L'aria
La temperatura della terra � regolata da delicati equilibri. Essa viene innanzitutto mantenuta costante grazie alla radiazione del sole. Ma la sola radiazione porterebbe ad una temperatura effettiva sulla superficie terrestre pari a 255K
(Nota 8). In realt� la media globale � un po' pi� alta, 288K, pari a 15�C, e tale fenomeno � dovuto alla presenza di gas all'interno dell'atmosfera che in parte assorbono i raggi ultravioletti (ozono) e in parte gli infrarossi (vapor acqueo e CO
2 in prevalenza). In particolare la radiazione infrarossa assorbita � in piccola parte irraggiata nello spazio, il resto � invece riflesso nuovamente sulla terra. Questo fenomeno provoca il riscaldamento della terra noto come effetto serra. I gas che assorbono e riflettono sulla terra i raggi infrarossi sono i cosiddetti gas serra. Un aumento della concentrazione dei gas serra provoca un'ulteriore alterazione della temperatura media stessa e questo rappresenta una delle principali criticit� ambientali dell'epoca attuale. Uno degli obiettivi principali nelle politiche ambientali � proprio il contenimento di questo effetto tramite la riduzione delle emissioni antropiche dei gas serra in atmosfera.
In questo paragrafo si � provato a tracciare l'andamento delle emissioni di gas ad effetto serra dal 1990 fino al 2005 per il territorio regionale, utilizzando i dati contenuti nella banca dati Sinanet
(Nota 9). Sono state condotte due analisi, la prima sulla distribuzione delle emissioni di gas effetto serra per tipologia
(Nota 10), la seconda su quella delle emissioni da parte dei singoli settori produttivi.
Da un primo esame complessivo emerge un andamento altalenante, con una contrazione nelle emissioni dal 1990 al 1995 e una successiva crescita nel 2000. Infine nel 2005, ultimo anno disponibile, una nuova contrazione che ha riportato i valori ai livelli del 1995, ovvero meno di 45 milioni di tonnellate di CO
2 equivalente. Parallelamente, in Italia i valori di emissione hanno seguito il medesimo trend fino al 2000, per�, a differenza del Veneto, hanno continuato a crescere anche nel 2005 raggiungendo il picco massimo finora registrato, pari a circa 484 milioni di tonnellate. Su scala nazionale, la serie dei dati disponibile prosegue fino al 2009, e gli anni pi� recenti mostrano un trend pi� incoraggiante registrando una decisa contrazione fino a 396 milioni di tonnellate, ovvero 88 milioni di tonnellate in meno rispetto al 2005.
Scendendo nei dettagli delle singole sostanze contaminanti, l'anidride carbonica rappresenta in Veneto l'84,5% del totale dei gas serra nel 2005, valore in linea con il resto della penisola. Il rimanente 15% circa dei gas serra � composto prevalentemente dal protossido di azoto e dal metano, rispettivamente 8,5 e 6,6%. Infine ci sono gli esafluoruri e gli alocarburi che rappresentano lo 0,5%.
Queste composizioni si modificano di poco nel tempo e le uniche piccole variazioni sono determinate da dinamiche lievemente diverse nelle emissioni delle singole sostanze. L'anidride carbonica si riduce di meno di un punto percentuale, mentre il metano e protossido di azoto segnano vistose diminuzioni, rispettivamente del 22 e del 10%.
(Figura 16.3.1)
Analizzando i macrosettori e le relative emissioni di gas ad effetto serra, la produzione dell'energia e la trasformazione dei combustibili ha il maggiore impatto con quasi il 29% delle emissioni totali stesse nel 2005. A seguire la combustione non industriale e il trasporto su strada, entrambi con il 19,6%. La combustione nell'industria � responsabile dell'emissione in atmosfera dell'11% dei gas serra, mentre l'agricoltura dell'8,5%. Da notare che gli assorbimenti (LULUCF)
(Nota 11) rappresentano a loro volta l'8,4% del totale delle emissioni, in pratica controbilanciano tutto il settore dell'agricoltura.
(Figura 16.3.2)
Un particolare gas serra � l'ozono (O
3) che, a differenza degli altri gas serra, assorbe parte dell'energia direttamente dal sole filtrando le radiazioni UV nocive per gli organismi. Esso si concentra nell'ozonosfera, ovvero la parte bassa della stratosfera a circa 25km di altitudine. La sua presenza � fondamentale per la sopravvivenza delle specie viventi. Parallelamente l'ozono � presente anche negli strati bassi dell'atmosfera come gas inquinante prodotto dalle attivit� antropiche. Si prende qui in considerazione la sua concentrazione in questi strati bassi quale sostanza inquinante. Il D.Lgs. 155/2010 fissa delle soglie di concentrazione di O
3 nell'aria a tutela della salute delle persone. In particolare sono previste la soglia di allarme (240microg/m
3), definita come il livello oltre il quale c'� rischio per la salute umana gi� per un breve periodo di esposizione, la soglia di informazione (180microg/m
3) e l'obiettivo di lungo termine che prevede una media giornaliera sulle 8 ore non superiore a 120microg/m
3.
Analizzando l'andamento della concentrazione di ozono in alcune centraline poste in zone di contesto urbano e di traffico, nel periodo dal 2007 al 2010, la situazione appare altalenante. Infatti, prendendo a riferimento la soglia di informazione (180microg/m
3), il numero dei relativi superamenti � piuttosto eterogeneo e non segue un trend specifico. Questo si spiega col fatto che la concentrazione di ozono nell'aria, oltre al fattore antropico, dipende molto anche dalle condizioni climatiche, atmosferiche e di ventilazione.
(Figura 16.3.3)
Altro aspetto relativo alla qualit� dell'aria che respiriamo e molto discusso negli ultimi anni, � legato all'inquinamento da PM10, o polveri sottili. A tale proposito si sono qui considerate alcune centraline di rilevamento ubicate all'interno di contesti urbani e di traffico, quindi particolarmente critici rispetto al livello di inquinamento da polveri sottili.
Dai dati si pu� vedere come, a parte a Belluno, in tutti gli altri comuni capoluogo del Veneto, il problema del PM10 sia ancora di notevole rilevanza poich�, anche nel 2010, ovunque, il numero dei superamenti del limite giornaliero di 50microg/m
3 � stato superato pi� delle 35 volte ammesse secondo il Decreto 2 aprile 2002, n. 60, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro della Salute. Emerge comunque una situazione in miglioramento nell'ultimo quinquennio, seppure nei due anni pi� recenti ci sia stata una certa stabilizzazione del fenomeno.
Un notevole contributo all'accumulo delle polveri sottili viene sicuramente dagli impianti di riscaldamento domestici e dai processi industriali oltre che dal traffico veicolare. C'� per� un altro fattore determinante nell'ancora elevato numero dei fenomeni superamento dei valori di concentrazione previsti dalla legge, ovvero il clima dell'area padana. La pianura, per conformazione geografica, � caratterizzata da un forte ristagno dell'aria che quindi ha un ricambio piuttosto difficoltoso. Da qui le concentrazioni di inquinanti che permangono in sospensione per tempi elevati e questo ne favorisce l'accumulo. Una nota positiva giunge osservando le concentrazioni medie annue, quasi ovunque in calo e al di sotto della soglia di 40microg/m
3 previsti dal suddetto Decreto n. 60.
(Figura 16.3.4),
(Figura 16.3.5)
Il particolato � composto anche da polveri ancora pi� sottili, del diametro inferiori ai 2,5microm che vanno sotto il nome di PM2,5. Queste sostanze, grazie alla sottigliezza del loro diametro sono particolarmente dannose in quanto in grado di penetrare fino al tratto inferiore dell'apparato respiratorio. Come per il PM10 � stato posto un limite nelle concentrazioni medie annue di queste sostanze. Esso � fissato come un target, da raggiungere entro il 2015 e, in base al D.Lgs. 155/2010 consiste nel non superare il valore limite di 25microg/m
3 di concentrazione media annua nell'aria. Nel 2010 la situazione vede il superamento del limite imposto dalla legge in sette punti di rilevamento su 14 a dimostrare ancora una volta l'attenzione che va posta nei confronti di questa problematica ambientale. Si pu� notare come le maggiori criticit� siano concentrate nelle zone urbane di traffico e industriali delle grandi citt�.
(Figura 16.3.6)
L'acqua
All'interno della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) prevista a livello nazionale in base alla Direttiva 2001/42/CE e al D.Lgs.n. 152/2006 rientrano diversi piani e programmi di tutela ambientali. In particolare, la D.G.R. n. 2988 del 1/10/2004 fornisce un elenco dei piani e programmi regionali soggetti alla valutazione ambientale. Tra questi � compreso il Piano di Tutela delle Acque orientato all'individuazione dei mezzi per la protezione delle risorse idriche. Uno degli obiettivi da raggiungere riguarda lo stato ambientale dei corpi idrici, che dovrebbe essere almeno di livello "buono" ovunque entro il 22/12/2015
(Nota 12). Con la stessa deliberazione vengono altres� stabiliti gli interventi per migliorare la situazione dei corpi idrici stessi e salvaguardare le riserve d'acqua attraverso un loro uso equilibrato.
Gli ultimi dati relativi allo stato qualitativo delle acque dei fiumi e dei laghi mostrano una situazione in miglioramento rispetto al passato, segno che le politiche attuate a livello regionale stanno dando i loro frutti. L'indice LIMeco, introdotto dal D.M. 260/2010 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (che va a modificare quanto precedentemente stabilito dal D.Lgs. 152/2006), sintetizza il livello dell'inquinamento dei corsi d'acqua attraverso 5 classi che vanno quella "cattiva" fino a quella "elevata". Nel 2010 oltre il 50% delle stazioni di rilevamento rientra nelle due classi "buona" o "elevata", il 33% in quella "sufficiente", mentre quelle scadenti o cattive coprono complessivamente meno del 16%.
(Figura 16.3.7)
Focalizzando l'attenzione a livello dei singoli bacini si osserva come la maggiore concentrazione di stazioni che registrano uno stato ecologico buono o elevato sia focalizzata sul Piave. In generale, all'interno dei singoli bacini le pi� altre concentrazioni di livelli almeno buoni si trovano in corrispondenza dei tratti montani o pedemontani.
(Figura 16.3.8)
Relativamente ai laghi sulla base dei risultati di monitoraggio relativi al 2010, la maggioranza dei laghi bellunesi presenta un valore dell'indice pari a 2, corrispondente a Buono: Mis, Corlo e Misurina, che confermano la classificazione del quadriennio precedente, Centro Cadore e Santa Caterina, che migliorano di una classe rispetto al 2009. Due laghi risultano in classe 3 (Sufficiente): Santa Croce, come nel 2009, ed Alleghe, che mostra un miglioramento.
I laghi del Trevigiano, Santa Maria e Lago, ricadono rispettivamente nelle classi 4 (Scadente) e 2 (Buono); il primo risulta in linea con la maggioranza delle classificazioni precedenti, mentre il secondo presenta un miglioramento.
Nella provincia di Verona, il lago di Garda presenta un valore dell'indice pari a 2 in tutte le stazioni classificate.
In provincia di Vicenza, il lago di Fimon risulta in classe 2, migliorando di una classe rispetto all'anno precedente.
Nel 2010 lo stato complessivo a livello regionale pu� considerarsi mediamente buono. Ampliando l'analisi ad un arco temporale decennale, si osserva come tutti i principali laghi abbiano visto quantomeno il mantenimento dello stato ecologico iniziale e, nella maggior parte dei casi, questo sia anche un po' migliorato, probabilmente grazie agli interventi attuati tramite il Piano di Tutela delle Acque.
(Figura 16.3.9)
Un altro aspetto legato all'acqua � quello, fondamentale, delle acque destinate all'uso potabile, e quindi alla distribuzione e consumo di tale risorsa. In Veneto il 90% delle risorse idriche distribuite tramite gli acquedotti provengono da fonti sotterranee, mentre i fiumi e i canali coprono il rimanente 10%. L'organizzazione ed erogazione del sistema idrico regionale prevede il controllo da parte delle Autorit� d'Ambito Territoriale Ottimale (AATO) che affidano la gestione degli acquedotti ai diversi Enti gestori. I Servizi di Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) delle AULSS svolgono a loro volta i controlli di qualit� sulle acque erogate.
Uno dei parametri di particolare interesse ai fini del monitoraggio della qualit� delle acque potabili � la presenza dei nitrati. Essi si trovano, in basse quantit�, nelle acque, ma la loro concentrazione va tenuta sotto controllo poich� si tratta di sostanze dannose alla salute umana. Se la loro presenza supera determinati valori limite si � probabilmente in presenza di un inquinamento indotto dalle attivit� antropiche . Secondo stime dell'Organizzazione Mondiale della Salute
(Nota 13) concentrazioni al di sopra dei 9 mg/l per le acque sotterranee e 18 mg/l per quelle superficiali indicano la presenza di apporti antropici.
In Veneto Arpav si occupa del monitoraggio delle acque potabili e, dal 2007, misura le concentrazioni dei nitrati in ogni comune. Sono state costruite delle classi di valori che vengono attribuite ai singoli comuni in base al risultato dei controlli.
La normativa di riferimento (D.lgs. 31/01) prevede che la concentrazione di nitrati nelle acque che fuoriescono dai rubinetti, utilizzati per il consumo umano, non debba superare i 50 mg/l.
Nel 2010, cos� come negli anni passati, la situazione si presenta positiva in quanto le mediane delle concentrazioni di nitrati contenuti nelle acque potabili non superano mai il livello limite previsto.
In particolare si vede come i valori si mantengano al di sotto dei 25 mg/l praticamente ovunque a parte alcuni casi isolati nelle province di Treviso, Verona e Vicenza.
(Figura 16.3.10)
Analizzando il trend dal 2007 al 2010 della distribuzione dei comuni nelle varie fasce di concentrazione dei nitrati si osserva la riduzione di quelli con valori inferiori a 5 mg/l e il contemporaneo aumento dei comuni con valori compresi tra 5 e 15 mg/l.
(Figura 16.3.11)
Meritano infine un accenno le acque di balneazione, per le quali la situazione nel 2010 � stata ottimale essendo risultati idonei alla balneazioni tutti i 167 punti di controllo.
I rifiuti
La salvaguardia del territorio passa anche attraverso una attenta gestione dei rifiuti, dal controllo della quantit� che ne viene prodotta ai sistemi di raccolta, smaltimento e riciclo. Per questo motivo la questione dei rifiuti viene costantemente monitorata su scala europea. Fino al 2008 i dati Eurostat mostrano una continua crescita nella produzione dei rifiuti urbani. Nel 2009, per la prima volta, c'� stata un'inversione di tendenza, imputabile per� alla crisi economica e al conseguente calo dei consumi. Complessivamente si sono prodotti in quell'anno 255.813.000 t di rifiuti urbani, con una riduzione dell'1,2% rispetto all'anno precedente. Rapportando il valore di produzione alla popolazione residente ne esce una media europea di 512kg per abitante all'anno nel 2009, con una situazione abbastanza eterogenea tra i diversi paesi membri dell'UE. Si va infatti dagli 831kg/ab della Danimarca ai 316 della Repubblica Ceca. L'Italia segue pressoch� lo stesso trend del resto dell'Unione e la produzione per abitante � di poco superiore alla media europea attestandosi sui 532 kg/ab all'anno.
In Veneto si sono prodotte nel 2010 2.408.569 t di rifiuti urbani, valore in aumento rispetto al 2009 dell'1,6%. Da considerare per� che la produzione pro capite, pur cresciuta anch'essa, si � limitata ad un +1%, raggiungendo i 488 kg/ab all'anno, e questo indica che parte dell'incremento assoluto � spiegabile con l'aumento della popolazione. Confrontando i valori regionali del 2009 con quelli nazionali ed europei, si vede come la produzione di 483 kg/ab di rifiuti urbani annui sia nettamente al di sotto della media italiana e di quella dell'UE27. Studiando la dinamica dell'ultimo decennio si conferma quanto detto poco sopra: infatti a fronte di un incremento complessivo della quantit� di rifiuti prodotti pari al 12,7% dal 2000 al 2010, l'incremento, nello stesso periodo, del valore pro capite � contenuto al 3,6%.
A livello territoriale, la produzione pro capite per provincia cambia parecchio tra l'una e l'altra, registrando il picco di quasi 625 kg/ab a Venezia, legato al fenomeno turistico, e il minimo di 381 a Treviso.
(Figura 16.3.12)
La regione Veneto da tempo risulta ai primi posti tra le regioni italiane per la raccolta differenziata e, nel 2009, con il 56,3% si collocava al secondo posto dopo il Trentino-Alto Adige. Nel 2010 � cresciuta ancora, raggiungendo il 58,3%, ovvero un ulteriore 2% in pi�. Grazie a questo valore, l'obiettivo del 60% per il 2011 posto dal D.Lgs. 152/2006 � sempre pi� vicino. In realt� la provincia di Rovigo ha gi� superato questo obiettivo e quella di Treviso, con il 72,4%, � gi� oltre anche all'ultimo target previsto per il 2012 pari al 65%.
(Figura 16.3.13),
(Figura 16.3.14)
La gestione dei rifiuti urbani in Veneto � caratterizzata dalla diffusione della raccolta separata della frazione organica, che rappresenta una realt� oramai consolidata. In 534 comuni del Veneto su 581, dove risiedono circa 4,6 milioni di abitanti pari al 93% circa della popolazione, viene effettuata la raccolta secco-umido, ovvero viene attuata dai cittadini la separazione domestica dell'umido, delle frazioni secche recuperabili e del rifiuto residuo secco non riciclabile. Tra questi la modalit� domiciliare o porta a porta risulta essere la prevalente con 449 comuni interessati (circa il 66% della popolazione).
Sono inoltre 332 i comuni, corrispondenti al 46% degli abitanti residenti nel Veneto, che applicano la raccolta domiciliare spinta, ossia la modalit� domiciliare estesa a tutte le frazioni di rifiuto intercettate.
E' interessante a tale proposito osservare come si sia modificata negli anni la composizione percentuale dei comuni con la raccolta dei rifiuti urbani indifferenziati e di quelli con la raccolta secco-umido. Con un trend di cambiamento continuo, dal 1999 al 2010 si � passati dal 40% di comuni che effettuavano la raccolta differenziata secco-umido fino a quasi il 92%.
(Figura 16.3.15)
Analizzando i sistemi di trattamento dei singoli materiali si osserva, nel tempo, come sia drasticamente diminuita la pratica del conferimento in discarica - dal 39,3% del totale dei rifiuti nel 2001 al 9,5% nel 2010 - a favore del recupero delle frazioni organiche e secche. Si mantiene intorno al 23-24% il trattamento meccanico biologico
(Nota 14), ovvero la produzione di combustibile derivato (CDR), che nel 2010 è stata pari a 156.000 tonnellate.
(Figura 16.3.16)
Va segnalata anche l'analisi svolta da Arpav sulla qualità della raccolta differenziata. Al di là dei numeri della raccolta differenziata stessa, si è cercato di dare una misura della qualità di quest'ultima, traducendola in effettiva quantità di materia recuperata, togliendo quindi gli scarti presenti nei rifiuti avviati al recupero, e sommando i materiali di spazzamento, i rifiuti ingombranti e il secco residuo avviato al recupero. Da questa operazione è stato costruito l'indice di recupero di materia (IR), calcolato rispetto al totale dei rifiuti raccolti.
A livello regionale, nel 2010, l'IR è stato pari al 55%: tra le province spicca ancora una volta Treviso con oltre il 75%, mentre più in difficoltà è Venezia, i cui valori sono però da considerare a parte vista la particolare struttura morfologica e la forte presenza turistica che incide sulla città praticamente per tutto l'arco dell'anno.
Una breve nota infine sui costi del sistema di gestione dei rifiuti urbani. Nonostante un incremento nel 2010 del 2,6% rispetto all'anno precedente che ha portato ad una spesa media di 127,92€ per cittadino all'anno, il costo si mantiene ancora al di sotto del valore di 130,64€ registrato nel 2007 su scala nazionale.
L'ambiente urbano
Focalizzando l'attenzione sull'area urbana, tramite l'osservazione di alcuni indicatori, si può cercare di fornire una misura della qualità ambientale nelle zone residenziali. Di un certo interesse sono gli aspetti legati alla quantità di aree di verde pubblico, di piste ciclabili, di isole pedonali e di zone a traffico limitato.
Riguardo al verde pubblico, i valori sono rilevati nei 116 comuni capoluoghi di provincia italiani e risultano molto eterogenei dipendendo in gran parte dall'area geografica circostante. In Veneto ad esempio, si nota subito come il valore di Belluno non sia quasi nemmeno confrontabile con quello delle altre città: oltre 870mq per abitante contro i 66,5 di Verona che comunque è al secondo posto e, a sua volta, possiede cinque volte tanto il verde di Rovigo. La media italiana si attesta intorno ai 106 mq per abitante. Utile però può essere osservare la dinamica nel decennio e, infatti, rispetto al 2000 ci sono aumenti in quasi tutti i comuni capoluogo di provincia, dal +15,7 di Vicenza fino al +42% di Verona, segno di un mutamento nelle politiche ambientali delle amministrazioni locali, maggiormente attente alla salvaguardia del territorio, e alla qualità dell'ambiente in cui viviamo.
(Figura 16.3.17)
Il secondo aspetto relativo all'ambiente urbano è quello legato alla presenza di piste ciclabili nel territorio urbano. In Italia, considerando i comuni capoluogo, ci sono, in media, 13,7km di piste ciclabili per 100km2 di superficie nel 2009, valore più che raddoppiato dal 2000 quando superava di poco i 5km.
In Veneto quasi tutti i comuni capoluogo sono molto al di sopra del valore nazionale, rispecchiando la tendenza delle regioni del nord dove queste particolari "strade" riservate alle biciclette (o condivise coi pedoni) sono più diffuse. Spicca in particolare Padova con quasi 149km di piste ogni km2, risultato raggiunto nell'arco dell' ultimo decennio grazie alla forte sensibilizzazione dell'amministrazione locale verso questo aspetto della mobilità, sicurezza e vivibilità nella città.
(Figura 16.3.18)
Terzo aspetto dell'ambiente urbano è quello relativo alla disponibilità di aree pedonali e zone a traffico limitato. Riguardo alle prime, la disponibilità media a livello nazionale è, nel 2009, di 33,3 m2 ogni 100 abitanti, valore che però presenta un'alta variabilità da città a città. Si è comunque registrato un aumento dal 2000 di oltre 10 m2. Nei comuni capoluogo veneti la presenza delle aree pedonali è al di sotto della media nazionale in 4 casi, mentre a Padova con 80 m2 il valore è decisamente più elevato. Venezia, per la particolare struttura geografica, ha il valore più alto di tutta la penisola con oltre 487 m2.
(Figura 16.3.19)
Riguardo alle seconde, le zone a traffico limitato (ZTL), sono stati presi in esame gli anni 2006 e 2008. La situazione tra i diversi comuni capoluogo di provincia appare anche in questo caso piuttosto eterogenea: si va dai 7.615 m2 di Treviso nel 2008 fino a 1.300.000 m2 per Padova nel 2008. Complessivamente le aree ZTL sono cresciute e, in taluni casi, in modo anche considerevole, come ad esempio a Verona, dove si passa dagli 88.500 m2 del 2006 agli 870.000 m2 del 2008, ma anche a Padova che da 832.700 m2 cresce fino al già menzionato milione e 300.000 m2. Oltre ai valori assoluti, si sono rapportate le superfici di ZTL dei comuni capoluogo con le densità abitative degli stessi. Ne emerge qualche differenza rispetto al semplice calcolo delle superfici assolute. Ad esempio il valore più elevato dell'indicatore, nel 2008, compete a Verona, a dispetto di una superficie complessiva di Padova che è oltre una volta e mezza superiore. E così pure per la crescita dal 2006 che, sempre a Verona, è stata quasi del 900%.
(Figura 16.3.20)
Sempre legata alla qualità dell'ambiente urbano, c'è un'altra categoria di indicatori che concorre alla valutazione della stessa. Essi sono legati più direttamente alla salute delle persone. In particolare si è qui considerato il livello di concentrazione dei pollini da graminacee, per il quale è calcolato l'indice pollinico annuo (IP), che indica il livello di esposizione della popolazione ai pollini delle piante graminacee dal punto di vista sanitario. Esso è formato dalla somma delle concentrazioni giornaliere misurate da apposite stazioni di rilevamento (captaspore) nel periodo gennaio-novembre. L'indicatore non ha valori limite fissati dalla normativa, ma può essere un riferimento per la valutazione dell'esposizione della popolazione. La stazione di rilevamento di Padova, nel 2011, ha registrato la concentrazione annua più elevata, seguita da Verona e Vicenza, mentre il valore più basso si è avuto a Treviso. Rispetto al 2010 le concentrazioni polliniche delle graminacee sono state in generale aumento, eccezione fatta per Treviso dove c'è stata una riduzione di oltre il 65%.
(Figura 16.3.21)
L'Associazione Italiana di Aereobiologia (AIA) classifica la concentrazione gionaliera di pollini in: alta, media e bassa
(Nota 15). Questo consente di valutare la frequenza dei giorni in cui la popolazione è maggiormente esposta. Nel 2011 sono aumentati i giorni con un'alta concentrazione di pollini di graminacee in quasi tutte le province, con il picco a Padova, dove si sono toccati i 58 giorni. Anche in questo caso l'unica città in controtendenza è Treviso.
(Figura 16.3.22)