6.2 Il lavoro

Inizio Pagina   6.2.1 L’ occupazione

Nel 2005 il numero di occupati in Italia cresce ancora, +0,7% rispetto all’anno precedente e +1,4% se confrontato con il dato del 2003; andamento positivo in parte condizionato anche dal prolungamento della vita attiva oltre che da un effettivo aumento dei posti di lavoro. A ciò si aggiunge poi l’effetto dovuto alla regolarizzazione dei cittadini stranieri a seguito della sanatoria prevista dalle leggi 189/02 e 222/02: gli occupati stranieri sono ormai circa il 5,4% dei lavoratori totali e per poco meno di due terzi si concentrano nelle regioni del Nord.
Dei 158.000 lavoratori in più in Italia rispetto all’anno precedente, 21.000 sono assorbiti dal sistema produttivo veneto, ossia oltre il 13% del totale nazionale, determinando un aumento dell’1% del numero di occupati rispetto all’anno 2004. Si tratta di un aumento contenuto rispetto a quanto verificatosi in altre regioni settentrionali, quali Piemonte ed Emilia-Romagna che registrano una crescita rispettivamente dell’1,8% e dell’1,4%, anche se in Piemonte la situazione occupazionale rimane meno favorevole di quella veneta. Significativa, comunque, la crescita occupazionale della nostra regione in quest’ultimo decennio: quasi il 16% in più nel 2005 il numero di occupati nel mercato del lavoro veneto rispetto al 1995.
Sia in Italia che in Veneto sono in aumento anche i tassi di occupazione, sebbene non ancora in linea con gli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona, e successive revisioni, che prevede per l’Unione Europea di raggiungere un livello occupazionale medio del 67% entro il 2005, in vista del conseguimento di un livello del 70% entro il 2010.
Il Veneto si pone costantemente su livelli occupazionali significativamente superiori alla media nazionale e nel 2005 la quota di popolazione fra i 15 e i 64 anni che risulta occupata è del 64,6%, oltre sette punti percentuali in più del dato medio nazionale e in aumento rispetto all’anno precedente (+0,3 punti percentuali). La nostra regione continua ad occupare le prime posizioni fra le regioni italiane (quinta), distaccandosi però dall’Emilia-Romagna, prima nella graduatoria regionale, di quasi quattro punti percentuali. Tra l’altro proprio l’Emilia-Romagna, assieme solo al Trentino Alto Adige, raggiunge anche l’obiettivo europeo intermedio di registrare un tasso di occupazione medio dell’UE del 67% entro il 2005. Ultime in classifica sempre le regioni meridionali che rilevano tassi occupazionali intorno al 44%, mostrando un gap da quelle settentrionali difficile da sanare.

Inizio Pagina   6.2.2 L’ occupazione per genere

Considerando il tasso per genere, infine, quello femminile nel Veneto cresce, mentre quello maschile diminuisce. Nel 2005 sono ben 53 su 100 le donne occupate sulla popolazione femminile 15-64 anni contro le 52 dell’anno precedente, valore molto al di sopra della media nazionale (45,3%). In generale, nonostante l’occupazione femminile sia in continua crescita, risulta, comunque, ancora distante il raggiungimento degli obiettivi prefissati a Lisbona, che prevedono tra l’altro un livello di occupazione medio femminile per l’UE superiore al 60% entro il 2010. Per quanto riguarda la componente maschile, il Veneto, sebbene registri un tasso (75,8%) in lieve calo rispetto all’anno precedente, si riconferma la terza regione, preceduta solo da Trentino Alto Adige (77%) ed Emilia-Romagna (76,6%).

Inizio Pagina   6.2.3 L’ occupazione settoriale

Sotto il profilo settoriale si assiste alla progressiva dinamica espansiva del settore terziario e ad un aumento dei posti di lavoro in questo comparto, a scapito dell’occupazione nel settore primario e nell’industria. La quota di occupati nel settore dei servizi passa, infatti, nel Veneto dal 54% del 1995 a oltre il 57% del 2005, mentre quella degli occupati nell’area agricola e industriale diminuisce in entrambi i casi di oltre un punto percentuale, scendendo nel primo caso dal 5,5% al 3,7% e nel secondo dal 40,5% al 39,2%. Il Veneto resta, comunque, una regione a forte carattere industriale, tanto da riconfermarsi ancora una volta la seconda regione italiana per il maggior numero di occupati impiegati in questo settore, assorbendo l’11,7% del totale nazionale, seconda solo alla Lombardia che ne raccoglie il 23,3%. Più precisamente, se da un lato diminuisce l’occupazione veneta nell’industria in senso stretto di oltre tre punti percentuali in questi dieci anni, dall’altro continua ad aumentare quella nel campo delle costruzioni (oltre il 2%).

Inizio Pagina   6.2.4 L' occupazione dei lavoratori anziani

Le modificazioni sempre più incisive nella struttura per età della popolazione, determinate dal processo di invecchiamento in atto ormai da tempo, comportano la priorità politica di trovare piani di adattamento per compensare il prevedibile calo delle persone in età lavorativa, sollecitando l’ampliamento della forza lavorativa mediante un maggiore inserimento non solo dei giovani e delle donne, ma anche dei lavoratori anziani, se necessario innalzando ulteriormente l’età pensionabile. Il basso tasso di occupazione di questa categoria di lavoratori in Europa rappresenta una perdita di opportunità sul piano individuale e di potenziale sul piano sociale.
Con il costante prolungamento della durata della vita, l’aumento del tasso di occupazione della popolazione nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni è fondamentale per sostenere la crescita economica, in particolare per garantire pensioni di livello adeguato, a fronte della prevista riduzione della popolazione in età attiva, e secondo l’obiettivo intermedio fissato dal Consiglio europeo di Stoccolma nel 2001 dovrà essere elevato al 50% entro il 2010. Il dato per il Veneto, però, è pari a poco più della metà del target europeo, 27,4% nel 2005, e si colloca anche al di sotto della media nazionale, 31,4%.

Inizio Pagina   6.2.5 La flessibilità

Verso gli standard europei sta però dirigendosi il contingente generazionale giovane veneto: l’82,6% delle persone tra i 25 e i 34 anni lavora, rispetto al 69,3% a livello nazionale; ampia anche la partecipazione delle giovani donne tra i 25 e i 34 anni, con un tasso di occupazione del 74,7% rispetto al 58,2% italiano: possibilità favorita da una sempre maggiore propensione del sistema alla flessibilità, quale risulta ad esempio dall’aumento dell’occupazione a contratto part-time e a tempo determinato. Tale flessibilità nel Veneto risulta di natura più “stabile”, in quanto se da un parte l’occupazione part-time è particolarmente utilizzata, il 13,9% degli occupati nel 2005 contro il dato italiano del 12,8%, dall’altra il Veneto presenta una minore percentuale di occupati dipendenti a tempo determinato, il 9,9% rispetto alla media nazionale pari al 12,3%. L’utilizzo del part-time cresce dell’1% rispetto al 2004, tanto che il Veneto si posiziona tra le prime regioni per il più elevato impiego di tale forma contrattuale, ed è prevalentemente adottato dalle donne: nella nostra regione il 29,2% delle donne occupate sono a tempo parziale, quasi quattro punti percentuali al di sopra del dato nazionale. Il ricorso al part-time da parte delle donne permette loro di godere con più facilità e convenienza modalità di lavoro maggiormente conciliabili con la vita familiare; questo spiega in parte anche la crescita dell’occupazione femminile, e infatti a livello internazionale nei Paesi in cui l’occupazione part-time è più sviluppata risulta anche più elevata l’occupazione delle donne.

Certamente grazie alla flessibilizzazione del mercato del lavoro sempre più incentivata, gli effetti della crisi economica e della perdurante stagnazione sembrano essere stati in parte tamponati, almeno a livelli macroscopici; meno evidente è a quale prezzo individuale e sociale ciò stia avvenendo, in termini di certezze sull’occupazione, delle aspettative di carriera e della congruità dei livelli retributivi con quelli della preparazione e dell’istruzione. È evidente inoltre che questa nuova tendenza ha implicazioni anche sul ritardo dell’uscita dalla casa nativa dei figli adulti e sull’autonomia dai genitori, sulla formazione di nuove famiglie e sull’inizio della procreazione e, conseguentemente, sulla numerosità della prole.

Inizio Pagina   6.2.6 La disoccupazione

Nel contempo, nel 2005, a fronte dell’aumento del numero di occupati italiani si assiste ad una diminuzione delle persone in cerca di lavoro, fatto che ha riflessi sul tasso di disoccupazione che decresce rispetto all’anno precedente di 0,3 punti percentuali. Nel complesso la situazione non è negativa: solo il 7,7% degli italiani sono disoccupati mentre la media europea (Unione Europea a 25 Paesi) si attesta al 9%, ma, come per l’occupazione, vi sono differenze significative tra Nord e Sud: diverse regioni registrano un livello di disoccupazione intorno al 3-4% (ad esempio, il valore più basso è il 3,2% del Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta, segue poi l’Emilia-Romagna con il 3,8%), come la nostra regione che continua a mantenere una posizione privilegiata tra le regioni italiane, sesta nella graduatoria regionale, con un dato pari al 4,2%, invariato, tra l’altro, rispetto all’anno precedente; dall’altra parte le regioni meridionali presentano tassi elevati, sopra al 12%, fino ad toccare la punta massima in Sicilia con il 16,2% di disoccupati. Tale problema riguarda la componente maschile e ancor più quella femminile: infatti, mentre in Sicilia sono 22 su 100 le disoccupate sulla forza lavoro femminile, in Veneto sono 6 e in Valle d’Aosta appena 4.

Secondo le indicazioni europee e nazionali, la lotta alla disoccupazione deve rivolgersi in particolare ad alcune categorie più deboli: oltre alle donne, i giovani e i disoccupati di lunga durata.

Inizio Pagina   6.2.7 La disoccupazione di lunga durata (nota 2)

Meno rosea, infatti, la situazione se si considera l’incidenza della disoccupazione di lunga durata, endemica in certe zone, aspetto dolente che la stessa politica europea individua come una priorità.
Nel 2005 sono 48 su 100 i disoccupati italiani in cerca di occupazione da più di un anno; più fortunati i veneti, tra i quali la percentuale di coloro che cercano lavoro da così tanto tempo è del 34,5%, ma non quanto i residenti del Trentino Alto Adige, prima nella graduatoria regionale, dove la disoccupazione di lunga durata si attesta al 18,6%. Il Veneto si pone costantemente su livelli significativamente inferiori di incidenza rispetto alla media nazionale, tuttavia il fenomeno risulta in crescita in questi anni, mentre in Italia va migliorando. La regione che riporta maggiore successo è sicuramente la Toscana che, partendo da una situazione più sfavorevole, passa dall’oltre 60% del 2000 al 33% del 2005, valore quest’ultimo anche più basso del Veneto.
In crescita e maggiore la disoccupazione di lunga durata femminile che nel 2005 nel Veneto conta 37 donne su 100 disoccupate in cerca di una occupazione da più di dodici mesi contro le 50 italiane.

Inizio Pagina   6.2.8 La disoccupazione giovanile

Per quanto riguarda inoltre la situazione dei giovani nel mercato del lavoro, è vero che nel 2005 il Veneto è la quinta regione con il tasso di disoccupazione giovanile più basso nella graduatoria regionale, ossia meno di 13 ragazzi tra i 15 e i 24 anni su 100 delle corrispondenti forze lavoro cercano un’occupazione, ma si evidenzia che da alcuni anni il fenomeno è in progressiva crescita. In Italia la disoccupazione tra i giovani è sensibilmente più diffusa registrando un tasso nel 2005 pari al 24%; le regioni meridionali mantengono anche in questo caso le distanze dalle altre regioni, in particolare la Calabria, ultima nella graduatoria regionale, rileva un tasso del 46%.
Più elevati i tassi della componente femminile: il Veneto, dopo anni di costante crescita, registra nel 2005 un indicatore del 15% contro l’oltre 27% dell’Italia.

I tassi di disoccupazione contenuti, il positivo andamento dell’occupazione, anche della componente femminile agevolata in parte dal maggior ricorso ai contratti di lavoro part-time, e contemporaneamente l’innalzamento dei livelli di istruzione, rispecchiano in generale le indicazioni europee per la realizzazione di una società più dinamica, competitiva e basata sulla conoscenza; è vero però che un ulteriore impegno è richiesto al Veneto nella strada fino ad ora intrapresa per raggiungere pienamente gli obiettivi previsti per il 2010.




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Note

  1. L’incidenza della disoccupazione di lunga durata è la percentuale di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi sul totale delle persone in cerca di occupazione.

Figura 6.9
Il lavoro - Figura 6.9
Tabella 6.3
Il lavoro - Tabella 6.3
Figura 6.10
Il lavoro - Figura 6.10
Figura 6.11
Il lavoro - Figura 6.11
Figura 6.12
Il lavoro - Figura 6.12
Tabella 6.4
Il lavoro - Tabella 6.4
Figura 6.13
Il lavoro - Figura 6.13

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