6.1 L'istruzione

Inizio Pagina   Introduzione

L’Unione Europea riconosce, innanzitutto, il ruolo fondamentale dei sistemi di istruzione e di formazione nella nuova società dei saperi, al fine di garantire maggiori benefici e possibilità alle persone e migliorare il livello e la qualità dell’occupazione. In questo senso, tra le azioni da intraprendere sono considerate prioritarie: combattere l’abbandono scolastico prematuro, sostenere il completamento del ciclo degli studi secondari superiori e indirizzare la preparazione, specie se universitaria, verso le discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche, campi in cui si offriranno tendenzialmente le maggiori opportunità lavorative e professionali.

Inizio Pagina   6.1.1 L'abbandono scolastico prematuro

Per prendere parte all’attuale società basata sui saperi si ritiene in primo luogo sia necessaria una base minima di conoscenze, in quanto le persone meno qualificate hanno minori capacità di fruire efficacemente dell’apprendimento durante tutto l’arco della vita e corrono il rischio di essere emarginate. Tra le persone più a rischio, coloro che lasciano prematuramente la scuola, il cui numero dovrebbe pertanto essere ridotto fino a far sì che entro il 2010 nell’Unione Europea la percentuale media di abbandoni scolastici prematuri non superi il 10%.
Nel 2005 in Italia, l’abbandono scolastico prematuro, ovvero la percentuale di giovani in età 18-24 anni con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore e che non partecipa ad ulteriore istruzione o formazione, è pari al 22%: le percentuali più elevate si riscontrano nelle regioni meridionali e nord-occidentali, mentre la situazione migliore si ha nel centro Italia; il Veneto si pone esattamente in una posizione intermedia, con un valore del 18,4%.

Inizio Pagina   6.1.2 Il completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore

Diviene sempre più importante, quindi, promuovere il possesso di un titolo di studio di scuola superiore, non solo per entrare con successo nel mondo del lavoro, ma anche perché propedeutico all’accesso all’università e ai diversi corsi di specializzazione successivi, elementi necessari per partecipare pienamente all’attuale società. Altro obiettivo fissato dal Consiglio dell’Unione Europea è proprio quello di innalzare entro il 2010 all’85% la percentuale di popolazione ventiduenne dell’UE che completa un ciclo di istruzione secondaria superiore. Per l’Italia la situazione è abbastanza buona; infatti, se si considerano le generazioni che da poco hanno terminato la scuola superiore, ossia i giovani in età 20-24 anni, il 73% nel 2005 ha almeno un diploma di scuola superiore. Il Veneto raggiunge il 77%, occupando una posizione media nella graduatoria regionale, prime in classifica Umbria e Molise che superano l’84%.

Inizio Pagina   6.1.3 La partecipazione all'istruzione secondaria superiore

In generale, poi, la partecipazione all’istruzione secondaria è in aumento, ed in Veneto nell’anno scolastico 2004/05 la quota di giovani di età fra i 14 e i 18 anni che è iscritta a un corso di scuola secondaria superiore risulta pari all’88,3%: è un valore di circa dieci punti percentuali più elevato rispetto a dieci anni prima, anche se non ancora sufficientemente competitivo, visto che nella graduatoria delle regioni italiane il Veneto si colloca al terzultimo posto, con una situazione più favorevole solamente rispetto a quella del Trentino Alto-Adige e della Lombardia.
Se da un lato, però, un’elevata partecipazione scolastica tra i giovani è un segnale positivo, in quanto implica l’innalzamento del livello medio di istruzione, dall’altro può essere anche un sintomo di una flessione delle opportunità offerte dal mercato del lavoro. E infatti notevole è la differenza tra il Nord (con un tasso al di sotto del 90%) e il resto d’Italia, in particolare modo rispetto al Centro dove il tasso di partecipazione supera il 98%: nelle regioni dove la possibilità di trovare impiego è maggiore, i giovani potrebbero essere spinti a terminare gli studi dopo la scuola dell’obbligo, in vista dei primi guadagni; viceversa nelle regioni dove le opportunità di lavoro sono più limitate, spesso l’unica speranza per poter emergere ed avere una chance in più per entrare nel mondo del lavoro è quella di elevare la propria conoscenza prolungando gli studi.

Inizio Pagina   6.1.4 L'abbandono scolastico

E’ importante, quindi, iscriversi a un corso di studi di istruzione secondaria superiore, ma ancora di più sostenere i ragazzi e aiutarli a completare il percorso scolastico. E’ fondamentale ridurre il più possibile la dispersione scolastica, indice anche del grado di efficienza del sistema di istruzione.
Nelle scuole superiori il primo anno presenta le difficoltà maggiori per l’alunno, in quanto si deve confrontare con dei nuovi compagni, nuovi insegnanti ed una metodologia di insegnamento e studio diversa da quella delle scuole medie; una volta superato l’impatto iniziale, l’interruzione degli studi diventa meno probabile.
Nell’anno scolastico 2003/04 in quasi tutte le regioni diminuiscono, rispetto all’anno precedente, quanti tra gli iscritti al primo anno lasciano la scuola. Il Veneto è la terza regione per minor numero di abbandoni, con solo il 7,2% sul totale degli iscritti, oltre quattro punti percentuali al di sotto della media nazionale. E’ da considerare, però, che l’interruzione scolastica, soprattutto nel primo anno del corso di studi, non porta sempre necessariamente all’abbandono definitivo della scuola, ma può riflettere una scelta sbagliata dell’indirizzo di studi, che viene modificata negli anni successivi.
Se si considera invece il secondo anno delle scuole superiori, la percentuale di studenti che interrompono gli studi si riduce di molto, con un valor medio italiano pari a 3,3% nell’anno scolastico 2003/04 e in progressiva diminuzione negli anni. Anche in questo caso la situazione della nostra regione è una delle migliori a livello nazionale, con un tasso di abbandono inferiore all’1%, superiore solo a quello del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Umbria.

Inizio Pagina   6.1.5 La scelta della scuola superiore

La scelta della scuola superiore va perciò meditata accuratamente sia dal ragazzo che dalla famiglia che lo sostiene; è, infatti, uno dei primi passi importanti che un adolescente si trova a dover affrontare, anche perché una decisione sbagliata può ritardare il raggiungimento del diploma (in seguito a bocciature o alla decisione di cambiare istituto), o in casi peggiori, indurre all’abbandono definitivo della scuola a causa di un impatto negativo.
Tale scelta però non è semplice per un ragazzo di tredici anni che molto spesso non ha le idee chiare su ciò che desidera fare in futuro, soprattutto ai giorni nostri in cui le opzioni tra cui decidere sono sempre più numerose, espressione di un sistema che risponde sempre più alle nuove esigenze della società. Infatti, all’interno dei licei si può scegliere tra classico, scientifico, artistico e linguistico; gli istituti tecnici offrono un numero sempre maggiore di specializzazioni: economico, elettronico, edile e chimico sono solo alcuni dei possibili esempi; inoltre ci sono gli istituti magistrali e quelli d’arte. Se, invece, lo studente preferisce frequentare dei corsi indirizzati generalmente ad anticipare l’inserimento nel mondo del lavoro, più brevi e che non richiedono la frequenza di un ciclo di studi universitario, la scelta può essere orientata verso uno dei vari istituti professionali, come l’istituto per l’industria e l’artigianato o per il commercio e il turismo, per i servizi sociali e così via.
Tra le scuole statali, in Veneto nell’anno scolastico in corso 2005/06, sono gli istituti tecnici ad attirare il maggior numero di studenti con più di un terzo del totale delle preferenze, valore di quasi tre punti percentuali superiore a quello riscontrabile a livello nazionale. Rispetto ad altre regioni italiane, invece, minore è la preferenza dei ragazzi veneti per il liceo scientifico, scelto dal 17,7% contro il 21,8% dell’Italia, anche se tra i licei rimane quello maggiormente frequentato, mentre analoga è la partecipazione al liceo classico, vi si iscrive il 10% dei giovani.

Scendendo nel dettaglio della nostra regione, emergono alcune differenze a livello provinciale: Verona, ad esempio, si distingue per la maggiore partecipazione degli studenti ai licei, più di un terzo sceglie un liceo classico o scientifico; viceversa, a Rovigo i ragazzi si indirizzano prevalentemente verso gli istituti tecnici e professionali, ben il 68%, sette punti percentuali in più rispetto alla media regionale, e questi corsi di studi sono preferiti anche a Belluno dove la frequenza supera il 64%. Treviso e Vicenza presentano la maggior percentuale di iscritti ai licei classici, rispettivamente pari a 11,2% e 13%, mentre a Padova la quota supera di poco il 7%. Infine, Venezia sembra essere la provincia che più si allinea alla distribuzione regionale degli alunni per tipologia di istituto.

Inizio Pagina   6.1.6 Gli iscritti e gli immatricolati

Andando ad osservare la generazione dei più giovani che hanno conseguito già il diploma di scuola secondaria superiore, si nota che dagli anni 2000/01 e 2001/02, di avvio generalizzato della riforma, la domanda di formazione universitaria è cresciuta considerevolmente. La riforma dell’offerta formativa ha acquisito la fiducia di ragazzi e famiglie che hanno capito come investire in un’istruzione più elevata abbia un impatto positivo a lungo termine non solo sulla singola persona, ma anche sull’inserimento di questa nella società e nell’ambiente di lavoro, generando tra l’altro spesso benefici salariali.
Nell’anno accademico 2004/05 la quota degli immatricolati negli atenei veneti, ossia i nuovi ingressi nel sistema, si aggira intorno alle 20.600 unità, quasi il 24% in più rispetto a quella del 2000/01. L’aumento medio degli immatricolati è consistente, soprattutto se si considera il fatto che avviene generalmente a fronte di una diminuzione della popolazione della stessa fascia di età: nei quattro anni di applicazione della riforma, infatti, la percentuale di ragazzi immatricolati sulla popolazione residente di diciannove anni cresce di oltre dieci punti percentuali attestandosi ad un valore del 48% nel 2004/05.
Nel 2004/05 gli immatricolati negli atenei veneti rappresentano il 19,4% del totale degli iscritti che complessivamente risultano essere quasi 106.000. Considerando la totalità degli iscritti, la facoltà con più iscrizioni, sebbene in calo rispetto all’anno precedente, è Lettere e Filosofia con quasi il 14% del totale. Continua a suscitare sempre più interesse la facoltà di Economia che assorbe oltre l’11% degli iscritti nel Veneto, rimane una facoltà di punta (10%) Ingegneria, nonostante una lieve flessione, e Medicina e Chirurgia richiama il 9% degli studenti.
A queste stesse facoltà si rivolgono le preferenze degli immatricolati che risultano prediligere in particolar modo gli studi di tipo economico (12,7%) e quelli di Lettere e Filosofia (12,5%); inoltre, agli studi umanistici vengono preferiti anche altri percorsi disciplinari che anno dopo anno vedono crescere la propria attrattività.
Tra gli iscritti le femmine sono il 58% e facoltà quali Scienze della Formazione, Lingue e Letterature Straniere e Psicologia contano una partecipazione femminile che supera addirittura l’80%, mentre Ingegneria rimane una facoltà prettamente maschile, registrando ben 85 studenti ogni 100 iscritti.

Inizio Pagina   6.1.7 I laureati

Completare il ciclo di studi universitari e conseguire la laurea è un indicatore chiave di come un territorio sia in grado di trarre profitto dal progresso scientifico e tecnologico. Nella nostra regione migliora la capacità di successo nel completare tale percorso di studio: in sei anni il Veneto ha quasi raddoppiato il suo contingente di laureati, da poco meno di 10.760 del 1998 a oltre i 20.700 del 2004, provvedendo quindi alla formazione di quasi l’8% del totale dei laureati in Italia.
Complessivamente nel 2004 quasi tutte le facoltà evidenziano un aumento di laureati rispetto a tre anni prima, fra le altre spicca il valore più che raddoppiato della facoltà di Medicina e Chirurgia, che ancora una volta genera il numero più alto di laureati, assimilandone il 13% del totale.
In generale, emerge una più elevata presenza femminile (il 62%), ovvia conseguenza anche della maggiore partecipazione nel sistema universitario da parte delle donne, meno attratte forse, rispetto ai maschi, dai primi guadagni. Le facoltà con il più alto numero di donne laureate sono Medicina e Chirurgia e Lettere e Filosofia, netto ancora il gap con i maschi nella facoltà di Ingegneria dove le donne sono solo 16 su 100 laureati. Viceversa, Scienze della Formazione, Lingue e Letterature Straniere e Psicologia contano una partecipazione maschile molto scarsa.

Inizio Pagina   6.1.8 I laureati in scienza e tecnologia

Come sottolineato dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 è necessario “formare un numero adeguato di scienziati specializzati per diventare l’economia basata sui saperi più dinamica e competitiva del mondo”, pertanto particolarmente importante è la formazione di laureati in matematica, scienze e tecnologia, il cui numero nell’UE dovrebbe crescere almeno del 15% entro il 2010, cercando di ridurre anche lo squilibrio tra i sessi.
Se si considera la fascia di età 20-29 anni, emerge che sia a livello nazionale che ancor più nel Veneto i laureati in queste materie sono in costante crescita e, vista la rilevanza attribuita a tali percorsi formativi, è auspicabile che le immatricolazioni in questi settori aumentino ulteriormente.

Inizio Pagina   6.1.9 I laureati fuori corso

Importanti segnali di miglioramento del sistema universitario si rilevano anche dalla diminuzione di laureati fuori corso, merito anche probabilmente dei corsi più brevi e strutturati in maniera più professionalizzante, introdotti in questi anni a seguito della riforma degli ordinamenti didattici.
Rispetto a tre anni fa, nel 2004 la percentuale di coloro che si laureano oltre gli anni prestabiliti dalla legge diminuisce considerevolmente: nel Veneto più che in Italia; infatti, nella nostra regione la percentuale di laureati fuori corso passa da quasi l’84% nel 2001, in linea con il dato nazionale, a circa il 61% nel 2004 contro il dato italiano pari al 63%. Sebbene le differenze tra generi non siano elevate, le femmine riescono a proseguire gli studi in maniera più costante dei ragazzi e laurearsi di più conformemente ai tempi stabiliti.

Inizio Pagina   6.1.10 L'inserimento lavorativo dei laureati

La situazione lavorativa dei laureati fa però sorgere alcuni interrogativi sulla capacità del sistema di assorbire le competenze maturate nel corso di studi. Infatti, in base ai risultati di alcune indagini (nota 1) Istat, nell’arco di pochi anni, a fronte di un generale innalzamento dell’ammontare di giovani laureati che dopo tre anni dalla laurea dichiarano di essere occupati, diminuiscono quanti svolgono un lavoro continuativo iniziato dopo la laurea, parecchi sono i mesi necessari per trovare il primo lavoro veramente di carattere continuativo e in diversi casi lo sbocco professionale non risulta coerente con il livello di competenze acquisito.
Infatti, in Veneto nel 2004 oltre l’80% dei laureati dichiara di avere un’occupazione a tre anni di distanza dalla laurea, mentre tra i laureati del 1998 nei tre anni successivi aveva trovato lavoro il 79,4%; percentuali entrambe buone che posizionano la nostra regione tra le migliori d’Italia per quanto riguarda l’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Ma la percentuale di coloro che svolgono un lavoro continuativo iniziato dopo la laurea, non necessariamente a tempo indeterminato, scende dal 69% del 2001 al 62,6% del 2004 e undici sono i mesi in media che intercorrono tra l’uscita dal sistema universitario e la prima occasione di lavoro continuativo.

Quasi il 40% sono poi in Veneto i laureati del 2001 che nel 2004 svolgono un lavoro in cui la laurea non è requisito necessario, percentuale superiore sia al dato nazionale (32,1%) che a quello di qualsiasi ripartizione geografica.

I sistemi di istruzione e formazione devono quindi adeguarsi alle esigenze della nuova “società dei saperi” mirando, in ultimo, a migliorare il livello e la qualità dell’occupazione. La strategia di Lisbona intende infatti ripristinare le condizioni propizie alla piena occupazione sia incrementando i posti di lavoro che la qualità della vita lavorativa, anche attraverso una diversa organizzazione del lavoro più conciliabile con il ciclo della vita. La partecipazione al mondo del lavoro deve interessare tutte le fasce di età e in particolare le categorie più a rischio, in quanto la valorizzazione delle capacità lavorative della persona ed il conseguente innalzamento del tasso di occupazione sono fondamentali per combattere l’esclusione sociale e la povertà.




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Note

  1. Si tratta delle indagini che informano sul processo di transazione dall’università al mercato del lavoro, analizzando la situazione occupazionale dei laureati a tre anni di distanza dal conseguimento della laurea. Si fa riferimento all’indagine del 2004 riferita ai laureati del 2001 e a quella precedente del 2001 che considerava la situazione dei laureati nel 1998.

Figura 6.1
L'istruzione - Figura 6.1
Figura 6.2
L'istruzione - Figura 6.2
Figura 6.3
L'istruzione - Figura 6.3
Tabella 6.1
L'istruzione - Tabella 6.1
Figura 6.4
L'istruzione - Figura 6.4
Figura 6.5
L'istruzione - Figura 6.5
Tabella 6.2
L'istruzione - Tabella 6.2
Figura 6.6
L'istruzione - Figura 6.6
Figura 6.7
L'istruzione - Figura 6.7
Figura 6.8
L'istruzione - Figura 6.8

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