Regione del Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale
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Rapporto Statistico 2013
Capitolo 4

Le imprese venete: I processi di cambiamento di chi resiste alla crisi

Per uscire dalla recessione l'economia ha bisogno di intraprendere un percorso di trasformazione e rafforzamento della propria struttura produttiva e finanziaria. A ciò devono concorrere tutte le forze sociali e produttive del sistema paese, in primis le imprese, supportate dalle banche e dall'apparato politico.
Già nel Rapporto Statistico dello scorso anno sostenevamo che la crisi può essere vista come un'opportunità di rivisitazione delle strategie aziendali non soltanto per contenere le perdite, ma per accrescere il proprio potere competitivo puntando su nuove leve strategiche. Trasformazione e sviluppo aziendale sono fortemente correlate in quanto è la flessibilità che consente di superare questo difficile momento. Le azioni di trasformazione aziendale messe in atto per superare lo storico rapporto crisi-ristrutturazione, visto come fenomeno puntuale e congiunturale, possono portare ad un'azione evolutiva che migliora lo status aziendale.
Questo capitolo studia lo zoccolo duro delle imprese venete: quelle rimaste sempre attive nel periodo 2005:2010 e abbastanza strutturate, ossia dai 10 addetti in su. La finalità è individuare le caratteristiche delle imprese non micro che hanno mantenuto o addirittura migliorato alcune variabili finanziarie, tra cui il fatturato e la redditività negli ultimi anni, in modo da definirne le caratteristiche per poterne intuire i punti di forza.
 
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4.1 Le imprese dello zoccolo duro

Incrociando vari archivi di tipo statistico, amministrativo e contabile, abbiamo ottenuto un plafond di 16.729 imprese sempre attive nel periodo 2005:2010, ossia il 66,6% del totale delle imprese venete con più di 10 addetti nel 2010, che complessivamente corrispondono all'impiego del 77,4% degli addetti delle medesime. Rispetto alla totalità delle imprese venete lavoreremo sul 4,2% delle imprese e il 42,7% degli addetti.
Escludendo le imprese con meno di 10 addetti non si tiene conto della gran parte delle ditte individuali, composte per lo più da esercenti e professionisti. Inoltre, si perdono quelle aziende particolarmente flessibili che cessano soltanto per rinascere sotto altra forma (Nota 1) ; nonostante ciò si è deciso di studiare questo sottoinsieme perché da un lato rappresenta la solidità dell'impresa veneta, dall'altro la stabilità su cui ha senso implementare una vera politica industriale mirata a sostenere la crescita e lo sviluppo di queste imprese nei nuovi mercati globalizzati.
La classe dimensionale prevalente è quella tra i 10 e i 19 addetti, la forma giuridica predominante è la società di capitali. Fin qui niente di nuovo, viene confermato che il tessuto economico del Veneto, come quello del resto d'Italia, è costituito da piccole-medie imprese e quelle più "resistenti" sono le maggiormente strutturate da un punto di vista giuridico. Il fattore più interessante è la composizione settoriale: oltre la metà delle imprese studiate è di tipo manifatturiero. Se si considera che rispetto al totale complessivo delle imprese venete, almeno nell'ultimo decennio, il comparto manifatturiero ne rappresenta circa un ottavo (un terzo in termini di produzione di ricchezza), questo dato dovrebbe far riflettere sul fatto che le imprese dell'industria in senso stretto sembrano le più stabili e robuste nel tempo.
Fatto 100 l'intero manifatturiero, il comparto più importante risulta la metallurgia (19,4%), seguito dal settore moda (16,3%), dal settore che aggrega "gioielli, mobili e articoli sportivi", dalla chimica e dalla meccanica.
Il 38% delle unità del nostro studio è composto da attività del terziario, tra le quali il commercio fa la parte del leone (16%). (Figura 4.1.1)
Le industrie del secondario della nostra coorte sono state raggruppate rispetto alla classificazione che riunisce i settori dell'industria manifatturiera in quattro classi definite in base al tipo di attività, all'intensità tecnologica e alle caratteristiche della produzione e dei mercati, basata su una rielaborazione della tassonomia di Pavitt (1984) (Nota 2) : sono i Settori dell'industria "tradizionale", Settori caratterizzati da "offerta specializzata", Settori caratterizzati da una "elevata intensità di ricerca e sviluppo", Settori con "elevate economie di scala". Il 45% del nostro manifatturiero si classifica nell'industria tradizionale, il 26,4% nei settori ad elevate economie di scala, il 25,3% nei settori caratterizzati da offerta specializzata e soltanto il 3,4% nei settori che si distinguono per elevata intensità di ricerca e sviluppo.
Anche le imprese del terziario sono state ripartite sulla base della classificazione che raggruppa i servizi (Nota 3) in quattro classi definite in base al tipo di attività e al contenuto di conoscenza, derivata da una classificazione Eurostat/Ocse (Nota 4) : Servizi tecnologici ad alto contenuto di conoscenza o ad alta tecnologia, Servizi di mercato ad alto contenuto tecnologico di conoscenza o di mercato, Servizi finanziari, Altri servizi. La predominanza del terziario è ascrivibile alla categoria degli "altri servizi", che rappresentano il terziario tradizionale: il commercio, i servizi legati al turismo (alloggio e ristorazione) e i trasporti; questi rappresentano il 76,7% delle nostre 5.707 imprese dei servizi delle divisioni ateco considerate, seguiti da un 16,2% di servizi di mercato ad alto contenuto tecnologico di conoscenza o di mercato, dal 5% di servizi tecnologici ad alto contenuto di conoscenza o ad alta tecnologia e dal 2,2% di servizi finanziari. (Figura 4.1.2) (Figura 4.1.3)
Delle 16.729 imprese studiate, circa il 40% opera con l'estero nel 2010, per lo più per importi sotto il milione di euro. E' necessario osservare che comunque sono gli operatori che esportano merci per oltre 5 milioni di euro a coprire l'84,5% del valore totale dell'export nel 2010.
Il valore dell'export si distribuisce in proporzione alla numerosità e alla dimensione d'impresa: le 2.537 imprese esportatrici fino a 19 addetti coprono il 6,5% dell'export effettuato dal nostro insieme di imprese nel 2010, le 2.588 imprese esportatrici dai 20 ai 49 addetti esportano merci per una quota del 16,8%, le 1.420 imprese esportatrici appartenenti alla classe di addetti 50-249 esportano ben il 40,9% e infine le 204 grandi imprese esportatrici con 250 addetti e più, spesso appartenenti a grandi gruppi multinazionali, coprono il 35,8% dell'export.
Delle 6.749 imprese che esportano i propri prodotti all'estero, il 41,8% raggiunge fino a cinque mercati, il 14,2% da sei a dieci mercati e ben il 44,1% copre oltre dieci mercati nel mondo.
A livello settoriale, il comparto che registra la somma di fatturato estero più elevata è quello della meccanica (21,6%), seguito dalla moda (20,2%) e dalle altre manifatturiere - oro, arredamento e occhialeria - (14,6%).
Tra le imprese studiate soltanto il 5,1% investe in ricerca e sviluppo (R&S), ma copre oltre il 75% della spesa totale privata in R&S in Veneto effettuata nel 2010. Il dato individuale sulla spesa in R&S è disponibile soltanto a partire dal 2008, quindi tale variabile d'ora in avanti sarà studiata solo per il periodo 2008:2010.
Fatto 100 il totale della spesa in R&S delle imprese analizzate, soltanto il 6,5% di questa è effettuato da imprese che non operano con l'estero; il 33% della spesa proviene da imprese che fatturano con l'estero fino a 5 milioni di euro, il 32,2% da imprese che esportano da 5 a 50 milioni di euro e l'ultimo 28,3% di spesa in R&S può essere imputato all'attività di operatori che fatturano con l'estero 50 milioni di euro e oltre.
La distribuzione per classe di fatturato evidenzia una forte concentrazione di imprese nelle classi di fatturato intermedie: il 10,8% di imprese fattura fino a 1 milione di euro, il 49,7% fattura nel 2010 tra 1 e 5 milioni di euro, il 28,4% tra 5 e 20 milioni di euro e il rimanente 11,2% supera i 20 milioni di euro di fatturato annuo.

Figura 4.1.1

Distribuzione percentuale delle imprese manifatturiere studiate per categoria economica - Anno 2010

Figura 4.1.2

Distribuzione percentuale delle imprese esportatrici studiate e del valore delle esportazioni per classe di export dell'impresa - Anno 2010

Figura 4.1.3

Distribuzione percentuale del valore delle esportazioni delle imprese manifatturiere studiate per categoria economica d'impresa - Anno 2010
 
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4.2 L'evoluzione negli anni

Valutiamo i cambiamenti strutturali di queste 16.729 imprese attraverso l'evoluzione del loro ammontare di addetti. I dati medi e mediani (Nota 5) del numero di addetti per impresa non differiscono molto nel periodo 2005:2010, rimangono attorno al valore di 40-43 addetti (media) e 18-19 addetti (mediana). Osservando la tabella a doppia entrata con i dati 2005 e 2010 è più evidente la trasformazione dimensionale negli anni.
La diagonale principale della tabella riporta la "permanenza" nelle dimensioni iniziali tra il 2005 e il 2010. Valori al di sopra (sotto) della diagonale indicano invece un avanzamento (regresso) verso dimensioni più elevate (minori).
La prevalenza di aziende rimane nella stessa classe di addetti, ma dal 2005 al 2010 si rileva qualche spostamento: il 12,1% da piccola azienda nel 2005 passa alla classe dimensionale superiore nel 2010; le imprese da 20 a 49 addetti si spostano per il 18,3% nella classe inferiore e per l'8% alla classe superiore; anche le imprese medio-grandi tendono a ridurre il personale: il 13,6% passa alla dimensione 20-49, mentre solo il 3% supera i 250 addetti; infine il 13% delle grandi imprese, spesso appartenenti a gruppi multinazionali in cui le riorganizzazioni aziendali sono molto frequenti, scende di una classe dimensionale. In realtà, studiando i dati anno per anno si osserva dal 2005 un progressivo spostamento verso la classe dimensionale superiore fino al 2009, anno critico, in cui a fronte di un piccolo aumento di imprese oltre i 250 addetti, vi è uno slittamento delle classi intermedie ed un aumento della classe 10-19. (Figura 4.2.1) (Tabella 4.2.1)
Lo stesso andamento si osserva per gli operatori con l'estero: è con il 2009 che generalmente la classe di fatturato estero si riduce, mentre nel 2010 si osserva un aumento di quanti immettono le proprie merci all'estero, spinti probabilmente dalla crisi a investire nelle vendite verso mercati stranieri. Risulta infatti che l'11% delle 10.372 imprese che nel 2005 non esportavano diventano operatori con l'estero per valori fino a 1 milione di euro. Gli operatori fino a 1 milione e quelli tra 1 e 5 milioni si muovono sia nella classe inferiore che in quella superiore, mentre sono più stabili gli operatori di volumi più consistenti. (Tabella 4.2.2)

Figura 4.2.1

Distribuzione del numero di addetti alle imprese.  Indici di media e di posizione (*) - Anni 2005:2010

Tabella 4.2.1

Distribuzione percentuale delle imprese per classe di addetti - Anni 2005 e 2010

Tabella 4.2.2

Distribuzione percentuale delle imprese per classe di export - Anni 2005 e 2010
 
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4.3 Come sono cambiate le performance finanziarie

Incrociando gli archivi statistici con quelli amministrativi e contabili, siamo stati costretti a ridurre la numerosità della nostra coorte di imprese, salvando comunque la quasi totalità delle società di capitale. Sono stati considerati i valori unitari di bilancio di oltre 11.000 imprese venete tra quelle oltre i 10 addetti sempre attive nel periodo 2005:2010 per fare delle valutazioni dell'incidenza della crisi sui principali indici di bilancio. (Tabella 4.3.1)
Osservando la tabella a doppia entrata con i dati 2005 e 2010 per classe di fatturato si nota che la permanenza nella classe di fatturato del 2005 è tendenzialmente più elevata per le classi di fatturato alte; i valori al di sotto della diagonale non sono molto significativi, a dimostrazione che negli anni è più probabile un miglioramento del proprio volume di vendite.
Più nel dettaglio, il grafico boxplot ben sintetizza i risultati ottenuti: il fatturato mediano, quello medio e i valori del terzo quartile sono crescenti negli anni dal 2005 al 2008, per poi scendere nel 2009 e riprendere leggermente la risalita nel 2010, quando s'intravedeva quella che poi si è rivelata una breve ripresa. Si nota anche nel 2009 la maggior concentrazione di imprese attorno al valore mediano, il che indica una contrazione generalizzata del fatturato sia tra le grandi che le piccole imprese. (Figura 4.3.1) (Figura 4.3.2)
Dall'analisi dei grafici boxplot si osserva che l'andamento è simile per i principali comparti manifatturieri, cambiano ovviamente i valori medi di fatturato rispetto alla merce prodotta, sia i valori medi che mediani risultano più elevati per gli operatori con l'estero.
Mettendo a confronto il fatturato annuale mediano per i principali settori economici riscontriamo lo stesso trend generale riscontrato nei grafici boxplot, ma si nota il peso diverso dell'effetto crisi: mentre il fatturato mediano nei servizi è molto appiattito e il suo calo nel 2009 è impercettibile, quello dell'industria si pone a livelli più elevati dal 2005 al 2008, per abbassarsi più bruscamente nel 2009 e quasi livellarsi a quello dei servizi. (Figura 4.3.3) (Figura 4.3.4)
Alcune tipologie di imprese che fanno parte della nostra coorte meritano delle riflessioni a parte: gli operatori con l'estero, quelle che investono in R&S e quelle che presentano entrambi i fattori. In questi tre casi si osservano valori di fatturato, e dei relativi indici di media e di posizione, più elevati rispetto al totale delle imprese complessivamente studiate. La domanda è banale: l'essere internazionalizzate e/o credere nell'innovazione sono causa o conseguenza delle migliori performance? Il nostro studio è ancora in fase embrionale e di tipo descrittivo e per ora non siamo in grado di dare una risposta esaustiva, registriamo quanto emerge dai numeri. E' vero però che esiste una correlazione positiva tra redditività, esportazioni e spesa in R&S, come confermato da studi pregressi (Nota 6) .
Il fatturato annuale è stato studiato anche per i settori principali dell'economia veneta: il commercio detiene i valori mediani più elevati, seguito da meccanica e moda che stanno sopra il fatturato mediano complessivo.
Un'ulteriore disaggregazione dei settori per classe di addetti è indicativa sull'andamento mediano del fatturato nell'arco temporale sotto osservazione. Le imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 19 raggiungono un fatturato mediano più elevato nei servizi piuttosto che nell'industria e sono sempre i servizi a risentire in maniera meno pesante degli effetti della crisi nel 2009. Dai 20 addetti in su è l'industria a fatturare valori più elevati, con un gap rispetto ai servizi che cresce al crescere della dimensione in termini di addetti. (Figura 4.3.5)
Ovviamente la performance economica di una organizzazione non può essere valutata solamente attraverso l'analisi del fatturato, ma occorre considerare il valore dei costi richiesti per raggiungere quel fatturato e l'impegno delle risorse.
Per questa ragione abbiamo valutato l'andamento del ROI, ma soprattutto ci siamo concentrati sul margine operativo lordo.
Il ROI relaziona l'utile operativo con il capitale investito, misurando il ritorno degli investimenti; esso dà indicazioni relativamente alla solidità, ai potenziali reddituali dell'azienda, alla capacità dell'azienda di perdurare nel tempo, adattandosi alle evoluzioni esterne ed interne. (Figura 4.3.6)
Per questo indicatore i valori di media e mediana quasi coincidono e vi è maggiore concentrazione verso i valori centrali, che si possono definire pienamente soddisfacenti e migliori di quelli nazionali (Nota 7) . In questo caso si osserva il calo già a partire dal 2008 e anche se c'è un lieve rialzo nel 2010, siamo ancora lontani dai risultati del 2007.
L'altro indicatore scelto per compiere valutazioni sulla redditività aziendale è l'EBITDA (Nota 8) , quasi equivalente all'italiano MOL (margine operativo lordo), un indice basato solo sulla gestione caratteristica dell'azienda e calcolato da ricavi meno costi, escludendo da questi interessi passivi, imposte, ammortamenti e svalutazioni. È utile per confrontare la redditività delle imprese in quanto non tiene conto delle politiche finanziarie e di bilancio (Nota 9) . Inoltre, l'EBITDA è oggi generalmente usato per misurare la capacità di una società di ripagare il debito di costituzione di impresa. Un EBITDA positivo indica, infatti, che la società realizza utili tali da coprire i costi operativi e il costo del personale; corrisponde quindi alla produzione di guadagno che poi potrà essere destinato a tasse, ammortamenti, deprezzamenti. (Figura 4.3.7) (Figura 4.3.8)
Anche l'EBITDA inizia a calare leggermente nel 2008, in modo più rilevante nel 2009, ma già nel 2010 si vede come le imprese siano tornate a cercare di recuperare la marginalità storica.
Questo indicatore conferma la redditività superiore di chi esporta le proprie merci e chi effettua ricerca. In generale l'industria mantiene livelli più alti di EBITDA, ma la forbice con il terziario si riduce negli anni di crisi.

Tabella 4.3.1

Distribuzione percentuale delle imprese per classe di fatturato - Anni 2005 e 2010

Figura 4.3.1

Distribuzione del fatturato. Indici di media e di posizione (*) - Anni 2005:2010

Figura 4.3.2

Distribuzione del fatturato per alcune tipologie d'impresa. Indici di media e di posizione (*) - Anni 2005:2010

Figura 4.3.3

Valori mediani del fatturato per alcune tipologie d'impresa. Veneto - Anni 2005:2010

Figura 4.3.4

Valori mediani del fatturato per alcuni settori d'impresa. Veneto - Anni 2005:2010

Figura 4.3.5

Valori mediani del fatturato per alcune tipologie d'impresa e per classe dimensionale - Anni 2005:2010

Figura 4.3.6

Distribuzione dell'indice sul ritorno degli investimenti (ROI)(*).  Indici di media e di posizione (**) - Anni 2005:2010

Figura 4.3.7

Distribuzione dell'EBITDA (*). Indici di media e di posizione (**) - Anni 2005:2010

Figura 4.3.8

Valori mediani dell'EBITDA (*) per alcune tipologie d'impresa. Veneto - Anni 2005:2010
 
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4.4 Le migliori performance economico-sociali

Dopo aver valutato l'andamento nel tempo di queste imprese ci chiediamo quali tra esse abbiano avuto i risultati migliori contemporaneamente in termini di redditività e di aumento dimensionale.
La situazione più performante è l'associazione + redditività + occupazione, in quanto, lì dove questo sviluppo si realizza, si produce di più e meglio, si crea un vantaggio competitivo per nuove merci (beni o servizi che siano), si espandono i settori i cui prodotti il mondo richiede, si aumenta la qualità della vita complessiva.
La redditività può anche aumentare per tutt'altri motivi (Nota 10) , ad esempio, se si contraggono settori a bassa produttività media (è il caso ad esempio dell'edilizia) oppure si ristrutturano le imprese per ottenere gli stessi volumi di produzione con minor impiego di mano d'opera, accade che maggior redditività corrisponda a minor occupazione.
A noi interessa valutare l'impresa nel suo aspetto non solo economico, ma anche sociale, in quanto maggiore è l'occupazione che offre l'impresa, maggiore è il contributo alla distribuzione della ricchezza sul territorio, al progresso, al benessere di quanti vi lavorano e all'indotto.
Perciò, tra le tipologie studiate, osserviamo le caratteristiche di chi ha migliorato la sua posizione in termini di aumento di redditività, misurata attraverso l'EBITDA, e occupazione. La crescita di questi due fattori è stata calcolata attraverso la loro variazione media annua dal 2005 al 2010 (Nota 11). (Figura 4.4.1)
E' confortante osservare che le imprese della nostra coorte, studiate nella loro totalità, registrano un aumento di redditività proporzionale all'aumento di addetti.
La differenziazione nei risultati aziendali sembra conseguenza della dimensione dell'impresa: se le piccole imprese (10-19 addetti) nel periodo 2005:2010 soffrono, registrando variazioni medie annue negative sia in ambito occupazionale che in quello della redditività aziendale, le medie tendono a mantenere il proprio status, mentre le grandi migliorano decisamente. Le imprese con un numero di addetti tra 50 e 249 mostrano una crescita proporzionale tra redditività e occupazione, mentre quelle con oltre 250 addetti migliorano ulteriormente l'occupazione.
Tra i settori economici, il terziario dimostra di avere le perfomance migliori, ad eccezione dei servizi immobiliari, che vedono una diminuzione del numero di addetti, e delle attività professionali e legate alla ricerca che calano sia in termini di EBITDA che di occupazione.
L'analisi per comparti mette in luce all'interno del settore manifatturiero la performance particolarmente positiva delle imprese agroalimentari: la variazione media annua è superiore alla crescita media dell'universo di imprese osservato sia per gli addetti, unico caso del comparto manifatturiero, che per la redditività aziendale ed è riscontrabile in tutte le classi di addetti analizzate. Elevate variazioni medie annue di redditività sono state realizzate anche dalle imprese produttrici di beni elettronici, prossime ai tre punti percentuali annui, che però non sono state accompagnate da performance altrettanto dinamiche dal punto di vista occupazionale. In questo settore la dimensione d'impresa, la presenza nei nuovi mercati e il livello tecnologico del prodotto sembrano rilevarsi caratteristiche fondamentali per lo sviluppo e il successo di queste imprese.
Sono due i comparti ad aver avuto un'evoluzione negativa: la moda e i mezzi di trasporto. Il settore moda paga più di altri la concorrenza estera che sta diventando ogni giorno più efficace, con livelli di costi inarrivabili. I dati negativi sulla dinamica degli addetti delle imprese osservate possono essere in parte spiegati dalle grandi trasformazioni avvenute in questo comparto. Per superare la crisi è necessario che le imprese del settore moda si inseriscano da protagoniste nei nuovi mercati, puntando sul valore stilistico e di innovazione, e rinunciando definitivamente all'impari sfida dei prezzi. Quanto ai mezzi di trasporto, le note positive arrivano solo dalle grandi aziende esportatrici (26 imprese con un fatturato estero superiore ai 5 milioni di euro su un totale di 108) che incrementano sia gli addetti (+1% annuo) che la redditività (+3% annuo), mentre il percorso di uscita dalla crisi si sta rivelando sempre più impegnativo per quelle più piccole (-6,6% la variazione media annua degli addetti e -12,6% la variazione media annua della redditività aziendale).
La chimica ha aumentato gli addetti, ma diminuito la redditività, probabilmente per i costi elevati delle materie prime negli ultimi anni, poiché anche questo settore ha registrato un aumento nelle vendite nel periodo dal 2005 al 2010.
La nostra coorte d'imprese è stata classificata in base ai macro settori economici di appartenenza, ma anche in base al suo rapporto con i mercati (interno/estero) e i suoi investimenti in R&S. I valori più performanti si registrano nei servizi, seguiti da chi investe in ricerca, da chi esporta e da chi possiede entrambi questi fattori. (Figura 4.4.2) (Figura 4.4.3) (Figura 4.4.4)
Questo lavoro è ancora in una fase iniziale, in quanto manca ancora di un'analisi di tipo inferenziale sulle imprese della coorte e non permette di registrare l'intensità degli effetti della crisi tuttora persistente, visto che i dati disponibili si fermano al 2010. Tuttavia, ci permette di provare numericamente alcune ipotesi che spesso gli operatori aziendali già intuiscono, ma di cui non c'era ancora una dimostrazione statistica.
La dimensione d'impresa è importante, esiste una vastissima letteratura sul tema che afferma come la grande impresa riesca, attraverso la sua strutturazione, a contenere costi, essere più competitiva, diversificare l'offerta di prodotti, operare su mercati esteri che compensino il ciclo congiunturale negativo interno, e, infine, investano di più in ricerca e innovazione. Esistono però anche molti studi che esaltano le capacità delle PMI (Nota 12) , magari organizzate in distretti o reti, che affrontano i mercati con maggiore flessibilità ed un uso più appropriato delle risorse disponibili.
Dal nostro studio emerge che le imprese più performanti sono le imprese di media e grande dimensione, che sono quasi tre mila (20,7% delle imprese osservate) e impiegano il 66,6% degli addetti della nostra coorte (dato 2010), mentre le tra piccole imprese riescono ad emergere solo quelle che riescono ad innovare e investono in ricerca.
Può stupire che emerga il comparto dei servizi come il più performante, quando nei paragrafi precedenti abbiamo visto che il valore mediano del fatturato dell'industria è sempre superiore. Ciò è dovuto in parte al fatto che i costi dell'industria sono in generale superiori, quindi vanno ad abbassare il nostro indicatore di redditività, in parte alla presenza di vertici di gruppi nelle imprese del terziario che beneficiano dell'attività di ricerca e vendita all'estero di altre imprese appartenenti al gruppo stesso.
Non stupisce invece la buona affermazione delle imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e operano con l'estero, già rilevata nei paragrafi precedenti, ma che in questi grafici dimostra un miglioramento della redditività più che proporzionale a quello dell'occupazione.
Da queste elaborazioni preliminari è nostra intenzione fare degli approfondimenti e implementare un modello econometrico che ci permetta di investigare ulteriormente su redditività, globalizzazione, innovazione e investimenti aziendali. (Figura 4.4.5) (Figura 4.4.6)

Figura 4.4.1

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per classe di addetti

Figura 4.4.2

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per settore economico

Figura 4.4.3

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per il comparto manifatturiero

Figura 4.4.4

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per tipologia d'impresa

Figura 4.4.5

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per tipologia d'impresa con classe di addetti 10-19

Figura 4.4.6

Tasso di crescita medio annuo 2010/05 dell'EBITDA (*) e degli addetti per tipologia d'impresa con classe di addetti 50-249