U.O. Sistema Statistico Regionale U.O. Sistema Statistico Regionale


I numeri del Veneto

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I numeri del capitolo 1

Il nuovo decennio inizia all'insegna dell'incertezza del ciclo economico
Dopo un 2009 di recessione internazionale e un 2010 di timida ripresa, il 2011 si è chiuso in decelerazione per l'economia globale. Il 2011 si può definire un anno all'insegna dell'incertezza, fiaccato ulteriormente dalla crisi finanziaria, pur con molteplici divergenze per la persistenza di una significativa difformità fra paesi emergenti ed economie avanzate. Sebbene le tensioni sui mercati finanziari abbiano concentrato l'attenzione sull'Area dell'euro, il peggioramento del quadro congiunturale ha interessato tutte le maggiori aree dell'economia mondiale, anche se con intensità diverse. La crescita del PIL mondiale nell'anno si assesta al 3,9% rispetto al 5,3% del 2010. Per i paesi emergenti l'aumento è del 6,2%, per le economie avanzate la crescita si dimezza rispetto al 2010, passando dal 3,2% all'1,6%.
L'Unione europea e l'Area euro chiudono l'anno con una crescita debole, pari per entrambe a +1,5%: l'impulso più forte alla crescita è impresso dall'economia tedesca, ma anche da Austria, Finlandia, Slovacchia ed Estonia. D'altra parte preoccupano il trend strutturalmente debole dell'Italia e della Spagna e la recessione di Grecia e Portogallo.
Nel corso del 2011 l'economia italiana è fiaccata dalle tensioni sui mercati finanziari che hanno portato il differenziale fra il rendimento dei BTP decennali e quello degli analoghi titoli tedeschi a raggiungere i 550 punti base e dalle manovre di risanamento dei conti pubblici. L'aumento del PIL nel 2011 è pari allo 0,5%, frutto di una ripresa ad inizio anno che poi si è ridotta fino a registrare variazioni negative.
Per il Veneto si stima nel 2011 una crescita dello 0,6% del PIL. La domanda interna è fiacca, sostenuta per lo più dai consumi delle famiglie (+0,6%), mentre gli investimenti sono in frenata (-1,1%). L'aumento del PIL risulta superiore, sebbene di poco, a quello nazionale grazie alla struttura produttiva fortemente export-led di questa regione che ha sostenuto la produzione. Il risultato del 2011 è infatti attribuibile soprattutto all'aumento dell'industria manifatturiera in senso stretto, il cui valore aggiunto cresce dell'1,4%; il terziario registra un aumento dello 0,9%, l'agricoltura rimane stabile, mentre le costruzioni si contraggono, -2,5%.
Da alcune stime sull'evoluzione 2012-14 delle principali componenti della domanda veneta si evince che la debolezza dei consumi delle famiglie genera una perdita di valore aggiunto, mentre l'apporto che deriva dagli investimenti è positivo, seppure modesto, e l'effetto dell'andamento delle esportazioni, invece, genera un impatto positivo pari a circa 4,5 miliardi, tale da più che compensare già nel 2013 le perdite di valore aggiunto connesse alle altre fonti di domanda.

I numeri del capitolo 1

I numeri del capitolo 1
 
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I numeri del capitolo 2

Le componenti economiche e l'ambito sociale
Le esportazioni del Veneto nel 2011 hanno superato nuovamente la soglia dei cinquanta miliardi di euro in valore, ritornando ai livelli record pre-crisi del 2008, con una crescita pari al +10,2% rispetto al 2010.
Il commercio interno è invece debole: l'indice nazionale delle vendite del commercio fisso al dettaglio chiude l'anno 2011 con una contrazione dell'1,3% rispetto all'anno precedente, sintesi della stabilità delle vendite alimentari e della riduzione dell'1,8% delle vendite di prodotti non alimentari. In Veneto il numero di esercizi commerciali in sede fissa mantiene nel 2011 un sostanziale equilibrio rispetto all'anno precedente; la GDO continua a mostrare anche nel 2010 una crescita delle forme distributive più strutturate.
Nel 2011 il valore della produzione dell'agricoltura veneta è apparso in crescita, essendo stimato in circa 5 miliardi di euro, con un incremento del 5% rispetto all'anno precedente, riportandosi tra i livelli più elevati dell'ultima decade, pari ad oltre il 10% del totale nazionale.
Sono circa 73.800 le imprese agricole attive nel Veneto, con una contrazione del 2,3% rispetto all'anno precedente, comunque inferiore alla variazione media nazionale (-3%). In aumento il numero degli occupati agricoli (+3,2%), che raggiungono le 69.769 unità per l'incremento sia della componente di lavoro dipendente (+2,6%) sia, in maggiore misura, di quella indipendente (+3,9%).
L'imprenditoria veneta, nel suo complesso, ha chiuso il 2011 con una contrazione dello 0,3%. Il segnale più evidente delle difficoltà che coinvolgono il sistema produttivo è la riduzione della natalità imprenditoriale; il tasso di mortalità continua fortunatamente a mantenersi stabile rispetto al 2010 e più basso del dato nazionale. L'anno appena concluso ha visto il terziario mantenere il proprio ruolo di traino per l'economia veneta: il comparto nell'ultimo anno cresce dello 0,6% annuo; il manifatturiero e le costruzioni perdono invece, rispettivamente, l'1,3% e lo 0,7% delle imprese attive.
Le grandi potenzialità dell'offerta turistica veneta vengono dimostrate dai numeri: nel 2011 si contano 15,8 milioni di turisti, oltre un milione in più rispetto all'anno precedente (+8,1%), a cui corrisponde un aumento importante seppur più blando delle presenze (+4,2%), giunte a circa 63 milioni e 400 mila, segno della riduzione della permanenza media nelle località di villeggiatura (4 giorni).
Nel corso del 2011 il mercato del lavoro presenta segnali positivi di ripresa: il tasso di occupazione italiano è pari a 56,9%, mentre il Veneto registra un valore pari a 64,9%, in aumento dopo due anni di decrescita. Sul fronte della disoccupazione, il numero di persone in cerca di lavoro in Veneto si riduce di 17 mila unità, recuperando buona parte del peggioramento registrato fra il 2009 e il 2010. Il tasso di disoccupazione scende cosi dal 5,8% del 2010 al 5,0% del 2011 (in Italia rimane pari all'8,4%).

I numeri del capitolo 2

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I numeri del capitolo 3

Più opportunità per il paese ripartendo dall'occupazione
La crisi economica ha colpito duramente il mercato del lavoro nel nostro paese. Dal 2008 al 2010 in Veneto e in Italia il tasso di occupazione è sceso di quasi 2 punti percentuali, ma nel 2011 si osservano i primi segni di ripresa, con una crescita di 0,4 punti percentuali in Veneto.
Tuttavia, l'impegno del nuovo Governo nel prossimo futuro è rivolto alle fasce deboli della popolazione, che più possono contribuire a dare nuovo slancio alla ripresa economica, ossia i giovani e le donne. Il tasso di disoccupazione giovanile, infatti, ha raggiunto nel 2011 in Veneto il 20%, accompagnato da un livello di disoccupazione di lunga durata pari al 6% (nel 2010) e da un 14% di giovani che non lavorano, non studiano e non si formano (nel 2010).
Critica anche la situazione delle donne: il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2011 supera appena il 46%, in Veneto ha toccato il 54,8%. Considerando la fascia d'età centrale (15-54), il 61% delle donne venete con partner occupato lavora, valore che scende al 58% se la donna ha un figlio, e la loro retribuzione media è nel 66% dei casi più bassa di quella del partner. La difficoltà di conciliare casa e lavoro rappresenta l'ostacolo più grande da superare: ad esempio, oltre i due terzi delle donne venete occupate hanno un orario di entrata e di uscita dal lavoro stabilito in modo rigido, indipendentemente dalle presenza o meno di figli. Di fatto, nei paesi europei dove la conciliazione è più complicata anche il tasso di natalità è basso (1,46 in Veneto), sintomo che l'avere un lavoro adeguato è condizione necessaria per decidere di avere un figlio.
Sul fronte dell'invecchiamento della popolazione, i due obiettivi da perseguire sono l'aumento del tasso di occupazione della popolazione in età 55-64 anni e l'adeguamento del sistema pensionistico. Nel 2009 in Veneto sono state erogate prestazioni pensionistiche per una spesa complessiva di circa 19.662 milioni di euro, che grava per il 13,9% sul Pil regionale. Complessivamente si contano in Veneto 251 pensionati ogni 1.000 abitanti e 61 per 100 occupati. Migliore la condizione dei pensionati veneti rispetto agli altri: nella nostra regione il 44% percepisce meno di 1.000, rispetto ad una media nazionale del 47%.

I numeri del capitolo 3

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I numeri del capitolo 4

Investire nell'educazione: una scelta per il futuro
Per trasformare la recessione in un'opportunità di cambiamento bisogna ripartire dai giovani, dalle loro energie e dai loro talenti, così da definire un'Italia più dinamica e competitiva perché dotata di forza lavoro motivata e competente.
In dieci anni la popolazione veneta accresce significativamente il proprio livello di istruzione: il 46,5% dei veneti possiede almeno un diploma contro il 32,4% registrato nel 2001. La partecipazione all'offerta scolastica è, a sua volta, in miglioramento: rispetto al dato del 2005, nel 2010 la quota di 18-24enni veneti che abbandona prematuramente gli studi scende di quasi quattro punti percentuali, registrando un valore pari al 16% e raggiungendo così già l'obiettivo italiano delineato dalla strategia "Europa 2020" e avvicinandosi a quello europeo.
Sempre più studenti scelgono un liceo, a discapito degli istituti tecnici e, in particolare, dei professionali: nel 2011/12, in Veneto il 43% delle iscrizioni nelle scuole statali si dirige verso un liceo, a fronte del dato del 2000/01, pari al 30%.
Il tasso di passaggio dalla scuola superiore all'università, sebbene in aumento rispetto all'anno precedente, è lontano dai livelli registrati all'inizio del duemila: dal 72% in Italia e dal 69% in Veneto del 2003/04 si passa, rispettivamente, nel 2009/2010 al 63% e 64%; c'è quindi molto da lavorare per raggiungere l'obiettivo europeo di innalzare la quota di giovani 30-34enni laureati ad almeno il 40% nei prossimi dieci anni: nel 2010 la percentuale veneta è pari al 18,6% contro il dato dell'UE27 del 33,6%.
Ma per innalzare i livelli di capitale umano gioca un ruolo fondamentale il sostegno agli studenti e alle loro famiglie attraverso aiuti finanziari. La principale forma di intervento rimane la borsa di studio che assorbe circa il 76% delle risorse destinate ai sussidi; in Veneto la quota di borse erogate rispetto a quelle richieste è in aumento: in soli due anni si passa, infatti, dal 41,8% al 51,2%. Altro aiuto fondamentale è dato dall'opportunità di trovare un alloggio a basso costo. In Italia il 60% delle domande di alloggio e di contributi per gli affitti viene soddisfatto, migliore la performance in Veneto con una quota di posti assegnati su quelli richiesti pari al 72,5%.
Infine, un contributo forte alla competitività e allo sviluppo del Paese è dato anche dai dottori di ricerca. In sintesi, il Veneto ha una capacità di trattenimento verso i propri dottori di ricerca del 74,5% e buona è la performance per la capacità attrattiva, oltre il 27% si sono spostati in Veneto per trovare lavoro.

I numeri del capitolo 4

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I numeri del capitolo 5

La cultura, una sorgente d'opportunità
Il mondo della cultura può assumere un ruolo strategico, entrando in relazione con le diverse dimensioni che fanno della realtà veneta un laboratorio di creatività e sperimentazioni sociali, culturali e produttive di rilievo internazionale. La cultura è un terreno libero, che consente di accogliere le diverse espressioni e di intrecciare relazioni tra i diversi attori presenti sul territorio regionale. La cultura è una ricchezza, un capitale diffuso fatto di patrimonio artistico, paesaggio, tradizione ma anche know how e innovazione, una risorsa che non si consuma ma si riproduce. Investire in cultura in un momento di crisi economica significa proiettarsi verso il futuro, perché consente di creare lavoro e ricchezza.
La candidatura di Venezia e del Nordest a Capitale Europea della Cultura 2019 rappresenta un'opportunità di sviluppo economico. I grandi eventi sono diventati i principali motori per accelerare processi sia sul piano infrastrutturale sia su quello culturale e di fondamentale importanza risulta la valorizzazione del patrimonio materiale ed immateriale dei nostri territori: un giacimento "unico e tipico".

I numeri del capitolo 5

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I numeri del capitolo 6

Uguaglianza nelle opportunità
Interrogarsi sull'uguaglianza significa interrogarsi su quali aspetti devono essere resi uguali, nella consapevolezza che gli esseri umani sono profondamente diversi, per caratteristiche personali, esperienze e preferenze. E' necessario dunque chiedersi "uguaglianza di che cosa?". Può essere ragionevole rispondere che il livello di uguaglianza di una determinata società dipende dalla sua capacità di garantire a tutti la possibilità di perseguire fini e obiettivi desiderati, ossia un'adeguata qualità della vita. L'importante è far sì che tutti abbiano la possibilità di ottenere una realizzazione completa di sé, vale a dire che è necessario assicurare l'uguaglianza nelle opportunità.
La povertà, quale riflesso inaccettabile di una distribuzione disomogenea della ricchezza, è senz'altro una limitazione importante dell'uguaglianza nelle opportunità. Accedere ai livelli più elevati degli studi, a cure appropriate, disporre di una casa confortevole, partecipare a una vita sociale ricca e appagante, ma anche sentirsi capaci di affrontare i più semplici bisogni quotidiani sono precondizioni all'inclusione sociale che ai poveri spesso sono negate.
Proprio contrastare la povertà è uno degli obiettivi della strategia Europa 2020 per una crescita inclusiva e coesa della società. In Italia si stimano quasi 15 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, con forti disparità territoriali e situazioni decisamente preoccupanti nelle regioni meridionali. Minore è invece il disagio in Veneto, dove l'incidenza si mantiene tra le più basse a livello regionale; si tratta comunque di circa 700 mila persone in difficoltà, che non vivono secondo gli standard comuni della società attuale e che, nei casi più gravi, non riescono a provvedere ai bisogni fondamentali della vita.
Considerando la percezione del problema, in un particolare momento di crisi come quello che stiamo vivendo, povertà e disuguaglianza rappresentano preoccupazioni crescenti, anche nei Paesi più avanzati. La maggior parte dei cittadini giudica la povertà un'ingiustizia sociale, un problema molto grave che richiede l'intervento urgente dei governi, anche attraverso una migliore redistribuzione della ricchezza, per colmare le disparità esistenti ritenute ancora eccessive.
In Italia, infatti, così come nella maggior parte dei Paesi Ocse, negli ultimi trent'anni si è assistito a un accentuarsi delle disparità nella distribuzione dei redditi delle famiglie, soprattutto perché quelle più ricche hanno beneficiato di redditi particolarmente alti e cresciuti in misura maggiore rispetto a quelli delle famiglie con redditi medio-bassi.

I numeri del capitolo 6

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I numeri del capitolo 7

Integrare popoli e culture
Nell'adottare l'"Agenda europea per l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi" del 2011, la Commissione europea sottolinea che "per la riuscita dell'integrazione occorre che i migranti abbiano la possibilità di partecipare pienamente alle loro nuove comunità; imparare la lingua del Paese d'accoglienza, poter accedere all'occupazione e all'istruzione e disporre della capacità socioeconomica di autosostentarsi sono elementi fondamentali di un'integrazione riuscita. (...) Le migrazioni sono un'opportunità e il contributo dei migranti alle società è significativo e deve essere pienamente riconosciuto".
Apertura all'immigrazione, attrattività del territorio, integrazione occupazionale e sociale sono dimensioni che contribuiscono a dare un'idea del processo di integrazione. Nello studio internazionale Mipex, che confronta le policy nazionali in materia di immigrazione valutandone il grado di apertura, il nostro Paese gode di una buona posizione. In questa cornice, tuttavia, i fenomeni che sostanziano l'integrazione non sempre sono scevri da criticità: rispetto ai cittadini italiani, gli stranieri sono maggiormente colpiti dalla disoccupazione e scontano una peggiore qualità lavorativa; nel campo dell'istruzione sono più soggetti ad abbandoni scolastici e in genere vivono situazioni abitative più precarie. Questa panoramica nazionale non coglie le diversità territoriali, che pure ci sono, a volte con veri e propri punti di forza.
Il Veneto, con un'incidenza di stranieri superiore alla media nazionale, si trova in una fase precisa del processo di integrazione: il dato sulle naturalizzazioni, condiviso in genere con le regioni del Nord, conferma un'immigrazione ormai matura e, assieme alla consistente presenza di minori stranieri e di seconde generazioni, segnala una volontà di radicamento e di appartenenza al territorio. Una volontà che fatica ancora a esprimersi nel raggiungimento dei livelli più elevati degli studi, con una quota di abbandoni ancora alta, pur se in miglioramento nel tempo. La scelta della formazione professionale per i ragazzi stranieri è un elemento di divario con gli italiani, fatto che ravvisa da un lato l'esigenza di avere subito un lavoro e dall'altro il sintomo di una maggiore difficoltà di prendere parte al processo di mobilità sociale per elevare la propria condizione. Da un punto di vista occupazionale, il territorio continua a offrire buone opportunità agli stranieri: pur scontando spesso condizioni di sottoinquadramento, alta è la quota di occupati a tempo indeterminato e il divario retributivo con gli italiani è tra i più bassi d'Italia. Qui inoltre gli stranieri maschi trovano tassi di disoccupazione più bassi di quelli nazionali. Per questo, la possibilità per i migranti di accedere a un'abitazione adeguata, per condizioni e sostenibilità economica, è migliore rispetto al contesto nazionale, così come minore è il rischio di trovarsi in condizioni di povertà o esclusione sociale.

I numeri del capitolo 7

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I numeri del capitolo 8

Il sistema socio-sanitario regionale in trasformazione
La Regione del Veneto sta ridefinendo i propri indirizzi strategici con la proposta di Piano Socio Sanitario 2012-2016, attualmente all'esame del consiglio regionale, e intende cogliere queste opportunità per migliorare il proprio sistema socio sanitario, preservando le sue caratteristiche di eccellenza. Nella relazione che introduce il relativo progetto di legge regionale, si legge: "si ravvisa la necessità di rivedere i contenuti della programmazione in materia, nell'intento di adeguare il sistema ai cambiamenti socio-epidemiologici e, al contempo, di innovare i modelli organizzativi sulla scorta delle migliori pratiche realizzate in questi anni, perseguendo obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità".
Il fronte dei bisogni sempre più ampio e la limitatezza delle risorse disponibili richiedono, infatti, un ripensamento del sistema, nel tentativo di cercare di mantenere o migliorare la qualità dei servizi erogati ai cittadini, assicurando nel contempo l'equilibrio finanziario della gestione in condizioni di efficienza e appropriatezza. Tra i bisogni, in particolare l'allungamento della vita media, assieme ai guadagni di salute degli ultimi anni, vede una quota sempre più numerosa di anziani con un'incidenza crescente sulla spesa sanitaria, sia ospedaliera che dei servizi territoriali.
Rappresentano scelte strategiche della programmazione regionale: confermare e consolidare l'integrazione socio-sanitaria, potenziare l'assistenza territoriale, completare il processo di razionalizzazione della rete ospedaliera, favorire un impiego appropriato delle risorse professionali, ridefinendo modelli operativi e organizzativi.
L'integrazione socio-sanitaria si conferma strategia fondante del modello veneto, che si basa sul riconoscimento della centralità della persona, in rapporto con i propri contesti di vita. La razionalizzazione della rete ospedaliera è orientata a diminuire il carico improprio sulle strutture, privilegiando da un lato l'accesso alle specialità di maggiore complessità e potenziando, dall'altro, l'assistenza territoriale.
Tali scelte, in un'ottica di rete, diventano un'opportunità per affinare una gestione integrata del paziente, fondata sulla continuità assistenziale, l'integrazione dei servizi e la collaborazione dei diversi professionisti della salute. Una gestione che nel tempo ha premiato, esprimendo performance che storicamente collocano il nostro sistema socio sanitario tra i migliori a livello nazionale e internazionale, sia secondo parametri oggettivi sia considerando la soddisfazione espressa dai cittadini.

I numeri del capitolo 8

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I numeri del capitolo 9

Il Veneto confrontato con i best performer europei
Nel contesto di una concorrenza sempre più intensa tra le piazze economiche quali luoghi d'insediamento per imprese e personale ad alta qualificazione, cresce l'importanza per una regione di identificare la propria posizione competitiva in campo internazionale al fine di garantire il proprio sviluppo economico futuro. Permettendo di confrontare diverse regioni sulla base di indicatori di vario tipo, il benchmarking regionale si rivela uno strumento adatto a questo scopo.
In questo capitolo viene messa a confronto l'economia del Veneto con quella dell'Italia, dell'Europa occidentale (Nota 1) e di altre 12 regioni economicamente forti al fine di definire la sua posizione competitiva a livello internazionale e di identificarne le debolezze e i punti di forza nonché eventuali rischi ed opportunità (Analisi SWOT).
Si è scelto appositamente di effettuare un benchmarking con dei parametri di confronto che risultassero tra le economie più performanti in Europa perché consapevoli delle potenzialità della struttura economica della nostra regione e per poter trasformare le criticità in strumenti su cui lavorare per poter migliorare la competitività veneta nel mondo.
Dal confronto internazionale emerge un Veneto con un PIL pro capite superiore a quello dell'Europa occidentale, ma una crescita media del PIL nel periodo 2000-2010 più debole rispetto a quella delle altre regioni benchmark. In generale, la crescita del PIL in Veneto è caratterizzata da balzi congiunturali molto più accentuati rispetto all'Italia e, soprattutto, all'Europa occidentale; la capacità di ripresa del Veneto è sempre stata in passato più veloce e più intensa rispetto a quella di altre regioni, basti pensare che nell'anno di ripresa dalla grave crisi del 2009, ossia il 2010, la crescita del PIL è stata del 3,2% in Veneto, contro l'1,3% dell'Italia. Nel periodo tra il 2000 e il 2010 in Veneto si è riscontrata una diminuzione della produttività: si tratta di una caratteristica tipicamente italiana, dal momento che soltanto le regioni benchmark facenti parte della penisola presentano una crescita del PIL inferiore a quella dell'occupazione.
L'attrattività del Veneto è nella media dell'Europa occidentale, favorita da una buona accessibilità e allo stesso tempo frenata dalla forte imposizione fiscale, così come per le altre regioni italiane, un'eccessiva regolamentazione del mercato dei beni e una minor produzione nella ricerca universitaria, se confrontata con quella delle regioni benchmark.
I risultati delle regioni italiane rispetto l'indice che misura le potenzialità della struttura produttiva sono più critici, in quanto nella sua costruzione influiscono negativamente soprattutto il basso grado di decentralizzazione amministrativa, elemento che non ricade tuttavia nella sfera d'influenza della regione.

I numeri del capitolo 9

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I numeri del capitolo 10

Dalla crisi le opportunità per far ripartire le imprese
Tra il 2005 e il 2011 si è assistito ad una differenziazione delle attività produttive, con cambiamenti nel peso relativo dei settori. E' così che notiamo come soprattutto la manifattura più tradizionale a basso contenuto tecnologico sia oggetto di un lento ma continuo ridimensionamento, passando dal 9,4% delle imprese venete nel 2005 al 6,4% nel 2011, mentre i settori manifatturieri caratterizzati da un'offerta specializzata crescono dall'1,8% delle imprese venete nel 2005 al 2,9% nel 2011. Analogo è il comportamento dei settori del terziario ad alto contenuto di conoscenza: i servizi tecnologici e di mercato ad alto contenuto di conoscenza in Veneto hanno una quota di imprese attive dell'11,8% nel 2005 e ne sfiorano il 14% nel 2011.
In Italia nel 2009 è stato destinato all'attività di ricerca l'1,26% del Prodotto Interno Lordo, valore che porta la nostra nazione sempre più vicina all'obiettivo nazionale fissato per il 2020, pari all'1,53%. L'incidenza della spesa in ricerca sul PIL in Veneto continua a crescere anche nel 2009, raggiungendo l'1,08%, dato in continua crescita dal 2005. La composizione della spesa mostra inoltre come quasi i 2/3 di questa siano riconducibili al comparto privato, il quale però ha riportato una leggera contrazione della spesa rispetto al 2008. Nell'anno più influenzato dalla crisi globale, anche il settore pubblico ha subito una variazione negativa, mentre università e istituzioni private non profit hanno fatto registrare un aumento della spesa nello stesso periodo. La spesa in R&S dell'imprenditoria in Veneto coinvolge principalmente il settore manifatturiero, dal quale proviene oltre il 70% della spesa.
Dal 2005 al 2010 gli occupati in Veneto aumentano del 2,4%; nello stesso periodo si osserva un aumento dei dirigenti dell'1%, una riduzione della classe dei quadri (-8,4%) e un forte aumento dei liberi professionisti (+10,7%). Questa tendenza sembra far pensare che la classe lavorativa più qualificata, espulsa dall'azienda, vi rientri in qualità di consulente.
Dal 2005 al 2010 gli occupati veneti hanno notevolmente migliorato la propria preparazione: complessivamente i laureati sono aumentati di quasi 61 mila unità e rappresentano oltre il 15% dei lavoratori veneti. Nel corso degli anni in Veneto si assiste ad un continuo aumento di impiegati ed operai con il titolo di laurea, cosa che non si verifica tra i quadri e i dirigenti nel complesso dei settori.
La nostra regione si dimostra una zona tendenzialmente fertile per le imprese che vi sono nate: la solidità dell'impresa veneta è testimoniata dalla percentuale di imprese ancora in attività nel 2009 a cinque anni dalla nascita avvenuta nel 2004, 54%, rispetto alla media nazionale, vicina al 50%.

I numeri del capitolo 10

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I numeri del capitolo 11

L'evoluzione strategica del modello veneto di internazionalizzazione
Negli ultimi dieci anni una quota di poco inferiore al settanta per cento delle esportazioni venete è stata originata da cinque settori: meccanica (18,9% del totale nel 2010), moda (18% nel 2010), metalli e prodotti in metallo (11,2% nel 2010), chimica e plastica (11% nel 2010) e gioielli e occhialeria (8,9% nel 2010). Il peso relativo dei diversi settori ha tuttavia subito alcune importanti modifiche. Il settore meccanico ha acquisito la leader¬ship per valore di prodotti esportati, con una quota che negli ultimi dieci anni è cresciuta di 2,5 punti percentuali.
L'analisi dei flussi commerciali degli ultimi dieci conferma lo spostamento dell'asse commerciale veneto verso est. Se si guarda al decennio 2000-2010, più del 40% della crescita cumulata del fatturato estero generato dalle imprese venete è stata fornita dalle esportazioni effettuate verso i nuovi mercati mediterranei e orientali.
Nel biennio 2010-2011 la Germania è il paese dell'Unione europea che appare reagire più rapidamente alla crisi e rappresenta, pertanto, un valido termine di confronto con l'Italia e il Veneto, tenendo conto che questi territori sono accomunati dalla conservazione di un'ampia base industriale.
Sul piano delle performance nel periodo seguente la mini recessione di inizio millennio fino al 2007 le regioni tedesche mostrano una crescita dell'export mediamente superiore a quella del Veneto e una particolare dinamicità si riscontra nell'Hessen e nel Bayern, aree le cui esportazioni aumentano in linea con l'andamento della domanda mondiale.
Nel 2011 gli operatori commerciali presenti in Veneto che hanno effettuato vendite sui mercati internazionali hanno superato nuovamente la soglia delle 29 mila unità, registrando una crescita annua del +5,8%. La ripresa ha interessato tutte le classi dimensionali di imprese esportatrici, anche se in misura non omogenea: la crescita più sostenuta ha riguardato le imprese più grandi, quelle con fatturato estero superiore ai 100 milioni di euro, che hanno esportato il 21,7% in più rispetto al 2010.
Sul lato della multinazionalizzazione attiva, nel 2010 vengono censite 1.043 IMN venete, ovvero imprese venete non controllate da gruppi esteri che a tale data partecipano in almeno una impresa estera. Le imprese estere da esse partecipate nei settori considerati sono complessivamente 3.316, cresciute notevolmente rispetto le 2.204 del 2001.
Sul fronte delle partecipazioni in entrata, all'inizio del 2010 le imprese venete attive nei settori considerati dalla banca dati Reprint e partecipate da imprese multinazionali (IMN) estere sono complessivamente 473; esse occupano 46.582 dipendenti e nel 2010 hanno realizzato un fatturato aggregato di 22.741 milioni di euro.

I numeri del capitolo 11

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I numeri del capitolo 12

Le esportazioni di bello e ben fatto: lo stato dell'arte e le opportunità future
Sono parecchi i settori di specializzazione e manifattura di prodotti di elevata qualità in Veneto, ma per eseguire una valutazione omogenea con l'analisi realizzata a livello nazionale e come studio preliminare per il Veneto ci siamo limitati a quattro settori: l'alimentare, l'abbigliamento e tessile casa, il calzaturiero e l'arredamento (BBF). Gli altri ambiti veneti da inserire sicuramente in una prossima analisi sono l'oreficeria, l'occhialeria e alcune sezioni della meccanica.
Il complesso dei quattro comparti considerati nel 2011 ha rappresentato il 21% delle esportazioni regionali; il peso del bello e ben fatto (BBF) sull'export dei prodotti manifatturieri in Veneto, inoltre, è maggiore di oltre 8 punti percentuali rispetto alla media nazionale. Anche se si considerano i singoli settori d'esportazione la rilevanza del BBF è più alta nella regione rispetto all'Italia: la quota di prodotti BBF sul totale delle esportazioni di tessile e abbigliamento è maggiore di oltre 12 punti percentuali e la distanza arriva a 15 punti percentuali nell'arredamento.
Nel 2011 le aree oggetto di analisi (mercati maturi e nuovi) coprono nel complesso il 79% delle esportazioni venete di BBF e, in particolare, il peso dei nuovi mercati è del 17%. Tale incidenza è maggiore nell'arredamento e nell'abbigliamento (23% e 21%, rispettivamente), minore nell'alimentare (10%).
Il più rilevante paese di sbocco in entrambi i casi è la Russia che pesa per oltre il 30% sul BBF esportato nei nuovi mercati, seguita, ad una certa distanza, dalla Polonia. La Cina, che rappresenta il terzo nuovo mercato di sbocco per il BBF italiano, si posiziona all'ottavo posto nella graduatoria regionale.
Le importazioni dal mondo di BBF nei trenta principali nuovi mercati cresceranno fino a 136 miliardi di euro nel 2017 (valori a prezzi e cambi costanti del 2010).
La crescita delle importazioni mondiali di BBF tra il 2012 e il 2017 sarà assorbita per oltre il 30% da Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti, i tre nuovi mercati che, assieme alla Polonia, esercitavano nel 2010 il peso più significativo sulla domanda mondiale di BBF.
Tra i principali nuovi mercati importatori di BBF alimentare la quota di mercato del Veneto mostra il valore più elevato in paesi relativamente vicini come Repubblica Ceca e Polonia, mentre al terzo posto si trova la Russia.
Nel 2011 la quota di mercato del BBF veneto nell'abbigliamento è pari al 3,2% in Russia, primo importatore del comparto.
Nel 2011 il peso del Veneto sulla domanda dei principali nuovi mercati importatori di BBF calzature è pari al 10% nella Repubblica Ceca; seguono Croazia e Polonia, aree sulla cui domanda il Veneto incide per circa il 5%.
Sulla domanda proveniente dalla Russia, primo nuovo mercato importatore di BBF arredamento, l'export veneto nel 2011 pesa per il 12%; tale elevata incidenza conferma l'interesse dei consumatori russi verso il design e l'arredamento di qualità.

I numeri del capitolo 12

I numeri del capitolo 12
 
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I numeri del capitolo 13

Opportunita' dei turisti e del turismo
Il comparto turistico veneto, forte delle risorse naturali, culturali e imprenditoriali può offrire molteplici opportunità: possibilità di sviluppo e occupazione - quindi sostegno al tessuto economico e sociale presente sul territorio - e nuove opportunità per i visitatori che scelgono il Veneto come destinazione di vacanza. All'indiscutibile primato delle città d'arte conosciute in tutto il mondo e alle caratteristiche naturali della regione, che le permettono di soddisfare ogni tipologia di richiesta, si stanno affiancando tipologie specifiche di offerta in grado di destagionalizzare i flussi, tra cui il turismo legato alle ville venete, il turismo congressuale, il cicloturismo, gli itinerari della fede, la pedemontana, le strade del vino, ecc.
Le grandi potenzialità dell'offerta turistica veneta, valorizzata dalle capacità imprenditoriali degli operatori e da uno strutturato e sinergico piano di promozione, hanno permesso al Veneto di raggiungere nel 2011 il suo record assoluto di presenze turistiche. Numericamente nel 2011 si contano 15,8 milioni di turisti, oltre un milione in più rispetto all'anno precedente (+8,1%), a cui corrisponde un aumento importante seppur più blando delle presenze (+4,2%), giunte a circa 63 milioni e 400 mila.

I numeri del capitolo 13

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I numeri del capitolo 14

I nuovi mercati per il Veneto
Nel 2010 il Prodotto Interno Lordo dei paesi Brics, acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, rappresenta il 26% del Pil mondiale e nel 2017 raggiungerà il 32%. La crescita del Pil nei Brics in questi anni ha seguito logiche molto diverse da quelle dei paesi ad economia avanzata: dopo anni di forte crescita, la crisi economica ha colpito anche queste economie, ma la ripresa non ha tardato ad arrivare. Nel 2011, infatti, il Pil della Cina è cresciuto del 9%.
I Brics, oltre ad essere una potenza economica, sono anche una potenza demografica: in questi paesi vive il 43% della popolazione mondiale, con la Cina che da sola pesa per il 19% e l'India per il 18%. Si tratta di popolazioni giovani, dove circa un quarto degli abitanti ha meno di 15 anni, che negli ultimi anni hanno visto migliorare le proprie condizioni di vita e che gradualmente hanno abbandonato le zone rurali, per vivere in territori sempre più urbanizzati.
Tuttavia, anche altri paesi si possono annoverare fra il gruppo degli emergenti, viste le dinamiche di crescita registrati negli ultimi anni: gli stati del Nord Africa, alcuni paesi dell'America latina e del Sud Est asiatico e i territori arabi che si affacciano sul Golfo dopo il 2009 hanno visto aumentare il proprio prodotto interno lordo mediamente del 5-6%, producendo il 13% della ricchezza mondiale.
In termini di scambi commerciali, questi nuovi mercati rappresentano un'interessante opportunità per l'Italia e il Veneto. Complessivamente, la nostra regione esporta quasi il 9% della propria ricchezza verso i Brics e il 6% verso gli altri paese emergenti. Parallelamente da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica arrivano il 15% delle importazioni venete, di cui la maggior parte nel campo della moda, il 5% dai rimanenti territori.
I paesi emergenti offrono grandi opportunità di crescita anche al turismo veneto: fra i 10 milioni di turisti stranieri arrivati in Veneto nel 2011, più del 9% proviene dai paesi Brics. A ciò si deve aggiungere che in un decennio la dimensione del fenomeno è cresciuta enormemente: dal 2000 i turisti cinesi e brasiliani sono più che triplicati, i russi sono aumentati di quasi cinque volte, gli indiani dal 2005 sono cresciuti del 136%.

I numeri del capitolo 14

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I numeri del capitolo 15

L'agricoltura evolve, il Veneto sta al passo
I mutamenti degli scenari economici internazionali stanno imponendo una figura nuova di imprenditore agricolo, rivolto non solo alla pro¬duzione di beni alimentari ma anche capace di agire nel mercato globale. In quest'ottica le nuove sfide del mondo contemporaneo, se da una parte richiedono un notevole sforzo di adattamento, soprattutto per il settore agricolo, penalizzato dallo scarso dinamismo e dalla bassa propensione all'innovazione, dall'altra possono rappresentare delle opportunità per i produttori in grado di coglierle adeguando il loro modo di fare impresa.
Nel 2010 il VI Censimento dell'agricoltura (Nota 2) ha colto lo sforzo italiano e veneto di cavalcare il cambiamento: negli ultimi 10 anni infatti è stato perfezionato quel processo di concentrazione dei terreni agricoli e del numero di aziende: queste ultime si sono ridotte in numero di oltre il 30%, passando a poco più 120.000 per il Veneto ed oltre 1.600.000 a livello nazionale. La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) invece denuncia un calo decisamente inferiore, (-5,3% per il Veneto, -2,3 per l'Italia), attestandosi su valori superiori agli 800.000 ettari per il Veneto e pari quasi 13 milioni per l'Italia.
La diretta conseguenza è un aumento della superficie media, che passa dai 4,8 ettari del 2000 ai 6,7 attuali, comunque al di sotto della media italiana (7,9 ha) e dell'Europa a 27 (17,9 ha).
Quanto agli allevamenti, per il 2010 il Veneto risulta, come accadeva dieci anni prima, una delle regioni con più allevamenti d'Italia, con circa 20.000 aziende, pari a quasi il 10% del totale nazionale.
I prodotti agroalimentari italiani sono universalmente riconosciuti per gli elevati standard qualitativi, per la riconoscibile tipicità e per la capacità di comunicare al mondo il concetto del nutrirsi con gusto e salute: nostro paese detiene il primato europeo per prodotti alimentari a denominazione d'origine (239 nel 2011, di cui 20 nuovi prodotti registrati solamente nel corso dell'ultimo anno). Di questi, 35 vengono prodotti nella nostra regione e a questi vanno aggiunti i 368 prodotti agroalimentari tradizionali (4.606 presenti in Italia).
Lo sforzo orientato alla qualità e alla tipicità è stato ripagato da una crescita rapida e continua dell'export agroalimentare negli ultimi anni per l'Italia, ma soprattutto per il Veneto: è di quasi 4,5 miliardi il valore dei prodotti esportati nel 2011 (oltre 30 i miliardi nazionali), pari a quasi il 9% del valore totale esportato dalla nostra regione. Di certo la parte del leone la fa il vino, che con oltre 1,3 miliardi di euro non solo copre il 30% del totale delle esportazioni agroalimentari regionali, ma anche del totale nazionale delle esportazioni di vino, in un quadro che vede il consumo di vino in calo nei paesi tradizionalmente produttori (35,8 litri pro capite all'anno in Italia) ma in crescita esponenziale verso i paesi con scarsa tradizione vinicola.

I numeri del capitolo 15

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I numeri del capitolo 16

L'ambiente: un'opportunità per lo sviluppo
L'aria, l'acqua, i rifiuti, il patrimonio boschivo rappresentano alcune delle molteplici sfaccettature del tema "ambiente" e sono trattate nel capitolo per cercare di dare una fotografia, per quanto sfumata, dello stato di salute del territorio nel quale viviamo. In Veneto emerge un andamento altalenante dei gas serra, con una contrazione nelle emissioni dal 1990 al 1995 e una successiva crescita nel 2000. Infine nel 2005, ultimo anno disponibile, una nuova contrazione che ha riportato i valori ai livelli del 1995. Altro importante aspetto relativo all'aria è legato all'inquinamento da polveri sottili (PM10), che rimane sempre di notevole rilevanza nonostante un tendenziale miglioramento. Per quel che riguarda l'acqua, sia i fiumi sia i laghi rientrano quasi tutti nella classe "buona" dei rispettivi indicatori di sintesi del livello di inquinamento. Anche la qualità dell'acqua che beviamo risulta buona: in Veneto, nel 2010, i nitrati contenuti nelle acque potabili non superano mai i 50mg/l, limite oltre il quale vi è rischio per la salute umana.
La salvaguardia del territorio passa anche attraverso una attenta gestione dei rifiuti. Fino al 2008 i dati Eurostat mostrano una continua crescita nella produzione dei rifiuti urbani. Nel 2009, per la prima volta, c'è stata un'inversione di tendenza, imputabile però alla crisi economica e al conseguente calo dei consumi. L'Italia segue pressoché lo stesso trend del resto dell'UE e la produzione per abitante è di poco superiore alla media europea attestandosi su 532 kg/ab all'anno contro 512. Anche in Veneto la dinamica è simile nel tempo e il dato pro capite è migliore rispetto sia alla media italiana che a quella europea: 483kg/ab nel 2009. La regione Veneto è da tempo ai primi posti tra le regioni italiane per la raccolta differenziata e, nel 2009, con il 56,3% si collocava al secondo posto dopo il Trentino-Alto Adige. Nel 2010 è cresciuta ancora, raggiungendo il 58,3%, avvicinandosi così all'obiettivo del 60% per il 2011, posto dal D.Lgs. 152/2006. Un'ulteriore questione legata all'ambiente è quella, critica, della conservazione del patrimonio naturale boschivo. Esso ammonta, in Veneto, a 414.894 ettari. Negli ultimi tre decenni è possibile osservare una notevole diminuzione sia del numero, che delle superfici percorse dal fuoco: si passa infatti dagli oltre 13.000 ettari che hanno interessato il decennio 1982-1991 ai 2.703 del 2002-2011. Infine il comparto energetico, strettamente legato al tema "ambiente", diventerà sempre più importante anche a livello locale poiché dal 2012, con l'emanazione del Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, cosiddetto "Burden Sharing", del 15/3/2012 ci sono tutti gli strumenti per definire nei minimi dettagli gli aspetti pianificatori del settore: il decreto assegna infatti la quota di Consumo da Fonti Energetiche Rinnovabili (CFER) rispetto al Consumo Finale Lordo (CFL) di energia che le singole regioni dovranno raggiungere al fine di centrare gli obiettivi nazionali sfruttando le leve disponibili.

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I numeri del capitolo 17

Muoversi: bisogno ed opportunità
Alcune semplici informazioni aiutano a tratteggiare quelli che sono stili e comportamenti di mobilità dei cittadini veneti.
Ogni anno, dal 2008 al 2011, vanno diminuendo il numero medio di spostamenti giornalieri, la distanza percorsa e il tempo dedicato alla mobilità quotidiana; restano nettamente predominanti gli spostamenti con mezzo di trasporto a motore. Ogni giorno, nel 2011, si effettuano 2,8 spostamenti pro capite, si percorrono mediamente 34,8 km e ci si impiegano quasi 57 minuti.
Non varia il peso degli spostamenti per lavoro (39,4%), diminuiscono quelli per tempo libero (25,5%, 27,1 nel 2010), aumentano quelli per gestione familiare (33,3%, 30,1 nel 2010).
La preferenza per l'automobile e, più in generale, per il trasporto privato è evidente quando si analizzano gli spostamenti effettuati nei giorni feriali. In Veneto, quando un cittadino decide di muoversi, nel 63% dei casi lo fa come conducente di autovetture private e nel 5,8% dei casi come passeggero. Il mezzo pubblico resta più indietro e viene scelto per il 6% degli spostamenti mentre è interessante la quota modale dei movimenti effettuati a piedi o in bicicletta che raggiunge il 24%. L'auto privata viene scelta soprattutto nei casi di spostamenti rapidi e capillari, il mezzo pubblico, invece, viene utilizzato meno di frequente, ma per viaggi più lunghi.
Nel 2010, in Veneto mediamente gli occupati hanno dedicato 20,9 minuti (24,1 in Italia) per percorrere il tragitto casa-luogo di lavoro, gli studenti hanno invece impiegato mediamente 21 minuti per recarsi a scuola (20,2 in Italia).
L'indice sintetico di soddisfazione degli utenti per la qualità dei servizi del trasporto pubblico riassume il giudizio dei passeggeri riguardo le principali caratteristiche dell'autobus, della corriera extraurbana e del treno (frequenza delle corse, puntualità, possibilità di trovare posto a sedere,velocità della corsa, pulizia della vettura, comodità di attesa delle fermate, possibilità di collegamento tra le varie zone del comune, comodità degli orari, costo del biglietto). L'indice varia tra 0 e 100, dove valori vicini a 0 indicano bassa soddisfazione per la qualità del servizio e valori vicini a 100 alti livelli di apprezzamento. Per ognuno dei tre mezzi di trasporto pubblico la soddisfazione degli utenti del Veneto è superiore alla media di quelli italiani, anche se solo per autobus e corriere il differenziale è significativo. Nel complesso, considerando 50 il livello minimo per un livello di servizio soddisfacente, l'utenza in Veneto da' un giudizio positivo per quanto riguarda autobus e corriere e parzialmente negativo per il treno.

I numeri del capitolo 17

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