Esplorare il fenomeno della criminalità significa anche indagare in che misura è percepito dai cittadini, se lo considerano un problema grave oppure no e quanto se ne sentano minacciati, ossia quanto il timore di subire un reato incida negativamente sulla qualità della vita.
Fra libertà e sicurezza c'è uno stretto legame e la paura, se esasperata, può indurre a rinunciare alla prima in favore della seconda; può condizionare le abitudini e lo stile di vita e accentuare la diffidenza nei confronti del prossimo, minacciando di fatto il benessere individuale e collettivo.
La preoccupazione per la criminalità non sempre è giustificata da un aumento degli eventi delittuosi e può non rappresentare una misura reale del fenomeno. Si tratta, infatti, di una percezione del proprio vissuto, di ciò che si vede o si sente, un giudizio che sicuramente è influenzato tra l'altro dal modo e dall'enfasi con cui i mezzi di comunicazione trasmettono certe notizie. E' una reazione emotiva e nella preoccupazione per la criminalità spesso possono confluire timori e apprensione anche per altri problemi di ordine sociale.
(Figura 10.5.1)
Nel 2009 il 51,7% dei veneti, e il 55,3% degli italiani, si dichiara preoccupato per il livello di criminalità nel Paese, tanto che lo ritiene uno dei problemi prioritari, secondo solo alla disoccupazione. Rispetto all'anno precedente comunque la preoccupazione risulta in diminuzione.
Quando si chiede ai cittadini un'opinione di carattere generale sui problemi ritenuti importanti per il Paese si tenta di cogliere quella che viene definita "preoccupazione sociale", una forma di preoccupazione che risente di come i soggetti interpretano le informazioni, rielaborandole coerentemente con il loro livello socio-culturale, il loro stile di vita, le fonti di cui dispongono. E' interessante notare che le difficoltà più vicine al quotidiano e che influenzano più spesso la qualità di vita dei cittadini, come l'inquinamento, il traffico e la carenza dei servizi pubblici, abbiano una scarsa rilevanza quali problemi sociali: ad esempio, solo il 15% dei veneti lamenta l'inefficienza del sistema sanitario, il 13% problemi di tipo ambientale e il 5% carenze nel sistema scolastico.
La preoccupazione sociale è in sostanza un indicatore di paura in astratto che, non avendo diretti riferimenti con l'esperienza delle persone e il loro contesto di vita, poco si avvicina alla paura concreta di rimanere vittima di un reato. Al fine di definire meglio la percezione del rischio di criminalità nel quotidiano, si considerano altri indicatori più vicini al vissuto delle persone: se si ritiene di vivere in zone molto esposte alla criminalità, se si ha paura di subire un reato o se recentemente si è incorsi in situazioni di reale pericolo.
(Tabella 10.5.1)
Pensando alla propria zona di residenza i cittadini tendono a ridimensionare le loro preoccupazioni: il quartiere in cui si vive è ritenuto a rischio di criminalità da due veneti su dieci, una percentuale limitata della popolazione e sostanzialmente stabile nel tempo. A questo livello, la percezione di criminalità dipende da molti fattori esterni, tra cui il disordine urbano che può essere interpretato dai cittadini come un segnale concreto di presenza o di aumento della criminalità.
La preoccupazione torna a crescere se si pensa al rischio concreto di subire un reato: quasi l'80% delle persone si dice preoccupato per i furti in casa o dell'auto o teme di rimanere vittima di altri atti violenti, come scippi, borseggi, aggressioni, rapine o violenze sessuali. Tale indicatore risente molto anche dell'esperienza di vittimizzazione di altri individui, soprattutto di conoscenti o persone che vivono nella stessa zona, mentre la percentuale di chi dichiara di essersi trovato in una situazione talmente rischiosa da pensare di essere sul punto di subire un reato, pari al 6% in Veneto, fa riferimento esclusivamente alla recente esperienza personale.
A ogni livello, la preoccupazione è ovviamente maggiore tra le vittime proprio perché il trauma per il reato subito spesso non si esaurisce con l'episodio, ma si protrae nel tempo, generando paura e facendo percepire con maggiore intensità il rischio di criminalità per sé e per gli altri.
(Figura 10.5.2)
La paura, una strategia di difesa o un limite?
Il crimine produce vittime dirette, perché provoca lesioni fisiche o psicologiche e privazioni materiali, e vittime indirette in quelle persone che, pur non avendo subito alcun reato, hanno paura e si sentono insicure.
La totale eliminazione della paura, oltre che impossibile, è indesiderabile dal momento che entro certi limiti ha una funzione positiva e protegge dai pericoli, innescando strategie di difesa e di attenzione. Tuttavia, se esasperata, si può trasformare in fobia, in angoscia eccessiva e immotivata che può portare a comportamenti irrazionali e paralizzanti, che limitano le opportunità e spingono alla rinuncia, facendo perdere occasioni di arricchimento sociale e intellettuale. È importante che l'emozione sociale della paura rimanga prudenza e non diventi fobia che condiziona la quotidianità.
Misurare la paura non è semplice: nelle indagini di vittimizzazione a livello internazionale uno dei quesiti più utilizzati è "Quanto si sente sicuro per strada quando è buio ed è solo nella zona in cui vive?", volendo cogliere il senso di insicurezza con riferimento a un'esperienza concreta di vita. Tuttavia la domanda continua ad essere oggetto di critiche e non è totalmente condivisa per come è formulata e per l'utilizzo di termini come "buio", "sera", "da solo", che messi assieme potrebbero evocare paura, specialmente in alcune persone, portando così a una sovrastima della percezione di insicurezza, anche in assenza di un ragionevole rischio.
Nella rilevazione Istat al precedente si aggiunge un quesito analogo su quanto ci si senta sicuri in casa quando si è soli ed è sera.
(Figura 10.5.3)
Seppur la maggioranza dei cittadini in Veneto si senta sostanzialmente sicura, una quota rilevante di persone, il 30%, ha paura quando è buio a uscire da solo e il 15% a stare solo in casa.
Rispetto alla percezione del senso di insicurezza, il Veneto rappresenta un caso particolare con percentuali elevate, superiori sia alla media nazionale che a quella del Nord-est e più vicine, invece, a quelle osservate in alcune regioni del Centro-sud. Inoltre, contrariamente a quanto osservato a livello nazionale, nel tempo aumenta l'insicurezza, soprattutto la sensazione di paura quando si è soli per strada di sera: non si sentivano sicuri 26 veneti su 100 nel 1997-98 e 28 nel 2002.
L'esperienza di vittimizzazione contribuisce a creare insicurezza e le vittime appaiono le più impaurite; un risultato questo che appare scontato ma che ha invece una sua valenza, in quanto conferma che in genere la paura è un sentimento giustificato e non una reazione irrazionale e immotivata. Ad esempio il 44% delle persone che hanno già subito uno scippo, un borseggio o un'aggressione per strada non si sentono più sicure a uscire da sole la sera, mentre la percentuale è del 30% tra le non vittime.
Tuttavia, il senso di insicurezza non dipende solo dalla probabilità di subire un reato, ma anche dalla vulnerabilità della persona: dimostra di avere maggiore paura chi si sente più fragile e quindi più esposto, come le donne e gli anziani, ma anche le persone coniugate, preoccupate non solo per sé ma soprattutto per i propri familiari e perché si sentono responsabili della sicurezza dei figli.
Il 20% delle donne ha paura di stare da sola in casa e quasi il 40% di trovarsi da sola per strada quando è buio e spesso la maggiore insicurezza deriva dal timore di poter subire violenze anche di tipo sessuale.
Le conseguenze e la gravità delle ripercussioni, fisiche o economiche, sono determinanti nell'acuire il senso di insicurezza. Ad esempio, lo scippo e l'aggressione a un anziano o a una donna possono produrre danni più gravi di quelli riportati da un uomo giovane; analogamente, il danno economico del furto dell'automobile subito da una persona abbiente è meno grave in confronto allo stesso tipo di reato subito da una persona che ha meno possibilità economiche.
Le persone che trascorrono poco tempo fuori casa si sentono più insicure di quelle che ne trascorrono molto e che, dunque, per stile di vita, sono più esposte al rischio di subire un reato. D'altra parte le abitudini di una persona sono in parte una conseguenza della paura e molte volte è proprio questa paura che induce le persone a uscire meno frequentemente, specie di sera.
Infine, una percezione negativa della propria zona di residenza alimenta notevolmente il senso di insicurezza, tanto che la metà dei veneti che considerano la propria zona a rischio di criminalità o degradata ha paura di uscire la sera.
(Tabella 10.5.2)
La paura per la criminalità rischia di diventare insostenibile quando si riflette eccessivamente sulle abitudini degli individui, limitandone la libertà e costringendo ad adottare forme di difesa a volte estreme. Quasi la metà dei veneti (47,7%) si sente condizionata e il 26% evita addirittura di uscire. Tra chi non rinuncia alle uscite serali, sono molti quelli che scelgono di adottare determinate misure per difendersi da un eventuale pericolo: il 34% si tiene lontano da certe strade o evita determinati luoghi o persone per motivi di sicurezza, il 44,7% mette la sicura alla portiera dell'automobile e il 9,5% porta con sé qualcosa per difendersi o per chiedere aiuto in caso di pericolo.
(Figura 10.5.4)
Per proteggere la propria casa e scoraggiare i furti, le famiglie adottano un'ampia gamma di strategie e di sistemi di difesa abitativa, dalle più tradizionali, come lasciare accese le luci, alle più sofisticate, come i dispositivi di allarme o i controlli affidati alla vigilanza privata. La tendenza all'autoprotezione è molto alta grazie anche ai progressi tecnologici che hanno reso alcuni dispositivi alla portata di tutti: ad esempio, le porte o le finestre blindate sono ormai presenti in molte abitazioni e gli antifurti sulle automobili sono spesso forniti direttamente dalle case costruttrici.
Nel 2008-2009 il 69% delle famiglie venete possiede almeno un sistema di protezione dell'abitazione
(Nota 14) e il 44% più di uno. Se l'esperienza di vittimizzazione induce senz'altro a proteggersi di più, spesso le famiglie scelgono di installare sistemi di protezione nella propria abitazione per prevenire il reato; in Veneto solo l'11% delle famiglie che possiede almeno un sistema di protezione afferma di averlo adottato a seguito di un furto o di un reato e il 36% l'ha istallato per paura di subirlo.
I sistemi di difesa dell'abitazione più diffusi sono le porte blindate (36,8%), il bloccaggio delle finestre (32%) e le luci esterne con accensione automatica (28,9%), mentre considerando le strategie di protezione che non sono parte integrante dell'abitazione, la maggioranza delle famiglie, il 45%, si affida ai vicini di casa, un sistema di controllo particolarmente diffuso nei comuni medio piccoli, dove più facilmente si attiva la rete sociale con i vicini di casa e i conoscenti.
(Figura 10.5.5)