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Dal globale al locale: PIL e settori

L'Unione europea si sta concentrando sullo sviluppo di un indice che permetta di misurare il progresso ambientale e anche di usare un sistema di contabilizzazione integrato e altri sottoindici per migliorare il processo decisionale. Una versione preliminare dovrebbe essere operativa entro il 2009, ma già oggi per dare indicazioni relative alla situazione socio-economica del territorio si prendono in considerazione, come punto di partenza, proprio quegli indicatori tanto dibattuti (Nota 1), come PIL, consumi, investimenti, spese, scambi commerciali, inflazione, quali variabili esplicative di uno dei tanti aspetti della prosperità di un territorio, quello economico, comunque strumentale al raggiungimento di un migliore livello di qualità della vita.

Inizio Pagina  La situazione internazionale

Nel 2007 l'economia mondiale ha manifestato dei segnali di rallentamento del ciclo espansivo che la caratterizzava da almeno un decennio. In un contesto già appesantito dalla frenata dell'economia americana e dalle connesse difficoltà del sistema creditizio, nuove ondate di turbolenza hanno investito i mercati delle materie prime, il dollaro, quasi tutte le piazze finanziarie. Il riflesso di questi eventi si nota sull'erosione del potere d'acquisto dovuto agli aumenti dei prezzi dell'energia e dei prodotti agro-alimentari e sulla maggiore prudenza di famiglie e imprese di fronte a una situazione congiunturale più incerta.
Lo scenario internazionale di riferimento risente delle spinte speculative emerse all'indomani della crisi americana dei subprime (Nota 2), alimentate dal clima di incertezza dei mercati circa le perdite insite nei bilanci bancari e dalle aspettative sulle mosse di politica monetaria adottata negli Stati Uniti. In realtà le spinte al rialzo sulle materie prime e al ribasso sul dollaro non sono attivate soltanto da una mera attività speculativa, ma hanno un fondamento in squilibri di natura reale che contraddistinguono la situazione mondiale: da un lato, la forte domanda di prodotti energetici e di beni alimentari da parte dei paesi emergenti in rapido sviluppo, dall'altro, la condizione strutturalmente sbilanciata degli Stati Uniti che ha trovato un primo sbocco, nel 2007, nell'esplosione della bolla immobiliare e si è poi sviluppata in una latente crisi creditizia.
Negli Stati Uniti la ripresa delle esportazioni, favorita dal deprezzamento del dollaro, non può offrire molto sostegno alla congiuntura, data la bassa incidenza della domanda estera sul prodotto. Il tasso di disoccupazione sta crescendo, le aspettative di una contrazione dei profitti si stanno generalizzando, i cali dei corsi azionari si sono estesi dal settore finanziario al resto delle imprese. Secondo le previsioni ufficiali disponibili in questo momento, il rallentamento sarà contenuto, anche grazie a possibili interventi di stimolo della politica fiscale, ma esiste la possibilità che nel prossimo futuro le condizioni finanziarie più restrittive e la maggiore incertezza delle prospettive inducano famiglie e imprese a rivedere al ribasso le proprie decisioni di spesa. (Figura 1.1)
L'impatto delle turbolenze statunitensi non ha determinato la frenata all'afflusso di capitali esteri verso le economie emergenti, mentre nell'area euro, se non ha trovato riscontro fino al terzo trimestre 2007, ha avuto l'effetto di una decelerazione dei ritmi di crescita dei primi mesi del 2008. (Tabella 1.1)
Gli scambi internazionali si sono mostrati nel 2007 meno dinamici rispetto all'eccezionale crescita dell'anno precedente, mantenendo comunque, in termini tendenziali, una buona vivacità. (Figura 1.2)
Si è registrata una forte caduta delle importazioni statunitensi dai mercati dei paesi industrializzati ed i segnali di rallentamento del ciclo economico mondiale emersi al termine del 2007 dovrebbero proseguire anche nella prima parte del 2008, penalizzando ulteriormente la dinamica degli scambi di manufatti. Tale fenomeno dovrebbe tuttavia essere più che compensato dallo sviluppo degli scambi con altre regioni. Dall'inizio del decennio, infatti, si è assistito ad un ridimensionamento delle importazioni da parte dei Paesi Nafta (Nota 3), in particolare gli Stati Uniti, a fronte di una significativa espansione del valore degli scambi tra i Paesi asiatici e, soprattutto, della forte crescita dell'integrazione commerciale tra i Paesi europei e del Mediterraneo, grazie al progressivo allargamento dell'area di libero scambio della UE e all'intensificarsi degli Investimenti Diretti all'Estero realizzati dai Paesi dell'Europa Occidentale nelle aree limitrofe.
L'euro ha toccato il nuovo record, 1,594, superando il precedente primato stabilito il 27 novembre scorso a quota 1,4874. E anche il cambio contro le sei maggiori valute mondiali, il dollar index (Nota 4), ha visto il biglietto verde scendere al minimo storico di 70,74. L'apprezzamento di euro e sterlina è stato effetto, in parte, del miglioramento delle condizioni economiche e delle aspettative di crescita nei paesi dell'Unione europea, ma anche del contenimento della domanda di attività finanziarie denominate in dollari, dovuto alla riduzione dei differenziali tra i tassi d'interesse. Sono invece rimasti quasi invariati i rapporti di cambio tra il dollaro e le valute dei paesi con cui gli Stati Uniti detengono la maggior parte del disavanzo, in primo luogo Giappone, Cina e paesi esportatori di petrolio. (Figura 1.3)
Le materie prime
Negli ultimi mesi il prezzo del petrolio si è mantenuto su livelli elevati, raggiungendo e sfondando a inizio 2008 la soglia dei 100 dollari al barile, più volte sfiorata nella parte finale del 2007 e continuando ad aumentare superando i 106 dollari al barile. Sono diversi i fattori strutturali che concorrono a mantenerne elevati i prezzi: dal lato dell'offerta, lo scarso margine di produzione per far fronte a oscillazioni della domanda, i timori legati alla situazione produttiva in Nigeria e Venezuela e le difficoltà nella ricerca di nuovi giacimenti; dal lato della domanda, la dimostrata scarsa elasticità al prezzo, vista la persistente dipendenza delle maggiori economie.
L'impatto del rincaro del greggio in Europa è attenuato dal continuo apprezzamento dell'euro, anche se ne risentono gli effetti sui prezzi di benzina e gasolio. In Italia, negli ultimi tre anni il prezzo industriale di benzina e gasolio, al netto della componente fiscale, è stato costantemente superiore a quello degli altri paesi dell'Area Euro. Il differenziale dell'Italia, rispetto a Germania, Spagna, Francia, Regno Unito, tende ad aumentare nei periodi di discesa dei prezzi. Dall'inizio del 2007 a metà marzo, il prezzo della benzina al consumo (tasse e accise incluse) rilevato dalla Commissione Europea, è passato da 1,20 a 1,39 €/litro, segnando un aumento del 15%. Dagli ultimi dati disponibili, il prezzo della benzina al consumo in Italia (1,389 €/litro) raggiunge quello del Regno Unito, è inferiore a quello praticato in Germania (1,414 €/litro) ed è superiore rispetto a quello della Francia (1,371 €/litro) e, a causa della diversa imposizione, più elevato di quello vigente in Spagna (1,124 €/litro).
I prezzi delle materie prime industriali, dopo aver subito un decremento nell'ultima parte del 2007, hanno ripreso la salita nei primi mesi del 2008, anche a causa dei timori relativi alla scarsità di offerta. In particolare, il comparto dei metalli nel periodo tra il gennaio 2006 e il febbraio 2008 ha registrato un aumento del 23%. All'interno del comparto, si distingue il nickel che sembra aver terminato la sua discesa, dopo aver raggiunto un indice di prezzo di quasi il 215% (Nota 5) a maggio 2007, per attestarsi al 64%; il piombo balza al 79,9% a febbraio, con un +54% rispetto a gennaio 2008; anche il rame, salendo al 34,2% e con un +28% in termini congiunturali, mostra chiari segnali di tensione inflazionistica; stabile nel periodo considerato l'alluminio che, tuttavia, guadagna un 9% rispetto a gennaio 2008. (Tabella 1.2)
Il contesto europeo
L'unione Europea a 27 nel 2007 ha manifestato una performance economica molto positiva, registrando un tasso di crescita attorno al 2,8; soltanto nel quarto trimestre lo sviluppo è stato attenuato in coerenza con il rallentamento generalizzato dell'economia internazionale. In generale la crescita è stata trainata dal dinamismo degli investimenti soprattutto nei nuovi stati membri, favoriti dagli investimenti diretti esteri e dall'utilizzo dei fondi strutturali comunitari. Nonostante le condizioni del mercato del lavoro siano migliorate, non è risultata eccellente la dinamica dei consumi familiari influenzati dalla sfiducia innescata dall'aumento del tasso d'inflazione. Una nota positiva per tutta l'area si è dovuta al miglioramento dei conti pubblici: la crescita economica e le politiche rigorose hanno favorito una riduzione del deficit e del debito pubblico in percentuale sul PIL.
Nello specifico dell'area euro, il 2007 si è chiuso con il risultato positivo del +2,6% del PIL, seppur in moderato rallentamento rispetto all'anno precedente e in decelerazione negli ultimi mesi. Le motivazioni dell'attenuazione della crescita sono da ricercarsi, oltre alle già citate turbolenze statunitensi, nel forte apprezzamento della valuta, nell'erosione del potere d'acquisto dei consumatori a seguito dell'innalzamento dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari e nell'accresciuta difficoltà dell'accesso al credito da parte di famiglie e imprese. Nel quarto trimestre 2007 i consumi privati non hanno contribuito alla crescita, sostenuta invece dagli investimenti e dalle esportazioni. Il mercato del lavoro ha dato segnali positivi: a fine 2007 il tasso di disoccupazione nell'area euro è sceso ai minimi storici, 7,2%, e si è collocato nella media annuale al 7,4%.
La crescita 2007 si è differenziata nei Paesi dell'area euro: la Spagna chiude il 2007 registrando un aumento del Pil significativamente superiore alla media Uem, +3,8%, la crescita media annua della Germania nel 2007 è stata del 2,6%, meno vivaci le dinamiche francese e italiana, rispettivamente di +1,9% e +1,7%. Negli ultimi mesi dell'anno, per tutti i paesi, tranne la Spagna, si è evidenziato un rallentamento della dinamica dovuto essenzialmente all'arresto dei consumi privati, a fronte di una tenuta degli investimenti.
Nel Regno Unito, fuori dell'area euro, nel 2007 il PIL ha registrato un aumento del 3,1%, in accelerazione rispetto all'anno precedente. Tale favorevole dinamismo è stato stimolato principalmente dalla domanda interna, sostenuta dall'aumento del reddito disponibile. Negli ultimi mesi tale economia ha mostrato comunque dei segni di rallentamento, in coerenza con l'area euro. (Tabella 1.3)
La congiuntura in Italia
Nella valutazione complessiva della situazione economica italiana del 2007 ci si trova di fronte a fattori estremamente eterogenei e spesso di segno opposto: i conti pubblici sono stati migliori che in passato; l'incidenza sul PIL delle spese primarie correnti è diminuita; la pressione fiscale è ancora aumentata; gli investimenti pubblici sono aumentati meno del prodotto, dopo essere diminuiti nel biennio precedente; la spesa per interessi è cresciuta fortemente; il fabbisogno del settore statale è sceso al livello più basso dal 2000; il mercato del lavoro si è evoluto positivamente. Complessivamente la crescita economica, misurata in termini di variazione del PIL di 1,5% in termini reali, è stata di poco inferiore rispetto a quella dell'anno precedente, ma mentre il 2006 era stato un anno di ripresa, quello appena concluso ha registrato una decelerazione, compromettendo in parte anche la dinamica per il 2008. La domanda nazionale è stata sostenuta dalla spesa delle famiglie, piuttosto che dagli investimenti. Dal punto di vista settoriale, i servizi hanno dato l'apporto più significativo con un incremento annuo dell'1,8%, ma al loro interno sono soprattutto i comparti dell'intermediazione monetaria e finanziaria e del commercio che hanno avuto l'evoluzione più spiccata, rispettivamente del 2,3% e del 2%. Positivo il contributo delle costruzioni, +1,6%, modesto quello dell'industria in senso stretto, +0,8%, e stagnante il settore agricolo.
Secondo le previsioni dell'OCSE e del Fondo Monetario Internazionale, le tendenze future, basate sullo scenario internazionale presentato, si dovrebbero tradurre in un rallentamento per l'economia italiana: la dinamica del prodotto si dovrebbe attenuare considerevolmente; per quest'anno e per il successivo, tornerebbe al di sotto della crescita potenziale, a sua volta bassa nel confronto internazionale. I forti rincari del petrolio e di alcuni beni alimentari pesano sul reddito disponibile delle famiglie e deprimono i loro consumi. L'apprezzamento dell'euro peggiora, in presenza di un basso tasso di crescita della produttività, la competitività di prezzo delle nostre merci; frena le esportazioni; incoraggia l'acquisto di prodotti importati. Continua a mancare lo scatto strutturale della produttività e ne soffre non solo il confronto competitivo, ma anche il potere d'acquisto dei lavoratori e delle famiglie, quindi, i consumi. Nell'ultimo decennio la crescita del reddito disponibile pro-capite, al netto dell'inflazione, è stata modesta, soprattutto per la dinamica stagnante della produttività, a dispetto del miglioramento del mercato del lavoro. Le riduzioni delle imposte, al centro di tutti i dibattiti della recente campagna elettorale, potrebbero avere un effetto positivo sui consumi e sul prodotto, soprattutto se mirate alle famiglie con i redditi più bassi, che hanno una propensione al consumo più elevata, anche se nella spesa di queste famiglie hanno un peso significativo beni ad alta intensità di importazione. Ma è solo la crescita dell'efficienza produttiva che può offrire sostegno duraturo allo sviluppo. (Tabella 1.4)

Inizio Pagina  L'economia veneta

In questo contesto, l'Istituto di ricerca Prometeia stima per il Veneto una crescita complessiva del PIL pari a un +1,8% nel 2007 e una prospettiva di +0,7% per il 2008. Il risultato del 2007, migliore di quello nazionale è attribuibile soprattutto alla crescita dei servizi, e alla tenuta della domanda interna.
Nel 2006, ultimo anno del dato ufficiale di contabilità territoriale, si è sviluppata e gradualmente consolidata la ripresa avviata nell'estate 2005, tanto da raggiungere il tasso di crescita più alto degli ultimi sei anni, +2,5% e da far realizzare al Veneto la migliore performance dell'anno tra le regioni, accanto al Friuli Venezia Giulia: il PIL - calcolato in termini reali, ossia eliminando l'influenza esercitata dalla variazione dei prezzi - è cresciuto più dell'intera ripartizione Nord-Est,+2,4%, più dell'intera nazione,+1,8%. Anche nel 2006 il Veneto si conferma la terza regione italiana nel contributo al PIL nazionale: la quota del PIL veneto sul totale nazionale è stata 9,5%, superata dal Lazio (10,8%) e dalla Lombardia (20,8%).
Hanno contribuito al buon risultato sicuramente l'evoluzione in atto nel settore industriale e lo sviluppo degli scambi internazionali, la flessibilità del sistema produttivo che sta cogliendo l'importanza dei fattori innovativi nei diversi processi di produzione, organizzazione e distribuzione. La domanda interna è stata sostenuta dalla spesa delle famiglie, +1,4%, che pure hanno mantenuto un atteggiamento prudenziale dovuto principalmente alle turbolenze del mercato finanziario.
Nel 2007 si stima ancora una buona propensione al consumo, ma già nell'ultima fase dell'anno si fa strada l'indebolimento della spesa delle famiglie dovuto all'accelerazione dell'inflazione, all'aumento degli oneri per il servizio del debito, pagamento degli interessi e restituzione del capitale, e al minore ricorso al mercato del credito, divenuto più costoso.
Gli investimenti totali, dopo l'accelerazione del 2005, si profilano in rallentamento, evidenziando incrementi modesti nel biennio 2007-2008, come del resto per quasi tutte le regioni italiane. (Figura 1.4)
Il valore aggiunto settoriale
L'apporto determinante alla crescita del valore aggiunto è stato quello dell'industria che in Veneto rappresenta ancora il 35,1% dell'intera ricchezza regionale e che nel 2006 ha mostrato una decisa ripresa, +3,1%, dopo anni di stasi. Sono migliorate, infatti, entrambe le sue componenti: il comparto delle costruzioni non è stata brillante come l'anno precedente, ma è comunque aumentato del 2,4%, mentre l'industria in senso stretto, dopo la frenata del 2005, si è ripresa registrando un tasso del +3,3%.
Il settore dei servizi, che rappresenta il 62,2% del PIL regionale e nel 2005 aveva mostrato una quasi immobilità, nel corso del 2006 si è positivamente evoluto, +2%, sostenuto soprattutto dal comparto del commercio che ha avuto un'ottima performance, +2,9%. L'unico comparto con variazione di segno negativo nella produzione di valore aggiunto regionale è l'agricoltura che continua la sua discesa dal picco positivo riportato nel 2004.
Nel 2007 si stima la ripresa del settore agricoltura, una stasi nelle costruzioni e una buona performance sia nell'industria che nei servizi. (Figura 1.5) e (Figura 1.6) e (Figura 1.7) e (Figura 1.8)
La produttività
La produttività del lavoro è sempre stata un elemento chiave nella misura della competitività e attrattività di un territorio, ma in ambito aziendale viene spesso considerata quale indice del grado di efficienza economica e quindi di "qualità" di un'organizzazione, ovvero di un settore o area. In particolare un miglioramento di produttività, a parità di intensità di lavoro, si giustificherebbe con l'utilizzo dell'introduzione di processi innovativi nell'organizzazione e/o nelle tecnologie che indiscutibilmente alzano pure il livello di qualità del lavoro.
La ripresa della produttività del lavoro è stata piuttosto forte in Veneto dal 2003 in poi: la ricchezza prodotta per unità di lavoro nel 2006 di 51,9 mila euro è tra i valori regionali più elevati e il ritmo di crescita è stato superiore a quello nazionale, a parità di andamento delle unità di lavoro.
Tale recupero appare netto soprattutto nel settore dell'industria in senso stretto, dove, nonostante l'aumento dell'occupazione, si nota l'assottigliarsi del divario tra il livello della produttività regionale e quello nazionale tradizionalmente più elevato. Se ne trae un segnale della trasformazione dell'industria manifatturiera tradizionale veneta che sta privilegiando sempre più prodotti di alta qualità a più elevato valore aggiunto. Per gli altri settori, che mostrano livelli di produttività superiori a quelli nazionali, si evidenzia il calo nell'agricoltura e la timida ripresa nei servizi che dal 2002 vedono allargarsi la forbice con l'Italia. (Figura 1.9) e (Figura 1.10) e (Figura 1.11) e (Figura 1.12) e (Figura 1.13)
Gli investimenti
Sulla base degli ultimi dati storici e delle previsioni per i prossimi anni, si delinea uno scenario non lineare per gli investimenti. A livello nazionale, dopo anni di andamento altalenante, si è assistito alla variazione del +1,2% nel 2007, che ha evidenziato qualche incertezza nel corso dell'ultimo trimestre ed ha ridimensionato il contributo alla crescita del PIL. I settori maggiormente in crescita nel 2007 a livello nazionale risultano essere le costruzioni ed i beni immateriali; in salita, ma in decelerazione i mezzi di trasporto, stasi per gli investimenti in macchinari e attrezzature da parte delle imprese. Per ciò che concerne la prospettiva nel breve-medio periodo, le indagini della Banca d'Italia e dell'Isae esprimono cautela. A livello Veneto nel 2005, ultimo dato storico disponibile, la crescita del 2,2% è trainata principalmente dagli investimenti nei servizi (+3,9%) e in particolare nel commercio, +11,6%, positivo anche il contributo nel comparto agricolo, +1%. Stabili gli investimenti nell'industria in senso stretto e in caduta nel settore delle costruzioni, -11,1%, probabilmente a causa del raggiungimento di un livello di saturazione per l'edilizia residenziale.
Le previsioni per gli anni successivi a livello regionale segnalano un rallentamento, ma non l'interruzione della fase di espansione. Si potrebbe registrare nel 2007 un rialzo degli investimenti in costruzioni grazie al sostegno fornito dagli incentivi fiscali all'edilizia residenziale e dagli stanziamenti a favore degli investimenti pubblici oltre che per gli effetti dei più alti tassi d'interesse. (Figura 1.14)
I consumi
A livello nazionale, il tasso di crescita dei consumi,in termini reali, si assesta sul valore di +1,3%. Già a partire dal terzo trimestre 2007, tra le componenti della domanda interna, la crescita dei consumi delle famiglie è quella che risulta più chiaramente in rallentamento. L'indebolimento della spesa delle famiglie nel corso del 2008 è originato all'accelerazione dell'inflazione, l'aumento degli oneri per il servizio del debito e il minore ricorso al mercato del credito, divenuto più costoso. La politica fiscale più accomodante consentirà un modesto recupero della propensione al consumo limitato comunque dalla necessità da parte delle famiglie di far fronte agli impegni assunti in relazione agli investimenti immobiliari effettuati in passato e dall'incertezza legata all'importo pensionistica.
In Veneto nel 2006 la spesa per consumi finali si è attestata sul +1,4% in linea con il tasso italiano. La tipologia di beni la cui richiesta è aumentata maggiormente è quella dai beni durevoli, che costituiscono il 12,1% della spesa totale; i beni non durevoli sono aumentati dello 0,3% e infine i servizi, che rappresentano ben il 49% del portafoglio, sono cresciuti ad un tasso del 2,1%. Rispetto alla media nazionale, la distribuzione della tipologia di spesa non mostra scostamenti rilevanti, eccetto una maggiore destinazione dei consumi veneti verso i beni durevoli.
Strutturalmente dal 2000 è evidente una ricomposizione del portafoglio familiare dai capitoli trasporti, vestiario e calzature, mobili ed elettrodomestici, ricreazione e cultura e alcolici, verso principalmente le voci relative alle spese per l'abitazione e le comunicazioni; identica la tendenza risultante dall'analisi congiunturale.
Per il 2007 la spesa per consumi delle famiglie, beneficiando della buona dinamica dell'occupazione e del reddito disponibile, è incrementata in tutta l'area del nord-est. Nel Veneto si stima un +1,4%, mentre il 2008 dovrebbe essere caratterizzato da una decelerazione, assestandosi su una variazione dello 0,5%. (Figura 1.15) e (Figura 1.16) e (Figura 1.17)

Inizio Pagina  L'inflazione nell'area euro

L'inflazione rappresenta un ostacolo alla generalizzazione del benessere economico: intacca il potere d'acquisto delle famiglie a reddito fisso, redistribuisce ciecamente la ricchezza, scoraggia gli investimenti, crea una rincorsa tra prezzi e salari.
Il tasso d'inflazione dell'area euro nel quarto trimestre 2007 è stato pari al 2,9%, in netta accelerazione rispetto alla media del trimestre precedente, pari a 1,9%. Nonostante l'apprezzamento del cambio euro-dollaro, che ha ridotto il prezzo in valuta europea degli input importati, l'elevato incremento dell'inflazione è stato determinato dalle quotazioni dei prodotti energetici e alimentari.
Il peso di queste due categorie nel paniere dei prezzi al consumo è cresciuto di più di tre punti nel 2007, arrivando a sfiorare il 30%. Le quotazioni dei due input primari sono sospinte dall'impetuosa espansione della domanda delle famiglie e delle imprese dei paesi emergenti, ma contribuisce anche il crescente impiego di alcuni prodotti agricoli nell'industria dei biocarburanti.
Quest'anno la crescita inflazionistica media dell'area dovrebbe collocarsi sul 2,5 per cento, ben oltre il valore di riferimento per la stabilità dei prezzi fissato dall'Eurosistema; dovrebbe riportarsi in linea con tale valore solo nel 2009.
A livello nazionale, il ritmo di crescita annuo dei prezzi, stabile intorno all'1,6, 1,7% nei primi tre trimestri del 2007, ha subito una improvvisa accelerazione arrivando al 2,6% in dicembre. In media nel 2007 l'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività è aumentato dell'1,9%.

Inizio Pagina  L'aumento dei prezzi in Italia e in Veneto

A febbraio 2008 il tasso di inflazione in Italia (NIC) si è attestato al 2,9% su base annua, in lieve flessione rispetto al 3% di gennaio. Sul ritmo sostenuto dell'inflazione hanno pesato ancora i rincari dell'energia e degli alimentari. L'inflazione italiana si conferma comunque inferiore a quella dei Paesi dell'Area Euro. A febbraio, i prezzi al consumo italiani, misurati dall'indice armonizzato (IPCA) (Nota 6), sono cresciuti del 3,1%, stabili rispetto a gennaio, mentre nell'Unione Monetaria sono aumentati del 3,3% dopo aver segnato rincari del 3,2% nel mese precedente. In questo mese si registrano anche aumenti sensibili soprattutto per alcuni beni di largo consumo come i combustibili liquidi e i carburanti in genere, il pane, la pasta, le farine e il burro. Altrettanto significative sono le riduzioni di prezzo di numerosi beni hi-tech, dei servizi di telefonia e dei pacchetti vacanze.
In Veneto nel 2007 l'inflazione è stata leggermente più bassa del livello nazionale, 1,5%, sebbene nella città di Belluno si sia registrato un tasso del 2,1%. Anche in Veneto, come a livello nazionale, i prezzi che hanno contribuito ad una maggiore tensione inflazionistica sono stati quelli relativi ai prodotti alimentari, alla componente legata ai consumi energetici, per l'abitazione e al rialzo dei prezzi di alberghi e pubblici esercizi. (Figura 1.18)

Inizio Pagina  I conti economici provinciali

Per quanto riguarda la creazione di ricchezza a livello provinciale, per il 2006, sono disponibili soltanto dei valori stimati. Si osserva che il maggior contributo alla crescita regionale è da attribuirsi all'andamento delle province di Treviso, Belluno e Verona. Padova cresce al tasso del 2,8%, mentre Venezia, Rovigo e Vicenza hanno aumentato la propria ricchezza con un ritmo di sviluppo inferiore a quello medio regionale.
Il settore agricolo ha avuto una brusca riduzione su tutte le province, tranne Belluno e Vicenza. Il comparto delle costruzioni si è sviluppato in maniera più incisiva a Treviso, Vicenza e Verona, mentre a Belluno ha registrato una flessione. Per il comparto dell'industria le province con le performance migliori risultano Verona, Rovigo e Belluno. Nel settore dei servizi si sono conseguiti apprezzabili miglioramenti a Treviso, Belluno e Venezia. Per il 2007 si stima una crescita diffusa in tutte le province che si protrarrà in previsione nel 2008. (Tabella 1.5) e (Figura 1.19) e (Figura 1.20)

Inizio Pagina  La congiuntura agricola

Il quadro nazionale della produttività agricola non segnala il decollo sperato rispetto agli anni precedenti, secondo quanto riportano le stime della confederazione italiana agricoltori: una diminuzione dello 0,5% della produzione rispetto al 2006, una riduzione dello 0,2% per il valore aggiunto in termini reali, un calo che sfiora l'1% per i redditi dei produttori ed una contrazione degli occupati nel settore pari al 4,0%, nemmeno per il 2007 parte la ripresa per l'agricoltura italiana, anzi se possibile se ne aggravano le difficoltà.
Infatti a causa dell'aumento dei prezzi di petrolio e mangimi, i costi produttivi per le imprese sono aumentati dell'oltre 6% innalzando così un ulteriore ostacolo per gli investimenti che hanno visto un balzo in avanti appena dello 0,6%. In calo sono anche i consumi agroalimentari.
Le produzioni vegetali e gli allevamenti
Per quanto riguarda l'andamento produttivo, il settore vegetale registra un netto crollo (-3,4%) e conferma il calo avvenuto già l'anno precedente. In particolare la produzione di soia e girasole sono state quelle con la riduzione maggiore (rispettivamente -20% e -16,5%) principalmente a causa della contrazione delle superfici. Per quanto riguarda i cereali si evidenzia una sostanziale stabilità (+0,8%) dovuta al buon andamento del frumento duro e di quello tenero (entrambi +1,7%) che hanno compensato l'andamento negativo dell'orzo (-4,7%).
Il comparto delle colture permanenti ha subito un calo nelle produzioni più importanti (melo, pero, kiwi ed agrumi) e soprattutto per quanto riguarda la vite: oltre ad una delle vendemmie più anticipate degli ultimi anni, il comparto del vino registra anche delle basse rese quantitative in quasi tutte le regioni con volumi in forte calo rispetto all'anno precedente (-12%). La campagna olearia si preannuncia scarsa con una previsione di flessione pari al 17%.
Migliore, invece, appare l'andamento degli ortaggi e in particolare il pomodoro da industria.
In controtendenza rispetto agli anni precedenti il settore zootecnico registra una ripresa del 2,9 %, una dinamica in gran parte determinata dal positivo recupero del comparto avicolo, che sembra aver superato gli effetti della forte crisi causata dalla psicosi dell'influenza aviaria. Il comparto suino registra pesanti difficoltà e gli allevatori vedono diminuire fortemente i prezzi e crescere i costi produttivi. Risultano sostanzialmente stabili, invece, sia le carni bovine e bufaline che la produzione di latte.
Quindi in sintesi, il calo produttivo agricolo nazionale dello 0,9 % è così determinato da una flessione del 3,4 % del settore vegetale e di un aumento del 2,9 % di quello zootecnico.
Sebbene il contesto italiano non dia confortanti segnali di ripresa, la performance del Veneto nel 2007 si manifesta in totale controtendenza: secondo le stime riportate da Inea la produzione lorda è in aumento di oltre il 10% rispetto all'anno precedente (circa +2% a prezzi costanti) e questo vale per tutti i comparti coinvolti: coltivazioni erbacee, legnose e allevamenti. (Tabella 1.6)
Oltre alla valutazione rispetto ai prezzi correnti, rimane confermata la crescita anche in termini reali per tutti e tre i comparti.
Analizzando la performance di ciascuno di essi, si nota che le coltivazioni erbacee, dopo la riduzione dell'anno precedente, registrano un aumento, a prezzi costanti, stimato attorno all'1%, merito soprattutto del mais, del frumento, della barbabietola e del tabacco. In calo invece la soia a causa delle condizioni climatiche non propizie, il girasole per il ridimensionamento delle superfici e il settore orticolo.
Per le coltivazioni legnose si prevede una produzione reale in aumento di circa il 3% e spicca soprattutto il risultato della vite: sebbene la vendemmia sia stata effettuata come nel resto del paese in anticipo rispetto al consueto calendario, si registra un aumento di circa il 5% in termini produttivi e si stima che il fatturato ammonterà ad una quota superiore al 20% rispetto a quella del 2006. La nostra regione in questo comparto oltretutto conferma il proprio primato produttivo a livello nazionale, sia per i vini a denominazione di origine, sia in termini di produzione totale. (Tabella 1.7)
Infine il comparto zootecnico vede la netta ripresa del settore avicolo: archiviata ormai la crisi dell'influenza aviaria, va proprio ai polli da carne e alle uova il merito della crescita produttiva del comparto; le altre tipologie di allevamento risentono infatti di differenti problematiche che hanno come conseguenza la riduzione della produttività: nel caso dei bovini si tratta dell'aumento del costo dei mangimi e la diminuzione dei consumi, nel caso dei suini si prospetta oltre ad una minor attrattiva di mercato, una diminuzione di quotazione.
Quanto ai dati riguardanti numerosità e tipologia delle aziende agricole, l'ultimo aggiornamento ufficiale risale al 2005, quando è stato delineato attraverso un'indagine nazionale il quadro strutturale/produttivo delle stesse.
Le 143.024 aziende venete sono calate rispetto al censimento del 2000 di 19,2 punti percentuali: fenomeno assolutamente in linea con la situazione media italiana, dove la diminuzione dal censimento è stata pari al 19,7%.
Anche la SAU è risultata, sebbene in maniera decisamente meno sensibile rispetto alla numerosità aziendale, in contrazione rispetto al censimento: in Veneto del 6,2% e in Italia del 2,7%. La conseguenza di questo fenomeno ha causato un aumento della superficie agricola media per azienda, come si vedrà più specificatamente nel capitolo dedicato all'impresa agricola e a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.

Inizio Pagina  Il cammino dei settori produttivi

La dinamica 2007 delle imprese italiane conferma che è ancora in pieno svolgimento la trasformazione del sistema produttivo nazionale. I processi di internazionalizzazione stanno dando luogo a profonde trasformazioni nelle strutture produttive e nei mercati di molti paesi.
Nel 2007 le imprese attive italiane sono cresciute, al netto del contributo del settore agricolo, di 0,1% (+0,3% considerando anche le imprese agricole), registrando l'incremento più basso degli ultimi anni. Il dato positivo delle nuove iscrizioni, il migliore risultato realizzato nell'ultimo decennio, è stato difatti controbilanciato dal numero consistente di cessazioni, che negli ultimi anni è progressivamente cresciuto fino a raggiungere nell'ultimo anno il valore più elevato degli ultimi tre lustri. (Tabella 1.8)
I fattori che spiegano la nascita di nuove imprese sono principalmente due: il consistente incremento delle società di capitali e le buone performance dei settori delle costruzioni e dei servizi alle imprese. Il processo di riorganizzazione, che si esplica attraverso la cessazione di imprese di piccole dimensioni, interessa principalmente le imprese delle industrie manifatturiere e delle imprese agricole.
Analizzando le dinamiche delle forme giuridiche, continua il trend negativo delle ditte individuali, -0,8% nell'ultimo anno, e delle società di persone, mentre crescono le società di capitali, +6,3%.
L'andamento dei settori economici è differenziato: l'incremento di imprese attive si mantiene stabile e con variazioni percentuali positive superiori alla media complessiva nelle costruzioni, nei servizi alle imprese e nel settore degli "alberghi e ristoranti", rispettivamente +3,4%, +3,6% e +1,8%, mentre diminuiscono le imprese attive nel settore agricolo,-2,6%, nei trasporti, -2,1%, e nell'industria manifatturiera, -1,2%. (Figura 1.21)
Il Centro è stata l'area trainante nella crescita complessiva del sistema imprenditoriale nazionale. Ciò grazie all'aumento di imprese attive nel Lazio, +2,9%, nelle Marche, +0,8%, e in Toscana, +0,6%. Trend invece negativi per alcune regioni del Sud, -1,3% per il Molise e -0,8% per la Calabria, e per il Friuli Venezia Giulia, -1,3%.
Nel 2007 il numero delle imprese attive del Veneto ha superato le 460 mila unità e il tasso di crescita rispetto all'anno precedente, escludendo il settore agricolo, è stato pari al +1,2% (+0,1% con il settore agricolo). Come riscontrato in ambito nazionale, si sono registrati elevati tassi sia in entrata, 7,7%, che in uscita, 7,9%. Negli ultimi anni le pressioni competitive introdotte dai processi di delocalizzazione si sono riversate in modo preferenziale sulle imprese di piccola dimensione e poco capitalizzate che non sono riuscite ad innovare, vedendosi così spinte fuori dal mercato per le minori prospettive di redditività. (Figura 1.22)
Relativamente all'analisi per forma giuridica, la dinamica annuale dei tassi di sviluppo delle imprese attive conferma, come in ambito nazionale, due fenomeni: da una parte la crescente rilevanza delle società di capitale, ormai consolidata come dinamica di lungo periodo, dall'altra la costante riduzione delle ditte individuali. Le società di capitali, infatti, hanno registrato una crescita annua pari al +5,8 per cento. Le imprese individuali, invece, hanno evidenziato una leggera flessione, -1,4%, quasi in linea con la media nazionale, -0,8%.
Passando all'analisi delle dinamiche settoriali, nel 2007 le imprese attive venete del settore delle costruzioni hanno superato la soglia delle 72 mila unità, registrando una crescita pari a 2,5 punti percentuali. Si tratta della crescita più bassa degli ultimi anni: la crisi finanziaria e l'aumento dei tassi di interesse sembrano essere le cause principali del rallentamento della dinamica del mercato immobiliare. Inoltre il sistema imprenditoriale delle costruzioni è fortemente caratterizzato da un elevato numero di imprese di piccole dimensioni, più del 72% sono ditte individuali, che quindi sono maggiormente esposte alle turbolenze dei mercati finanziari. (Figura 1.23)
L'incremento più consistente di imprese attive (+2.350 unità rispetto al 2006) è avvenuto nel settore dei servizi alle imprese, pari a +4,2 punti percentuali. Nel 2007 le imprese attive di tale settore hanno quasi raggiunto le 58 mila unità, confermando una tendenza, di lunga durata, al trasferimento di addetti dal settore della produzione a quello dei servizi.
Quasi invariato l'andamento delle imprese attive del settore commerciale, -0,2%, che riflette una modesta crescita delle imprese nelle attività al dettaglio, +0,2%, ma anche un parziale calo del commercio all'ingrosso, -0,5%.
L'industria manifatturiera veneta, che nel 2007 conta 65.833 imprese attive, ha registrato una leggera flessione annua, pari a -0,4 punti percentuali. Come si è avuto modo di ricordare in precedenza, il ridimensionamento dell'apparato manifatturiero segnala un processo di selezione della base produttiva dovuto alla difficoltà delle imprese di minori dimensioni di mantenersi competitive sui mercati. Il trend negativo di lungo periodo che interessa l'imprenditoria manifatturiera, che rientra in un generale contesto di trasformazione del settore industriale, non è quindi in contraddizione con i segnali positivi che riguardano gli altri indicatori di evoluzione del settore (fatturato, export, ecc.). (Figura 1.24)
Crescono le imprese attive nei comparti delle industrie alimentari (+2,4% rispetto al 2006), del tessile ed abbigliamento, +0,5%, e dei metalli, +0,4%. Trend negativi, invece, per le imprese attive dei settori dei "mobili - gioielli - articoli sportivi", -2,3%, del legno, -1,9%, delle carta, -1,7%, e di minore entità dell'ottica-elettronica, -0,9%. Quasi invariata la variazione delle imprese della meccanica e dei mezzi di trasporto, +0,2%.
La dinamica settoriale delle imprese attive espressa a livello provinciale è apparsa distribuita in maniera piuttosto omogenea fra le diverse aree territoriali. Tale dinamica è in linea con il dato regionale e varia, nei suoi valori estremi, dal +0,6% registrato nella provincia di Verona al -0,9% di Belluno. (Figura 1.25)
Per quanto riguarda la componente artigiana, la dinamica delle imprese attive appare sostanzialmente stazionaria, con una variazione limitata al +0,3% rispetto al 2006. Va tuttavia rilevato che anche a livello nazionale (+0,7%) non si riscontra una particolare espansione dell'apparato produttivo artigiano.
L'artigianato continua a ricoprire un posto di rilievo nell'economia regionale: nel 2007 le 147.332 imprese artigiane rappresentano il 32% delle imprese attive della Regione. La rilevanza economica non è limitata al peso numerico; altrettanto importante è il contributo fornito in tema di varietà delle competenze e di flessibilità produttiva, nonché il ruolo nella specializzazione delle filiere di prodotto e nei cicli di subfornitura.
I comparti dove rimane maggiore la presenza di imprese artigiane sono l'edilizia, 82,8% del totale delle imprese attive regionali, i servizi destinati alle persone, 74,2%, le attività manifatturiere, 69,3%, e i trasporti, 68,4%. (Tabella 1.9)
L'artigianato di produzione mantiene un trend favorevole, ma con un tasso di crescita che si presenta come il più contenuto degli ultimi anni. Ciò è la conseguenza di una dinamica positiva per le costruzioni, sia pure al di sotto di quella degli ultimi anni, e di un arretramento delle imprese artigiane manifatturiere in dimensioni del resto analoghe a quelle del 2006. Inoltre, emerge anche una ulteriore flessione delle attività di servizio, specie nei trasporti e nelle riparazioni, a conferma di un fenomeno divenuto ormai strutturale.
Fanno eccezione, nell'ambito delle attività artigianali terziarie, i servizi destinati alle persone che manifestano ancora una certa crescita, in linea con quella degli anni precedenti.

Inizio Pagina  Il settore turistico

Il 2007 risulta per la nostra regione l'anno migliore dell'ultimo decennio: rispetto all'anno precedente gli arrivi sono aumentati del 5,3% e le presenze del 3,7%, raggiungendo la soglia dei 14 milioni di turisti per 61 milioni e mezzo di pernottamenti; rispetto al 1997 gli incrementi sono stati rispettivamente del 36,7% e del 18,2%. (Tabella 1.10) e (Figura 1.26)
Nella realtà italiana, il Veneto è di fatto la regione più rilevante per il settore turistico, occupando già da diversi anni il primo posto per numero di presenze, che nel 2006 (Nota 7) rappresentano il 16,2% di quelle nazionali. Questo primato è sostenuto soprattutto dall'incoming di turisti stranieri, che con gli oltre 34 milioni di presenze, differenzia di netto il Veneto dalle altre regioni; a questo si aggiungono anche oltre 25 milioni di presenze di turisti italiani, flusso inferiore solo a quello dell'Emilia Romagna. (Figura 1.27)
Il Veneto è l'unico territorio al mondo dove in qualche ora si può passare dal lago alla montagna, si possono godere di oltre 100 km di spiagge, visitare stupendi parchi naturali, frequentare stazioni termali di massimo livello, visitare città uniche al mondo. Non mancano le occasioni di divertimento: a partire dal grande parco di Gardaland, terzo sito nazionale frequentato dopo i Musei Vaticani e il Colosseo, per arrivare alle discoteche e ai parchi acquatici. Tutto questo è reso più appetibile da un'enogastronomia di pregio, fatta di prodotti dai sapori genuini e di alta qualità. È inoltre reso più sicuro da un sistema sanitario ai vertici europei ed è certificato dal punto di vista della qualità ambientale.
Il turismo veneto è prevalentemente straniero: nel 2007 questo flusso costituisce il 58,7% delle presenze complessive e durante l'intero anno è superato dalla presenza di turisti italiani solo nei mesi di minor attrattività - gennaio e dicembre. (Figura 1.28)
La crescita del turismo internazionale è ripresa dal 2004, dopo il periodo di incertezza legato alla paura del terrorismo del 2002-2003, ed ora conferma una dinamica superiore a quella del turismo domestico (+5,4% contro +1,3%). La graduatoria delle provenienze straniere vede un incremento di presenze delle nazionalità che da anni occupano le primissime posizioni: tedeschi (+2%), austriaci (+3,8%), inglesi (+5,6%) e olandesi (+6,8%), ma anche americani (+2,4%), francesi (+9,2%) e spagnoli (+16,5%); continua inoltre la scalata della Russia (+31,8%) che giunge quest'anno al 14° posto e dell'Irlanda (+18,9%) posizionatasi al 17°.
Rimane invece sostanzialmente invariata la graduatoria dei turisti italiani con gli stessi veneti che distaccano di ben 10 punti percentuali le presenze di turisti provenienti dalla Lombardia; seguono Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Trentino Alto Adige. (Figura 1.29)
Le mete preferite
L'unicità, la varietà e la qualità dell'offerta turistica della nostra regione sono alla base del successo indiscusso del comparto. Ogni tipologia di richiesta può essere soddisfatta: c'è la possibilità di visitare città d'arte tra le più belle e famose del mondo, di trascorrere l'estate in una delle molteplici spiagge marine e lacuali, di godere del più grande ed attrezzato bacino termale d'Europa, di immergersi nel suggestivo scenario montano.
Il comprensorio balneare, che da solo registra oltre il 40% delle presenze dell'intera regione, riceve sempre più consensi (+2,9%), sia sul fronte del turismo domestico che di quello internazionale. Le città d'arte devono il buonissimo risultato registrato nel 2007 (+8,4%) soprattutto al turismo d'oltralpe; di rilievo l'aumento delle presenze dei francesi (+14,4%) che, superando gli inglesi, si portano al 2° posto dopo gli americani; i tedeschi aumentano del 10,9% e gli spagnoli del 19%. Per le località lacuali acquista maggior importanza l'Austria (+23,4%) ponendosi al 4° posto dopo Germania, Paesi Bassi e Gran Bretagna. Il risultato negativo registrato dalla montagna veneta è sostanzialmente imputabile al picco di presenze registrate nel 2006 nelle località dell'Altopiano di Asiago in occasione dell'adunata nazionale degli alpini, la quale nel 2007 non si è più svolta nella nostra regione. Invece sulle nostre dolomiti le presenze sono aumentate, seppur lievemente (+0,6% nella zona di Cortina e +0,5% in quella di Belluno). Infine il flusso di turisti alle terme, se complessivamente non registra delle sostanziali differenze rispetto l'anno precedente, vede una lenta sostituzione dei clienti stranieri - tedeschi e austriaci - con quelli italiani, tra cui lombardi, veneti ed emiliani.
Dando uno sguardo alle province spicca immediatamente la rilevanza della provincia di Venezia che con oltre 33 milioni di presenze, raccoglie oltre la metà (54,5%) dei movimenti regionali, grazie alle sempre più frequentate zone balneari e all'inimitabile città lagunare. Venezia mantiene infatti da diversi anni un tasso di crescita annuo superiore al 7% e raggiunge nel 2007 la soglia di 9 milioni di presenze. La provincia di Treviso registra l'incremento più consistente (+6%), conseguendo una quota di presenze pari a 2,8% del totale regionale. Il territorio scaligero continua ad accogliere una rilevante parte di villeggianti, il 21,2% del totale regionale, con l'aumento soprattutto di stranieri, sia nei comuni del lago di Garda (+4,8%) che in quelli limitrofi alla città di Verona (+11,9%). La provincia di Padova vede aumentare le proprie presenze non tanto nelle terme, quanto nel capoluogo e nei comuni vicini (+13,5%). Belluno mantiene praticamente invariata la sua attrattività (+0,5%), mentre Vicenza e Rovigo subiscono delle leggere perdite. (Figura 1.30)
La valenza economica del turismo
Il turismo rappresenta un segmento importantissimo dell'economia, che può far da traino a tanti altri comparti indotti nel terziario.
Stime della valenza economica del flusso in entrata ci vengono fornite dall'indagine condotta dalla Banca d'Italia (Nota 8): con gli oltre 25 miliardi di euro di entrate in Italia per le spese dei soli viaggiatori stranieri nel 2007, ed una crescita rispetto all'anno precedente del +4,5%, il turismo può esser definito a buon ragione una risorsa eccezionale. Si tratta, in senso figurato, di un'industria di trasformazione che genera ricchezza economica partendo da un patrimonio culturale e paesaggistico di incomparabile valore. Nel contesto internazionale l'Italia occupa nel 2006 il quarto posto per flusso di entrate valutarie turistiche, dopo USA, Spagna e Francia.
Scendendo ad un maggior dettaglio territoriale, nel 2007 la spesa (Nota 9) dei viaggiatori stranieri in Veneto è stata pari a 4,3 miliardi di euro, cifra che, rappresentando il 16,9% delle spese sostenute dal turismo straniero in Italia, fa ottenere al Veneto la seconda posizione tra le regioni italiane dopo il Lazio. Si giunge ad un risultato così rilevante grazie alla considerevole massa di viaggiatori che oltrepassa le frontiere per raggiungere la nostra regione, quota che fa occupare al Veneto la prima posizione nella graduatoria delle regioni italiane, con il 19,3% degli stranieri che arrivano in Italia. Ad un flusso consistente di arrivi corrisponde un risultato altrettanto rilevante sul lato dei pernottamenti (17,5% del totale Italia). Per circa l'80% dei casi il motivo prevalente dell'incoming straniero in Veneto è trascorrere una vacanza, per circa il 15% è legato a motivi di lavoro, mentre il rimanente 5% riguarda altri motivi personali come studio, visite a parenti ed amici, cure, ecc. Lo stesso primato non vale per la spesa media sostenuta dall'ospite durante la vacanza: in Veneto la spesa pro capite si aggira attorno ai 425 € contro i 486 € in media dell'Italia. Il fatto va collegato alla durata del soggiorno, che risulta una delle più brevi se paragonata a quella delle altre regioni italiane (4,9 giorni contro una media nazionale di 5,4).
La spesa media giornaliera dei turisti stranieri, di 87,2 euro pro capite al giorno, pone il Veneto nella graduatoria delle regioni italiane al 6° posto.
Riassumendo, come si può notare dal grafico che pone a confronto le regioni italiane, il Veneto si colloca in un'area che si distingue per una bassa permanenza media ed una importante spesa media giornaliera assieme a regioni, come Lombardia e Piemonte, caratterizzate da cospicui flussi per turismo d'affari. (Figura 1.31)
Se si passa a valutare, invece, quanto i Veneti spendono andando oltre frontiera, i 1.495 milioni di euro spesi dai veneti collocano la nostra regione, con il 9,3% del totale nazionale, al 3° posto, dopo Lombardia e Lazio.
Le elevate entrate del turismo in entrata e le più contenute uscite del turismo in uscita fanno ottenere al Veneto il primato tra le regioni italiane del saldo della bilancia dei pagamenti, pari nel 2007 a 2.779 milioni di euro.
Rapportando al PIL le spese sostenute dal turismo straniero (entrate), quelle degli italiani in villeggiatura all'estero (uscite) ed il saldo della bilancia turistica, si nota che il peso del saldo in Veneto è sensibilmente maggiore di quello italiano non tanto per le uscite, che risultano equilibrate, quanto per le entrate, che pesano sull'economia veneta sensibilmente di più di quanto succeda a livello nazionale. (Figura 1.32)
Per evidenziare la valenza economica complessiva del settore, non legata solo al turismo d'oltralpe, si consideri il valore aggiunto del settore alberghi e ristoranti. Questo importo, che rappresenta comunque solo una stima approssimativa del valore aggiunto dell'intero comparto turistico (Nota 10), nel 2005 in Veneto è superiore a cinque miliardi e mezzo di euro e costituisce l'11,4% di quello nazionale, quota seconda solo alla Lombardia.
Il peso che il settore alberghi e ristoranti riveste nell'intera economia, sempre in termini di valore aggiunto, è nel Veneto maggiore di quello che si registra a livello nazionale (4,6% contro 3,8%).
Risultati di tale livello sono sostenuti da strategie di promozione e di comunicazione adottate dalla Regione Veneto, in grado di accrescere il livello di conoscenza e di penetrazione nel mercato interno e in quello internazionale, evitando l'atomizzazione degli eventi comunicativi e promozionali e favorendo una presenza regionale a maggiore impatto e a più forte demarcazione territoriale. Un esempio è la partecipazione ad eventi internazionali quali la BIT e le fiere estere, tenutesi nei luoghi più appropriati per attrarre l'attenzione dei nuovi mercati - come Russia, Giappone, Cina ed Irlanda - o per mantenere sempre vivo il ricordo in quelli tradizionali, quali Germania, Austria, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Svizzera, Spagna, ecc.



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Note

  1. Dati e previsioni disponibili ad aprile 2008.
  2. I subprime sono quei prestiti che vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. I prestiti subprime sono rischiosi sia per i creditori sia per i debitori, vista la pericolosa combinazione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia e situazioni finanziarie poco chiare, associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di credito.
  3. Stati Uniti, Canada e Messico.
  4. È un indice che ha lo scopo di misurare il valore internazionale del dollaro americano in rapporto ad un paniere di sei tra le maggiori valute internazionali. E' stato creato nel 1973, e le valute di paragone sono ora sei (erano 17 ma le dodici dell'eurozona sono dal 1999 rappresentate dalla moneta unica). Eccole, con il peso attribuito loro nell'indice : Euro EUR 0.576; Yen giapponese JPY 0.136; Sterlina inglese GBP 0.119; Dollaro Canadese CAD 0.091; Corona svedese SEK 0.042; Franco Svizzero CHF 0.036.
  5. Rispetto all'indice dei prezzi base = gennaio 2006.
  6. Indicatore sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo che si riferisce al prezzo effettivamente pagato dal consumatore e che esclude dal paniere, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita.
  7. Ultimo anno per cui si hanno dati disponibili ai fini del confronto tra le regioni.
  8. La tecnica utilizzata dalla Banca d'Italia per valutare flussi fisici e monetari vede un'indagine alle frontiere che coinvolge il solo turismo internazionale e non fornisce stime per quello domestico. Vengono intervistati viaggiatori residenti e non residenti in transito alle frontiere (aeroporti, porti, valichi stradali e valichi ferroviari). Nelle nostre elaborazioni, per uniformare il più possibile le unità statistiche in tale indagine con quelle considerate dalla rilevazione 'Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi', cui fa capo l'analisi sui flussi turistici del resto del documento, sono state considerate le spese e i viaggiatori che hanno soggiornato almeno una notte e che non sono stati ospitati da parenti o amici.
  9. La spesa turistica indica il consumo totale di beni e servizi effettuato dal viaggiatore e comprende: alloggio, pasti, visite a musei, souvenir, regali, altri articoli per uso personale, trasporto all'interno del paese visitato, ecc.
  10. Il settore 'alberghi e ristoranti' comprende alberghi, hotel, pensioni e simili, ostelli per la gioventù, rifugi di montagna, campeggi ed altri alloggi per brevi soggiorni; ristorazione; bar e caffetterie; birrerie, pub, enoteche ed altri esercizi simili senza cucina; mense; catering e banqueting.


Figura 1.1
Variazioni percentuali del Prodotto Interno Lordo, del commercio internazionale di beni e servizi e quote percentuali su PIL degli investimenti e dei consumi. Mondo - Anni 2004:2008
Tabella 1.1
Variazioni percentuali dei principali indicatori dell'economia mondiale - Anni 2006:2009
Figura 1.2
Distribuzione percentuale geografica degli scambi mondiali di manufatti - Anni 2000:2009
Figura 1.3
Tassi di cambio trimestrali verso l'euro - Anni 2000:2009
Tabella 1.2
Indicatori economici nei principali paesi industrializzati - Anni 2006:2009
Tabella 1.3
Variazioni percentuali degli indicatori economici nei maggiori paesi dell'area dell'euro - Anni 2006:2009
Tabella 1.4
Quadro macroeconomico (variazioni percentuali su valori concatenati con anno di riferimento 2000). Veneto e Italia - Anni 2002:2007
Figura 1.4
Prodotto Interno Lordo in euro per abitante a prezzi correnti per regione - Anno 2006
Figura 1.5
Variazioni percentuali del valore aggiunto in agricoltura a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2010
Figura 1.6
Variazioni percentuali del valore aggiunto nell'industria in senso stretto a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2010
Figura 1.7
Variazioni percentuali del valore aggiunto nelle costruzioni a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2010
Figura 1.8
Variazioni percentuali del valore aggiunto nei servizi a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2010
Figura 1.9
Prodotto per unità di lavoro in migliaia di euro per regione - Anno 2006
Figura 1.10
 Produttività nel settore agricolo (migliaia di euro). Veneto e Italia - Anni 2000:2006
Figura 1.11
Produttività nel settore dell'industria in senso stretto (migliaia di euro). Veneto e Italia - Anni 2000:2006
Figura 1.12
Produttività nel settore delle costruzioni (migliaia di euro). Veneto e Italia - Anni 2000:2006
Figura 1.13
Produttività nel settore dei servizi (migliaia di euro). Veneto e Italia - Anni 2000:2006
Figura 1.14
Variazioni percentuali degli investimenti fissi lordi a valori concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2009
Figura 1.15
Variazioni percentuali delle spese per consumi finali a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2001:2009
Figura 1.16
Quota percentuale delle spese per consumi per tipologia di beni. Veneto e Italia - Anno 2006
Figura 1.17
Spesa delle famiglie per capitoli di spesa in valori concatenati, anno di riferimento 2000: quota percentuale 2005 e sua variazione percentuale 2000:2005 - Veneto.
Figura 1.18
Variazione percentuale dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC) senza tabacchi. Italia e città capoluogo del veneto - Anno 2007
Tabella 1.5
Valore aggiunto provincia 2006 e variazione percentuale annua 2004:2008
Figura 1.19
Valore aggiunto dei settori per provincia. Variazione percentuale rispetto all'anno precedente - Anno 2006
Figura 1.20
Distribuzione percentuale del valore aggiunto provinciale e regionale tra i settori - Anno 2006
Tabella 1.6
Variazioni percentuali delle produzioni agricole del Veneto nel 2007 rispetto al 2006 (stime)
Tabella 1.7
Produzione di uva e vino. Veneto - Anno 2007
Tabella 1.8
Imprese attive per regione - Anno 2007
Figura 1.21
Quota e variazione percentuale annua delle imprese attive per regione - Anno 2007
Figura 1.22
Quota e variazione percentuale annua di società di capitali venete per categoria economica - Anno 2007
Figura 1.23
Quota e variazione percentuale annua delle imprese attive venete per categoria economica - Anno 2007
Figura 1.24
Quota e variazione percentuale annua delle imprese manifatturiere attive venete per categoria economica - Anno 2007
Figura 1.25
Quota e variazione percentuale annua delle imprese attive per provincia - Anno 2007
Tabella 1.9
Imprese artigiane del Veneto. Numero, quota e variazione percentuale annua per categoria economica - Anno 2007
Tabella 1.10
Movimento di turisti per provenienza e struttura. Veneto - Anno 2007
Figura 1.26
Presenze di turisti (anno 2000=100). Veneto - Anni 2000:2007
Figura 1.27
Turisti nelle regioni italiane (migliaia di presenze e quota %) - Anno 2006
Figura 1.28
Presenze mensili - quota percentuale per provenienza. Veneto - Anno 2007
Figura 1.29
Arrivi di turisti dalle principali provenienze italiane e straniere (dimensione bolla = giorni di permanenza media). Quota percentuale 2007 e variazione pecentuale 2007/06. Veneto
Figura 1.30
Variazioni percentuali 2007/06 delle presenze di turisti italiani e stranieri per comprensorio. Veneto
Figura 1.31
Spesa media giornaliera (€) e giorni di permanenza media dei viaggiatori stranieri nelle regioni. Italia - Anno 2007
Figura 1.32
Peso della bilancia turistica sul PIL. Veneto e Italia - Anno 2007
I numeri del capitolo 1
I numeri del capitolo 1

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