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L'impresa agricola: qualità nella tradizione

Inizio Pagina  L'impresa agricola

In un quadro nazionale che nell'ultimo ventennio ha tinteggiato un profondo cambiamento e una ristrutturazione diffusa del concetto di azienda agricola, le imprese italiane continuano a fronteggiare ulteriori sfide.
Se è vero che le aziende di "piccola" dimensione stanno velocemente sparendo dalla scena economico-produttiva, se è vero che la dimensione media per azienda è in lento ma costante aumento, se è vero che la competizione proveniente dai paesi europei ed extra-europei induce una guerra al ribasso dei prezzi, le nostre aziende si trovano costrette a fornire risposte efficaci in tempi estremamente rapidi.
La soluzione a redditi agricoli in calo, costi intermedi in aumento, manodopera in declino, imprevedibilità climatiche, contraffazioni alimentari, competitività estera, risiede nella capacità delle stesse aziende di spendersi in multifunzionalità, tutela del paesaggio e della tipicità, conservazione delle tradizioni, produzione di fonti di energia alternativa, fornitura di prodotti di elevata qualità, rintracciabilità di filiera, sicurezza alimentare, certificazioni.
Nel campo dell'offerta rivolta ad un consumatore che si rivela sempre più parsimonioso e attento alla qualità, diverse sono le strategie che si stanno adottando: dai farmer markets (Nota 1), ai distributori di latte crudo, alla vendita dei prodotti in azienda; lo slogan sembra essere abbastanza evidente e cioè accorciare la filiera e quindi il prezzo per il consumatore finale.
Questo processo a quanto pare, sebbene riscuota consensi sia da parte dei produttori che dei consumatori, però non sarà di immediata acquisizione e diffusione. Nel corso del 2005, secondo una indagine riguardante le aziende agricole, nella nostra regione solo il 5% di esse ha venduto oltre il 50% della propria produzione direttamente ai consumatori, attestandosi per il momento a fenomeno di nicchia.
Altrettanto si può dire, per quanto riguarda la multifunzionalità: di tutte le attività connesse all'agricoltura, in ultima analisi ancora poco sfruttate e non del tutto in grado di raggiungere una popolarità o una massa critica di interesse, a riscuotere il maggior successo è sicuramente il solo fenomeno dell'agriturismo che nella sola nostra regione coinvolge ormai oltre un migliaio di aziende agricole, fruttandoci il terzo posto nella graduatoria italiana, alle spalle di Trentino Alto-Adige e Toscana.
Sul versante delle produzioni di qualità, le aziende venete coinvolte nell'agricoltura biologica sono circa un migliaio con quasi 18.000 ettari di superficie agricola utilizzata, coprendo appena il 2% della totalità della SAU regionale. Anche sul versante delle produzioni tipiche il Veneto, sebbene risulti la seconda regione italiana col maggior numero di certificazioni di qualità, copre appena il 5% del fatturato nazionale del settore (Nota 2) .
Come si può notare molteplici sono le iniziative in atto da parte delle aziende agricole per ritagliarsi la propria fetta di mercato, ma molto rimane ancora da fare e i margini di miglioramento sono ancora decisamente grandi.
La struttura
Faremo ora un approfondimento sulla struttura e le tipologie più diffuse di aziende agricole nel nostro territorio. Allo scopo utilizzeremo dei sottoinsiemi omogenei in funzione delle strutture produttive, quale è la suddivisione per orientamento tecnico-economico (OTE) (Nota 3).
Nell'ottica di classificare le aziende secondo questo criterio, in sede comunitaria, è stato deciso di utilizzare il reddito lordo standard (RLS): esso si ottiene quale differenza tra il valore della produzione lorda, proveniente dall'unità di superficie (ettaro) investita nelle singole coltivazioni e/o dal singolo capo di bestiame allevato, ed i costi specifici sostenuti per ottenerla.
I redditi lordi standard calcolati per ettaro di superficie o per capo di bestiame, moltiplicati rispettivamente per gli ettari di superficie e per il numero di capi di bestiame delle singole aziende, forniscono i RLS totali di ciascuna coltivazione e categoria di bestiame. Sommando i valori così ottenuti si ha l'ammontare complessivo del reddito lordo dell'azienda o anche la sua dimensione economica; essa è espressa in Unità di Dimensione Economica Europea (UDE) e corrisponde ad un RLS aziendale riferito.
Dopo queste necessarie precisazioni, possiamo affermare che nel corso del 2005, fra le oltre 143.000 aziende agricole presenti in Veneto, il 47% è specializzato in coltivazione di cereali, oleaginose e proteaginose.
Seconda classificata la specializzazione viticola (13%) e al terzo posto quella erbacea-arborea (8%).
Osservando le caratteristiche di queste specializzazioni, notiamo che la SAU media più elevata appartiene alle aziende con allevamento principale di granivori (avicoli, suini e conigli fattrici) con 25,8 ettari, seguite da quelle con allevamenti di bovini (17,9 ha). Sono invece le aziende con specializzazione olivicola a detenere il primato della superficie media più piccola, appena 0,37 ettari. (Figura 4.1)
Osservando la distribuzione della SAU media per classe di UDE, si evidenzia che le aziende con una UDE maggiore, come ci si dovrebbe aspettare, detengono proporzionalmente una SAU media più elevata: infatti si passa da valori inferiori ai 2 ettari per le aziende appartenenti alle prime due classi di UDE (0-1, 1-2) fino ad arrivare a quasi 90 ettari per l'ultima classe (oltre 250). Evidentemente le aziende con la redditività più alta, sono quelle di maggiori dimensioni fisiche.
I risultati economici
Alla creazione del valore aggiunto prodotto dall'intero sistema economico regionale l'agricoltura veneta contribuisce in misura abbastanza ridotta; lo sviluppo economico si è maggiormente concentrato nel settore industriale e recentemente in quello dei servizi. L'importanza, però, dell'agricoltura non è così marginale come potrebbe sembrare soprattutto se si considera la crescente integrazione tra il settore agricolo "tradizionale" e quello alimentare e le interazioni sempre più strette tra attività agricole, territorio ed ecosistema naturale. Le peculiarità del sistema agricolo veneto, seppur in presenza di un evidente processo avvenuto negli anni di contrazione del numero di aziende, ne rendono indispensabile un riconoscimento del valore anche in termini di produttività.
Le aziende agricole italiane appartenenti all'universo UE (Nota 4), in tale aggregato non vengono considerate le microaziende, nel 2005 sono poco più di 1,6 milioni, di queste l'8,2% risiedono nel territorio veneto, tale percentuale colloca il Veneto rispetto alla concentrazione aziendale in quarta posizione dopo Puglia, Sicilia e Campania. Le quasi 134.000 aziende agricole venete, delle quali 41.052 producono un fatturato superiore a diecimila euro, assorbono in termini occupazionali oltre centomila Unità di Lavoro Agricolo (Nota 5), circa l'8% nazionale. (Figura 4.2)
Notoriamente le maggiori dimensioni e le migliori performance economiche sono attribuibili alla realtà agricola del Nord Italia: tra le regioni emerge sia nel valore della produzione che nel valore aggiunto, la Lombardia ma rispetto al livello di produzione per unità lavorativa vi è l'ottima collocazione del Veneto al secondo posto (40.428 euro) seguito a ruota dal Piemonte.

Inizio Pagina  Le denominazioni d'origine in Veneto

(Nota 6) Il consumatore oggi richiede qualità e sicurezza sui prodotti, vuole conoscerne il metodo di produzione, l'origine e vuole avere la possibilità di riconoscere e distinguere quelli di qualità.
La strada della qualità diventa quindi una scelta strategica per i produttori regionali sia per dare sicurezza ai consumatori, sia per poter recuperare dei margini di reddito differenziando il proprio prodotto da quello che ben presto potrebbe arrivare dai Paesi extracomunitari dove i bassi costi di produzione ed i minori vincoli normativi ed ambientali, rendono i loro prodotti molto più competitivi sul prezzo.
I marchi di qualità sui prodotti agroalimentari rivestono quindi un ruolo molto importante per lo sviluppo delle filiere agroalimentari poiché permettono alle aziende di intraprendere delle strategie di differenziazione beneficiando dei vantaggi legati ad una situazione di concorrenza monopolistica.
Il settore agroalimentare è caratterizzato, più di altri settori produttivi, da un'ampia gamma di certificazioni della qualità; ogni tipologia è finalizzata a garantire aspetti diversi dell'azienda come, ad esempio, l'affidabilità dell'impresa e del processo produttivo, il rispetto di norma ambientali e igienico-sanitarie, oppure vertono a certificare caratteristiche del prodotto come gli aspetti organolettici, l'origine della materie prime, le peculiarità tradizionali, l'assenza di certe sostanze o di prodotti OGM, ecc.
Molti di questi schemi vengono proposti volontariamente dalle aziende per certificare la qualità dei propri prodotti, oppure sono imposti dai gruppi della distribuzione moderna ai propri fornitori del settore agroalimentare.
Accanto alle certificazione delle qualità volontarie di natura "privatistica", coesistono degli schemi "Istituzionali" definiti dalla Comunità europea - finalizzati a proteggere e valorizzare i patrimoni e le ricchezze enogastronomiche che caratterizzano molti Paesi europei, sia per difendere i produttori da scorrette imitazioni ed usurpazioni dei propri prodotti tipici, sia per salvaguardare il consumatore da frodi sui prodotti di qualità.
In particolare i regolamenti comunitari sulle DOP-IGP e STG (reg. n. 510/2006 e 509) e sui vini VQPRD (regolamento (CE) n. 1493/1999) garantiscono l'origine di un prodotto, legando in maniera imprescindibile le sue qualità caratteristiche con la zona di origine e rendendo quindi inimitabili le peculiarità di tale produzione al di fuori delle zone previste nel disciplinare.
Queste denominazioni, se ben valorizzate, creano un reale vantaggio per i produttori agricoli di una certa zona. Per questo motivo tali certificazioni sono ritenute strategiche dalla Regione Veneto che si impegna da sempre nell'assistenza ai produttori per l'ottenimento ed il mantenimento di tali certificazioni nonché nella promozione dei prodotti in Italia e all'estero.
Con 23 prodotti a denominazione DOP o IGP già riconosciuti, 3 in prossimo riconoscimento (Casatella Trevigiana, Radicchio di Chioggia, Radicchio di Verona), 8 in attesa di riconoscimento a Bruxelles e le 28 denominazioni d'origine dei vini (25 DOC e 3 DOCG), il Veneto si situa nei primi posti in Italia per prodotti di qualità. (Figura 4.3)
Le denominazione DOP o IGP coinvolgono oggi, nel Veneto, oltre 6.000 aziende agricole, 4.000 delle quali sono aziende che producono latte per formaggi DOP. Il numero delle imprese che potranno usufruire di denominazioni comunitarie potrebbe fortemente aumentare nei prossimi anni se verranno riconosciute le 8 domande di denominazione in attesa di registrazione a Bruxelles e le altre in corso di valutazione presso il Ministero.
I prodotti ed i vini a denominazione d'origine sono diffusi in tutta la regione con maggiore prevalenza in alcune zone con peculiarità ambientali fortemente caratterizzanti, come la fascia collinare, nella quale si evidenzia la contestuale presenza sia di vini DOC e DOCG che di prodotti DOP-IGP.
Alcune zone geografiche che attualmente sono meno interessate dai prodotti a denominazione riconosciuta, come le province di Belluno e di Rovigo, potrebbero ben presto venire arricchite dal riconoscimento di nuovi prodotti, che daranno nuove opportunità ai produttori, qualora la Commissione europea riconosca la denominazione ai prodotti regionali ora in valutazione a Bruxelles.
Importante ruolo rivestono le denominazioni per il settore dei formaggi che già interessano oltre il 50% della produzione regionale a partire dal Grana Padano, l'Asiago, il Montasio, il Provolone Valpadana ed il Monte Veronese; anche i due formaggi, il Piave, in attesa della DOP, e la Casatella Trevigiana, il cui riconoscimento della DOP dovrebbe arrivare entro il mese di aprile, contribuiranno a valorizzare la produzione del latte del Veneto, in particolare nel bellunese e nel trevigiano.
Per i prodotti a base di carne, le due denominazioni venete, Prosciutto Veneto Berico-Euganeo prodotto nella zona di Padova e Vicenza e la Sopressa Vicentina, verranno probabilmente affiancate, nei prossimi anni, da altri prodotti che sono in corso di valutazione e potrebbero arricchire il paniere regionale. Da segnalare che i produttori veneti possono utilizzare anche alcune denominazioni caratteristiche di altre regioni ma previste anche per alcune zone del Veneto come la Mortadella Bologna IGP; i Salamini Italiani alla cacciatora DOP; lo Zampone ed il Cotechino di Modena IGP, il Salame Cremona IGP.
Molte iniziano ad essere le denominazioni per i prodotti ortofrutticoli che i produttori regionali possono utilizzare per valorizzare le proprie produzioni; i radicchi di Treviso e Castelfranco IGP (ai quali si aggiungeranno presto il Chioggia e Verona: il Chioggia già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea - GUCE 15 febbraio 2008 - , il Verona, si spera, di prossima pubblicazione), rendono il Veneto la prima regione in Europa per radicchi rossi.
Importante nel Veneto è anche la produzione di asparagi: l'asparago IGP di Cimadolmo già sul mercato, l'asparago Bianco di Bassano DOP, che ha ottenuto il riconoscimento a settembre 2007, e l'asparago di Badoere che attualmente è in valutazione a Bruxelles.
Inoltre il riso Vialone Nano veronese, i fagioli di Lamon, le ciliegie di Marostica, il Marrone di San Zeno che, pur rappresentando delle realtà medio-piccole, permettono la diversificazione e l'integrazione al reddito delle aziende e costituiscono un'attrazione turistico-gastronomica interessante per i consumatori. Altri due marroni, un riso, l'insalata e l'aglio, potrebbero ben presto aprire ulteriori opportunità di valorizzazione per i produttori.
Sta ora ai produttori riuscire a sfruttare al meglio l'opportunità di valorizzare il proprio prodotto con questi marchi comunitarie, per i quali si registra un interesse crescente da parte della distribuzione moderna, sia dei consumatori,.
Ancor più consolidata è la situazione delle denominazioni per i vini regionali, malgrado ci siano forti differenze di realtà e prospettive fra le diverse denominazioni.
Il valore della produzione enologica veneta a denominazione rappresenta oltre il 50% della PLV vitivinicola regionale (600 milioni di Euro) e oltre il 25% in volume della produzione regionale che oscilla, a seconda delle annate, da 7 a oltre 8 milioni di ettolitri.
Le 25 DOC e 3 DOCG venete coinvolgono una superficie produttiva di oltre 25.000 ettari (il 3% della SAU regionale), circa 30.000 aziende vitivinicole e 44 cantine sociali. Oltre il 85% della superficie è destinata alle prime 8 denominazioni: Soave, Conegliano-Valdobbiadene, Valpolicella, Bardolino, Piave, Colli Berici, Bianco di Custoza, Lison Pramaggiore. (Tabella 4.1) e (Figura 4.4)
Le condizioni e le positive prospettive del mercato e la conseguente necessità di rimanere competitivi ed innovativi in un contesto internazionale molto dinamico, hanno spinto la maggior parte delle aziende che operano sui mercati esteri a forti investimenti; per questo motivo è stata rilevante l'adesione delle aziende agli strumenti previsti dallo scorso PSR, in particolare per quanto riguarda gli investimenti strutturali e l'ottenimento dei alcune tipologie di certificazione della qualità.
La nuova programmazione del PSR 2007-2013 prevede, per i produttori che si organizzano con dei progetti di filiera, dei contributi finalizzati ad incentivare la loro adesione a sistemi di qualità ufficialmente riconosciuti anche al fine di supportare i costi dei controlli, delle certificazioni e della promozione verso i consumatori.
Risulta vitale per l'economia veneta nei prossimi anni, definire ulteriori strumenti di valorizzazione e qualificazione della produzione regionale di qualità, al fine di differenziarla da quella di importazione. Uno strumento che, se ben utilizzato, potrebbe creare dei vantaggi ai produttori veneti, è rappresentato dalla Legge 12/2001, ora in modifica, finalizzata a qualificare con degli appositi disciplinari i prodotti di qualità.
E' necessario quindi da una parte migliorare ulteriormente l'immagine dei prodotti, i marchi, i servizi e l'informazione legati al prodotto; dall'altra stimolare le aziende venete a sviluppare quei "sistemi di qualità riconosciuti dagli Stati" che, oltre ad avere dei marchi di qualità riconoscibili sul mercato, posseggono i requisiti in regola con le normative comunitarie per l'accesso ai finanziamenti previsti dall'Unione Europea per lo sviluppo rurale.
Valorizzare la tipicità, il legame fra la qualità del prodotto e la zona di produzione, la sicurezza sulle sue origini, è una scelta strategica che spetta ai produttori; compito della Regione è quello di fornire a operatori le informazioni ed il supporto necessario per realizzare i percorsi della qualità che possano aumentare la competitività delle aziende venete.
La produzione biologica
(Nota 7) L'accresciuta consapevolezza del consumatore anche in materia di sicurezza alimentare e ambientale ha contribuito ad incentivare, negli ultimi anni, il settore dell'agricoltura biologica.
La SAU veneta interessata a queste coltivazioni è attualmente di circa 18.000 ettari e incide complessivamente per circa il 2% della SAU regionale.
Questo metodo è attuato in netta prevalenza nelle aree di pianura della regione, ove si concentrano il 69% delle aziende e il 61% delle superfici. (Figura 4.5)
L'orientamento produttivo della superficie veneta biologica è rappresentato dal 22% da colture ortofrutticole e vitivinicole ed il restante da colture cerealicole (23%), foraggiere (31%), colture industriali (12%), e prati pascoli. (Figura 4.6)
Attualmente il numero complessivo di operatori assoggettati al metodo risulta essere di 1.464, di cui 974 produttori, 456 preparatori e 38 importatori. (Figura 4.7)
Nel Veneto si registra una particolare dinamicità nella costituzione di nuove attività di trasformazione dei prodotti in questione e nell'organizzazione di nuovi punti vendita specializzati o della grande distribuzione organizzata (GDO).
L'esportazione costituisce uno dei principali canali di sbocco delle produzioni nazionali e regionali. Sul totale dell'export nazionale il Veneto detiene la quota del 40%, costituita prevalentemente da ortofrutta e vino (90%).
Il controllo sugli operatori veneti del settore è svolto da undici tra i sedici Organismi di Controllo (OdC) autorizzati con decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali.
Attraverso uno specifico progetto "Rintracciabilità e qualità" (Programma Interregionale Agricoltura e qualità - L. 499/99) è in fase di ultimazione il "Biobank Open Project" che consentirà a breve la possibilità di fornire agli utenti un collegamento all'innovativo sistema. regionale con la gestione dinamica della banca dati e quindi dell'elenco regionale degli operatori, nonché la gestione informatizzata dell'attività di vigilanza.
Inoltre la Regione Veneto con il "Piano regionale d'intervento per il rafforzamento e lo sviluppo dell'agricoltura biologica" sono stati individuati i seguenti settori giudicati prioritari alla crescita dell'agricoltura biologica:

  • Formazione, divulgazione e informazione
  • Analisi del mercato
  • Aziende pilota
  • Promozione
  • Offerta del prodotto e associazionismo

per i quali si stanno attuando interessanti azioni, in considerazione di quanto il mercato ha concretamente dimostrato di apprezzare questi prodotti che garantiscono da un lato una particolare qualità intrinseca e dall'altro il loro ottenimento nel rispetto di rigide regole ambientali.

Inizio Pagina  Progetto fattorie didattiche

(Nota 8) La Regione del Veneto è da oltre 5 anni impegnata nel "Progetto Fattorie Didattiche", che ha lo scopo di valorizzare l'identità territoriale, l'economia locale e le produzioni tipiche, con l'obiettivo di creare una rete di relazioni fra produttori e giovani consumatori, attraverso la mediazione del mondo della scuola, per riscoprire il valore cultuale ed ecologico dell'agricoltura e del mondo rurale.
Con le fattorie didattiche, infatti, da una parte si vuole fornire all'agricoltore, nell'ottica della multifunzionalità, un'occasione per valorizzare la propria attività e il proprio sapere e, nel contempo, si vuole offrire al mondo della scuola nuove e diverse forme di apprendimento, sollecitando, attraverso l'osservazione e il "saper fare", la conoscenza dell'origine degli alimenti e delle trasformazioni del cibo.
Questo approccio legato alla scuola e all'educazione alimentare è dovuto proprio al fatto che il progetto è nato e si è sviluppato nell'ambito di una campagna nazionale di educazione alimentare - il Programma Interregionale "Comunicazione ed educazione alimentare", promosso dal Ministero per le politiche agricole e dalle Regioni - che contemplava una serie integrata di iniziative, dirette prioritariamente al mondo della scuola, per promuovere un comportamento consapevole ed equilibrato, e, nel contempo, valorizzare le produzioni agroalimentari tipiche e di qualità. Il progetto del Veneto, dal titolo significativo "Cultura che nutre - saperi e sapori attorno a un piatto", si è sviluppato secondo le linee di indirizzo nazionali, ma con una connotazione ben distinta, poiché ha visto il coinvolgimento attivo e sinergico con i SIAN dell'Ulss nelle azioni di educazione alimentare e delle Organizzazioni professionali agricole nella regolamentazione delle fattorie didattiche.
Prendendo spunto da precedenti e spontanee esperienze e iniziative di scuola in fattoria realizzate da enti, organismi, enti associativi o semplici aziende nel territorio regionale, ma anche in altre parti d'Italia - prime tra tutte la Regione Emilia Romagna e la Regione Lombardia - nel 2002 un gruppo di lavoro, promosso e coordinato dall'Assessorato e nel quale sono presenti le Associazioni professionali agricole e agrituristiche regionali - tuttora attivo -, ha consentito la condivisione del complessivo progetto, la realizzazione di corsi di formazione destinati agli imprenditori agricoli che intendono svolgere attività didattica in fattoria e la stesura della "Carta della qualità delle fattorie didattiche", che definisce i requisiti e gli impegni per l'accreditamento delle fattorie didattiche operanti nel territorio della Regione. Infatti, tutte e solo le aziende che rispettano i requisiti della Carta della qualità - in termini di sicurezza ed aspetti igienico-sanitari, logistica (aree aziendali aperte e coperte), accoglienza, didattica, formazione ed aggiornamento - possono iscriversi all'"Elenco regionale delle fattorie didattiche", che viene annualmente aggiornato, e possono usufruire del logo "Fattorie didattiche della Regione Veneto", appositamente elaborato e approvato dalla Regione (Nota 9).
Attualmente, l'Elenco regionale delle fattorie didattiche aggiornato a fine 2007 conta 219 aziende, distribuite su tutto il territorio regionale. Il trend dal momento della sua istituzione è stato in costante crescita. (Figura 4.8) e (Figura 4.9)
L'Elenco delle fattorie didattiche viene divulgato tramite il sito Internet della Regione e tramite una pubblicazione, a cadenza biennale, realizzata dalla Regione: la promozione nelle scuole avviene attraverso i corsi di formazione agli insegnanti - che vengono svolti in collaborazione con i servizi SIAN delle Ulss - e la partecipazione alle più importanti fiere e manifestazioni di settore.
L'adozione delle misure di sicurezza previste dalla legge, la disponibilità di spazi adeguati e la presenza di operatori fortemente motivati, che hanno frequentato un apposito corso di formazione e che partecipano alle giornate annuali di aggiornamento organizzate dalla Regione, garantiscono alle scuole la possibilità di essere accolti in modo sicuro e di poter svolgere percorsi didattici - quando si svolgono all'aperto e vengono privilegiati l'insegnamento teorico e l'osservazione - e laboratori, con una maggiore focalizzazione verso l'insegnamento pratico e la manualità, specifici in relazione all'età degli alunni.
Per coinvolgere non solo il mondo della scuola ma più in generale i cittadini-consumatori - poichè nel tempo si è osservata una manifestazione di interesse verso la fattoria didattica da parte di altri segmenti della società, come i Gruppi di Acquisti Solidali, gli anziani delle case di riposo, i centri estivi, le cooperative impegnate nel recupero di persone diversamente abili o con problematiche di reinserimento nel lavoro, ma anche semplici nuclei familiari - annualmente la Regione organizza la Giornata delle Fattorie didattiche aperte: una domenica in fattoria (siamo giunti alla quinta edizione), promossa sui maggiori quotidiani regionali, sulle tv e radio locali, per conoscere che cos'è una fattoria didattica, che percorsi offre, cosa significa fare agricoltura oggi. (Figura 4.10)
E' stata condotta recentemente un'indagine per tracciare una fotografia di questa particolare tipologia: è emerso che la scopo principale è il poter trasmettere ai bambini la conoscenza del l'agricoltura e più in generale ad un pubblico più vasto l'attività dell'azienda. Inoltre esiste un diffuso interesse e disponibilità ad ampliare l'ospitalità aprendo le porte a categorie di utenza diverse, in particolare: anziani, diversamente abili e alle persone affette da handicap psichico. (Figura 4.11)
Nell'ambito del nuovo PSR, sono previsti interventi (Misura 311) volti favorire la diversificazione e la multifunzionalità aziendale, e tra questi rientra anche l'attività didattica (aiuti in tal senso erano stati previsti anche nel precedente PSR) : sono gli unici aiuti di cui può beneficiare una fattoria didattica iscritta all'Elenco regionale, a parte il supporto promozionale fatto dalla Regione. Ciò significa che gli operatori, nella maggior parte dei casi particolarmente sensibili alla trasmissione delle proprie radici culturali alle nuove generazioni, vede in questa attività un modo per "migliorare" l'immagine della propria azienda e, pur non traendone un aumento di reddito significativo, sono generalmente soddisfatti dell'aumento di reddito dalle altre attività collegate (es. agriturismo, vendita diretta dei prodotti).

Inizio Pagina  L'agricoltura sociale: in un mondo senza frontiere, la multifunzionalità dell'impresa agricola senza barriere

(Nota 10) La multifunzionalità è riconosciuta a livello comunitario e nazionale come uno dei fattori di forza dell'agricoltura sul quale far leva nelle aree rurali per il raggiungimento di un modello di sviluppo equo e sostenibile.
All'agricoltura è stato infatti riconosciuto il ruolo di produzione di beni non solo alimentari ma anche immateriali, legati agli aspetti ambientali, alla conservazione del territorio e del paesaggio, alla storia, alle tradizioni e alla cultura delle aree rurali.

LE MOLTEPLICI FUNZIONI DELL'AGRICOLTURA
  • Produttiva
  • Ambientale
  • Paesaggistica
  • Difesa idrogeologica
  • Turistica/ricreativa
  • Conservazione della tradizione rurale
  • Sociale: didattica + terapeutica/riabilitativa

Questo riconoscimento consolida il ruolo delle imprese agricole all'interno del dibattito iniziato dopo la definizione delle strategie europee nei Consigli di Lisbona e di Goteborg e quindi il contributo che le stesse possono dare per la creazione di nuova occupazione, dello sviluppo del capitale umano, della salvaguardia ambientale.
Alcune di queste nuove funzioni svolte dall'imprese agricole sono ormai riconosciute ed affermate, sia presso l'opinione pubblica che dei policy makers, basti pensare allo sviluppo dell'agriturismo come offerta di ospitalità e di ristorazione, oppure al riconoscimento della funzione di presidio ambientale dell'attività agricola attraverso l'erogazione dei contributi agroambientali.
Altre funzioni, e tra queste va senza dubbio annoverata l'agricoltura sociale, pur rientrando a pieno titolo nel concetto di multifunzionalità delle attività agricole, non hanno ancora in Italia assunto un significato univoco, a partire dalla loro stessa definizione.
Quando si parla di agricoltura sociale, infatti, non sempre ci si trova d'accordo se tale termine possa riferirsi solo in un'ottica di attività agricola svolta da un'impresa sociale, come disciplinata dalla legge quadro n. 118/2005 e dal dlgs n. 155/2006, oppure in un più ampio scenario di impresa agricola in grado di fornire anche servizi di tipo sociale.
Nel corso degli ultimi trenta anni, la ricerca e la sperimentazione hanno chiaramente dimostrato che l'attività agricola, per i ritmi lenti con cui essa si svolge, legati ai cicli biologici delle colture e dell'allevamento, per il rapporto con la natura egli organismi viventi che la caratterizza, può esercitare un ruolo fondamentale nei programmi terapeutico riabilitativi di soggetti in difficoltà fisica, mentale o comportamentale e nei percorsi di inserimento lavorativo di fasce deboli di popolazione in situazioni di disagio sociale.
Ma questi non sono solo che un aspetto dell'agricoltura sociale. Come dimenticare l'importante funzione sociale svolta dalle fattorie didattiche, che ponendosi come dei veri e propri laboratori all'aperto, in grado di fornire spunti e supporto logistico agli insegnanti, consentono alle giovani generazioni di avvicinarsi e toccare con mano i processi biologici, formarsi sui temi ambientali e di educazione alimentare. Oppure l'esperienza di alcune imprese agricole che hanno avviato un'offerta di servizi per la prima infanzia, integrando quella del settore pubblico che non sempre è in grado di soddisfare pienamente la domanda con conseguenti effetti negativi sull'effettiva possibilità delle donne di conciliare gli impegni lavorativi con le necessità legate alla maternità.
Questo nuovo aspetto della multifunzionalità dell'impresa agricola, la cosiddetta agricoltura sociale, permette tra l'altro di integrare nelle politiche di sviluppo locale due dimensioni che spesso sono state oggetto di politiche autonome non comunicanti: l'economia e il sociale.
Le fattorie didattiche e le fattorie sociali, anche a seguito del loro esplicito riferimento nel Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale 2007-2013 e nel documento programmatico del Ministero della Sanità del 2006 "Guadagnare salute", si pongono al tempo stesso come strumento ed opportunità e in questo trovano gli elementi per una loro probabile rapida affermazione nei prossimi anni.

FATTORIE DIDATTICHE:
  • Politiche culturali locali: strumento per integrare tra loro dimensione sociale, economica, tecnica, politica e culturale dell'agricoltura
  • Politiche di innovazione didattica per la scuola: opportunità per conoscere il territorio e l'ambiente attraverso la conoscenza e l'esperienza diretta e per favorire il rapporto scuola/realtà territoriali

FATTORIE SOCIALI:
  • Politiche sociali locali: strumento per integrare tra loro dimensione sociale, economica, tecnica, politica e culturale dell'agricoltura
  • Politiche di innovazione per l'integrazione: opportunità per accrescere i livelli e la qualità dei servizi sul territorio attraverso l'individuazione di percorsi alternativi a quelli assistenziali

Lo sviluppo dell'agricoltura sociale, realizzabile anche grazie il sostegno previsto all'interno della Misura 311 - Diversificazione delle attività agricole- del PSR della Regione del Veneto 2007-2013, può quindi contribuire al raggiungimento di uno degli obiettivi strategici delle politiche di sviluppo rurale: il miglioramento della qualità della vita.
La cosiddetta "fattoria sociale", infatti, può fornire, in modo integrato all'attività primaria, taluni servizi essenziali alla popolazione rurale non solo in quelle aree marginali in cui i servizi alle fasce più deboli risultano tendenzialmente carenti, ma anche nelle aree in prossimità dei centri urbani, dove più forte è la richiesta di servizi rivolti alla prima infanzia.
La Regione del Veneto, già nel PSR 2000-2006 ha definito fattorie sociali "le imprese agricole, come definite dal dlgs n. 228/2001, in grado di svolgere attività sociali nei confronti di persone diversamente abili".
Nel PSR 2007-2013 è stato approfondito il rapporto agricoltura/attività sociale, collocando l'impresa agricola tra i soggetti in grado di erogare ben definite tipologie di offerta sociale che si ritrovano in documento afferente per l'appunto a questo settore (DGR n. 84/2007).
La capacità di erogare questi tipi di servizi deve essere sempre comunque intesa in una logica di connessione con l'attività primaria e può in questo senso fornire un valore aggiunto ai prodotti dell'azienda che potrebbero acquisire una tipizzazione etica in grado di soddisfare un particolare segmento di mercato sensibile a tali valori (mercato equo e solidale).
In questo senso, la fattoria sociale diventa quindi un'impresa agricola " a cancelli aperti" in grado di trasformare il disagio in elemento di competitività ed affacciarsi ad almeno due nuovi mercati:

  • il mercato dei servizi sociali
  • il mercato dei prodotti agricoli etici

favorendo non solo il consolidamento della sua reputazione (non luogo di emarginazione ma piuttosto di incontro) e la sua sostenibilità economica.

LA FATTORIA SOCIALE: Impresa agricola a cancelli aperti
  • Apertura alla comunità locale e non;
  • Punto vendita prodotti aziendali, GAS, percorsi didattici, occasioni di aggregazione, punti ristoro, ospitalità agrituristica;
  • Consolidamento reputazione e sostenibilità economica;

Inizio Pagina  Il Programma di sviluppo rurale per il Veneto 2007-2013

(Nota 11) Con l'approvazione da parte della Commissione europea, avvenuta nel mese di ottobre 2007, si è conclusa la fase piuttosto complessa e articolata di messa a punto e di negoziato con l'U.E. relativa al Programma di sviluppo rurale per il Veneto 2007-2013 (PSR) ed è stata avviata di fatto la sua attuazione, che coinvolge direttamente ed indirettamente la maggior parte degli imprenditori e degli operatori del settore agricolo, agroalimentare e forestale del Veneto, oltre alle principali istituzioni e alle collettività delle aree rurali della regione.
Conformemente alle indicazioni previste dal Reg.CE n.1698/2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), il PSR si applica all'intero territorio del Veneto, tenendo conto tuttavia delle diverse caratteristiche delle singole aree interessate, per cui l'attuazione degli interventi viene prevista secondo modalità ed intensità differenziate anche in funzione della classificazione territoriale definita a livello comunitario e nazionale.
La delimitazione delle aree rurali adottata dal PSR evidenzia e riproduce adeguatamente le peculiarità correlate al modello di sviluppo veneto, soprattutto per quanto riguarda le specifiche connotazioni dell'area della pianura centrale (B-rurale ad agricoltura intensiva specializzata) che presenta, per diversi aspetti e motivi, una particolare chiave di lettura ai fini dell'interpretazione delle problematiche e delle esigenze derivanti dall'urbanizzazione progressiva e diffusa che ne ha caratterizzato l'evoluzione. Le particolari caratteristiche che contraddistinguono il modello di sviluppo veneto impongono, infatti, una particolare attenzione nella valutazione di alcuni specifici effetti dello sviluppo demografico ed insediativo, in particolare per quanto riguarda appunto la fascia centrale, corrispondente alla macrotipologia "area rurale ad agricoltura intensiva specializzata", per la quale viene prevista un'ulteriore articolazione nelle due sub-aree B1 con caratteristiche prevalenti di "rurale-urbanizzata" e B2 con caratteristiche prevalenti di "urbanizzata", per evidenziare alcune importanti differenziazioni territoriali, oltre che sociali ed economiche, connesse con il diverso grado di effettiva "ruralità". (Figura 4.12)
Per garantire lo sviluppo sostenibile delle aree rurali, il PSR si concentra su un numero limitato di obiettivi considerati prioritari anche a livello comunitario, che riguardano la competitività dei settori agricolo e forestale, la gestione del territorio e dell'ambiente, nonché la qualità della vita e la diversificazione delle attività in queste zone, e sono considerati i 3 Assi prioritari dello sviluppo rurale, cui si aggiunge un quarto Asse-Leader finalizzato allo sviluppo locale e alla cooperazione tra territori.

Gli obiettivi generali


In particolare
  • L'Asse 1 - Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale contribuisce allo sviluppo rurale sostenendo la ristrutturazione, lo sviluppo e l'innovazione. I relativi interventi risultano esplicitamente finalizzati al miglioramento e al consolidamento delle diverse componenti che concorrono a determinare le caratteristiche competitive dei settori agricolo e forestale del Veneto, articolandosi in una serie di misure intese a promuovere la conoscenza e sviluppare il capitale umano, ristrutturare e sviluppare il capitale fisico e a promuovere l'innovazione nonché a migliorare la qualità della produzione e dei prodotti agricoli.
  • L'Asse 2 - Miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale, concorre al secondo obiettivo dello sviluppo rurale, cioè a "valorizzare l'ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio". Tale gestione deve contemplare il ricorso a metodi e modalità di utilizzazione agricoli e forestali compatibili con le esigenze di salvaguardia dell'ambiente naturale e del paesaggio e di protezione delle risorse naturali, puntando a tutelare e rafforzare le risorse naturali e i paesaggi nelle zone rurali. A tale scopo vengono riproposti i principali obiettivi prioritari a livello comunitario, funzionali all'attuazione della rete Natura 2000, al mantenimento dell'impegno assunto a Göteborg di invertire il declino della biodiversità, agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e a quelli del protocollo di Kyoto (biodiversità, preservazione e sviluppo dell'attività agricola e di sistemi forestali ad elevata valenza naturale e dei paesaggi agrari tradizionali, regime delle acque, cambiamento climatico).
  • L'Asse 3 - Qualità della vita e diversificazione dell'economia rurale rappresenta il supporto mirato alla diversificazione economica, al miglioramento complessivo della qualità della vita nelle aree rurali e, in definitiva, all'incremento del livello di attrattività di questi territori, soprattutto attraverso la valorizzazione del ruolo multifunzionale dell'impresa agricola e l'estensione dell'operatività aziendale verso servizi e beni innovativi, rivolti anche alle popolazioni locali.
  • L'Asse 4 - Leader rappresenta invece un approccio metodologico per la realizzazione di strategie di sviluppo locale in grado di contribuire direttamente anche alle priorità degli Assi 1, 2 e 3. Risulta determinante in funzione della priorità orizzontale del miglioramento della governance e per la mobilitazione del potenziale di sviluppo endogeno delle zone rurali.

L'approccio progettuale viene assunto quale premessa qualificante ai fini della efficacia ed efficienza dei prossimi interventi per lo sviluppo rurale, con l'obiettivo di assicurare soluzioni più ampie e complessive nei confronti delle problematiche ricorrenti di carente aggregazione tra i soggetti della filiera e di scarso sviluppo di atteggiamenti imprenditoriali nella gestione d'impresa.
In generale, la programmazione degli interventi proposti dal PSR intende privilegiare l'approccio di tipo progettuale, che implica una valutazione approfondita e complessiva dei fabbisogni di crescita, rispetto alle complesse esigenze di miglioramento competitivo, in grado di favorire il conseguente disegno di strategie di intervento altrettanto complessive, sia nell'ambito di una singola impresa, che nel contesto più ampio ed articolato di un settore o filiera, oppure di un'area territoriale .
Ne consegue l'esigenza di valorizzare prioritariamente la propensione all'integrazione e all'aggregazione, a livello di singola impresa come nell'ambito della filiera o di un'area territoriale, favorendo comunque lo sviluppo di progetti integrati, con particolare riferimento ad alcune tipologie attuative, quali i Progetti Integrati di Filiera, i Progetti Integrati di Area, il Pacchetto Giovani.
A supporto di questo quadro ampio ed articolato di obiettivi ed interventi, il PSR prevede una consistente dotazione finanziaria, pari a 914.675.000 euro, in grado di attivare un investimento totale valutato in 1.505.047.977 euro. La valutazione e l'analisi della ripartizione operata nell'ambito dei quattro Assi e delle singole Misure, oltre a rappresentare il peso finanziario assegnato a ciascuno dei quattro Assi e ai relativi interventi, è in grado di prefigurare abbastanza chiaramente la scala generale delle principali priorità e gerarchie individuate per lo sviluppo rurale del Veneto. (Tabella 4.2) e (Figura 4.13)

Inizio Pagina  La sicurezza alimentare

(Nota 12) L'alimentazione e le problematiche ad essa connesse fanno ormai parte dell'interesse e delle preoccupazioni della vita quotidiana dei cittadini europei: la sicurezza dei beni di consumo destinati all'alimentazione umana ha assunto i contorni di un obiettivo strategico di primaria importanza all'interno dell'Unione Europea, soprattutto dopo un trentennio di politica agricola comunitaria caratterizzata da un produttivismo esasperato e che ha per molti anni privilegiato la quantità a discapito della qualità, ricorrendo in un'esagerata ricerca del profitto, ad un uso indiscriminato della chimica e allo sfruttamento intensivo e poco attento del territorio e degli animali. Vari episodi (BSE, polli alla diossina, ecc.) hanno contribuito a creare una forte mancanza di fiducia nell'opinione pubblica, confermata da un'accresciuta richiesta di maggiori garanzie e controlli della filiera agro-alimentare.
La sicurezza alimentare, quindi, non si configura solo come semplice rispetto delle normative, ma consiste soprattutto nell'offrire al consumatore garanzie che gli consentano di alimentarsi senza preoccupazione con prodotti in cui l'equilibrio finale fra qualità, sapore e prezzo, sia la risultante di un processo produttivo condotto nel rispetto della salute e dell'ambiente.
Il percorso che conduce alla sicurezza alimentare presuppone perciò la partecipazione attiva di tutti gli attori della filiera alimentare, consumatore compreso.
Ed è proprio nel libro bianco della sicurezza alimentare che si ribadisce quanto sia fondamentale basarsi su un "approccio completo e integrato" e ciò significa che bisogna considerare l'intera catena alimentare, "dal campo alla tavola": con l'entrata in vigore dei regolamenti comunitari che costituiscono il cosiddetto "pacchetto igiene", nato per semplificare e aggiornare la legislazione del settore dell'igiene dei prodotti alimentari e per estendere a tutte le fasi di produzione le garanzie di sicurezza della politica sanitaria europea, è stato emanato il regolamento (CE) n. 882/04 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere animale.
La tutela della sicurezza dei prodotti alimentari nel nostro paese è affidata principalmente all'attività di controllo ufficiale svolta dal Ministero della Salute, con i suoi Uffici centrali e periferici, e dalle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, attraverso le loro strutture territoriali.
Il controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande ha lo scopo di verificare e garantire la conformità di questi prodotti a tutte le disposizioni atte a prevenire i possibili rischi per la salute pubblica, a proteggere gli interessi dei consumatori e ad assicurare la trasparenza dei processi produttivi: esso viene effettuato sia per i prodotti italiani o di altra provenienza che saranno commercializzati nel nostro territorio, che quelli destinati ad essere spediti in altri Stati.
Nel controllo vengono considerate tutte le fasi della produzione, della trasformazione, del magazzinaggio, del trasporto, del commercio e della somministrazione, e consiste in ispezioni, prelievi dei campioni, analisi di laboratorio dei campioni prelevati, controllo dell'igiene del personale addetto, esame del materiale scritto e dei documenti di vario genere ed esame dei sistemi di verifica adottati dall'impresa e dei relativi risultati.
Al Ministero della Salute, nell'ambito del controllo ufficiale, sono affidate prevalentemente le funzioni di programmazione, d'indirizzo e di coordinamento. A livello regionale, il coordinamento è affidato agli Assessorati alla sanità, mentre le funzioni di controllo sulle attività di produzione, commercio e somministrazione degli alimenti e delle bevande competono prevalentemente ai Comuni, attraverso le Aziende Sanitarie Locali.
Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete, a cui partecipano la Commissione Europea e gli Stati membri dell'Unione.
Il meccanismo delle comunicazioni rapide, sempre più numerose negli ultimi anni, è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore.
L'attività del sistema di allerta prevede il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale. Nel caso di rischio grave ed immediato, oltre a disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l'intervento del Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura di emergenza può essere integrata con comunicati stampa.
Nel caso di prodotti difettosi o sospetti è possibile risalire al produttore o distributore e rintracciare le partite tramite il lotto di fabbricazione, ritirando con tempestività tali prodotti dal circuito commerciale quando sia necessario.
Nella nostra regione il pacchetto igiene è entrato ufficialmente in vigore dal 1 gennaio 2006 e le aree di intervento delle strutture regionali coinvolte si occupano del controllo dell'igiene degli alimenti di origine animale, degli alimenti di origine non animale e dei prodotti ittici e delle acque.
Di pari passo continua ad essere attivo il piano triennale per la sicurezza alimentare che organizza le attività di sorveglianza e prevenzione secondo i principi di priorità ed efficacia.
L'articolazione del piano prevede cinque filoni di attività: i piani di monitoraggio, l'anagrafe e sistemi informativi, la comunicazione del rischio, il controllo delle acque e la nutrizione.
Nel Veneto dal 2002 è stata creata un'anagrafe zootecnica che raccoglie le informazioni su tutti gli allevamenti presenti nel territorio, alimentando una banca dati regionale che a sua volta aggiorna quella nazionale. Questi dati sono la base di partenza per l'attività di controllo delle malattie infettive.
Per quanto riguarda i bovini (Nota 13) è stato stabilito che l'autorità competente di ogni Stato membro esegua le ispezioni su almeno il 5% delle aziende bovine del proprio territorio, per verificare il rispetto delle norme sull'identificazione degli animali della specie bovina. (Figura 4.14)
Nel 2006 in Regione Veneto sono stati controllati più del 10% degli allevamenti. Di questi, meno del 7% è risultato portatore di irregolarità.
Controlli sulle malattie infettive
La normativa comunitaria (direttiva 97/12/CE) si occupa del controllo di tutti gli allevamenti che producono latte allo scopo di eradicare (Nota 14) le principali infezioni con importanti implicazioni zoo-economiche e di sanità pubblica (tubercolosi, brucellosi, leucosi). Si prevede inoltre il rilascio della qualifica di territorio ufficialmente indenne in base alla prevalenza dell'infezione e all'effettivo controllo ufficiale di tutti gli allevamenti presenti sul territorio e al mantenimento di una percentuale di allevamenti ufficialmente indenni pari al 99,9% per quanto riguarda la TBC e 99,8% per brucellosi bovina, calcolata al 31 dicembre di ogni anno. Tale parametro va mantenuto per periodi rispettivamente di 6 e 5 anni. Pertanto l'ottenimento della qualifica di "territorio ufficialmente indenne", per le malattie soggette a eradicazione, è un obiettivo di standard qualitativo decisamente più elevato rispetto al mantenimento al di sotto di una certa soglia il numero per anno di animali infettati.
L'obiettivo che la Regione del Veneto si è prefissata per il triennio 2004-2006, è stato il raggiungimento delle qualifiche di territorio ufficialmente indenne da TBC e brucellosi bovina ai sensi della normativa comunitaria.
La percentuale di allevamenti controllati nel corso del triennio è sempre stata pari al 100% del totale di allevamenti soggetti al programma.
Tubercolosi bovina
Dal 1997 la percentuale di allevamenti bovini infetti da tubercolosi è inferiore allo 0,1% e per questo motivo, in base alla Direttiva 97/12/CE, dal 2002 la frequenza delle prove di routine in ambito regionale è stata bienalizzata.
Negli ultimi sei anni la percentuale di allevamenti ufficialmente indenni ha raggiunto la soglia del 99,9%: se questa percentuale verrà mantenuta, unitamente al controllo del 100% del patrimonio bovino, permetterà di ottenere a breve la qualifica di regione ufficialmente indenne ai sensi della Direttiva 97/12/CE.
Da marzo 2007 con la Decisione della Commissione n. 174 del 20 marzo 2007 le province di Belluno e Padova sono già state dichiarate ufficialmente indenni da tubercolosi bovina.
Nel corso del 2004 e 2005 in Veneto sono stati registrati rispettivamente 6 e 5 focolai di tubercolosi, mentre nel 2006 non si è verificato nessun focolaio.
Brucellosi bovina
In analogia a quanto evidenziato per la tubercolosi, anche per la brucellosi bovina si osserva una diminuzione del patrimonio bovino soggetto a controllo. La percentuale di allevamenti controllati nel triennio 2004-2006 raggiunge il 100%, soddisfacendo le condizioni previste dal Piano nazionale di eradicazione, che prevede il controllo di tutto l'effettivo da riproduzione.
Nel corso del triennio 2004-2006 non è stato registrato nessun focolaio di brucellosi bovina.
In base alla Direttiva 97/12/CE, per l'acquisizione della qualifica di regione ufficialmente indenne devono essere soddisfatti e mantenuti numerosi requisiti e sulla base di questi e dei risultati ottenuti dall'applicazione del Piano nazionale di eradicazione, l'intero territorio della regione del Veneto è stata dichiarata ufficialmente indenne da brucellosi con Decisione n. 174 del 20 marzo 2007.
Encefalite spongiforme bovina
Per fronteggiare l'emergenza BSE la Comunità Europea, con il Regolamento (CE) 999/2001 e successive modifiche ed integrazione, ha previsto l'adozione, da parte dei singoli stati membri, di un sistema di sorveglianza attiva della BSE, avviato nel gennaio 2001 che prevede l'esame sistematico del tronco encefalico di bovini appartenenti alle categorie a rischio (macellati d'urgenza, morti in stalla) e regolarmente macellati. Questo programma ha interessato pertanto non solo gli animali sospetti clinici di malattia (sorveglianza passiva), ma anche gli animali regolarmente macellati di età superiore ai 24 mesi e i bovini a rischio di BSE (sorveglianza attiva).
La nuova strategia, basata sulla sorveglianza attiva è stata resa possibile grazie all'introduzione dei test rapidi che hanno evidenziato anche in Italia i primi casi autoctoni di BSE. Questi test consentono la diagnosi preclinica della malattia in animali di età superiore a 24 mesi, integrando così l'attività diagnostica già in essere nell'ambito della sorveglianza passiva. (Tabella 4.3)
Il controllo della protezione degli animali in allevamento
Da parte dei consumatori si avverte sempre più la pressante la richiesta che gli animali destinati al consumo alimentare siano trattati bene, ciò deriva dalla sempre più presente consapevolezza che una buona protezione del benessere degli animali contribuisce, direttamente e indirettamente, alla salubrità e qualità dei prodotti alimentari e che l'apparato normativo e il sistema di sostegno in agricoltura devono adeguarsi di conseguenza.
In risposta a quest'esigenza, la normativa UE sul benessere degli animali si è costantemente ampliata negli ultimi anni: la normativa attuale trae le sue origini dalla "Convenzione di Strasburgo" che lo Stato italiano ha ratificato con Legge n. 623/1985.
Le prime direttive comunitarie in materia di protezione degli animali sono di fine anni '80 e riguardano principalmente la protezione degli animali zootecnici nell'ambito dell'allevamento, individuando come tipologie e categorie di allevamento più a rischio di mancato benessere quelle delle galline ovaiole, dei vitelli, con particolare riferimento al vitello a carne bianca, e dei suini. Per tali categorie animali sono forniti dettagliati parametri di densità, micro-macro clima e pratiche di allevamento.
Pur riconoscendo che parlare di "benessere" in un ambiente di "allevamento" appare essere un controsenso, sono stati effettuati numerosi studi scientifici per riuscire a fornire parametri di "benessere animale" alle diverse specie allevate.
Si è arrivati al punto di accordo per il cui benessere può essere stimato attraverso delle valutazioni che devono essere il più possibile oggettive: le cosiddette "cinque libertà" (Brambell Report, 1968) costituiscono dei criteri di riferimento per la formulazione di tale giudizio. Esse permettono di perseguire il rispetto dell'animale allevato, migliorandone le condizioni di vita e, contestualmente, di salvaguardare ed implementare le scelte industriali nel settore zootecnico, queste sono: libertà dalla fame e dalla sete, favorendo l'accesso ad acqua fresca e pulita e ad una dieta che mantenga l'animale in salute e vigore fisico; libertà dal disagio, provvedendo ad un ambiente adatto con idonei ricoveri e zone per lo stazionamento ed il decubito; libertà dal dolore, da stimoli dannosi e da malattie, con l'approntamento di sistemi di prevenzione e di rapida diagnosi e cura; libertà di espressione del normale comportamento, fornendo all'animale sufficiente spazio, installazioni appropriate e vita sociale propria della specie allevata; Libertà dalla paura e da fattori stressanti, assicurando condizioni e cure che evitino sofferenze psichiche.
Sulla base delle cinque libertà la direttiva comunitaria 98/58 (recepita con D.Lgs. 146/2001) ha determinato i requisiti minimi da osservare negli allevamenti per la protezione di tutti gli animali vertebrati.
Il controllo del benessere animale in allevamento viene effettuato in primis dai Servizi Veterinari delle Aziende ULSS territoriali. Le Regioni hanno compito di programmazione, coordinamento e formulazione di linee di indirizzo a seconda delle realtà territoriali e dei risultati emersi dai controlli effettuati negli anni precedenti.
Benché la programmazione regionale e la conseguente attività dei Servizi Veterinari si riferiscano alla verifica del benessere animale in tutte le tipologie di animali allevati, viene trasmessa annualmente al Ministero della salute la rendicontazione dei controlli effettuati a livello locale esclusivamente relativamente agli allevamenti di galline ovaiole, vitelli e suini. (Tabella 4.4)
Nel corso del 2006 sono stati effettuati controlli sul 38% degli allevamenti di vitelli, il 25% degli allevamenti suini e il 75% di quelli di ovaiole: gli esiti hanno rilevato in media infrazioni su circa un quarto degli allevamenti, con punte del 33% per i vitelli e del 14% per le ovaiole.
Di seguito viene fornita la collocazione territoriale degli insediamenti delle tipologie di allevamento più diffuse. (Figura 4.15)
Come si nota, essi si concentrano principalmente nelle fasce prealpine e di pianura delle province di Treviso e Vicenza per quanto riguarda i bovini, e nelle province di Verona e Padova per gli avicoli.
Il controllo della protezione degli animali durante il trasporto
Il trasporto rappresenta comunque per gli animali una fonte di stress, più o meno intensa, in quanto questi vengono spostati dal loro ambiente "naturale" di allevamento o custodia nel quale avevano già sviluppato ed instaurato le dovute gerarchie e riconosciuto gli opportuni punti di riferimento: il viaggio per breve che sia, è sempre un momento in cui l'animale deve riuscire ad adattarsi alle modificazioni che intercorrono, ad ambienti più limitati ed ad un più stretto contatto con i suoi simili.
La normativa comunitaria e nazionale fornisce disposizioni per il trasporto di animali vivi all'interno di uno Stato membro o tra diversi Stati nel rispetto della protezione degli animali, al fine di assicurare loro una situazione di miglior compromesso nonostante il possibile disagio dato dal trasporto di per sé. Vengono quindi forniti precisi parametri di densità, di macro-microclima, e caratteristiche dei mezzi di trasporto valutando i viaggi su strada, nave, aerei e ferroviari.
Fondamentale importanza riveste altresì la competenza e la formazione dei trasportatori, in quanto detentori di animali vivi con proprie esigenze e peculiarità di specie.
Il fine ultimo è quello di limitare ed eliminare i problemi di cui la movimentazione può essere causa; in particolare per quanto riguarda gli animali da allevamento gli eventuali danni, oltre ad interessare l'animale vivo ed essere quindi in contrasto con le vigenti normative sul benessere nonché con l'attuale sensibilità dell'opinione pubblica, possono andare ad interferire con la qualità dei prodotti destinati all'alimentazione umana, con danni economici e pericoli sanitari facilmente intuibili.
In attesa dell'applicazione del nuovo regolamento comunitario in materia di protezione degli animali durante il trasporto (Reg. CE 1/2005 - in applicazione dal 05 gennaio 2007), la normativa nazionale in vigore (D.Lgs. 532/1992 e succ integr e modif.) già conferisce agli Uffici per gli Adempimenti CEE ed alle Aziende ULSS territoriali le competenze per lo svolgimento della attività di vigilanza e di controllo sulle modalità di trasporto degli animali:

  • Le Aziende ULSS effettuano nel territorio di propria competenza, i controlli routinari a sondaggio, non discriminatori procedendo, in caso di necessità, all'adozione di tutti gli adeguati provvedimenti, anche di tipo sanzionatorio.
  • Gli Uffici per gli Adempimenti CEE (UVAC) (Nota 15) si occupano delle verifiche effettuate durante gli "scambi" di animali vivi tra Stati Membri. Tuttavia, essi possono procedere, qualora ne ravvisino la necessità, o su disposizione del Ministero della Salute, ad effettuare dei controlli diretti sulle spedizioni di animali nonché ad adottare opportuni provvedimenti.

Gli UVAC e le Regioni, in virtù delle proprie competenze territoriali, svolgono primariamente un ruolo di programmazione, indirizzo e coordinamento della attività svolta dalle Aziende ULSS.
Annualmente la Regione del Veneto raccoglie gli esiti dei controlli ufficiali dei Servizi Veterinari territoriali effettuati in merito alla protezione degli animali durante il trasporto, i quali vengono rendicontanti secondo le modalità fornite dal Ministero della salute in un'apposita tabella comunitaria.
Controlli sugli alimenti
L'attività di controllo e vigilanza degli alimenti destinati al consumo umano è effettuata dai Servizi Veterinari e dal SIAN (Nota 16), incardinati nei Dipartimenti di prevenzione delle Aziende ULSS del Veneto.
In particolare le più importanti garanzie sulla sicurezza alimentare si identificano nel sistema HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point o Analisi dei rischi e dei punti critici di controllo), un'attività preventiva svolta dagli stessi imprenditori nei luoghi di produzione e di vendita attraverso l'applicazione di "Manuali di corretta prassi igienica" ai fini dell'igiene e della sicurezza alimentare in tutta Europa, come prescrivono le Direttive n. 43/1993, 99/1993 e 3/1996 dell'Unione europea.
Le norme ISO 9000 prevedono, invece, all'interno delle aziende certificate, un sistema organizzativo basato su strumenti di controllo delle attività e sulle registrazioni dei risultati ottenuti. Oltre a facilitare il controllo degli organi di vigilanza, le norme ISO 9000 sono utili alle aziende per migliorare la qualità del sistema produttivo e/o di distribuzione.
Il decreto legislativo n. 155/1997, inoltre, stabilisce le norme generali di igiene dei prodotti alimentari e le modalità di verifica dell'osservanza di tali norme; si fonda sui medesimi concetti dell'ISO 9000 e dell'HACCP, inglobati nella legge stessa che puntualizza cosa si intende per igiene in ogni fase, stabilisce i responsabili della sicurezza, le modalità per il ritiro dal commercio dei prodotti a rischio e la loro segnalazione per "allertare" gli altri Stati europei.
I Servizi veterinari si occupano principalmente del controllo degli stabilimenti che trattano prodotti di origine animale, quali carni, prodotti ittici, uova, latte e derivati (es. macelli, macellerie, gastronomie, ecc.); al SIAN spetta invece il controllo sugli stabilimenti che trattano, producono e somministrano prodotti di origine non animale, sia all'ingrosso che al dettaglio, ed in aggiunta la ristorazione collettiva e pubblica.
Nel corso del 2006 gli stabilimenti che trattano prodotti di origine animale coinvolti nel controllo sono stati quasi l'80% di quelli presenti sul territorio veneto, con un numero medio per unità di circa 4 tipologie diverse di ispezioni (personale, ambiente, ecc.): la frequenza delle infrazioni è risultata inferiore all'1% e di queste la quasi totalità, riguardanti principalmente problemi di igiene ed etichettatura, è sfociata in provvedimenti di natura amministrativa. Analogamente i campioni alimentari prelevati presso queste strutture rispecchiano un andamento molto simile per quanto riguarda le irregolarità riscontrate: anche in questo caso la percentuale è infatti inferiore all'1%.
Nell'ambito della ristorazione e degli stabilimenti che trattano prodotti di origine non animale, nelle quasi 17.000 unità controllate, si riscontra che la maggior parte delle infrazioni rilevate sono di natura igienica (adeguata formazione del personale, HACCP, ecc.), i provvedimenti intrapresi sono stati di tipo amministrativo. (Tabella 4.5)
Rispetto al totale delle strutture controllate, le notizie di reato risultano essere pari allo 0,3% e, nei confronti del volume dei provvedimenti presi, inferiori al 5%. (Tabella 4.6)
Analizzando in maniera più particolareggiata gli esiti degli oltre 14.000 campioni alimentari prelevati presso le unità controllate, è possibile constatare che le irregolarità totali sono risultate pari all'1,4%.
Delle 21 tipologie alimentari prese in esame, ben 7 sono risultate esenti da irregolarità o ne hanno presentata al massimo una: tra queste evidenziamo le uova e gli ovoprodotti, i gelati ed i dessert e i preparati per the, caffè e spezie. (Tabella 4.7)
Controlli sulle acque
Il SIAN è titolare anche del controllo ufficiale sulle acque destinate al consumo umano: tra le sue competenze rientrano i controlli sui diversi tipi di acqua che abbiamo a disposizione: acqua di rubinetto, acqua minerale, acqua trattata, ecc. che sono svolti con una principale finalità: garantire che quella che introduciamo nel nostro organismo, da qualunque parte provenga, non sia veicolo di sostanze o microrganismi che possano nuocere alla salute.
Gli ambiti di controllo sono: acqua erogata dalle reti di distribuzione, le fonti di alimentazione di acquedotti pubblici (pozzi e sorgenti), acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, acque confezionate.
Nella nostra regione le concessioni minerarie delle acque per il 2006 sono state in tutto 179, differenziate per tipo di utilizzo. (Tabella 4.8)
La quantità di acqua estratta è stata pari a 25.769.550 mc/anno e di quella destinata al consumo umano le Aziende ULSS, responsabili nella nostra regione dei prelievi, hanno campionato 9.676 unità da 4.077 punti di prelievo. Le determinazioni analitiche dei controlli in questione hanno riguardato diversi parametri di natura microbiologica, chimica ed accessoria (come la ricerca di alghe, batteri, ecc) e i risultati ottenuti hanno espresso parere favorevole per il 99% dei casi in merito alle determinanti chimiche e per il 98% in merito a quelle microbiologiche.
Controlli sulla molluschicoltura
L'attività ispettiva svolta nel settore della molluschicoltura principalmente riguarda il rilascio di riconoscimenti comunitari agli stabilimenti di produzione, trasformazione, deposito e commercializzazione degli alimenti (molluschi e prodotti ittici). L'attività di vigilanza e di controllo è espletata da parte delle Aziende ULSS.
Per quanto riguarda i molluschi bivalvi vivi, considerando sia l'ambito lagunare che quello marino, nel corso del 2006 si conteggiano 231 allevamenti per una produzione media annuale di oltre 40.000 tonnellate. (Tabella 4.9)
I controlli ufficiali che vengono effettuati considerano analisi di tipo chimico, biotossicologico, microbiologico, parassitologico, controlli sui parametri fisici delle acque e presenza di fitoplancton potenzialmente tossico. Gli ambiti di monitoraggio sono 64 lagunari e 31 marini: i provvedimenti del 2006 di sospensione sono stati in tutto 20 per precarietà microbiologica e 23 per precarietà biotossicologica.



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Note

  1. Si tratta dei mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli alla cittadinanza.
  2. ISMEA - 2004.
  3. Gli orientamenti economici delle aziende agricole sono composti da diversi tipi di attività produttive costituite dalle coltivazioni e dagli allevamenti. Per stabilire l'indirizzo produttivo di ciascuna azienda è necessario calcolare il peso delle singole produzioni rispetto all'attività produttiva complessiva, ponendolo a raffronto con predeterminate incidenze che individuano gli orientamenti tecnico-economici contemplati dallo schema classificatorio.
  4. L'Universo UE esclude le aziende di piccolissime dimensioni o una soglia di valore di vendita dei prodotti superiore a 2.066 euro.
  5. Tale misura quantifica in modo omogeneo il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al processo di produzione: rappresenta la quantità di lavoro prestato nell'anno da un occupato a tempo pieno ed è posta pari a 280 giornate di 8 ore.
  6. A cura di Alessandra Scudeller e Giuseppe Catarin, Direzione produzioni agroalimentari, Regione Veneto.
  7. A cura di Pierluigi Perissinotto, Direzione produzioni agroalimentari, Regione Veneto.
  8. A cura di Elena Schiavon, Direzione promozione turistica integrata, Regione Veneto.
  9. Non esiste una normativa nazionale sulle fattorie didattiche; la regolamentazione è a livello regionale attualmente esiste per: Emilia-Romagna, Lombardia, Abruzzo, Veneto, Campania, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Liguria e Sardegna.
  10. A cura di Giorgio Trentin, Direzione agroambiente e servizi per l'agricoltura, Regione Veneto.
  11. A cura di Walter Signora, Direzione piani e programmi settore primario, Regione Veneto.
  12. A cura di Piero Vio e Michele Brichese, Unità di progetto sanità animale e igiene alimentare, Regione Veneto.
  13. Regolamento 1082/2003 della Commissione del 23 giugno 2003 e successive modifiche.
  14. Eliminare completamente l'infezione dopo che è comparsa una malattia.
  15. Per quanto riguarda gli animali o i prodotti di origine animale proveniente da un Paese dell'UE è consentito di procedere solo a controlli a sondaggio a carattere non discriminatorio, per l'effettuazione dei quali, in Italia, sono stati istituiti gli Uffici Veterinari per gli Adempimenti Comunitari (UVAC), dipendenti dal Ministero della Salute.
  16. Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione


Figura 4.1
Sau media per Orientamento Tecnico Economico - Veneto - Anno 2005
Figura 4.2
Valore della produzione per unità di lavoro agricolo - Anno 2005
Figura 4.3
Prodotti DOP - IGP veneti. Veneto - Anno 2007
Tabella 4.1
Produzione di vino per tipologia qualitativa (in ettolitri). Veneto - Anni 2004:2007
Figura 4.4
Quote nell'esportazione del vino per regione - Anno 2007
Figura 4.5
Numerosità delle aziende agricole con produzioni biologiche nei comuni veneti - Anno 2006
Figura 4.6
Distribuzione delle colture ortofrutticole biologiche. Veneto - Anno 2006
Figura 4.7
Numero degli operatori nell'agricoltura biologica. Veneto - Anni 1960:2006
Figura 4.8
Numero di fattorie didattiche comprese nell'Elenco regionale delle fattorie didattiche in Veneto per provincia - Anno 2007
Figura 4.9
Fattorie didattiche comprese nell'Elenco regionale delle fattorie didattiche. Veneto - Anni 2003:2007
Figura 4.10
Numero di fattorie aderenti all'iniziativa fattorie didattiche aperte in Veneto - Anni 2003:2007
Figura 4.11
Principali motivazioni delle fattorie didattiche in Veneto - Anno 2006
Figura 4.12
Territorio regionale: classificazione delle aree rurali e subarticolazione dell'area B-rurale ad agricoltura intensiva specializzata
Tabella 4.2
La dotazione finanziaria per il PSR 2007-2013 - Veneto
Figura 4.13
Dotazione finanziaria di provenienza pubblica (milioni di euro) del PSR per asse - Veneto - Confronto 2007-2013/2000-2006
Figura 4.14
Numero controlli effettuati per azienda ULSS negli allevamenti bovini e bufalini e irregolarità rilevate - Veneto - Anno 2006
Tabella 4.3
Numero di campioni per controlli BSE effettuati in Veneto - Anni 2005:2006
Tabella 4.4
Esiti dei controlli sugli allevamenti ispezionati - Veneto - Anno 2006
Figura 4.15
Georeferenziazione degli insediamenti bovini ed avicoli- Veneto - Anno 2005
Tabella 4.5
Controllo ufficiale dei prodotti alimentari - Strutture ispezionate per tipologia - Veneto - Anno 2006
Tabella 4.6
Controllo ufficiale dei prodotti alimentari - Infrazioni riscontrate per tipologia e provvedimenti intrapresi - Veneto - Anno 2006
Tabella 4.7
Controllo ufficiale dei prodotti alimentari - Analisi dei campioni controllati e irregolarità riscontrate - Veneto - Anno 2006
Tabella 4.8
Numero concessioni acquee per tipologia di utilizzo - Veneto - Anno 2006
Tabella 4.9
Produzione di molluschi bivalvi vivi per ambito e tipologia - Veneto - Anno 2006
I numeri del capitolo 4
I numeri del capitolo 4

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