I numeri del Veneto
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I numeri del capitolo 1

La ripresa del ciclo economico all'insegna della razionalizzazione delle risorse
I dati del 2010 confermano la ripresa: il prodotto mondiale cresce del 5%, trascinato dalla ripresa dei flussi commerciali internazionali, +12,4%, e dalle economie dei paesi emergenti e in via di sviluppo che registrano una crescita del 7,3% nel 2010. La ripresa della produzione industriale nel 2010 fa registrare una forte crescita dei prezzi delle materie prime: l'aumento dei prezzi delle materie prime alimentari, iniziata nei mesi estivi del 2010, si protrae nei mesi successivi; i prezzi delle commodities industriali sono guidati dal rialzo delle quotazioni del petrolio. L'Unione europea chiude l'anno con una crescita dell'1,8%, così come l'Area Euro, dimostrando il consolidamento della ripresa. In Italia l'aumento del PIL nel 2010 è pari all'1,3%, ma nonostante la crescita di consumi privati e investimenti, i livelli rimangono ben al di sotto di quelli pre-crisi a causa della caduta del 2009.
I dati ufficiali di contabilità regionale si fermano all'anno 2009, quindi l'anno che misura l'impatto della recessione internazionale. In questo contesto si può dire che il Veneto subisce un rallentamento dell'economia in linea con quella delle altre regioni fortemente industrializzate: nel 2009 Il Prodotto Interno Lordo veneto registra una diminuzione pari al 5,9 per cento. Per il 2010 l'Istituto di ricerca Prometeia stima una ripresa dell'economia veneta con un tasso pari all'1,6%, superiore all'andamento nazionale, 1,3%, ed una prospettiva di sviluppo di +1,3% per il 2011. Il risultato del 2010 sarebbe attribuibile soprattutto al rilancio dell'industria in senso stretto, il cui valore aggiunto crescerebbe di quasi 4 punti percentuali e al recupero di 1,2 punti percentuali sia del terziario che dell'agricoltura. Il settore delle costruzioni si stima ancora in fase discendente, -0,9%.
La crisi finanziaria ha avuto un grande impatto sulle finanze pubbliche di tutte le economie sviluppate: nella UE27 l'indebitamento netto, corrispondente a 0,9 punti percentuali di PIL nel 2007, ha avuto un pesante peggioramento nel 2009, 6,8%, pesa il 6,4% del PIL nel 2010 e si stima un valore di 6,5% nel 2011.
Il debito pubblico, che nel 2007 rappresentava il 59% del PIL per la UE27 è arrivato a raggiungere i 74,4 punti percentuali di PIL nel 2009, l'80% nel 2010 e si stima una percentuale dell'83,8% per il 2011.
In Italia nel 2010 il debito pubblico tocca il 119% in rapporto al PIL, ma l'indebitamento netto in rapporto al PIL migliora, assestandosi al 4,6%.
Accanto alle misure di consolidamento della finanza pubblica, ci si attende un miglioramento dei conti pubblici dall'attuazione del federalismo fiscale. Alla vigilia della riforma prevista dalla Legge Delega 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale lo Stato spende in Veneto 3.139 euro per abitante, a fronte di una media delle Regioni a Statuto Ordinario di 3.900 euro e di 5.399 euro delle Regioni a Statuto Speciale; sul versante delle entrate, fatta 100 la media dei trasferimenti erariali di parte corrente alle Regioni a Statuto Ordinario, ogni cittadino veneto riceve mediamente risorse per 68.

I numeri del capitolo 1

I numeri del capitolo 1
 
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I numeri del capitolo 2

Lo sviluppo degli scambi commerciali
Nel 2010 si sono registrati incrementi significativi sia per le esportazioni (+15,7 per cento) che per le importazioni nazionali (+22,6 per cento. Il saldo negativo della bilancia commerciale italiana, circa 27 miliardi di euro, è dovuto in gran parte al deficit del comparto energetico (-51 miliardi di euro). Al netto di quest'ultimo, il saldo commerciale nazionale mostra un attivo rilevante (24 miliardi di euro), seppure in diminuzione rispetto al 2009 (+38,2 miliardi).
Nel 2010 il Veneto consolida la seconda posizione della graduatoria regionale per valore complessivo di export (45,6 miliardi di euro, con una quota del 13,5 per cento sul totale nazionale). Dopo la caduta del 21,5 per cento del 2009, la performance dell'export veneto (+16,3 per cento rispetto al 2009) è stata superiore a quella nazionale (+15,7 per cento) (Nota 1). La dinamica dei flussi commerciali degli ultimi trimestri evidenzia una stabile e rilevante crescita dell'export regionale, che tuttavia solo in parte recupera la pesante contrazione del fatturato estero regionale prodotta dalla profonda crisi del commercio internazionale del 2009: nel primo trimestre del 2010 l'export regionale registra una leggera crescita tendenziale (rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente), pari al 2,4 per cento, che supera i venti punti percentuali negli ultimi tre trimestri del 2010.
L'analisi dell'andamento delle esportazioni per area di sbocco mette in evidenza come l'incremento tendenziale delle esportazioni venete abbia interessato maggiormente i flussi diretti verso i paesi extra Ue (+20 per cento rispetto al 2009 e una quota regionale del 40 per cento), con variazioni particolarmente significative verso gli Stati Uniti (+30,9 per cento), la Cina (+49,8 per cento), la Russia (+18,6 per cento), Hong Kong (+34,0 per cento), la Svizzera (+25,9 per cento) e la Turchia (+24,4 per cento).
Nel 2010 le esportazioni hanno registrato aumenti tendenziali in quasi tutti i settori di attività economica. Il principale settore dell'export veneto rimane quello della meccanica (18,9 per cento dell'export regionale), seguito a breve distanza dal comparto della moda (18 per cento).
Nel 2010 il valore delle importazioni venete è stato pari a circa 38 miliardi di euro (il 10,4 per cento dell'import nazionale), con un incremento rispetto al 2009 di circa ventiquattro punti percentuali. I prodotti maggiormente importati sono stati quelli del settore moda (16,3 per cento degli approvvigionamenti regionali e una crescita annua del +17,5 per cento), dei mezzi di trasporto (15,7 per cento dell'import regionale), dell'industria agroalimentare (12,9 per cento) e dei metalli (12 per cento).
L'UE continua a rappresentare il principale mercato di provenienza delle merci importate in Veneto, con una quota in valore che si aggira intorno al 64 per cento (il principale partner rimane la Germania, con circa il 24 per cento dell'import regionale). La seconda area di approvvigionamento è quella dell'Asia orientale, con il 14,1 per cento.

I numeri del capitolo 2

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I numeri del capitolo 3

Le imprese nell'era della green economy
Il tessuto imprenditoriale veneto ha iniziato il lento recupero che lo riporterà alla situazione degli anni precedenti alla crisi: nel 2010 le imprese attive venete rimangono pressoché costanti, -0,2% rispetto all'anno precedente. Escludendo il settore primario, la variazione delle imprese attive tra il 2009 e il 2010 è positiva, +0,3%. I due settori che nel corso del 2009 avevano riportato le maggiori contrazioni conseguenti alle difficoltà dei mercati, l'agricoltura e l'industria, non riescono a recuperare il terreno perduto nemmeno nel corso del 2010: il settore primario ha perso nell'ultimo anno il 2,8% delle imprese attive, l'industria manifatturiera l'1,5% e le costruzioni lo 0,9%. Allo stesso tempo è stata evidente la vitalità del terziario: le imprese del comparto sono cresciute nel 2010 dell'1,3%, proseguendo nella direzione del consolidamento all'interno del tessuto produttivo veneto dei servizi, che raggiungono nel 2010 una quota del 53,3% delle attività produttive.
Le piccole e medie imprese in Veneto nel 2008 sono 406.011, escluso il settore agricolo, e raggiungono una quota pari al 99,8% dell'intero sistema imprenditoriale; le grandi imprese, nonostante non superino le 800 unità, coprono comunque il 18,7% dell'occupazione privata veneta. Oltre il 92% delle PMI non supera i 10 addetti e i 2 milioni annui di fatturato e per questo rientra nella categoria delle microimprese, tipologia imprenditoriale che dà occupazione al 42,4% di tutti gli occupati in Veneto.
Le piccole imprese venete sono 26.793, il 6,6% delle PMI, di cui la metà non supera comunque i 2 milioni di euro di fatturato annuo, avendo però più di 10 addetti; il 23,5% degli occupati in Veneto svolge la propria attività in una piccola impresa.
Soltanto l'1% delle attività produttive appartiene alla classe delle medie imprese, per una quota di addetti del 15,3% sul totale addetti veneti. Delle 4.224 medie imprese venete, sono più di 1.000 quelle che non superano i 10 milioni di euro di fatturato annuo, pur avendo fino a 250 addetti.
L'impresa che contribuisce alla compatibilità ambientale si garantisce una maggiore sopravvivenza e sviluppo nel lungo periodo e può sfruttare i vantaggi dell'eco-efficienza ai fini della sua competitività. Per questo è crescente la sensibilità delle imprese alla certificazione ambientale. Nel Veneto, a dicembre 2010 si contano 82 siti e 60 organizzazioni registrati EMAS; nello stesso anno i siti produttivi certificati rispetto alla norma ISO 14001 in Italia sono 12.371 ed in Veneto 1.032.

I numeri del capitolo 3

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I numeri del capitolo 4

Il ruolo della Ricerca & Sviluppo e innovazione
Nel 2009 la spesa in R&S dell'Unione europea a 27 Paesi è stata pari al 2% del Prodotto Interno Lordo, in leggera crescita rispetto al dato dell'anno precedente. Nel 2009 la spesa per R&S su PIL in Italia è stata pari all'1,27%, mentre per il Veneto risultava 1,05% nel 2008, valore più basso rispetto a quello nazionale, ma quasi raddoppiato in 3 anni.
Nel 2008 la spesa per ricerca e sviluppo in Veneto ammonta a 1.542 milioni di euro, registrando una variazione positiva del 24,1% rispetto all'anno precedente, a fronte di una crescita nazionale annua del 5,9%. Tale andamento è stato trainato dall'importante contributo delle attività imprenditoriali, cresciute nell'ultimo anno del 36,4%. Le imprese in Veneto, infatti, hanno investito nel 2008 il 64,6% della spesa complessiva in R&S; a seguire l'università ne ha speso una quota pari al 25,1% e le istituzioni pubbliche e private non profit il rimanente 10,2%.
Complessivamente in Veneto gli addetti alla ricerca e sviluppo sono 23.884 e in rapporto alla popolazione sono 4,9 ogni 1.000 abitanti, rispetto al valor medio nazionale di 4 addetti ogni 1.000 abitanti.
La spesa complessiva dell'imprenditoria in Veneto, pari a quasi 1 miliardo di euro, proviene per l'87,3% da imprese aventi sede legale in Veneto e per il 12,7% da imprese con sede fuori Veneto, ma che svolgono attività di ricerca anche all'interno di unità produttive localizzate nella nostra regione.
Il 26,7% della spesa di ricerca nel manifatturiero in Veneto viene da aziende meccaniche, seguite da tutto il settore del tessile, abbigliamento, pelli e accessori, da ottica ed elettronica, dalla chimica-gomma-plastica e dai metalli, con quote di spesa che vanno dall'11,1% a quasi il 15%. Non mancano le attività tradizionali tipiche del made in Veneto, relative alla gioielleria, legno e mobili e articoli sportivi, così come l'industria alimentare.
Nel 2008 le imprese con sede in Veneto hanno investito 910 milioni di euro in R&S di cui oltre 870 milioni in territorio veneto. Il 51,1% degli investimenti viene da aziende con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro, un altro 25,5% è originato da imprese con una classe di fatturato tra i 10 e i 50 milioni di euro, un altro 10,4% da quelle con fatturato tra i 5 e i 10 milioni di euro.
Il Veneto, con la presentazione di 6.348 brevetti nel 2010, rappresenta il 9,1% del totale nazionale e la quinta regione per importanza nel deposito di brevetti. Nel 2010 sono stati depositati 1.292 brevetti per milione di abitanti, contro 1.155 a livello nazionale, e 13,9 brevetti ogni 1000 imprese (13,2 in Italia).
Anche la Pubblica Amministrazione è coinvolta in questo processo di innovazione tecnologica: in Veneto, il 97,5% delle Pubbliche Amministrazioni dispone di un sito internet istituzionale che permette di ottenere informazioni e di gestire alcune procedure on line, come il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili e la tassa sui rifiuti solidi urbani. Tuttavia, in Veneto, solo il 28% della popolazione che usa internet ha dichiarato di aver navigato on line per cercare informazioni dai siti web della Pubblica Amministrazione, (29% in Italia). Più alto, invece, il grado di utilizzo delle tecnologie informatiche da parte delle imprese.

I numeri del capitolo 4

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I numeri del capitolo 5

Il mercato nelle mani dei consum-attori
In Veneto il commercio è il primo dei settori produttivi del terziario: nel 2010 il numero di imprese attive commerciali è il 43,1% delle imprese dei servizi e il 23% di tutte le attività produttive venete. Il valore aggiunto ai prezzi base del settore commerciale in Veneto al 2008 rappresenta più dell'11% del valore aggiunto complessivamente prodotto in Veneto e la quota degli occupati nel comparto supera il 14% del totale degli occupati veneti.
Il commercio in Veneto ha chiuso il 2010 con una variazione positiva del numero di imprese attive, +0,5% sull'anno precedente, mostrando quindi maggiore stabilità rispetto all'intera economia veneta. Padova rimane anche nel 2010 la prima provincia veneta per numero di attività commerciali (22,1% del totale regionale). Anche l'andamento dell'indice delle vendite del commercio fisso al dettaglio a livello nazionale nel 2010 mostra una modesta ripresa rispetto alla flessione rilevata nel 2009.
In Veneto gli esercizi della Grande Distribuzione Organizzata sono mediamente 10 ogni 100 Kmq e non sono poche le differenze all'interno della regione: la provincia di Padova è quella con una maggiore copertura del territorio da parte di punti vendita della grande distribuzione, precisamente 17 ogni 100 Kmq; a seguire, con oltre 11 esercizi ogni 100 Kmq, le province di Vicenza, Treviso e Verona. Un'analisi dell'evoluzione delle tipologie distributive considerate permette di osservare come gli ipermercati del Veneto sembrino consolidare la propria presenza con un vivace ritmo di crescita (+7% dal 2008 al 2009), forti della popolarità nel nome della convenienza. Il format distributivo del supermercato, ormai abbastanza maturo, ha fatto registrare ritmi di crescita più moderati (+1,5% annuo). I grandi magazzini veneti e i minimercati invece, dopo alcuni anni di espansione e stabilità sul mercato, hanno subito negli ultimi anni una netta contrazione (nel 2009, rispettivamente, -27,3% annuo e -3,1%). La maggiore dinamicità è fatta registrare dalle grandi superfici specializzate, che dai primi anni del Duemila hanno riportato una continua espansione di punti vendita, superficie di vendita e addetti, cresciuti nell'ultimo anno, rispettivamente, del 9,7%, 12,5% e 11,6%.

I numeri del capitolo 5

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I numeri del capitolo 6

In viaggio con sostenibilità
Nel settore turistico il Veneto mantiene da anni il primato tra le regioni italiane, con il 14,6% degli arrivi e il 16,3% delle presenze dell'intera penisola nel 2009.
L'offerta turistica della nostra regione ha attratto nel 2010 un numero di turisti nuovamente in crescita; un segnale positivo dopo la frenata allo sviluppo del settore, conseguente alla crisi economica e finanziaria iniziata a fine 2008, che ha inciso a livello europeo anche sulla domanda di prestazioni turistiche. Nel frattempo cambiano i comportamenti dei turisti: si privilegiano destinazioni più vicine, si riduce la durata del soggiorno, si risparmia sulle varie voci di spesa una volta giunti sul posto. Numericamente nel 2010 si contano oltre 14 milioni e mezzo turisti, 600mila in più rispetto all'anno precedente (+4,6%), ripresa a cui corrisponde un aumento più blando delle presenze (+0,6%), giunte a oltre 60 milioni e 800 mila, segno della riduzione della permanenza media nelle località di villeggiatura (4,2 giorni).
Il turismo veneto è caratterizzato da una forte componente straniera (60,4%), le cui presenze sono aumentate del 2,3%, incremento che ha compensato la diminuzione delle presenze di nostri connazionali (-1,8%). Gli arrivi risultano in entrambi i casi in aumento: +0,8% per gli italiani e +7,1% per gli stranieri.
Nel 2010 il Veneto si conferma la seconda regione italiana per entrate economiche derivanti dal turismo straniero, non tanto per la durata del soggiorno, in media poco superiore ai 4 giorni, quanto per la considerevole massa di viaggiatori stranieri, pari al 19,7% del totale nazionale. Le spese sostenute dal turismo straniero pesano sull'economia veneta sensibilmente di più di quanto accada a livello nazionale (2,8% del PIL contro l'1,6%).
Le spese delle famiglie per consumi culturali sono per l'Italia decisamente inferiori alla media dei paesi Ue27, rappresentando nel 2007 il 6,9% della spesa complessiva per consumi finali, contro una media europea del 9,4%. Tra le regioni italiane il Veneto appare al terzo posto, con una quota del 7,8%.

I numeri del capitolo 6

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I numeri del capitolo 7

Ascoltare la popolazione per stare al passo dei cambiamenti
La dimensione e le caratteristiche della popolazione influenzano nel lungo periodo la sostenibilità dello sviluppo. Da un punto di vista demografico il futuro di molti Paesi d'Europa, e in particolare dell'Italia, sembra abbastanza chiaro: la popolazione è destinata a invecchiare. Nella strategia comunitaria sono cinque gli orientamenti a lungo termine, giudicati prioritari per far fronte all'invecchiamento e per cogliere in questa sfida un'opportunità di crescita: favorire il rinnovamento demografico, promuovere l'occupazione, rendere l'Europa più produttiva e dinamica, accogliere e integrare i migranti, garantire finanze pubbliche sostenibili. Destano attenzione alcuni importanti conseguenze sociali ed economiche del fenomeno dell'invecchiamento: secondo la politica comunitaria è inevitabile una riforma strutturale del sistema previdenziale per la sua sostenibilità finanziaria, avendo però al contempo cura di assicurare ai pensionati standard di vita soddisfacenti, nello spirito della solidarietà tra le generazioni.
In un Paese dove la fascia giovane della popolazione è in diminuzione, importante per ristabilire l'equilibrio demografico è il contributo della componente migratoria, sia in termini di ingressi dall'estero che di nuove nascite. In Veneto l'immigrazione è un fenomeno consistente, anche più che a livello nazionale, e la concentrazione di molte etnie differenti fa dell'integrazione una sfida ancora più impegnativa: l'obiettivo è quello di creare una convivenza non conflittuale tra culture, religioni e stili di vita, agevolando gli stranieri a ritagliarsi uno spazio nella società, nel mondo del lavoro e dell'istruzione. Un cantiere ancora aperto quello dell'integrazione socio-economica: al giorno d'oggi gli stranieri vivono ancora situazioni lavorative non sempre favorevoli e anche per questo sono tra i più colpiti dalla crisi economica.
Alla migrazione volontaria si affianca una migrazione più forzata, costituita da persone costrette a fuggire dalle proprie terre di origine a causa di persecuzioni, rivalità etniche o conflitti. Tra queste anche numerosi minori, che spesso giungono in Italia da soli senza la vicinanza di un familiare: i minori migranti sono i nuovi protagonisti dei processi migratori, il loro numero è drammaticamente aumentato e costituiscono un segmento importante della popolazione alla ricerca di protezione e asilo. Recentemente l'Italia, inoltre, è chiamata a gestire l'immigrazione d'emergenza di cittadini dei Paesi del Nord-Africa che, assieme ad altri del mondo arabo, stanno fuggendo da una situazione politica e sociale di forte difficoltà.
Interrogarsi sul destino demografico della nostra società ha ridestato la curiosità di conoscere le nostre radici. Attraverso i dati dei censimenti, dal 1871 a oggi, si scoprono profonde trasformazioni non solo amministrative e territoriali ma anche demografiche e socio-economiche. Alla crescita della popolazione e del numero di famiglie, si affiancano cambiamenti nella composizione per età e nelle tipologie familiari. Le conquiste nel campo dell'istruzione si rivelano decisive non solo per lo sviluppo economico, ma anche per il miglioramento del tenore di vita: il Veneto, dall'Unità ad oggi, cambia il suo volto da popolo di analfabeti e contadini a regione economicamente e culturalmente protesa allo scenario europeo.

I numeri del capitolo 7

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I numeri del capitolo 8

Famiglie di oggi e di domani, una questione di equilibrio
La sfida di uno sviluppo sostenibile consiste nel mantenere o nel migliorare la qualità della vita in modo duraturo, non a scapito delle generazioni future, ma garantendo loro le possibilità che noi abbiamo avuto e la libertà di scegliere come costruire il proprio presente e il proprio avvenire. Il concetto di sviluppo, inoltre, mal si presta a essere rappresentato dalla sola crescita economica, assumono invece sempre maggiore rilievo i fenomeni che esprimono in forma diretta la qualità della vita delle persone, attraverso componenti che caratterizzano il livello di soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'uomo, di natura fisica, culturale e spirituale. Si è meno contenti della qualità del proprio lavoro, della disponibilità di tempo libero e della propria situazione economica: a risentirne sono soprattutto i giovani di età tra i 25 e 34 anni, che faticano a gestire in maniera economicamente autonoma la propria vita. Ci si sente invece più appagati dalle relazioni e dai legami con amici e parenti e si è soddisfatti per il proprio stato di salute.
La ricchezza contribuisce a far progredire una società, ma questo sviluppo si fa sostenibile nella misura in cui garantisce una crescita quanto più equa tra la popolazione. In Veneto il livello di disparità dei redditi sembra più contenuto che altrove e le famiglie hanno una disponibilità economica che, se confrontata con le altre regione, consente di mantenere un buon livello di qualità di vita e di resistere agli scossoni causati dalla recente crisi economica, anche grazie alla compresenza diffusa di due o più redditi.
Poter contare su un reddito stabile, proporzionato alla dimensione della famiglia e adeguato allo stile di vita desiderato, dà sicurezza alla famiglia, trasmette desiderio di progettualità anche alle generazioni successive. Non tutte le famiglie, però, riescono a garantirsi standard di vita accettabili con la stessa tranquillità e i problemi che incontrano cambiano nel corso degli anni e con l'evoluzione del ciclo di vita della famiglia. Più in difficoltà le famiglie di monogenitori e gli anziani soli, andamenti altalenanti invece per i single e le coppie giovani, a causa di una stabilità economica non ancora raggiunta, influenzata anche dagli andamenti del mercato occupazionale. La presenza di figli comporta maggiori fatiche, soprattutto se iniziano a essere più di due, viceversa a godere di una maggiore tranquillità economica sono le coppie mature senza più figli in casa.
Una delle strategie a medio-lungo termine finalizzate a garantire sicurezza alla famiglia è quella del risparmio, che, unito a una maggiore cautela nei consumi, può costituire un salvagente per emergenze e imprevisti. Oggi però non sembra così scontato riuscire a riempire il salvadanaio e, se si mette mano al portafoglio, è condivisa da molti la sensazione di una minor disponibilità economica. La crisi ha imposto la necessità di compiere delle scelte di priorità nell'allocazione del budget, considerando i vincoli dettati da alcune spese irrinunciabili. Tra queste, l'abitazione rappresenta il costo principale e assorbe una quota consistente della spesa di una famiglia.

I numeri del capitolo 8

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I numeri del capitolo 9

I servizi per le persone anziane non autosufficienti
L'invecchiamento della popolazione sta richiamando l'attenzione sul tema della sostenibilità della spesa pubblica socio-sanitaria e delle politiche per la non autosufficienza rivolte agli anziani. Le condizioni di salute degli anziani sono in generale buone e in miglioramento, tuttavia esiste una certa associazione tra vecchiaia e insorgenza di malattie degenerative o disabilità, soprattutto a età molto avanzate. Pertanto, se è vero che la vita media si allunga, è vero anche che nell'ultima parte della vita l'anziano non sarà autosufficiente, anzi il periodo compreso tra l'insorgere della non autosufficienza e il decesso è destinato nel tempo a dilatarsi.
Quando le condizioni di salute dell'anziano peggiorano, oggi sono di solito i figli a prendersi cura di lui, anche compensando le carenze del sistema di welfare pubblico. Ma se in passato gli anziani potevano contare sulla presenza di numerosi figli e delle donne di casa che non lavoravano, molti degli anziani di domani potrebbero soffrire la mancanza di una rete familiare allargata, specie nei casi di indebolimento della famiglia e di sfarinamento dei rapporti tra i componenti.
L'evoluzione della spesa sanitaria dipenderà quindi non solo dall'invecchiamento della popolazione, ma anche dall'incidenza della disabilità tra gli anziani, dal disequilibrio tra cure formali e informali, oltre che dalla tipologia di servizi che il sistema intende mettere a disposizione: residenziale, semiresidenziale o domiciliare.
In Veneto la rete assistenziale rivolta agli anziani non autosufficienti è frutto di politiche che negli anni hanno prodotto una molteplicità di interventi in relazione alla complessità del bisogno sociale e sanitario. Inoltre, considerando l'importanza di mantenere l'anziano nel proprio ambiente familiare, abitativo e sociale, l'orientamento delle politiche regionali sta assecondando la permanenza della persona anziana al proprio domicilio, riservando l'accoglienza residenziale alle persone non altrimenti assistibili. Sono previsti interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia, tra cui l'assistenza domiciliare sociale e integrata socio-sanitaria, interventi di supporto economico, come gli assegni di cura, e interventi di sollievo alla famiglia, quali i ricoveri temporanei e i soggiorni climatici per persone in stato di dipendenza assistenziale.
Nel 2010 il Fondo regionale per la non autosufficienza ammonta a oltre 704 milioni di euro, in aumento rispetto all'anno precedente. Anche se la maggior parte delle risorse è destinato alla residenzialità, le politiche regionali hanno inteso potenziare negli anni più recenti il finanziamento della domiciliarità.

I numeri del capitolo 9

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I numeri del capitolo 10

Difendersi dalla paura
"Difendersi dalla paura" è da sempre un bisogno fondamentale dell'uomo: paura di subire atti di violenza fisica e psicologica, paura di potenziali incidenti nella vita e nel lavoro, paura delle catastrofi, del terrorismo, delle guerre, paura del futuro, di non essere in grado di mantenere un libero e dignitoso livello di vita per sé e per i propri cari. La paura di subire reati è un aspetto del vissuto delle persone che assume crescente rilievo nel complesso sistema delle componenti che caratterizzano la qualità della vita di una comunità. È una variabile che gioca un ruolo rilevante nel garantire sostenibilità ai processi di sviluppo.
Una prima misura oggettiva del livello di criminalità è data dal numero di eventi delittuosi denunciati. Nel periodo dal 2005 al 2009, per il Veneto il tasso d'incidenza dei reati ogni 100 mila abitanti si mantiene costantemente al di sotto della media nazionale e registra una variazione complessivamente negativa. Più del 70% delle denunce riguarda reati contro il patrimonio, in particolare furti; solo nel 10% dei casi si tratta di reati contro la persona. Questi ultimi, sia in Veneto che in Italia, mostrano un generale aumento nel periodo in esame. Fra i furti aumentano quelli in casa, negli esercizi commerciali e i furti con destrezza; diminuiscono, invece, significativamente i furti di autovetture.
Oltre alla frequenza dei reati è importante conoscere quante sono le vittime e riuscire a tracciarne un profilo in base alle caratteristiche personali, familiari, sociali e ad altre condizioni di rischio, anche al fine di indirizzare meglio gli interventi di politica della sicurezza. Al riguardo, particolarmente grave è il fatto che gran parte dei reati si concentra su un numero di vittime relativamente limitato: esiste di fatto un segmento della popolazione particolarmente fragile che sembra essere più esposto al rischio di subire più volte lo stesso reato o reati diversi.
Esplorare il fenomeno della criminalità significa infine indagare in quale misura è percepito come problema dai cittadini e quanto se ne sentano minacciati. La paura di subire un reato può, infatti, incidere negativamente sulla qualità della vita degli individui, limitandone la libertà personale fino a modificare comportamenti e abitudini di ogni giorno. Qualsiasi sia il livello rispetto a cui si valuti il fenomeno, se come timore per se stessi a livello individuale o come problema collettivo a livello sociale, la preoccupazione è chiaramente maggiore fra le vittime, che hanno vissuto sulla propria persona le conseguenze dirette della criminalità.

I numeri del capitolo 10

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I numeri del capitolo 11

La sostenibilità nel lavoro: un quadro dalle mille sfumature
Allo scadere della strategia di Lisbona, avviata nel 2000 e al rilancio della nuova "Europa 2020", si intreccia la crisi economica che ha influenzato negativamente i mercati del lavoro di quasi tutte le economie europee, vanificando così molti dei progressi occupazionali raggiunti fino al 2008.
Nel 2010 in Italia l'occupazione continua a scendere e aumentano le persone in cerca di lavoro; si registra così un tasso di occupazione pari al 56,9%, lontano dal target europeo di tredici punti. Migliore la situazione in Veneto che presenta il quinto tasso di occupazione più alto fra le regioni italiane, pari al 64,5%, e un tasso di disoccupazione del 5,8% che, sebbene sia il più alto dell'ultimo decennio, rimane tra i più bassi in Italia e, cosa fondamentale, a differenza di altre regioni, si tratta di disoccupati che cercano lavoro attivamente, mentre inattivi e, in particolare, inattivi scoraggiati sono in diminuzione.
Per uscire dalla crisi e crescere nella prosperità economica è necessario garantire pari opportunità a tutti nel lavoro: l'aumento della partecipazione delle donne, dei giovani, degli anziani e degli immigrati al mercato del lavoro riveste un ruolo chiave.
Sebbene molto distante dall'obiettivo fissato a Lisbona di raggiungere un livello di occupazione per le donne del 60%, la situazione in Veneto è migliore di quella italiana: 53,3% contro il 46,1%. Buona anche la performance dell'occupazione della popolazione 55-64enne che in dieci anni è aumentata nella nostra regione di 10 punti. Ancora troppe, invece, le difficoltà incontrate dai giovani e i gaps fra stranieri e italiani nel mercato lavorativo, soprattutto per quanto riguarda il tasso di disoccupazione e le condizioni contrattuali.
Infine, nelle trasformazioni già in atto non incide solamente la pesante crisi che ha colpito l'economia mondiale, ma anche gli allarmanti cambiamenti climatici e i gravi disastri ambientali che hanno portato a ridisegnare una nuova politica economica, più sostenibile e più verde, che cerca di coniugare la salvaguardia dell'ambiente con lo sviluppo economico-sociale e che può rappresentare una strategia di uscita dalla crisi economico-finanziaria.
In Veneto, nel 2009 si stima siano quasi 109 mila i lavoratori green (escludendo il settore primario), in aumento di oltre l'8% rispetto al 2005 e che rappresentano più del 5% del totale degli occupati. L'incidenza più alta di green jobs si registra a Belluno, a seguire Padova che rileva anche la crescita maggiore dal 2005.

I numeri del capitolo 11

I numeri del capitolo 11
 
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I numeri del capitolo 12

Il ruolo chiave della scuola nella sostenibilità sociale
In occasione del rilancio della strategia europea, si ribadisce il ruolo fondamentale dei sistemi di istruzione e di formazione e il miglioramento della qualità di essi, così da garantire maggiori benefici e possibilità a giovani e adulti. In questo senso, tra le azioni da intraprendere sono considerate prioritarie: combattere l'abbandono scolastico prematuro, che deve ridursi al 10% entro il 2020, e innalzare la quota di giovani 30-34enni laureati ad almeno il 40%. Nel 2009 in Italia la percentuale di giovani in età 18-24 anni con titolo di studio inferiore al diploma superiore e che non frequenta altri corsi scolastici o attività formative, è pari al 19,2% contro il 25,1% rilevato nel 2000, ma ancora distante dal dato dell'UE27 pari al 14,4%. Minore la quota di abbandoni in Veneto che registra un valore del 17%, ma ancora molto bassa la percentuale di giovani laureati, appena il 17,3% dei 30-34enni contro il dato dell'UE27 pari al 32,3%.
Tra gli obiettivi strategici europei, anche la volontà di migliorare le competenze di base nella lettura, nella matematica e nelle scienze, cercando di raggiungere una quota di alunni aventi risultati insufficienti in questi campi al di sotto del 15 % entro il 2020. I risultati in Veneto sono soddisfacenti e già al 2009 gli obiettivi sono raggiunti nel campo della lettura (sono, infatti, insufficienti il 14,5% dei quindicenni scolarizzati) e delle scienze (11,7%); poco distante anche in matematica (15,9%). Lontana, invece, l'Italia che registra quote sopra al 20% in tutti e tre gli ambiti.
Lo status sociale della famiglia assume ancora però grande rilievo nel determinare le scelte, il percorso, l'apprendimento ed il futuro delle giovani generazioni. All'aumentare del titolo di studio dei genitori e della loro posizione professionale, diminuisce la percentuale di giovani che scelgono una scuola professionale o tecnica e aumenta la preferenza verso i licei; in Veneto, i giovani che provengono da famiglie con bassi profili scelgono per il 33% una scuola professionale e solo il 14% un liceo. Viceversa, per i veneti che hanno alle spalle famiglie con profili più alti, la quota di chi sceglie un liceo raggiunge il 60%. Inoltre, indipendentemente dal tipo di scuola frequentata, i ragazzi con famiglie di basso profilo per oltre il 64% dei casi va a lavorare dopo il diploma, mentre i ragazzi di famiglie più agiate vanno all'università.
In complesso, il successo scolastico in Veneto è maggiore rispetto a quello medio nazionale: il 74,3% degli iscritti al primo anno raggiunge il diploma di maturità contro il dato italiano minore del 71%. Ma le cose cambiano a seconda della scuola scelta: migliori i risultati ottenuti dai liceali, mentre gli iscritti agli istituti professionali faticano non poco.
Fondamentale, infine, anche la formazione permanente degli adulti che deve toccare il 15% entro il 2020, ma in Italia e in Veneto si mantiene da anni intorno al 6%, e la formazione in campo ambientale, nuovo baluardo dell'economia moderna. Il Veneto assorbe il 12,1% dell'offerta ambientale nazionale, la seconda quota più alta fra le regioni; prima in graduatoria la Toscana con il 14,7%.

I numeri del capitolo 12

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I numeri del capitolo 13

Dai campi la risposta alle nuove sfide
Nel corso del 2010 sono poco più di 76.000 le imprese agricole attive in Veneto iscritte ai registri camerali, in calo rispetto al 2009 del 2,8%, confermando in tal modo la tendenza degli ultimi decenni alla diminuzione del numero delle imprese, alla quale corrisponde una sostanziale stabilità dell'estensione delle superfici agricole.
Principale indirizzo produttivo di queste aziende appare quello cerealicolo con il 33% della SAU investita a mais che, assieme alle colture foraggere, va ad alimentare il comparto zootecnico. La vite risulta ben diffusa sul territorio per una superficie regionale superiore a 70.000 ettari, in leggero aumento rispetto al 2009.
È una tendenza in atto in tutta Europa l'aumento della superficie coltivata col metodo biologico che supera, per il 2009, i 15.000 ettari, gestiti da un migliaio di produttori. Il numero di allevamenti biologici registrati in Veneto presso gli organismi di controllo è pari a 163, tra i quali molti allevamenti apistici ed una cinquantina di allevamenti bovini.
Il comparto enologico, nonostante la crisi economica di questi ultimi anni, rappresenta ancora un settore trainante nell'economia agricola regionale. I dati riferiti all'export confermano il Veneto come la più importante regione italiana per l'esportazione di vino nel mondo, con quasi 1,2 miliardi di euro di fatturato per il 2010.
Nell'anno 2010 il valore delle importazioni in Veneto dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura è stato pari a 254,9 milioni di euro, mentre quello delle esportazioni si è attestato sui 56,2 milioni di euro, con un saldo negativo della bilancia commerciale di 198,7 milioni.
Nel corso del 2009 la quantità di fertilizzanti utilizzati a scopo agricolo in Italia ha registrato una diminuzione rispetto all'anno precedente di quasi il 10%. Anche per i fitosanitari la stessa tendenza è confermata sia per la nostra nazione che per la nostra regione. Tutto ciò mostra come i programmi comunitari a sostegno dell'agricoltura ecocompatibile e biologica siano in forte evoluzione.
Sulla strada delle certificazioni di qualità, al Veneto viene assegnato l'oro nazionale per numero di prodotti DOP ed IGP riconosciuti dall'Unione Europea. Oltre ai più noti marchi DOP e IGP sono stati individuati altri marchi in grado di tutelare alcuni agro-alimentari caratteristici per specificità e tradizione, indipendentemente dalla loro zona geografica di produzione: Prodotti Agroalimentari Tradizionali e Presidi Slow Food.
È forte anche la propensione a mettersi in rete nel comparto agro-alimentare da parte dei produttori, orientati sempre più verso un'ottica di multifunzionalità dell'azienda, con 228 fattorie didattiche, 12 fattorie sociali, 256 distributori di latte crudo e 43 farmer market.

I numeri del capitolo 13

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I numeri del capitolo 14

La sostenibilità passa per la montagna
Nella nostra Regione le aree montane coprono circa il 34% del territorio regionale ma ospitano meno del 10% della popolazione. I territori montani sono stati suddivisi, sulla base di criteri di unità territoriale economica e sociale, in zone omogenee sulle quali sono state costituite le Comunità montane.
Le 19 Comunità Montane presenti in Veneto annoverano 171 comuni interamente o parzialmente montani, e la loro costituzione ha mirato fin dall'inizio alla valorizzazione delle zone montane attraverso un'attiva partecipazione delle popolazioni locali.
I vincoli alla gestione forestale che si sono consolidati nella pratica selvicolturale corrente consolidano le provvigioni reali su livelli di sicurezza tali da garantire la permanenza e lo sviluppo delle specie forestali e l'attenzione ad assecondare e perseguire l'affermarsi della rinnovazione naturale. In Veneto tale valore si attesta su quasi 288m3 per ettaro per quanto attiene alle fustaie e 110m3 per ettaro per quanto attiene ai boschi cedui.
La gestione forestale sostenibile rappresenta il cardine attorno al quale ruota l'intera filiera "foresta-legno-energia", sostenuta grazie ad una realtà imprenditoriale forestale significativa. La realtà delle imprese boschive operanti in Veneto registra attualmente circa 300 unità iscritte presso i registri provinciali presenti presso i Servizi Forestali Regionali.
Ad oggi la superficie boscata veneta ha raggiunto un valore di quasi 400 mila ettari, pari al 4,5% dell'intera macchia boscata nazionale. Nonostante nel Veneto la maggior parte di essa venga destinata ad arboricoltura da legno vale la pena sottolineare l'importanza nell'economia montana apportata dai castagneti, nonostante questi occupino solo il 5% della superficie forestale, sia per il settore alimentare, energetico, che per la costruzione di manufatti impiegati nell'attività agricola (botti, pali, travi, ecc.).

I numeri del capitolo 14

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I numeri del capitolo 15

Muoversi è bene, muoversi sostenibile è meglio
Alcune semplici informazioni aiutano a tratteggiare quelli che sono stili e comportamenti di mobilità dei cittadini veneti.
Ogni anno, dal 2008 al 2010, vanno diminuendo il numero medio di spostamenti giornalieri, la distanza percorsa e il tempo dedicato alla mobilità quotidiana; restano nettamente predominanti gli spostamenti con mezzo di trasporto a motore. Ogni giorno, nel 2010, si percorrono mediamente 36,4 km e ci si impiegano 62 minuti, utilizzando nel 78% dei casi un mezzo a motore. Mediamente gli occupati impiegano quasi 22 minuti per percorrere il tragitto casa-lavoro e l'85% di essi impiega al massimo 30 minuti; gli studenti impiegano 19,5 minuti per percorrere il tragitto casa-scuola e l'84% di essi impiega al massimo 30 minuti.
Nel 2009 i mezzi pubblici del complesso dei comuni capoluogo del Veneto hanno trasportato 252 viaggiatori per abitante, con un leggero incremento rispetto all'anno precedente.
Dal lato della domanda di trasporto privato, nel 2009, ultimo anno disponibile, il parco veicoli risulta in leggero calo (-0,3%) per la prima volta dopo molti anni: poco meno di 3.800.000 unità, con il 77% di autovetture (+0,8%).
Continua, invece, inarrestabile la crescita della dotazione di motocicli: nel 2009 86 ogni 1.000 abitanti (4 in più rispetto al 2008) per complessive 420.000 unità.
Nel 2009, in Veneto, le auto rispondenti alla normativa di emissione di sostanze inquinanti "Euro4" ed "Euro 5" rappresentano il 35% del totale, per il 49% appartengono alle normative "Euro2" e "Euro3", mentre le "Euro0" rappresentano solo il 9%.
Nel 2009 il 73,6% della popolazione in età compresa tra i 14 e gli 80 anni dichiara di essere un utilizzatore abituale (almeno 3-4 volte a settimana) dell'auto, mezzo del quale è soddisfatto l'87% degli utenti.
Il 40% degli intervistati afferma di voler utilizzare maggiormente i mezzi pubblici in futuro, mentre il 35% vorrebbe ridurre l'uso delle "quattro ruote". Nell'80% dei casi è il fattore "accessibilità/comodità" a incidere sulla scelta di non utilizzare i mezzi pubblici: il servizio o non è facilmente accessibile ("la fermata è troppo lontana", "non coincidono gli orari dei mezzi con i miei") o risulta essere scomodo in senso lato ("dovrei prendere più di un mezzo e non mi va", "lo scambio non è agevole", "devo fare altri spostamenti nella giornata").

I numeri del capitolo 15

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I numeri del capitolo 16

L'ambiente e l'energia
Nel 2008 il Parlamento Europeo ha approvato un pacchetto di interventi finalizzati alla riduzione dell'inquinamento e alla salvaguardia dell'ambiente. In particolare sono stati individuati degli obiettivi in materia di energia/ambiente denominati "20-20-20". In dettaglio consistono nella riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del 20%, a livello di UE, entro il 2020 rispetto al 1990; l'incremento dell'uso delle fonti energetiche rinnovabili che, sempre entro il 2020, dovrà coprire il 20% dei consumi finali; il miglioramento dell'efficienza energetica, ovvero la riduzione dei consumi, sempre a livello UE, del 20% (questo obiettivo è ancora in fase di puntuale definizione). Osservando i trend dal 1990 fino al 2008, nell'UE si è assistito ad un complessivo calo del 13,3% nelle emissioni di gas ad effetto serra, mentre l'Italia è ancora indietro, avendo mantenuto i propri livelli di emissione pressoché stazionari. Qualche segnale incoraggiante si nota però dal trend degli ultimi anni (-5,5% dal 2005 al 2008).
In Veneto, con riferimento all'anno 2009 la situazione dell'aria risulta in miglioramento rispetto agli anni precedenti. Le centraline Arpav, poste all'interno dei centri urbani, hanno rilevato una concentrazione media annuale di PM10 superiore ai 40 ?g/m3 previsti per legge solo a Padova. Le acque di balneazione sono controllate attraverso 167 punti di controllo e, sempre nel 2009, l'86% dei punti di controllo è risultato idoneo alla balneazione. Per quel che concerne l'acqua potabile, il monitoraggio è sia di tipo qualitativo sia quantitativo. La concentrazione dei nitrati misurata sulle acque che escono dai rubinetti è risultata, nel 2009, sempre al di sotto dei 50mg/l previsti per legge. Anche dal punto quantitativo il livello delle riserve idriche mostra una situazione positiva: infatti, nel periodo 1999-2009, si mantiene stazionario in 89 punti su 119 e, in 18 casi, addirittura in aumento.
Altro tema strettamente collegato all'ambiente è quello della produzione e smaltimento dei rifiuti. Nel 2009 sono state prodotte 2.371.588 t di rifiuti urbani, con una riduzione complessiva dell'1,8% rispetto al 2008. Per quanto riguarda la produzione pro capite, essa è diminuita del 2,6%, portandosi a circa 483 Kg/ab*anno, valore tra i più bassi a livello nazionale. Il Veneto ha raggiunto, nel 2009, il 56,3% di raccolta differenziata; tale percentuale consente alla nostra regione di superare l'obiettivo del 50% stabilito dalla legge 296/2006 per l'anno 2009.
La questione energetica rappresenta, infine, la grande sfida che l'economia attuale si trova a dover affrontare. Il secondo degli obiettivi 20-20-20, come detto in precedenza, riguarda proprio la produzione di energia tramite l'utilizzo di fonti rinnovabili. L'ultimo dato disponibile è al 2008, e mostra come la media dell' Unione Europea fosse pari al 10,3%, mentre quella dell'Italia, un po' più indietro, al 6,8%. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili ha anche l'obiettivo di ridurre la dipendenza energetica dai paesi produttori di materie prime tradizionali divenuta troppo elevata. Infatti, il tasso di dipendenza si è ormai attestato su valori superiori al 50% su base europea e risulta ancora più elevato in Italia, dove, nel 2008 è pari all'85,4%.
Infine, collegato all'obiettivo dell'efficienza energetica, l'indicatore di intensità energetica del PIL è pari a 142,6 tep/milione di Euro in Italia, valore migliore della media UE che è di 167,1. A livello regionale, il Veneto, con riferimento al 2005, ultimo anno disponibile, presenta un'intensità energetica di 161,6 tep/milione di Euro, valore superiore alla media italiana ma in linea con le maggiori regioni del Centro-Nord.
La produzione di energia elettrica in Italia, nel 2009, è in calo, in parte a causa della crisi economica. La fonte energetica ancora maggiormente utilizzata è quella termoelettrica, che nel 2008 copre il 79,5% della produzione totale a fronte del 54,5% della media europea. Nel Veneto si sono significativamente sviluppati gli impianti a biomasse e quelli solari fotovoltaici. Nel 2009 risultano situati nella regione 46 impianti a biomasse per una potenza di 121,9MW. La forte crescita negli ultimi anni degli impianti fotovoltaici ha portato, nel 2010, ad una potenza installata pari a 329,6MW in Veneto con un incremento del 321% in un anno.

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I numeri del capitolo 17

31 Ottobre - 2 novembre 2010: l'alluvione dei santi
Durante l'evento alluvionale occorso nel territorio veneto tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010 si sono registrati valori pluviometrici con massimi locali estremamente elevati. Gli estremi superiori per i valori massimi di precipitazione, molto elevati nei primi due giorni, si sono localizzati nel bacino idrico dell'Alto Piave, una delle 7 zone di allerta per il rischio idrogeologico, denominata Vene-A. 255,6 mm di pioggia sono caduti il primo giorno e 241,8 mm di pioggia il primo novembre. Il 2 novembre il massimo è stato registrato nella zona Vene-B, con 98.6 mm di pioggia, nel bacino dell'alto Brenta-Bacchiglione. Gli estremi superiori dei valori medi areali di precipitazione per zona di rischio idrogeologico, molto abbondanti durante i primi due giorni dell'evento, si trovano tutti nella zona Vene-B. In mm di pioggia, i 138,8 del 31 ottobre, i 149,5 del primo novembre e i 50,6 caduti il 2 novembre sono misure almeno doppie, o quasi, di quanto rilevato in altre zone e spiegano le criticità occorse nei due bacini, alto e basso, del Brenta-Bacchiglione. Gli estremi superiori nei tre giorni sono i 586,6 mm di pioggia caduti nella zona Vene-A, come massimo puntuale, e i 338,9 in media d'area caduti nella zona Vene-B.
L'elevata concentrazione e quantità di precipitazioni ha causato frane, rotte arginali e allagamenti tanto che in alcuni casi i livelli idrometrici dei fiumi hanno fatto registrare altezze record. Dai dati del Genio Civile di Padova i livelli idrometrici del Bacchiglione hanno superato i massimi storici in quattro punti su 5. A Pontelongo, alle ore 9 del 5 novembre, sono stati rilevati 7,15 metri, ben 1 metro e 21 centimetri sopra alla misura massima del novembre 1966, quantunque, nel 2010, si siano verificate a monte due rotte arginali che hanno scaricato parte della piena. Da tutto questo è derivato un impatto pesante che, a maggio 2011, è nella fase finale delle procedure di consuntivazione.
L'allerta della Protezione Civile e la grande solidarietà e disponibilità di chi si è speso nei primi aiuti hanno permesso di riportare la situazione il più velocemente possibile alla normalità. Oltre a questo si deve ricordare la generosità di quanti, privati cittadini, enti e imprese, hanno permesso di raccogliere, alla data del 29 aprile 2011, 5.048.826 euro in una corsa alla solidarietà cui hanno voluto partecipare persone da tutta Italia e ai quali vanno aggiunti 893 beni mobili come elettrodomestici, mobili, utensili, sanitari e impianti di riscaldamento.

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