5. I dati nazionali

Premessa

Poiché la Regione Veneto non dispone dei dati provenienti dai flussi informativi INAIL per quanto riguarda le altre regioni, questo capitolo si basa sul contenuto della banca dati on line dell'INAIL.
La principale differenza con le elaborazioni di livello regionale consiste nell'uso degli infortuni indennizzati mentre negli altri capitoli si includono nei conteggi anche i regolari senza indennizzo. Altra differenza consistente è quella relativa all'epoca di definizione; in questo capitolo vengono presi in considerazione i casi definiti al 31/12 dell'anno successivo a quello di evento mentre per i dati regionali, negli altri capitoli, il dato considerato consolidato è quello al 31/12 del secondo anno successivo a quello di evento.

Inizio Pagina  5.1 Da dove veniamo

Il grafico di figura 5.1 mostra l'andamento degli infortuni indennizzati in Italia nel periodo 1951-2000; nel primo dopo guerra l'aumento degli infortuni deve essere messo in relazione alla ripresa economica e si raggiunge il massimo nel periodo del cosiddetto "boom" dei primi anni '60. Su questo andamento non sembrano avere molto effetto le nuove norme antinfortunistiche emanate negli anni 1955-1956 (in buona parte tuttora in vigore) a dimostrazione che le leggi devono essere accompagnate da un'efficace vigilanza pubblica e dall'interesse dei datori di lavoro ad applicare queste norme. Molto maggiore, invece, l'effetto dell'andamento dell'economia: la cosiddetta "congiuntura" degli anni 1964-66, ove si assiste ad un periodo di crisi economica con conseguente riduzione della produzione (e degli infortuni). Negli anni '70 si susseguono le crisi petrolifere connesse alla situazione in medio oriente (guerra del Kippur del 1973) e si risente di una situazione economica sfavorevole negli Stati Uniti le cui cause sono state, oltre alle già citate crisi petrolifere, principalmente la politica deflattiva attuata dagli Stati Uniti, la rivalutazione del marco tedesco, l'afflusso degli eurodollari, il finanziamento della guerra del Vietnam. Negli anni '70 si verifica una crisi di trasformazione; i fatturati e lo sviluppo tendenziale dell'industria del carbone e dell'acciaio diminuiscono rispetto a quelli dell'industria dell'informatica e dell'elettronica. Negli Stati Uniti la crisi termina nel 1982 e i primi effetti si rilevano sull'aumento del numero di infortuni in Italia dal 1985 in poi. All'inizio degli anni '90 una nuova crisi economica investe l'Italia assieme ai ben noti fatti politici e agli episodi della cosiddetta "tangentopoli". Anche la situazione internazionale non è tranquilla (prima guerra in Iraq con conseguente problema petrolifero, crisi nei Balcani etc.). La ripresa è stata accompagnata dal 1997 in poi da bassi prezzi del petrolio e da una situazione relativamente tranquilla sul piano internazionale fino alle nuove recenti crisi. L'avvento del D.Lgs. 626 nel 1994 si colloca in una fase di riduzione del numero degli infortuni, già iniziata dal 1991, mentre dal 1997 in poi gli infortuni aumentano nuovamente. Il nuovo millennio si apre con una nuova serie di problemi internazionali e con una nuova crisi economica generalizzata (attacco terroristico alle torri gemelle a New York e crollo delle borse, seconda guerra dell'Iraq, aumento del prezzo del petrolio, ingresso di Cina e India sulla scena internazionale come paesi emergenti sia per il consumo di energia che per la concorrenza esercitata da merci a basso costo). Complessivamente si può notare che negli ultimi 15 anni non è più stato raggiunto il numero elevato degli infortuni degli anni '50-'60 e ciò deve essere anche messo in relazione con le trasformazioni del mondo del lavoro (automazione, riduzione delle attività manifatturiere e aumento di quelle del terziario che presentano rischi minori).

Inizio Pagina  5.2 Il confronto con le altre regioni

I dati di tutte le regioni sono disponibili dal 1976; in figura 5.2 è possibile osservare che l'andamento è sovrapponibile nelle sei regioni (quattro del nord, una del centro e una del sud scelte per il confronto) anche se la Lombardia è quella che mostra la riduzione più rilevante nel primo periodo; l'andamento riproduce quello complessivo nazionale. In figura 5.3 sono riportate, per le stesse regioni, le percentuali sul totale nazionale; le regioni più industrializzate, come è lecito attendersi, sono quelle che contribuiscono maggiormente al totale nazionale ma si può osservare che Veneto ed Emilia Romagna hanno un andamento simile ed in aumento mentre la Lombardia presenta una tendenza alla diminuzione.

Lo studio del rischio di infortunio non può prescindere dall'uso di indicatori di frequenza e gravità. Tuttavia esistono alcune criticità che rendono difficile l'uso di questi indicatori anche se disponibili grazie ad INAIL; uno dei principali problemi è quello dell'accentramento contributivo ed è legato al fatto che gli infortuni sono registrati dove avvengono mentre gli addetti possono essere conteggiati altrove poiché, per le finalità assicurative, sono accentrati amministrativamente presso una sola sede aziendale anche se svolgono la loro attività in unità locali diverse. Spesso gli accentramenti contributivi sono effettuati presso le sedi legali ed è facile prevedere che queste si trovino nelle grandi città come Milano e Roma (che hanno gli addetti ma non gli infortuni); ci si deve attendere, perciò, che queste regioni presentino gli indicatori più bassi. In figura 5.4 sono riportati gli indici di incidenza per 1.000 addetti delle regioni italiane e vi si trova conferma di questa ipotesi. Al momento non è possibile individuare le aziende chi si avvalgono dell'accentramento contributivo (sarà possibile farlo con le prossime uscite dei flussi informativi INAIL distribuiti alle regioni); per questo motivo, in figura 5.5, si può osservare il risultato di un altro confronto realizzato utilizzando, invece degli addetti stimati dall'INAIL su base salariale, quelli rilevati dai censimenti 1991, 1996 e 2001 (quest'ultimo anno è stato utilizzato per il calcolo degli indicatori degli infortuni indennizzati del 2000 in quanto non sono disponibili per tutte le regioni i dati sugli infortuni del 2001). Gli addetti del censimento non risentono dell'effetto dell'accentramento contributivo ma, pur risultando diversi, per ovvi motivi, gli indici calcolati con questo procedimento mostrano che la posizione relativa delle sei regioni considerate è equivalente. In tutte le serie regionali è evidente una riduzione del rischio tra il 1991 e il 2000, probabilmente anche in virtù del maggiore sviluppo del terziario negli ultimi anni.

Ciò che crea preoccupazione è la posizione del Veneto che si colloca all'ottavo posto, al di sopra della media nazionale, anche se si tratta di tassi non standardizzati in base alla tipologia di lavorazione che è una delle principali variabili che possono influire sulla entità del rischio; infatti, è facile immaginare che in Lazio e Lombardia vi sia un'elevata concentrazione di attività amministrative e dirigenziali a basso rischio. Fra le cause di questo rischio più elevato in Veneto deve essere considerata anche la presenza di piccole aziende (comune in tutta Italia ma particolarmente diffusa nel Nord-Est). In definitiva, con i dati attualmente a nostra disposizione, oggi non è possibile controllare adeguatamente tutte le variabili in gioco, compreso il lavoro non regolare, che sicuramente farebbero variare la graduatoria delle regioni a maggior rischio infortunistico; pur con questa doverosa precisazione, ipotizziamo comunque che la nostra regione presenti un rischio più elevato di altre.


Figura 5.1
Figura 5.2
Figura 5.3
Figura 5.4
Figura 5.5
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