1. Congiuntura internazionale e economia

Inizio Pagina   1.1 I primi cinque anni del XXI secolo

Un’economia mondiale ancora in crescita, + 4,4%, se pur in lieve decelerazione, è il risultato registrato nel 2005, anno che ha segnato il completamento del primo lustro di questo inizio millennio, positivo in termini di crescita globale.
Cinque anni storicamente determinanti per i cambiamenti intervenuti nel mondo economico, innanzitutto per ciò che riguarda le regole e le ragioni di scambio, ma anche per gli shock legati alle tensioni geopolitiche, l’aumento del prezzo del petrolio, l’andamento dei tassi di cambio dell’euro rispetto al dollaro, tutti elementi che hanno determinato momenti di riflessione e rivisitazione degli stessi schemi di sviluppo.
L’inizio di questo XXI secolo è testimone dell’importante ruolo dato alla crescita economica come obiettivo comune che lega i Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo nonostante le loro diverse condizioni: i primi hanno bisogno della crescita per contrastare le conseguenze finanziarie legate alla loro contrazione demografica, mentre i secondi la perseguono per migliorare le condizioni di vita dei propri quattro miliardi di abitanti. E’ indispensabile che questi diversi ritmi e condizioni di crescita tendano al riequilibrio in quanto con l’aumento della globalizzazione, dei mercati e degli investimenti, le decisioni prese da aziende in un continente influiscono su quelle prese da altre aziende in un altro continente; da qui l’esigenza di un alto grado di sincronizzazione delle scelte di una elevata gamma di soggetti, che necessitano di essere filtrate ed indirizzate.

Le principali aree mondiali

Gli Stati Uniti e la Cina sono stati ancora i principali motori dello sviluppo, ma sono rimasti ampi i divari di crescita tra le maggiori aree mondiali. Alla spinta fornita da Stati Uniti e Cina si sono affiancati, nell’area delle economie emergenti, il maggiore dinamismo dell’India e, tra le economie industriali, il recupero di tono del Giappone. Il 2005 si è chiuso con una buona performance dell’economia dell’America Latina, nonostante un rallentamento del ritmo di espansione del Pil in Brasile rispetto al 2004.
Anche nel 2005, l’Uem ha rappresentato una delle aree meno dinamiche a livello mondiale, con un ritmo di espansione, in termini annui, intorno all’1,4%. Un certo rafforzamento dell’attività economica si è verificato nei due trimestri centrali dell’anno cui è seguita un’attenuazione negli ultimi mesi. La fase di maggiore vivacità ha coinciso con un più significativo contributo delle esportazioni, sospinte, a partire dalla primavera, dal deprezzamento dell’euro. Nei primi mesi dell’anno in corso, l’euro è tornato a mostrare segni di rafforzamento rispetto al dollaro e dovrebbe esibire una certa stabilità nei valori medi del 2006 rispetto al 2005.
L’accelerazione delle vendite all’estero ha contribuito a stimolare la spesa per investimenti; i consumi delle famiglie hanno continuato a mantenersi su un profilo di evoluzione complessivamente modesto.
La crescita nell’Unione a 25 ha registrato, dalla fine del 2003, un tasso tendenziale sistematicamente più elevato dell’ex-UE15 di circa 0,2 punti percentuali. Questo trend è dovuto ai tassi di sviluppo relativamente più sostenuti dei dieci nuovi stati membri. Difatti il 2005 ha visto una crescita elevata del Pil dei più importanti Paesi di recente accesso all’Unione europea: Repubblica Ceca e Slovacchia +6%, Ungheria +4,1% e da ultima la Polonia, +3,2%.

Il commercio mondiale

Una relativa frenata si è registrata nei traffici commerciali mondiali, aumentati di circa il 7%, rispetto al 10% del 2004. Alla base vi è stata la parziale riduzione del ritmo di sviluppo dell’economia mondiale, in particolare di alcuni Paesi emergenti asiatici e degli Stati Uniti. Dopo la pausa sperimentata nei trimestri centrali del 2005, il commercio internazionale ha mostrato segnali di risveglio sul finire dell’anno. Nel 2006 ci si attende un incremento marginalmente più sostenuto.
Come sempre, ormai dall’inizio del terzo millennio, gli scambi delle economie emergenti sono cresciuti a un ritmo circa doppio di quello dei Paesi industrializzati, facendo salire il loro apporto a circa il 40% dell’interscambio mondiale. L’incremento dei flussi commerciali permane quindi sostenuto, in particolare, dalla positiva prestazione della regione asiatica che può contare sulla straordinaria evoluzione delle transazioni della Cina e dell’India: in ambedue i Paesi, sia le importazioni che le esportazioni sono aumentate nella media del 2005, a un ritmo compreso tra il 15 e il 20 per cento. Molto meno dinamica è stata l’evoluzione che ha contrassegnato gli scambi delle economie industrializzate. Rallentamento particolarmente accentuato negli Stati Uniti, dove l’incremento del volume delle importazioni è stato dimezzato. I Paesi europei e il Giappone hanno accusato le debolezze della domanda interna, mostrando solo negli ultimi mesi un andamento più dinamico. Il risveglio mostrato nell’ultima parte del 2005 porta a prevedere che, nel 2006, in presenza di sostanziale stabilità dei ritmi di crescita, gli scambi mondiali possano lievemente accelerare anche se, più che una ripresa, questa ipotesi sottintende una evoluzione più equilibrata tra importazioni e esportazioni. Allo stesso tempo dovrebbe proseguire il graduale ridimensionamento del divario di crescita fra le due grandi aree.

Crisi petrolifera e materie prime di uso industriale

La crescita a livello mondiale ha quindi proseguito nonostante gli squilibri; il petrolio, risentendo della persistente scarsità di offerta, rispetto ad una domanda ormai strutturalmente elevata per i fabbisogni delle grandi economie emergenti, si è ulteriormente impennato, toccando in estate livelli record di oltre 60 dollari a barile, e oltre i settanta dollari nella prima metà dell'anno in corso con previsioni di ulteriori rialzi. I prezzi dell’energia sono circa raddoppiati negli ultimi cinque anni. Il rincaro dell’energia ha procurato un significativo incremento del livello medio dei prezzi al consumo, senza però innescare aumenti diffusi e ripetuti dei prezzi dei beni e servizi non energetici; l’inflazione di fondo e quella attesa sono rimaste contenute.
Sulla scia del petrolio e in conseguenza dell’alta richiesta asiatica, aumenti rilevanti dei prezzi sono stati sperimentati pure dalle altre materie prime di uso industriale, con punte di quasi il 40% nel comparto dei metalli ferrosi. L’elevato livello dei prezzi delle materie prime è stato raggiunto già altre volte negli anni ‘90, ma la vera novità è rappresentata dalla domanda apparentemente insaziabile della Cina, fra gli importatori di prodotti minerali “non oil” il più grande e con il più alto trend di crescita. Le importazioni della Cina ammontano già al 15% del volume mondiale dell’import di minerali non petroliferi, mentre le importazioni di petrolio della Cina sono minime se paragonate a quelle degli Usa e della ex UE-15.
Si può prevedere però che con lo sviluppo e la creazione di occupazione principalmente realizzati al di fuori del settore manifatturiero, l’impatto dei mercati e delle materie prime sulla crescita in futuro dovrebbe diminuire. Il settore dei servizi che offre le maggiori potenzialità in termini di diversificazione delle conoscenze, miglioramenti della produttività e guadagni derivati dall’integrazione internazionale, rafforzerà il proprio contributo nell’attività economica mondiale. Tra le grandi economie, il cammino della Cina ha segnato il passo in questa evoluzione: il settore dei servizi rappresenta circa la metà della quota registrata negli altri Paesi industrializzati (come l’India) e, dunque, ci si può solo aspettare che aumenti, facendo perciò ridurre la propria domanda di materia “non oil”. D’altro canto potrebbe non ridursi la probabilità di una eventuale crisi del settore delle commodities, dato che la maggior parte della crescita di disponibilità delle materie prime proverrà da zone non solo con costi elevati, ma anche politicamente rischiose, mentre il mondo ha bisogno che questi Paesi mantengano i loro flussi di esportazioni a prezzi ragionevoli e senza improvvisi sconvolgimenti.

La crisi del gas naturale

L’evento ha segnato l’inverno trascorso: ad inizio 2006, lo scenario energetico si è complicato in Europa, a seguito di alcune difficoltà di approvvigionamento sul fronte del gas dovute a minori forniture dalla Russia (nota 1), causate sia dai contenziosi politici nella regione, sia da fattori climatici. La domanda di gas naturale è negli ultimi anni molto aumentata, in alternativa al greggio, per effetto delle maggiori quotazioni petrolifere, ma la sua produzione, in crescita, per i Paesi industrializzati non è destinata ad aumentare, mentre i Paesi in via di sviluppo svolgeranno un ruolo chiave nell’espansione, sia della domanda che dell’offerta.
Tra i Paesi dell’Europa pochi possiedono una sufficiente autonomia energetica rispetto a questa fonte, tra questi l’Italia che importa gran parte dell’energia di cui necessita non avendo la capacità di coprire i consumi domestici.

I Paesi dell’area euro

Il rallentamento dell’area euro ha interessato in misura diversa i maggiori Paesi. In Francia la dinamica del Pil, sospinta dalla domanda interna, si è mantenuta lievemente superiore al resto dell’area; in Germania, all’opposto, è stata frenata dalla perdurante debolezza dei consumi, che ha quasi annullato l’impulso della domanda estera, pure esso in diminuzione; l’attività economica ha accelerato in Spagna. In Italia l’anno si è chiuso con una crescita quasi nulla.

Inizio Pagina   1.2 Il contesto nazionale

La crescita del Pil in Italia nella media del 2005 è stata pari a +0,1%, inferiore quindi a quella della Unione europea monetaria, in decelerazione rispetto al 2004. La dinamica positiva della spesa dei consumi delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni sociali private (+1,2%) ha in parte compensato la contrazione degli investimenti (-0,4%), mentre si è registrato un sostanziale stallo dei consumi delle famiglie (+0,1%).
Stazionario, a prezzi costanti, anche l’andamento dell’export nazionale, a riprova delle difficoltà del tessuto produttivo italiano ad adeguarsi al nuovo contesto competitivo internazionale. Il valore aggiunto è cresciuto nei settori dei servizi (+0,7%) e delle costruzioni (+0,8%), mentre è diminuito nell’industria in senso stretto (-1,5%), proseguendo il trend negativo degli ultimi anni.
Gli indicatori congiunturali indicano la possibilità di un ritorno alla crescita del Pil nei primi mesi del 2006 rispetto al profilo in frenata che avrebbe caratterizzato gli ultimi mesi dello scorso anno. Tale andamento risentirebbe di un maggior sostegno della domanda interna, a fronte di un ancora debole contributo della domanda estera netta.
E’ certamente complesso trarre indicazioni dalla recente stasi dell’economia italiana (nota 2), si evidenzia generalmente, al di là di situazioni congiunturali, una dinamica più contenuta dei consumi, in linea con ciò che si verifica anche negli altri Paesi europei. Sembra valere la considerazione che va aumentando il risparmio precauzionale, in conseguenza per alcuni Paesi dell’elevato livello di disoccupazione, per altri degli annunci - realizzati o meno - di riforma delle prestazioni sociali, per altri ancora del rapido invecchiamento della popolazione e delle incertezze circa le condizioni di autosufficienza prospettiche che esso implica. Per l’Italia il più rapido invecchiamento della popolazione rispetto agli altri Paesi europei e le riforme del mercato del lavoro messe in atto hanno consentito di passare attraverso una fase di quasi stagnazione dell’attività produttiva, senza interrompere il processo di riduzione sistematica del tasso di disoccupazione. Vi è comunque la generale tendenza all’andamento irregolare dell’attività produttiva nel settore industriale: per tutti i comparti, ad eccezione di quello energetico, il 2005 è stato un anno di flessione rispetto al 2004. Tale andamento della produzione industriale ha interessato tutte le principali categorie di prodotto del settore manifatturiero, concentrandosi soprattutto nei beni di consumo e in quelli strumentali. Interessate principalmente le produzioni del Made in Italy (abbigliamento, tessile, calzature), ma sono calate anche le produzioni di alcuni dei settori più tecnologici quale quello dei mezzi di trasporto. Comunque, pur in presenza di un ciclo industriale oscillante, il periodo più difficile pare superato; infatti vi sono indicazioni positive che derivano sia dal clima di fiducia delle imprese industriali, in crescita dai primi mesi del 2005, che dai primi risultati riguardanti l’indice della produzione industriale stimato dall’Istat, cresciuto nei primi due mesi del 2006 del +3,8% rispetto al corrispondente periodo del 2005.
Per il 2006 si prevede quindi un graduale recupero dell’economia italiana: la crescita del Pil (attorno al +1%) sarà sostenuta maggiormente dalle componenti della domanda interna, che vede in aumento gli investimenti dell’1,9%, soprattutto nella componente più innovativa dei macchinari e mezzi di trasporto (+2,5%), e dei consumi delle famiglie (attorno al +1%). Per l’export, la previsione di un ulteriore rafforzamento dell’euro sul dollaro dovrebbe in parte limitare l’andamento delle vendite all’estero.

Inizio Pagina   1.3 La situazione nel Veneto

Dagli ultimi dati storici di contabilità territoriale disponibili per l’anno 2004, il Veneto si conferma una delle regioni di vertice dell’economia italiana, contribuendo con una quota del 9,1% alla formazione del Pil nazionale. In termini di dinamica annua il Pil del Veneto è aumentato nel 2004 dell’1,4%; +0,5 punti percentuali rispetto alla media nazionale e +0,1 rispetto alla Lombardia. Il Pil pro capite veneto a prezzi correnti cresce nell’ultimo anno di +2,7 punti percentuali, passando dai 25.266 euro del 2003 ai 25.954 euro del 2004, confermandosi all’ottava posizione nella graduatoria del Pil pro capite regionale.
Alla crescita a prezzi costanti del valore aggiunto prodotto in Veneto (+1,6%) contribuiscono maggiormente, in ordine di importanza, il settore dei servizi (+1,4%), all’interno del quale si evidenziano i risultati dei comparti del commercio, alberghi, ristoranti e trasporti (+2,4%) e dei servizi pubblici e sociali (+2%), e delle costruzioni (+3,1%). Ottima la performance del settore agricolo (+14,2%), mentre per l’industria in senso stretto si registra un modesto incremento (+0,4%).
Nel 2005 anche per il Veneto, come in Italia, si stima una crescita reale del Pil vicina allo zero (+0,1%), la dinamica rimane, pur di poco, positiva grazie al contributo essenziale dei consumi finali delle famiglie (+1%) e dei consumi delle Amministrazioni pubbliche e delle Istituzioni sociali private (+0,9%). Diminuiscono poi, sempre come nella media nazionale, gli investimenti fissi lordi (-1,9%).
Per quanto riguarda la dinamicità dei settori, risulterebbe in crescita unicamente il valore aggiunto dei servizi (+1,2%), mentre in tutti gli altri settori si assiste a una riduzione della ricchezza prodotta. Il valore aggiunto generato dal settore agricolo avrebbe perso quasi 5 punti percentuali, quello dell’industria in senso stretto cala del –1,1% e anche il valore aggiunto delle costruzioni, dopo alcuni anni largamente favorevoli, resta stazionario (–0,6%). Nel 2006 è prevista una ripresa del Pil regionale (+1,4%), stimolata in primo luogo dalla crescita degli investimenti.

Gli investimenti

Gli investimenti costituiscono una componente mutevole della domanda, una tendenza generalizzata degli ultimi anni riguarda il sostanziale incremento di quelli in costruzioni, dato dalla sempre maggiore dinamicità del mercato edilizio legato ad un processo di maggiore strutturazione del settore.
Nel 2003 (nota 3) si è evidenziata una flessione degli investimenti veneti pari al –1,5%, generata, come nel caso nazionale, dalla rilevante diminuzione degli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto (-4%). Al contrario gli investimenti in costruzioni sono cresciuti del +1,5%, ma ugualmente non sono riusciti a controbilanciare la riduzione di quelli più innovativi. Le stime per il 2004 confermano tale dinamica settoriale, ma contrariamente all’anno precedente, la debole riduzione degli investimenti in macchinari (-0,9%) viene più che compensata dal robusto incremento degli investimenti in costruzioni (+3,5%), dando luogo a un aumento degli investimenti totali (+1,2%). Come già accennato, nel 2005 gli investimenti fissi lordi tornano a decrescere (-1,9%), soprattutto nella componente dei macchinari e mezzi di trasporto (-3,3%), mentre restano quasi stazionari quelli in costruzioni (-0,3%). Il 2006 dovrebbe configurarsi di segno contrario, si prospetta infatti un netto miglioramento della dinamica degli investimenti che in media d’anno aumenteranno probabilmente del +3,5%.

Consumi

L’analisi delle stime riguardanti i consumi finali interni del 2004, evidenzia una crescita dei consumi veneti (+1,2%) superiore a quella della media nazionale. Aumentano anche i consumi delle famiglie venete (+1,2%), stimolati soprattutto dagli acquisti di beni durevoli (+7%), che sarebbero stati agevolati non solo dalla crescente offerta di prodotti innovativi high-tech, ma anche dalla maggiore disponibilità di finanziamenti per il credito al consumo.. Cresce anche la componente dei servizi (+1,2%), mentre cala leggermente la spesa delle famiglie in beni non durevoli (-0,8%).
Il panorama previsto per il 2005 denota per il Veneto una stabilità della spesa per consumi rispetto allo scorso anno, con una crescita attorno all’1% sia dei consumi delle famiglie che di quelli delle Amministrazioni pubbliche.

I prezzi al consumo

Nel 2005, nonostante l’impennata dei prezzi dell’energia, l’inflazione al consumo nell’area dell’euro è rimasta quasi stazionaria, passando dal 2,1% del 2004 al 2,2% del 2005. In Italia, la variazione percentuale dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) è risultata leggermente inferiore a quella del 2004, passando dal 2,1% del 2004 all’1,8% del 2005, beneficiando della frenata dei prezzi dei generi alimentari, in parte favorita dal rallentamento delle quotazioni delle materie prime alimentari sui mercati internazionali. I settori che nell’ultimo anno hanno registrato i maggiori rincari sono quelli delle bevande alcoliche e tabacchi (+6,9%), dell’energia e abitazioni (+4,9%), dei trasporti (+4,5%), dell’istruzione (+3,5%) e degli alberghi e ristoranti (+2,4%). Diminuiscono, per il settimo anno consecutivo, i prezzi del settore delle comunicazioni (-4,6%).
Per quanto riguarda le città venete, nel 2005 il ritmo di crescita dei prezzi è risultato più elevato (+1,8%) nelle città di Venezia e Vicenza, con un incremento annuo della variazione dell’indice dei prezzi di +0,1 punti percentuali a Venezia e di +0,2 punti percentuali a Vicenza. Per tutte le altre città campione del Veneto l’indice dei prezzi è inferiore alla media nazionale, scendendo nell’ultimo anno di 0,3 punti percentuali a Verona (da +1,9% nel 2004 a +1,6% nel 2005) e Padova (da +1,7% a +1,4%) e di 0,2 punti percentuali a Belluno (da +1,6% a +1,4%). In tutte le città campione del Veneto il ritmo di crescita dei prezzi al consumo del settore dell’energia e abitazioni è stato superiore a quello medio nazionale, con una punta del +8,2% nella città di Verona. Altri rilevanti rincari hanno interessato, per il terzo anno consecutivo, il settore delle bevande alcoliche e tabacchi, con picchi nelle città di Belluno (+7,2%) e Venezia (+6,4%). Inoltre si segnala una quasi generalizzata riduzione dei prezzi dei generi alimentari: infatti, ad eccezione di Verona (+0,4%), questi calano nelle altre sei città capoluogo del Veneto, soprattutto a Padova (-1,1%), Treviso (-0,9%) e Vicenza (-0,7%).

La situazione provinciale

Analizzando le stime sul valore aggiunto a prezzi correnti realizzato a livello provinciale, nel 2004 si evidenziano le buone performance delle province di Padova, dove il valore aggiunto cresce del +6,2%, e Treviso (+4,2%), entrambe sopra la media regionale. A Belluno (+3,4%) e Verona (+3%) il valore aggiunto aumenta in modo analogo a ciò che avviene a livello regionale, mentre per Vicenza (+2,8%), Rovigo (+2,5%) e Venezia (+2,1%) la crescita è stata più contenuta.
Analizzando la dinamica settoriale, nell’industria in senso stretto i migliori risultati vengono segnati nelle province di Padova (+5,4%), Rovigo (+5,2%) e Treviso (+4,2%), mentre Venezia (-2,4%) è l’unica provincia che registra una variazione annua negativa. Nel settore delle costruzioni la crescita annua del valore aggiunto è stata più incisiva e ha toccato tutte le province venete, con picchi a Padova (+14,1%), Rovigo (+12%) e Venezia (+10%). Apprezzabile anche l’aumento del valore aggiunto dei servizi, soprattutto nelle province di Padova (+6,2%), Belluno (+4,1%) e Treviso (+4%); situazione di stallo, invece, per Rovigo (-0,2%). Da segnalare, infine, la ragguardevole crescita annua del valore aggiunto del settore agricolo della provincia di Venezia (+20,9%). Le previsioni per il 2005 stimano una crescita del valore aggiunto a prezzi correnti più accentuata nelle province di Venezia (+4%) e Belluno (+3,8%), trainata nuovamente dalla componente delle costruzioni, con crescite superiori ai 10 punti percentuali nelle province di Belluno (+11%) e Vicenza (+10,3%).




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Note

  1. La Russia, tramite l’azienda pubblica GazProm fornisce attualmente il 31% del gas naturale richiesto dall’Italia, così come sono molto elevate le quote richieste dagli altri Paesi, evidenziando la sua indubbia leadership nell’offerta ai Paesi europei; la modifica degli equilibri geo-politici, a seguito di spinte indipendentiste di alcuni Stati dell’area ex-sovietica, incidono sull’offerta di questo bene, poiché i gasdotti della GazProm attraversano alcune di queste repubbliche, prima di raggiungere l’Europa. A queste tensioni politiche si sono aggiunti eventi climatici che hanno reso necessaria una diminuzione dell’intensità delle forniture della GazProm ad alcuni Paesi europei per soddisfare le maggiori richieste provenienti dalla popolazione e dalle industrie nazionali.
  2. Questa fase è andata di pari passo anche con la revisione dei dati di contabilità nazionale conseguente all’applicazione di una diversa metodologia di calcolo.
  3. ultimo dato storico disponibile

Figura 1.1
Congiuntura internazionale e economia - Figura 1.1
Tabella 1.1
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Tabella 1.2
Congiuntura internazionale e economia - Tabella 1.2
Tabella 1.3
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Figura 1.2
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Figura 1.8
Congiuntura internazionale e economia - Figura 1.8
Tabella 1.8
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Tabella 1.9
Congiuntura internazionale e economia - Tabella 1.9
Figura 1.9
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Figura 1.10
Congiuntura internazionale e economia - Figura 1.10
Tabella 1.10
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Figura 1.11
Congiuntura internazionale e economia - Figura 1.11

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