Regione del Veneto - U.O. Sistema Statistico Regionale
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Rapporto Statistico 2013
Rapporto Statistico 2013
I numeri del Veneto

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I numeri del capitolo 1

La persistenza delle difficoltà
Il 2012 vede migliorare lievemente l'economia internazionale nel terzo trimestre e la crescita globale si attesta sul 3,2% per l'intero anno. Le principali fonti di accelerazione sono le economie emergenti che vedono aumentare il proprio output del 5,1% e, tra le economie avanzate, soltanto gli Stati Uniti, dove l'aumento del PIL è del 2,2%. I ritmi moderati della crescita internazionale mantengono sotto tono l'andamento del commercio mondiale.
L'Unione europea chiude il 2012 in recessione, -0,3% per l'UE27 e -0,6% per l'Area euro. L'andamento è decrescente nel corso dell'anno, mostra una variazione tendenziale positiva soltanto nel primo trimestre del 2012 e poi negativa per i restanti tre trimestri.
L'economia italiana sta attraversando una fase di profonda difficoltà, in cui le debolezze strutturali sono acuite dallo sfavorevole momento congiunturale. Nell'arco di un quinquennio essa ha dovuto far fronte alla crisi finanziaria, all'instabilità del mercato del debito sovrano, a due profonde recessioni. Dall'avvio della crisi, il PIL è sceso di 7 punti percentuali, il numero di occupati di 600.000 unità.
Nelle stime del 2012 anche il Veneto risente della recessione in maniera analoga al livello nazionale: la variazione percentuale del -1,9% del PIL risulta leggermente migliore del -2,4% nazionale. Il valore aggiunto dei servizi mostra una stasi (-0,6%), contro -3,3% dell'industria in senso stretto, il -5,6 delle costruzioni e la variazione percentuale positiva, 0,5%, dell'agricoltura. Tra le componenti della domanda si stima un -4% dei consumi delle famiglie e -8,5% degli investimenti.
Il 2013 rappresenterà ancora un anno di stagnazione per poi lasciare il passo alla ripresa che dovrebbe avviarsi nel 2014 riportando una crescita attorno all'1,7%.
Nonostante le difficoltà congiunturali, il Veneto rimane la terza regione in Italia per la produzione di ricchezza, dopo Lombardia e Lazio: il 9,4% del Prodotto Interno Lordo nazionale è realizzato in Veneto. Il PIL per abitante veneto stimato nel 2012 risulta di 29.636 euro, superiore del 15% rispetto a quello nazionale.
Siamo però ancora lontani dai valori economici pre crisi. In termini reali il valore del PIL veneto più elevato è stato raggiunto nel 2007: 141.628 milioni di euro e nelle previsioni al 2014 potrebbe arrivare a 132.769 milioni di euro, ossia tornare ai livelli del 2004. Si prevede che il PIL per abitante, pur mantenendosi sopra alla media italiana, nel 2014 in termini reali salga leggermente rispetto al dato 2013, ma si posizioni sui valori del 1996, ben 19 anni prima.

I numeri del capitolo 1

I numeri del capitolo 1
 
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I numeri del capitolo 2

Le componenti economiche e l'ambito sociale
Le esportazioni venete hanno registrato nel corso del 2012 un incremento pari al +1,6% rispetto all'anno precedente, attestandosi ad un valore pari a 51,1 miliardi di euro. La crescita delle esportazioni è sostenuta dall'aumento delle vendite sui mercati extra Ue (+6,7%), mentre quelle verso l'area Ue sono in lieve flessione (-1,9%).
Nel corso del 2012 l'andamento negativo dei consumi si è istantaneamente riflesso sulle attività commerciali, facendo sì che le vendite al dettaglio del 2012 in Italia si siano ridotte complessivamente dell'1,7% rispetto all'anno precedente.
Nel 2012 il commercio in sede fissa in Veneto perde rispetto all'anno precedente quasi 2 esercizi su 100; il commercio ambulante chiude l'anno in leggera crescita rispetto al 2011 (+0,2%) e continua l'esplosione dell'e-commerce, +16,8% delle vendite nel 2012.
Il valore della produzione del settore agricolo veneto realizzato nel 2012 si è attestato sui 5,56 miliardi di euro, un livello superiore a quello dell'anno precedente (+1,2%).
Nel 2012 si è osservato inoltre una notevole diminuzione del deficit della bilancia commerciale relativa ai prodotti agroalimentari veneti, scesa a 751 milioni di euro (-32%) a causa del significativo incremento delle esportazioni (+8%), che hanno raggiunto i 4,82 miliardi di euro, rispetto alla stabilità delle importazioni, ferme a 5,57 miliardi di euro.
In significativo aumento il numero degli occupati agricoli (+7,5%), che hanno raggiunto le 75.000 unità, mentre l'industria alimentare ha subìto una perdita di occupati dell'ordine dell'1,6%, superiore alla media dell'intero comparto industriale (-0,9%).
L'imprenditoria veneta segue l'andamento nazionale che ha visto un peggioramento della sopravvivenza imprenditoriale nel corso dello scorso anno: le imprese venete nel 2012 sono diminuite dell'1,2% rispetto al volume dell'anno precedente, -1,1% se si esclude il comparto agricolo.
Il comparto industriale nel 2012 continua a risentire delle difficoltà congiunturali, -2,8% per il manifatturiero e -3,5% per le imprese di costruzione. Le imprese attive dei servizi alle imprese, degli alberghi e ristoranti e del comparto bancario e finanziario sono continuate a crescere negli ultimi 3 anni; la recessione economica ha determinato, invece, una contrazione delle imprese attive del commercio (-0,9% nel 2012) e dei trasporti (-1,7%).
Nel 2012 il turismo veneto ha retto il confronto con un 2011 da record, grazie a un flusso di visitatori di 15,8 milioni di arrivi (+0,3%). I 62,4 milioni di presenze (-1,7% rispetto l'anno precedente) evidenziano ancora una volta la riduzione della permanenza degli ospiti nelle località di villeggiatura.
Dopo il 2011 in cui si erano registrati segnali di ripresa, nel corso del 2012 sono sempre più evidenti le difficoltà nel mercato del lavoro; sebbene ciò, il Veneto si conferma tra le regioni leader registrando il quarto tasso di occupazione più alto (65%) e il secondo tasso di disoccupazione più basso sia totale (6,6%) che dei soli giovani (23,7%).

I numeri del capitolo 2

I numeri del capitolo 2
 
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I numeri del capitolo 3

Le trasformazioni del sistema economico
I sistemi economici evolvono e si trasformano costantemente. La storia economica del Veneto viene studiata nell'intero periodo 1995:2011 e nei suoi sottoinsiemi 1995:2000, anni di pieno benessere, 2000:2007, quando l'andamento del PIL comincia a oscillare e, infine, 2007:2011, gli anni della grande crisi.
Considerato l'intero periodo 1995:2011 il PIL veneto cresce in media dello 0,9% all'anno come in Italia. A questo risultato si arriva dopo il forte incremento medio annuo degli anni 1995:2000, pari al 2,4% (1,9% per l'intera Italia) al quale contribuisce particolarmente l'exploit del 2000: la variazione percentuale 2000/1999 è pari a +5%. Gli anni 2000:2007 vedono una crescita del PIL pari all'1,3%: dopo la debolezza del 2002 si assiste ad una buona ripresa soprattutto nel 2004, +2,7%, fino alla variazione percentuale 2007/06, +2%. Infine gli ultimi anni 2007:2011 vedono una riduzione della ricchezza dell'1,4%: la caduta 2009/2008 del 5,5% incide fortemente sull'intero periodo.
Nel confronto territoriale il Veneto risulta in tutti i periodi tra regioni con lo sviluppo più elevato, tranne che nel periodo di crisi quando la caduta più intensa rispetto ad altre regioni del nord economicamente forti, come Lombardia ed Emilia Romagna, è da spiegarsi con la sua economia ancora fortemente legata alla manifattura e agli scambi internazionali, così da risentire maggiormente della recessione globale.
Dall'analisi shift&share, emerge un Veneto che, come la Lombardia, l'Emilia Romagna, l'Abruzzo, le Marche, il Piemonte e la Toscana, risente del freno costituito da una composizione strutturale penalizzante, in quanto ricca di attività in quei settori economici rivelatisi meno dinamici di altri nel periodo di riferimento. Nonostante ciò, il Veneto presenta una crescita del valore aggiunto nel decennio di poco inferiore rispetto alla media nazionale, mostrando quindi di disporre di una componente locale positiva, dietro alla quale si cela un sistema produttivo stabile, in grado di mantenere il territorio ad un livello di sviluppo economico relativamente solido rispetto all'andamento nazionale.
In termini di fatturato estero, sono 3 le regioni che hanno contribuito maggiormente alla crescita in questi ultimi dodici anni, spiegando oltre il 55% dell'aumento delle esportazioni nazionali; sono la Lombardia (+27,7%), l'Emilia Romagna (+16,4%) e il Veneto (+11,5%).
In questo momento storico la ricerca rappresenta un moltiplicatore di produttività e come tale una leva strategica fondamentale per avviare le economie mature verso la ripresa.
In Veneto in questo settore gli effetti della crisi si sono fatti sentire: ma più che le aziende, sono state le Università e le istituzioni pubbliche a tagliare le attività ritenute aggiuntive rispetto agli standard minimi e quindi ridurre la spesa in ricerca. L'incidenza della spesa in ricerca sul PIL in Veneto nel 2010 è pari a 1,04%, leggermente più bassa dell'anno 2009 (1,08%).

I numeri del capitolo 3

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I numeri del capitolo 4

Le imprese venete: i processi di cambiamento di chi resiste alla crisi
Questo capitolo studia lo zoccolo duro delle imprese venete: quelle rimaste sempre attive nel periodo 2005:2010 e abbastanza strutturate, ossia dai 10 addetti in su. La finalità è individuare le caratteristiche delle imprese non micro che hanno mantenuto o addirittura migliorato alcune variabili finanziarie, tra cui il fatturato e la redditività negli ultimi anni, in modo da definirne le caratteristiche per poterne intuire i punti di forza.
Incrociando vari archivi di tipo statistico, amministrativo e contabile, abbiamo ottenuto un plafond di 16.729 imprese sempre attive nel periodo 2005:2010, ossia il 66,6% del totale delle imprese venete con più di 10 addetti nel 2010, che complessivamente corrispondono all'impiego del 77,4% degli addetti delle medesime. Delle imprese studiate, circa il 40% opera con l'estero nel 2010, per lo più per importi sotto il milione di euro (23,3%). E' necessario osservare che comunque sono gli operatori che esportano merci per oltre 5 milioni di euro a coprire l'84,5% del valore totale dell'export nel 2010.
Tra le imprese studiate soltanto il 5,1% investe in ricerca e sviluppo (R&S), ma copre oltre il 75% della spesa totale privata in R&S in Veneto effettuata nel 2010.
La distribuzione per classe di fatturato evidenzia una forte concentrazione di imprese nelle classi di fatturato intermedie: il 10,8% di imprese fattura fino a 1 milione di euro, il 49,7% fattura nel 2010 tra 1 e 5 milioni di euro, il 28,4% tra 5 e 20 milioni di euro e il rimanente 11,2% supera i 20 milioni di euro di fatturato annuo.
E' confortante osservare che le imprese selezionate complessivamente registrano un aumento di redditività proporzionale all'aumento di addetti. La differenziazione nei risultati aziendali sembra conseguenza della dimensione dell'impresa: se le piccole imprese (10-19 addetti) nel periodo 2005:2010 soffrono, registrando variazioni medie annue negative sia in ambito occupazionale che in quello della redditività aziendale, le medie tendono a mantenere il proprio status, mentre le grandi migliorano decisamente. Le imprese con un numero di addetti tra 50 e 249 mostrano una crescita proporzionale tra redditività e occupazione, mentre quelle con oltre 250 addetti migliorano ulteriormente l'occupazione.
Dallo studio emerge, in definitiva, che le imprese più performanti sono le imprese di media e grande dimensione, che sono quasi tre mila (20,7% delle imprese osservate) e impiegano il 66,6% degli addetti della nostra coorte (dato 2010), mentre tra le piccole imprese riescono ad emergere solo quelle che riescono ad innovare e investono in ricerca.
Tra tutte, le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e operano con l'estero dimostrano un consistente miglioramento della redditività e una buona crescita occupazionale.

I numeri del capitolo 4

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I numeri del capitolo 5

Il settore della meccanica strumentale nel Veneto: come si trasformano le imprese per tenere il mercato ?
Questo capitolo presenta un approfondimento per il territorio veneto dei risultati di uno studio volto ad approfondire alcune caratteristiche dei percorsi evolutivi dei modelli di business delle Piccole Medie Imprese nel settore 'meccanica strumentale' a livello nazionale. Allo scopo si è fatto uso dell'ampio archivio di dati strutturali di SOSE riguardanti le imprese con fatturato inferiore a 7,5 mln. di euro.
Quando si fa riferimento a modello di business, si intende la combinazione dei principali elementi della catena del valore attraverso cui le imprese configurano la propria attività e l'organizzazione interna per affrontare la concorrenza; il mix particolare in cui essi vengono combinati per effetto delle decisioni assunte da ciascuna impresa conduce ad una specifica configurazione dell'attività che sinteticamente si rispecchia in un profilo di business.
Nella seconda metà degli anni duemila (2004-2010) nel settore della meccanica strumentale del Veneto le piccole imprese hanno tenuto comportamenti competitivi mutevoli di fronte ai continui cambiamenti dello scenario economico, con l'obiettivo di rafforzare la capacità di permanenza sul mercato: schematizzando, si può dire che sia i comportamenti di tipo adattivo (principalmente i percorsi di downgrading volti a semplificare la struttura della catena del valore interna e i conseguenti assetti organizzativi aziendali) sia i percorsi di tipo proattivo (l'adozione di modelli di business più complessi) hanno conseguito con notevole successo tale obiettivo. La probabilità di sopravvivenza sul mercato è, infatti, sensibilmente aumentata per le imprese che hanno intrapreso tali percorsi di trasformazione del proprio modello di business, soprattutto nel breve termine (sempre al disopra del 90%) ma anche nel lungo termine. Al contrario, le imprese che hanno mantenuto stabilmente lo stesso approccio competitivo e la medesima struttura della catena del valore interna, senza modificare la propria "value proposition", hanno generalmente evidenziato le maggiori difficoltà a tenere il mercato; le sole eccezioni riguardano da un lato, i modelli con un approccio al mercato centrato su investimenti immateriali e competenze manageriali in grado di sostenere la concorrenza sui mercati internazionali; dall'altro, il modello della subfornitura "esclusiva" verso un cliente principale.

I numeri del capitolo 5

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I numeri del capitolo 6

Un volano per lo sviluppo: il bello e ben fatto nei nuovi mercati
Il Bello e Ben Fatto (BBF d'ora in poi) è il made in Italy dei beni di fascia medio-alta di antica tradizione ed artigianalità ma innovativi nel design e nelle tecnologie di avanguardia, realizzati con standard qualitativi e professionalità elevati.
Rispetto all'analisi presentata nel Rapporto dello scorso anno, il campo di osservazione dei beni di fascia medio-alta che costituiscono il BBF veneto si amplia, comprendendo, oltre ai settori alimentare, abbigliamento-tessile casa, calzature e arredamento anche due comparti particolarmente rilevanti per l'economia veneta: l'occhialeria e l'oreficeria-gioielleria.
Che prodotti BBF rappresentino una leva importante per l'economia veneta lo dimostrano, in una situazione di crisi profonda dei consumi interni, i numeri dell'export: nel 2012 a fronte di una crescita delle esportazioni complessive pari all'1,6%, quelle di BBF aumentano del 4,7%; nel 2012 pesano per il 29% delle esportazioni venete complessive. Inoltre, che le opportunità di crescita vadano ricercate nei mercati nuovi si desume anche dall'andamento delle esportazioni di BBF veneto per area di destinazione: nel 2012 le esportazioni di BBF aumentano dell'8,1% nei paesi emergenti, 4,7% in quelli maturi.
Tra i nuovi mercati più rilevanti, quello in cui il Veneto mostra una maggiore penetrazione è la Russia, in particolare, per l'alimentare, l'arredamento e i comparti della moda. Tale presenza più significativa è favorita dalla duplice considerazione che, rispetto ad altri paesi emergenti, come Brasile, Cina o India, in Russia il ceto medio è, in proporzione, più numeroso e che forte è il fascino esercitato dai prodotti BBF sui nuovi consumatori del paese.
Ma, oltre alla Russia, altri paesi sono importanti bacini di domanda: la Cina, in primis, che rappresenta un'opportunità anche per accedere in altri mercati asiatici ad alto potenziale (India, Malesia, Vietnam, ad esempio) più difficili da approcciare direttamente. In Cina, considerata l'ampiezza del mercato, il BBF veneto esercita un peso non trascurabile; nell'occhialeria e nell'oreficeria-gioielleria, in particolare, il Veneto detiene una quota superiore al 20% del mercato cinese.
Un altro mercato di grande interesse è rappresentato dagli Emirati Arabi Uniti, nei quali, ad eccezione dell'occhialeria, il peso del Veneto sulla domanda internazionale di BBF è ancora relativamente ridotto: margini di espansione si ravvisano, infatti, in tutti i comparti, grazie al crescente apprezzamento dei prodotti tipici del made in Italy, veicolato anche da turismo ed eventi fieristici.
Altri mercati offrono prospettive di crescita più direttamente collegate a comparti specifici del BBF veneto: è il caso del Brasile per l'alimentare (vino, in particolare) o del Messico per occhialeria e oreficeria-gioielleria.

I numeri del capitolo 6

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I numeri del capitolo 7

Il comparto agricolo tra cambiamenti e tradizione
Sono sempre meno le aziende agricole ed in media sempre più grandi rispetto al passato. La SAU media, infatti, solo negli ultimi 10 anni è cresciuta di oltre il 40% sia in Veneto che in Italia, passando rispettivamente a 6,8 e 7,9 ettari, mentre calano del 32,4% sia il numero delle aziende venete che italiane.
Nel 2010 l'azienda individuale a conduzione diretta, con terreni di proprietà esclusiva, di piccole dimensioni e fortemente incentrata sulla famiglia del capo azienda è ancora la forma più diffusa; inoltre la metà dei capi azienda veneti ha più di 60 anni, le altre attività remunerative connesse all'azienda sono ancora poco conosciute ed utilizzate: il subentrare dei giovani nel mondo agricolo sta apportando una forte componente di trasformazione e sebbene i capi azienda sotto i 40 anni rappresentino appena il 7% delle aziende venete, l'impulso di rinnovamento è di notevole entità.
Considerando le esportazioni agroalimentari (Nota 1), la performance del Veneto a confronto di quella italiana segna un passo di crescita quasi doppio: considerando gli ultimi 20 anni, mentre le esportazioni italiane sono quadruplicate (da 7,7 a 31,5 miliardi di euro), quelle della nostra regione sono aumentate di quasi sette volte, passando da circa 700 milioni di euro a quasi 4,8 miliardi di euro, con incrementi repentini di crescita soprattutto nei periodi 1992-95, 2005-2008 e 2009-2012.
Dal lato del mercato locale, dove assume grande valore la vendita diretta al consumatore, in Veneto le aziende agricole che fanno ricorso a tale canale di commercializzazione sono pari ad una quota di appena l'8,3%, la seconda più bassa a livello nazionale. La percentuale di aziende che utilizzano altri canali di vendita, quale quello ad imprese commerciali (46%) o ad organismi associativi (42,9%) rimane ancora nettamente predominante.
Il settore ittico Veneto, infine, si trova oggi in una fase di profonda trasformazione indotta principalmente da una serie di fattori esogeni che impongono alle diverse filiere adeguamenti strutturali nonché evoluzioni produttive: la flotta dei pescherecci veneti rispecchia le caratteristiche di una pesca artigianale, l'età delle barche denuncia un'esigenza di rinnovamento.
Dal punto di vista economico/sociale il settore si contraddistingue per la spiccata individualità imprenditoriale e l'aumento dei costi di produzione, in particolare di quelli energetici. L'eccessiva frammentazione e la presenza cospicua, fra le circa 3.000 di pesca ed acquacoltura, di micro imprese non facilita il rilancio delle attività di pesca e dell'imprenditorialità.

I numeri del capitolo 7

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I numeri del capitolo 8

Trasformazione e sviluppo di tendenze turistiche e culturali
Il settore turistico, che in un periodo di difficoltà economiche continua a mostrare numeri da record affermando ancora una volta la propria rilevanza nell'economia regionale, è in continua trasformazione: sul fronte della domanda è evidente la tendenza a sostituire il lungo periodo di ferie con brevi vacanze o con dei week end fuori città; sul fronte dell'offerta la gamma di proposte è in continuo sviluppo per rispondere alle esigenze di un pubblico sempre più vasto: il turismo congressuale, le ville venete, le strade del vino e dei prodotti tipici ne forniscono alcuni esempi, assieme agli "Itinerari nell'Anno della Fede", al turismo sanitario, al cicloturismo, all'ittiturismo, ponendo come nuova frontiera del Veneto anche l'ampliamento della cultura dell'ospitalità che deve essere messa a disposizione di tutti, anche a quanti hanno problemi sensoriali, salutistici o motori.
L'Italia, per secoli punto di riferimento per la cultura europea, vede oggi l'attenzione concentrarsi sulla possibilità d'integrazione di due grandi politiche di trasformazione: da un lato la conservazione del passato, dall'altro l'innovazione e quindi la produzione della cultura del futuro. La conservazione non è contrapposta allo sviluppo, ma al contrario rappresenta uno dei nuovi volti dell'innovazione per la società contemporanea, un investimento a lungo termine. Importante è la riscoperta e il recupero delle opere d'arte, la gestione dei musei e delle città storiche, il recupero del paesaggio, ma anche la valorizzazione delle mille città e borghi liberi e creativi, delle tradizioni artistiche, e non solo, che la creatività reinterpreta e rinnova: dall'artigianato alla gastronomia, dall'architettura alla musica e alla letteratura. Cultura significa sviluppo delle attività creative non solo per accrescere le innovazioni tecnologiche, ma anche per migliorare la qualità di vita e al contempo è il presupposto del progresso economico.

I numeri del capitolo 8

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I numeri del capitolo 9

Le strategie delle famiglie: rivedere priorita' e comportamenti
Che il presente oggi rappresenti un momento di trasformazioni anche sociali è indubbio: nel giro di pochi mesi è mutata non solo la consapevolezza generale della particolarità del momento storico, ma anche la necessità e la sensibilità di adeguare comportamenti, stili di vita, scelte personali e collettive alla nuova situazione.
Nel 2011 si è svolto il 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni che ha ridisegnato la mappa demografica del Paese, evidenziando i cambiamenti avvenuti negli ultimi dieci anni e fornendo risposte non solo al "quanti siamo", ma altresì al "chi siamo" e al "dove e come" scegliamo di vivere. Scelte che sempre più spesso sono legate alle contingenze di lavoro e reddito, ma anche al clima sociale, all'intreccio di soddisfazione per il presente e di fiducia nel futuro.
L'aggravarsi della crisi economica ha favorito il diffondersi di un clima di sfiducia e insoddisfazione generale, che attraversa tutti i segmenti della popolazione, le aree del Paese e le diverse classi sociali. Gli italiani, più degli europei, si dichiarano preoccupati per la situazione economica-occupazionale del Paese, delusi dalle istituzioni, scontenti per le misure che riguardano il sistema di inclusione e protezione sociale, diffidenti anche verso il prossimo.
Sempre più in difficoltà le famiglie che vedono diminuire il proprio reddito, per far quadrare il bilancio spesso sono costrette a usare i risparmi messi da parte e, quando ciò non è sufficiente, devono anche intaccare il proprio patrimonio. Con la perdita del potere d'acquisto diminuiscono i livelli di consumo, che segnano oggi la performance peggiore dal 1997: non sempre le rinunce sono voluttuarie, investono capitoli di spesa accessori o lasciano inalterato lo status delle famiglie. Tuttavia, se da un lato le famiglie si trovano ad affrontare sacrifici e limitazioni, dall'altro dimostrano la capacità di adattarsi, di differenziare rispetto al passato obiettivi e percorsi personali, anche reinterpretando la propria visione del mondo. Sobrietà, esigenza e riscoperta di un valore, comportamenti più attenti e sostenibili, anche riportando i consumi a logiche a-competitive di bisogno e non di status, eliminando sprechi ed eccessi considerati normali nei periodi di crescita economica.
La presenza straniera, che in questa situazione di crisi rischia di essere vissuta in termini di conflitto, è a tutt'oggi considerata in modo ambivalente tra eccessiva e valevole di diritti e riconoscimenti. Proprio gli stranieri, che subiscono in modo acuto il dramma della crescente disoccupazione, sono tuttavia i più ottimisti e condividono l'accresciuta spinta generale all'impegno personale e all'instaurare relazioni e reti solidali.

I numeri del capitolo 9

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I numeri del capitolo 10

Le energie dei giovani
Essere giovani significa essere in divenire, alla ricerca di un baricentro su cui costruire se stessi, evitando cadute minacciose o almeno cercando di imparare da esse.
Il giovane, impegnato nell'opera di conoscenza di sé e di scoperta delle proprie potenzialità, è altresì cittadino di un mondo che lo interpella, che ha bisogno anche del suo contributo. Spostare l'interesse da se stessi verso gli altri, per il benessere della comunità, è un indicatore importante di maturità per un giovane che si affaccia con coscienza civica all'età adulta. Nonostante la generale sfiducia nelle istituzioni, i giovani continuano a dimostrare interesse per il proprio territorio, impegnandosi più spesso nel volontariato, ancora poco nella vita politica.
Una società che desidera evolversi deve poter riflettere sulla sua capacità generativa, se cioè sta investendo sui giovani e se sa valorizzarne potenzialità e risorse. Se da un lato i giovani hanno tenore di vita, opportunità sociali, culturali e relazionali superiori a quelle dei loro padri e hanno investito in percorsi di formazione che assicurano elevati livelli di capitale umano, dall'altro sembra però che siano destinati a un futuro più incerto; basti pensare che oggi il tasso di disoccupazione dei giovani è tra i più alti d'Europa.
Più basse in Italia che altrove, inoltre, le opportunità di mobilità sociale: rimane forte il condizionamento della famiglia di origine, determinando disuguaglianze nelle opportunità degli individui. I giovani sembrano ereditare privilegi e svantaggi dei loro padri, il background familiare influenza le scelte scolastiche, gli ambienti formativi frequentati e, quindi, le possibilità di successo nella vita.
Le difficoltà economiche che sta attraversando il nostro Paese complicano ulteriormente la conquista della piena autonomia per i giovani. Per essere generativi occorre saper porre una sana distanza dalla famiglia di origine, che consenta la propria realizzazione in autonomia e il personale contributo alla società. Le fatiche a lasciare il nido domestico fanno riferimento alla complessità nel raggiungere una stabilità lavorativa, fonte di incertezza e precarietà nei progetti di vita, ma anche alle difficoltà di sostenere i costi di un'abitazione. Molti sono ancora studenti, spesso sono disoccupati, ma ci sono anche ragazzi che non lavorano, non studiano e non si formano (Neet).
In questa fase di cambiamento economico, oggi più di un tempo si affaccia la prospettiva di andare a lavorare e di vivere altrove, non tanto come soluzione temporanea, ma come progetto di medio o lungo periodo.
La giovinezza rimane comunque il tempo della vita in cui le capacità sono messe alla prova, in cui si sperimenta. Nonostante le difficoltà nel mercato del lavoro e nella conquista dell'autonomia, c'è ancora chi investe su idee e nuove forme di imprenditorialità. Il futuro dei giovani, con sfide e successi, dipende anche dalla capacità del sistema di indirizzarli verso l'imprenditorialità, di coltivarne l'entusiasmo, l'ottimismo e la motivazione del fare da sé e del fare con gli altri.

I numeri del capitolo 10

I numeri del capitolo 10
 
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I numeri del capitolo 11

Lavoro e istruzione: vecchie e nuove sfide
Dalla nascita del Regno d'Italia ad oggi, il nostro Paese ha attraversato molteplici trasformazioni socio-economiche con conseguenze profonde nel mercato del lavoro. L'attuale livello di disoccupazione italiano è il più alto di questo secolo, ma rimane comunque più basso di quanto registrato dalla fine degli anni '80 a tutti gli anni '90, quando molte erano le difficoltà dei figli del baby boom a trovare un impiego, si soffriva per la crisi valutaria del '92, cresceva la volontà delle donne ad entrare nel mercato lavorativo e si passava da un sistema prettamente industriale a uno fondato sui servizi.
Molte sono le riforme intervenute negli anni fino ad oggi, in particolare dal "Pacchetto Treu" del 1997 alla "Legge Biagi" del 2003, l'Italia ha avuto un sussulto, realizzando un'ottima performance per quanto riguarda l'abbassamento generale del livello di disoccupazione. Ottime le performance della nostra regione che dalla fine degli anni Novanta alla crisi economica attuale ha registrato tassi sempre più bassi, passando dal 6,4% del 1997 al 3,5% del 2008. Purtroppo, dall'autunno del 2008, tutti i risultati ottenuti vengono vanificati dalla crisi; sebbene ciò, in questi anni difficili il Veneto si conferma tra le regioni leader e nel 2012 registra il quarto tasso di occupazione più alto (65%) e il secondo tasso di disoccupazione più basso sia totale (6,6%) che dei soli giovani (23,7%). Viceversa, cresce ovunque il tasso di occupazione delle persone in età 55-64 anni. L'invecchiamento della popolazione è una delle principali sfide dell'Italia e dell'Unione europea che bisognerà affrontare nei prossimi anni.
Strettamente connessa all'occupazione è la valorizzazione del capitale umano. Investire in istruzione non solo è sinonimo di maggiori benefici per i giovani e le loro famiglie e di minore probabilità di rimanere escluso dal mercato lavorativo, ma è anche alla base del rilancio dell'economia del Paese ed è il motore dello sviluppo. I veneti sono sempre più istruiti: nel 2012 il 47,6% possiede almeno un diploma superiore contro il 35,4% del 2001, sempre meno sono i ragazzi che abbandonano prematuramente la scuola, il 14,2% contro il 18,1% del 2004, e la quota di laureati 30-34enni cresce dal 16,1% del 2005 al 21,4%.

I numeri del capitolo 11

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I numeri del capitolo 12

L'ambiente
Tra i fattori caratterizzanti l'ambiente che ci circonda, l'aria rappresenta sicuramente uno dei principali. In Veneto il monitoraggio della qualità di quest'ultima mostra alcune criticità, specie legate ad alcuni inquinanti quali le polveri sottili (PM10) e l'ozono (O3). La loro concentrazione nell'atmosfera presenta un andamento altalenante nel tempo.
Un altro fattore connesso all'ambiente è quello dell'acqua. Il Veneto possiede un territorio ricco di questa risorsa naturale: dai laghi ai fiumi, dalle sorgenti sotterranee fino ad arrivare al Mare Adriatico. Complessivamente dai costanti monitoraggi sulla qualità delle acque e gli usi delle risorse idriche emerge una situazione buona a livello regionale: le acque di balneazione ricadono nella maggior parte dei casi nella classe qualitativa "eccellente", e anche quelle destinate agli usi potabili non presentano criticità, mantenendo livelli di concentrazione dei nitrati sempre molto bassi.
I rifiuti rappresentano il terzo fattore di assoluta importanza per quanto riguarda l'ambiente. In Veneto, come nel resto dell'Italia, la produzione dei rifiuti mostra ancora un trend in crescita. Unica eccezione è stato il 2011, ultimo anno disponibile, il cui calo rispetto al 2010 è per lo più riconducibile alla crisi economica e alla relativa contrazione dei consumi. Una trasformazione di questo settore è tuttavia in atto. Nell'arco di poco più di un decennio è cresciuta costantemente la raccolta differenziata, con un profondo cambiamento nei sistemi di gestione dei rifiuti: l'avvio in discarica si è ridotto dal 39% del 2001 all'8,2% del 2011, a favore prevalentemente del recupero delle frazioni secca e organica, passati rispettivamente dal 19,5 al 33,4% e dal 15 al 27%.
L'ultimo fattore legato al settore ambiente è quello dell'energia, che rappresenta una delle principali sfide per l'Europa. L'affidabilità dell'approvvigionamento, il contenimento dei costi e il rispetto dell'ambiente riducendo le emissioni di gas serra sono le priorità da affrontare. A tal proposito la Direttiva 2009/28/CE ha posto, tra gli altri, un obiettivo legato all'uso delle fonti rinnovabili tale per cui, entro il 2020, il 20% dei consumi dovranno essere coperti da queste ultime. Ogni stato membro deve contribuire nella misura adeguata alle proprie possibilità. All'Italia è stato assegnato un obiettivo del 17%. Questa, a sua volta, tramite il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 15/3/2012, noto come Decreto Burden Sharing ha suddiviso l'obiettivo nazionale tra le regioni per i settori del riscaldamento/raffrescamento e quello elettrico. E' possibile scorporare l'obiettivo generale ed individuare quello del solo settore elettrico che, per il Veneto è del 15,1%, raggiunto e superato nel 2011 con una quota del 17,1%.

I numeri del capitolo 12

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I numeri del capitolo 13

La riorganizzazione territoriale
Da tempo, sia a livello nazionale che a livello regionale, si sta procedendo su una strada di riforme e trasformazioni che porteranno a ridisegnare l'intero territorio in un'ottica di ottimizzazione delle risorse pubbliche. In questo contesto si inserisce il piano di riordino territoriale della Regione Veneto che sta procedendo in due direzioni distinte ma che si parlano tra loro, ossia l'associazionismo intercomunale e la semplificazione dei livelli di governo presenti sul territorio.
Il piano di riordino territoriale dovrà basarsi sulle aree omogenee individuate dalla L.R. 18/2012: l'area del Veneto centrale, quella del basso Veneto, l'area ad elevata urbanizzazione e quella dell'area montana e parzialmente montana. Dovrà però considerare anche le proposte pervenute dai Comuni, le forme associative già esistenti e gli ambiti territoriali previsti dalla legge.
Per quanto riguarda la ricerca della dimensione territoriale ottimale e omogenea per la gestione associata è stata condotta un'analisi dei bilanci delle Amministrazioni comunali venete. Mediamente, le Amministrazioni comunali sostengono una spesa di circa 720 euro per ogni abitante. Scendendo nel dettaglio dell'analisi a livello di area omogenea, emerge che l'area del Veneto centrale presenta una spesa pro capite minore (528 € per abitante), mentre la spesa maggiore si osserva per i capoluoghi di provincia (1.218 €) e per l'area montana e parzialmente montana (735 €).

I numeri del capitolo 13

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I numeri del capitolo 14

I fabbisogni standard: efficienza ed equita' nella spesa degli enti locali italiani.
Un focus sulla regione Veneto
La legge delega in materia di federalismo fiscale (L.42/2009) e le disposizioni attuative riguardanti la determinazione dei fabbisogni standard degli Enti locali emanate con il D. lgs 216/2010, offrono all'Italia un'importante opportunità di ammodernamento delle relazioni finanziarie intergovernative e di "efficientamento" delle spese degli enti locali. Il processo di riforma consentirà di erogare i trasferimenti perequativi agli enti locali in base ai fabbisogni standard abbandonando il criterio della spesa storica che è alla base sia di inefficienze nella distribuzione dei trasferimenti intergovernativi sia di cattiva gestione della spesa da parte dei governi locali.
Il presente capitolo si propone di illustrare il lavoro svolto da SOSE S.p.A. nel corso del biennio 2011-2012 e le prospettive di evoluzione previste per il 2013: riporta le grandezze finanziare interessate nel processo di determinazione dei fabbisogni e sintetizza i risultati ottenuti nel corso del biennio 2011-2012 relativi al Veneto.
In merito alle funzioni generali di amministrazione e di polizia locale, complessivamente i Comuni della Regione Veneto mostrano un fabbisogno standard superiore alla spesa storica del 5,65%; semplificando, si può ritenere un segnale di complessiva "buona" amministrazione. In generale, risulta che i piccoli comuni del Veneto, con popolazione fino a 2.000 abitanti, presentano mediamente un fabbisogno inferiore rispetto alla spesa storica mentre i comuni del Veneto sopra 3.000 abitanti mostrano mediamente un fabbisogno maggiore rispetto alla spesa storica. Va evidenziato che i comuni di piccola dimensione presentano rilevanti diseconomie di scala.
L'analisi congiunta dei differenziali tra spesa storica e fabbisogno standard e tra output effettivo (output storico) e livelli quantitativi delle prestazioni (output standard) dà luogo ad una mappa.
In merito alle funzioni generali di amministrazione e di polizia locale, tale mappa di posizionamento dei Comuni del Veneto rispetto ai fabbisogni standard e ai livelli quantitativi delle prestazioni evidenzia la seguente distribuzione degli enti locali veneti: il 10% dei comuni risulta "virtuoso" in quanto, a fronte di un fabbisogno inferiore alla spesa storica, presenta un livello di servizi forniti superiore allo standard; un altro 10% dei comuni risulta "sopra livello" in quanto la quantità di servizi erogati sono superiori rispetto allo standard avendo, però, una spesa storica superiore al fabbisogno standard; il 60% dei comuni risulta "sotto livello" in quanto a fronte di un fabbisogno superiore alla spesa storica forniscono, attualmente, servizi in quantità minore rispetto al loro standard di riferimento; da ultimo il rimanente 20% risulta "non virtuoso" in quanto a fronte di una spesa storica superiore rispetto al fabbisogno offrono servizi al disotto dello loro standard di riferimento mostrando, quindi, che le possibilità di miglioramento della performance sono molto ampie.

I numeri del capitolo 14

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