'eventuale richiesta di integrazioni o non ammissibilità a seguito della verifica comunale. (Tabella 1.2.2)
I comuni in cui sono state presentate più di 150 domande sono nel complesso 68 e concentrano il 45% delle pratiche. Si tratta del 12% del totale dei comuni veneti, così distribuiti per provincia:
  1. 17 comuni su 44 della provincia di Venezia (38,6%), di cui 15 con oltre 200 pratiche presentate, appartenenti soprattutto all'ambito della costa veneta e all'area del miranese;
  2. 13 comuni su 95 della provincia di Treviso (13,7%), comuni che si collocano nell'alta pianura tra Brenta e Piave, nell'ambito delle colline dell'alta marca trevigiana e nella zona di pianura a cavallo del fiume Sile;
  3. 13 comuni su 104 della provincia di Padova (12,5%), concentrati prevalentemente attorno al capoluogo e nell'ambito dei Colli Euganei;
  4. 11 comuni su 98 della provincia di Verona (11,2%), che appartengono per metà all'ambito del Garda e per metà all'area dell'alta pianura veronese; solo Legnago appartiene all'ambito della bassa pianura;
  5. 8 comuni su 121 della provincia di Vicenza (6,6%), situati negli ambiti delle Prealpi vicentine e dell'alta pianura;
  6. Rosolina, Rovigo, Adria e Badia Polesine nella provincia di Rovigo (8%);
  7. Feltre e Belluno nella provincia di Belluno (3%).
Non sempre il capoluogo di provincia detiene il primato ma, come si è verificato anche per le province di Treviso e Rovigo altre realtà urbane dimostrano di essere più adatte a recepire il Piano Casa. (Tabella 1.2.3)
Per ulteriori approfondimenti in tema di "Piano Casa" è possibile consultare il sito della Regione del Veneto, a questo link.

Figura 1.2.1

Numero di domande presentate. Veneto - Aprile 2010:Luglio 2012 (*)

Tabella 1.2.1

Numero di domande presentate e numero medio di domande per comune, per provincia. Veneto - Luglio 2011 e Luglio 2012 (*)

Tabella 1.2.2

Numero di domande attivate e percentuale sulle domande presentate, per provincia. Veneto - Luglio 2012 (*)

Tabella 1.2.3

Comuni con almeno 150 pratiche presentate per provincia. Veneto - Luglio 2012
 
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1.3 - Un modello per la rete abitativa

La dimensione "abitare", considerata in forma integrata nell'ambito del più ampio fenomeno della "qualità della vita" nel suo significato individuale, familiare, comunitario e sociale, è un fenomeno complesso, di difficile rappresentazione sintetica.
Nello schema riportato di seguito figura un tentativo di rappresentazione della "rete abitativa", a livello dei macro-fenomeni componenti e tra loro interconnessi. (Figura 1.3.1)
ll nodo centrale della rete sintetizza il macrofenomeno primario del sistema abitativo: la casa, definita nei suoi significati di
  1. edificio attrezzato per le esigenze della vita quotidiana,
  2. focolare domestico, ambito delle relazioni affettive e della privacy,
  3. dimora nel contesto della comunità locale in cui l'edificio è ubicato.
I due nodi collocati sull'asse verticale del nodo centrale della rete riguardano la famiglia (in alto) e la comunità (in basso). La famiglia è il nucleo di persone (o la persona) a cui la casa deve garantire qualità abitativa soddisfacente; la comunità è lo spazio fisico e vitale esterno in cui la casa è ubicata, le cui caratteristiche contribuiscono non poco a determinare le condizioni abitative della famiglia.
A sinistra del nodo centrale "casa" è collocato il nodo concernente i "bisogni abitativi" della famiglia, che definiscono il concetto di "qualità abitativa" in senso stretto, intesa come capacità del sistema abitativo di garantire il soddisfacimento delle esigenze delle persone collegate con la dimensione "abitare" della qualità della vita. Le tematiche affrontate sono quelle tipiche presenti nei report, soprattutto di livello internazionale, relativi alla "qualità dell'abitare":
  1. tipologia abitativa (villa, appartamento in condominio),
  2. caratteristiche dell'edificio e degli impianti,
  3. beni durevoli presenti,
  4. affollamento,
  5. titolo di godimento,
  6. sostenibilità (percepita ed economica) del possesso dell'abitazione,
  7. vissuto rispetto alla qualità dell'ambiente comunitario,
  8. livello di gradimento per le condizioni abitative.
Il nodo di destra della rete rappresentata è infine dedicato alle variabili "strumentali" dell'abitare, cioè agli interventi di natura pubblica (politiche e strategie sociali) ed economico-privato (settore edilizio) mirate a mantenere e a migliorare nel tempo la qualità delle condizioni abitative della popolazione. I nodi sono tutti collegati tra di loro, direttamente o attraverso il nodo centrale "casa".

Figura 1.3.1

Modello della rete abitativa
 
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1.4 - Un modello per le decisioni di sviluppo del sistema abitativo

Il ruolo fondamentale della statistica è quello di fornire informazioni che riducano il grado di incertezza sui fenomeni oggetto di interesse, in modo da sostenere i soggetti decisori nella pianificazione e nella valutazione di politiche e strategie volte allo sviluppo della comunità. Per sviluppo si intende la tendenza al miglioramento delle condizioni e della qualità della vita della popolazione che vive e lavora in un territorio, la prospettiva di miglioramento dell'ambiente umano e naturale, stabile e garantito anche per le future generazioni. Al concetto di sviluppo si associa solitamente quello di sostenibilità che riguarda prevalentemente l'equilibrio da mantenere tra le componenti fondamentali del sistema, cioè il bilanciamento degli obiettivi e delle azioni di natura economica, sociale e ambientale, compresi quelli a impatto indiretto e di lungo termine.
Lo schema seguente raffigura la sintesi di un modello per le decisioni di sviluppo del sistema dell'abitare e in particolare modo le relazioni tra i bisogni della comunità e le strategie che il policy maker dovrà implementare nel progettare un sistema dell'abitare di qualità.
Nell'ambito dell'abitare, le decisioni di politica si riferiscono a obiettivi generali di miglioramento dei livelli e delle condizioni abitative e quindi della qualità di vita. Tali obiettivi vengono definiti a partire dai bisogni dei cittadini in termini di tutela del diritto a un adeguato abitare. (Figura 1.4.1)
Nello schema si possono facilmente riconoscere due ordini di variabili: le variabili "finali" e quelle "strumentali". Le variabili finali esprimono in forma diretta gli aspetti del livello e della qualità della vita rispetto alla dimensione dell'abitare. Nello specifico, livelli di condizioni abitative, esposizione al disagio abitativo e vissuto di qualità percepita dell'abitare sono le varabili finali su cui dimensionare le scelte di politica dello sviluppo e attraverso le quali misurare i risultati (gli esiti) delle azioni di sviluppo.
Le variabili finali si distinguono da quelle strumentali, che riguardano i mezzi, gli strumenti e le modalità di azione da utilizzare per perseguire le decisioni di politica e quindi gli obiettivi fissati in termini di auspicati livelli di qualità dell'abitare. Tale distinzione è motivata dall'esigenza di non confondere, nelle analisi così come nelle decisioni di sviluppo, i fini con i mezzi, rischio tutt'altro che trascurabile nell'attività di pianificazione progettuale, dove i soggetti decisori tendono spesso a concentrarsi sui mezzi piuttosto che sugli obiettivi.
Per raggiungere gli obiettivi di miglioramento della qualità dell'abitare è necessario effettuare scelte e decisioni di strategia riferite al sistema produttivo, ovvero al complesso di risorse, strutture, processi e prodotti che caratterizzano i servizi dell'abitare; il sistema produttivo rappresenta l'area delle variabili strumentali.
Le scelte di strategie di intervento da attivare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati si possono distinguere in:
  1. Decisioni di strategia tecnico-produttiva
  2. 1) Decisioni di strategia organizzativa
    2) Decisioni di strategia strumentale
  3. Decisioni di strategia allocativa e di impiego delle risorse.
Le prime comportano cambiamenti al sistema dei prodotti in senso tecnico, sia in termini di nuovi prodotti che di miglioramento dei prodotti esistenti, così da influenzare la qualità dell'abitare; le altre invece si riferiscono a modifiche delle strutture, dei processi e nell'allocazione e impiego delle risorse.
Le diverse tipologie di decisione sono interconnesse: la creazione di nuovi prodotti, attraverso i quali il sistema risponde meglio ai bisogni della comunità, ha spesso implicazioni nell'organizzazione delle strutture e dei processi del sistema; a sua volta i cambiamenti nell'organizzazione del sistema possono richiedere cambiamenti nell'allocazione o nell'impiego delle risorse.
La distinzione tra strategie tecnico-produttive e strategie organizzative/strumentali e allocative di risorse assume particolare rilievo oggi, in quanto la cultura tende a confonderle, anzi le ultime due a volte sembrano prevalere sulla prime: cambiamenti organizzativi, strumentali e allocativi di risorse, se non mirati a modifiche sostanziali nei prodotti, non contribuiscono a un effettivo miglioramento degli esiti. (Figura 1.4.2)
Nel successivo prospetto si riportano alcuni esempi di decisioni progettuali classificate secondo lo schema concettuale sopra esposto. (Figura 1.4.3)

Figura 1.4.1

Schema del modello generale di struttura e funzionamento del sistema abitativo e tipologia di decisioni di sviluppo

Figura 1.4.2

Sintesi del modello decisionale di riferimento

Figura 1.4.3

Esempi di decisioni di tipo progettuale per l'area dell'abitare
 
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1.5 - Quali conoscenze per le scelte di politica dell'abitare

Non è possibile in questo rapporto documentare, sia pure in forma sintetica e generale, tutti i fenomeni dell'abitare richiamati nei modelli descritti in precedenza. I contenuti conoscitivi riguarderanno prevalentemente il blocco delle variabili di "bisogno dell'abitare", vale a dire le variabili finali dello sviluppo, con l'obiettivo di individuare nel sistema dell'abitare veneto, messo a confronto anche con altri territori, punti di forza e di criticità, per offrire ai soggetti decisori basi conoscitive statisticamente documentate a supporto delle scelte di politica.
Lo sviluppo delle conoscenze statistiche in tema di qualità dell'abitare rientra fra le priorità informative individuate dal Programma Statistico Regionale, approvato con la Delibera del Consiglio Regionale n. 56/2007. La scelta di tale ambito si giustifica alla luce delle considerazioni di seguito riportate.
  1. L'abitazione è un aspetto molto importante della qualità della vita dei cittadini ed è un diritto fondamentale da tutelare e garantire a tutti.
  2. Le variabili finali del sistema dell'abitare, ossia i livelli delle condizioni abitative, l'esposizione al disagio abitativo, anche economico, nonché la percezione delle proprie condizioni abitative, sono attualmente poco documentate e analizzate, pur assumendo un ruolo di grande rilievo ai fini dello sviluppo dei sistemi informativi e conoscitivi di sostegno alle decisioni di politica.
  3. Sono molti i soggetti che a vario titolo partecipano al sistema dell'abitare: non solo le istituzioni pubbliche direttamente coinvolte nel processo decisionale, ma anche le organizzazioni private e le associazioni, nonché gli stessi cittadini. Tale prospettiva consente di realizzare un'altra priorità del Programma Statistico Regionale: far rete nell'ambito del SISTAR, almeno per il momento e in questa occasione, a livello della comunicazione dei risultati dello studio.
  4. Esistono fonti informative sulle variabili finali oggetto della ricerca che sono poco esplorate a livello regionale e che consentono, senza ulteriori sforzi di rilevazione, analisi statistiche e produzione di conoscenze nuove e pertinenti con le esigenze di sostegno alle decisioni di politica abitativa.
  5. Sul piano statistico, le elaborazioni prodotte hanno posto al gruppo di ricerca stimoli e sfide metodologiche interessanti.
La sequenza dei contenuti della monografia è presentata nel seguente diagramma di flusso. (Figura 1.5.1)
Nei rettangoli centrali del flusso sono riportati i titoli dei capitoli: la prima parte del titolo è dedicata al contenuto conoscitivo, la seconda evoca la problematica ispiratrice e i risultati essenziali dell'analisi statistica.
I rettangoli a fianco, a destra e a sinistra, di quello centrale contengono, invece, due quesiti conoscitivi fondamentali ai quali la documentazione statistica del capitolo ha cercato di offrire risposte essenziali.
Nel capitolo conclusivo si presenta una sintesi dei punti di forza e di criticità del sistema dell'abitare del Veneto, qui considerato. Particolare attenzione è dedicata alle criticità, in quanto è a queste che vanno riferiti gli obiettivi di sviluppo della qualità del sistema dell'abitare nella pianificazione degli interventi di politica. Ugualmente importanti sono anche i punti di forza del sistema, che rappresentano livelli ottimali o soddisfacenti di qualità già raggiunti e da mantenere, anche attraverso azioni di contrasto a eventuali rischi di regressione.
Le appendici finali sono dedicate nell'ordine a
  1. "Procedure statistiche": breve descrizione delle principali rilevazioni statistiche da cui sono stati estratti i microdati o macrodati utilizzati nelle analisi presentate nel testo;
  2. "Metodi statistici": descrizione della costruzione dei principali indicatori statistici considerati nel rapporto, del loro valore conoscitivo e decisionale;
  3. "Glossario": di alcuni termini usati nel testo che richiedono un'accurata definizione per non essere assunti con significato ambiguo,
  4. "Bibliografia e sitografia" essenziale di riferimento.
Non resta che augurare ai lettori una buona consultazione del volume, auspicando siano essi numerosi e interessati a partecipare alle vicende e alle decisioni dell'abitare con spirito di orientamento ai "fini", cioè ponendo al centro le questioni che riguardano la garanzia delle condizioni abitative delle persone, fondamentali per una buona qualità di vita dei cittadini.
I "mezzi", cioè le risorse, le strutture, l'organizzazione e tutti i processi della produzione del sistema dell'abitare, sono importanti ed essenziali ma vanno orientati e subordinati ai fini.
Erich Fromm, psicoanalista e sociologo tedesco (1900-1980), a proposito di mezzi e fini diceva: "Si lavora per fare più denaro; si impiega il proprio denaro per fare ancora più denaro e il fine, cioè il godimento della vita, viene perso di vista. Gli uomini hanno fretta e inventano cose per avere più tempo. E poi impiegano il tempo così risparmiato per precipitarsi a guadagnare ancora più tempo, finché si sentono tanto esausti, da non poter più usare il tempo che hanno risparmiato. Ci siamo ormai invischiati in una rete di mezzi e abbiamo perso la visione dei fini."

Figura 1.5.1

Sequenza dei contenuti conoscitivi e quesiti fondamentali