4. La struttura produttiva

Premessa

Si presenta un quadro sintetico sulla realtà economica del Veneto e sulle trasformazioni avvenute nell'arco di tempo considerato nella presente pubblicazione, in quanto riferimento necessario per comprendere il fenomeno infortunistico, che è legato non solo al livello occupazionale ma anche al tipo di attività lavorativa.

Le informazioni sull'occupazione presentate nel primo paragrafo sono tratte dai censimenti dell'industria e dei servizi condotti dall'Istat negli anni 1991 e 2001 e si riferiscono al numero di addetti (sia indipendenti che dipendenti) delle unità locali delle imprese e delle istituzioni situate nel territorio regionale.

Nel paragrafo successivo, invece, si vuole mettere l'accento sulle potenzialità informative dei nuovi flussi INAIL che dal 2000 prevedono informazioni sulle aziende assicurate, con il dettaglio sul numero di addetti e sul tipo di lavorazione effettuata. Sarebbe stato preferibile utilizzare ancora la fonte INAIL per ricavare il numero di addetti, sfruttando, così, il vantaggio di avere definizioni omogenee a quelle adottate nell'archivio degli infortuni per quanto riguarda le attività produttive. Purtroppo tali informazioni sono disponibili solo dal 2000 e con i vecchi flussi INAIL non è possibile studiare l'andamento degli addetti nel periodo precedente; si fa riferimento, quindi, ai dati dei due censimenti, la fonte informativa ritenuta più adatta, pur consapevoli delle differenze esistenti tra la classificazione delle attività produttive adottata da Istat nei censimenti (basate sui codici ATECO91) e quella utilizzata dall'INAIL (basata sulla voce di tariffa INAIL). Per maggiori dettagli si veda il capitolo 2.


Inizio Pagina  4.1 I dati ISTAT

Nel periodo 1990-2001, di interesse in questa pubblicazione, il Veneto risulta una delle regioni più "ricche" d'Italia: detiene una quota consistente della produzione del PIL nazionale (in media il 9% - vedi figura 4.1) e anche nel 2001 si conferma la terza regione italiana per il contributo alla ricchezza nazionale, superata solo dal Lazio (9,9%) e dalla Lombardia (20,3%). La crescita economica della regione è in genere superiore sia alla media italiana (figura 4.2) che a quella di ripartizioni territoriali altamente produttive; soltanto a partire dal 2001 inizia a presentare una minore tenuta, risentendo maggiormente delle perturbazioni dei mercati internazionali e della decelerazione dell'economia mondiale.

Nel periodo in esame, l'aumento del PIL in Italia, soprattutto dopo la crisi del '92-'93, si accompagna ad una sostenuta crescita occupazionale (frutto dei processi di ristrutturazione legati all'uscita dalla fase congiunturale negativa) seguita da aumenti sensibilmente più lievi verso il '97-'98. Così in Veneto, l'incremento del PIL, a partire dalla ripresa del 1986, si associa ad aumenti cospicui dell'occupazione fino al 1991; seguono tre anni di contrazione dei livelli occupazionali, già in ripresa però dal '95, tanto che nel 2001 il tasso di occupazione è quasi il 63%, in aumento di oltre cinque punti percentuali rispetto al dato del 1990 (figura 4.3).

Per quanto riguarda la struttura produttiva, il Veneto si contraddistingue per la presenza di piccole-medie imprese disseminate su tutto il territorio. Secondo i risultati del censimento dell'industria e dei servizi condotto dall'Istat, nel 2001 sono rilevate complessivamente 436.629 unità locali, di cui 407.256 relative alle imprese, con una dimensione media di 4,4 addetti. Le trasformazioni strutturali e organizzative di questi anni naturalmente si riflettono anche sulla dimensione media delle attività produttive venete; è vero che nell'arco di dieci anni si riduce il numero medio di addetti per unità locale, passando da 4,8 nel 1991 a 4,4 nel 2001, ma tale contrazione è dovuta in gran parte alla maggiore presenza di unità locali con un solo addetto, liberi professionisti, lavoratori autonomi o consulenti: ben il 51% delle unità locali nel 2001 contro il 43% di dieci anni prima. Se, poi, non vi sono cambiamenti nella dimensione media delle unità locali con meno di 19 addetti, si osserva, invece, una leggera crescita dimensionale per le unità con 20-249 addetti (da 45,4 addetti in media nel 1991 a 47,5 nel 2001), ancora più evidente per le unità locali con più di 250 lavoratori (circa 4 addetti in più).

Nel 2001 il sistema produttivo veneto occupa 1.915.553 addetti, tra dipendenti e indipendenti, il 13,3% in più di dieci anni prima. Un numero cospicuo di lavoratori, ben il 15,5%, è occupato in attività produttive con una dimensione tra i 20 e i 49 addetti, sebbene queste rappresentino appena il 2% delle unità locali presenti nel territorio regionale. L'11,6%, poi, lavora in maniera autonoma, contro lo scarso 9% del 1991, e nel contempo si assiste ad una riallocazione dell'occupazione dalle unità locali più piccole (con 2-19 addetti), che perdono lavoratori anche a seguito della chiusura di questo genere di unità locali, a quelle di dimensioni più grandi, in particolare con più di 50 addetti (figura 4.4).

Elemento distintivo che caratterizza la regione è la sua forte industrializzazione: nel 2001 il Veneto assorbe il 12,6% degli addetti che trovano occupazione nell'industria in Italia. Se si effettua, poi, il confronto fra i macrosettori dell'economia veneta, si osserva che il 44,1% di addetti lavora nell'industria, il 15,3% nel commercio ed il 40,6% in altri servizi. Ma il suo futuro, al pari delle economie più avanzate, è dato dalla progressiva terziarizzazione dell'economia, tanto da registrare in dieci anni un incremento di lavoratori nel terziario di quasi il 30%, a fronte di un aumento di solo il 4,8% nell'industria e del 2,6% nel commercio. Tale tendenza è dettata da diversi fattori quali i nuovi modelli di consumo, i diversi stili di vita ed i mutamenti demografici, che tendono a determinare un aumento della domanda di servizi. Ancor più significativo è l'incremento di addetti (figura 4.5) nel campo del terziario avanzato (98,6%), ossia della consulenza e delle attività inerenti all'informatica, all'ingegnerizzazione dei processi e dei prodotti, alla ricerca e sviluppo, nonché di attività immobiliari. Si tratta di servizi trasversali, finalizzati a determinare una crescita di efficienza, di competitività e di qualità in tutti i settori dell'economia. Si contraggono, invece, del 30% e del 17% rispettivamente gli addetti nelle industrie (figura 4.6) tessili e conciarie, ambiti tradizionali ad alto contenuto di lavoro manuale. Resistono ancora i due grandi settori della meccanica (+35%) e della produzione e fabbricazione di prodotti in metallo (+19%), che assieme, nel 2001, assorbono il 24% del totale addetti dell'industria; continua anche l'espansione dell'attività edilizia (+18%), ormai divenuta il primo settore di impiego superando anche quello dell'industria tessile.

A livello territoriale le 436.629 unità locali rilevate nel 2001 nel Veneto si concentrano nelle cinque province di maggiori dimensioni (figura 4.7): oltre il 90% sono distribuite tra Padova, che accoglie ben il 20,2% del numero complessivo di unità, Verona (18,3%), Treviso (17,8%), Vicenza (17,6%) e Venezia (16,7%), mentre Belluno e Rovigo risultano nettamente distaccate, assorbendone rispettivamente solo il 4,3% ed il 5,2%.

Analoga la distribuzione sul territorio regionale del numero di addetti, anch'essi concentrati fondamentalmente nelle cinque province più grandi, anche se la graduatoria provinciale indica questa volta Vicenza con la più alta percentuale di addetti (il 19,2%).

Inoltre nel decennio 1991-2001 la maggior spinta occupazionale è data dalle province di Verona, Vicenza e Treviso, dove il numero di addetti cresce di circa il 15%, in misura maggiore di quanto accade a livello regionale (13,3%).

Come il Veneto, nel decennio considerato quasi tutte le province registrano una contrazione della dimensione media delle unità locali: le variazioni più rilevanti interessano Venezia, Padova e Verona; l'unica eccezione è rappresentata da Belluno che rileva un incremento della dimensione media da 4,2 a 4,5. Ed è proprio il processo di terziarizzazione più avanzato nelle province di Padova, Venezia e Verona a contribuire al ridimensionamento delle unità locali, dato il sempre più accentuato sviluppo di attività di consulenti e liberi professionisti (quasi sempre unità locali con un solo addetto) nell'ambito dei servizi alle imprese (tabella 4.1).

I cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella distribuzione settoriale degli occupati evidenziano una ricomposizione economica a favore dei servizi: la dinamica espansiva del terziario ha portato ad un aumento dei posti di lavoro in questo comparto in tutte le province, a scapito dell'occupazione nel settore primario e nell'industria. Nei dieci anni considerati Verona e Vicenza sono le province che registrano il maggior incremento della quota di addetti che lavorano nell'ambito dei servizi: rispettivamente il 38% ed il 36%. Cresce, anche se di poco, l'occupazione nelle attività commerciali, eccetto che per le piccole province dove, invece, si rilevano diminuzioni intorno all'8%.

Come già detto, comunque, anche l'ultimo censimento fotografa la nostra regione come una regione ad elevata vocazione industriale, dovuta soprattutto alla consistente concentrazione di attività manifatturiere nel territorio veneto, che coinvolge non solo le province di dimensioni maggiori, ma anche le più piccole, tanto che Belluno conferma una specializzazione manifatturiera allineata alla media regionale in termini di unità e addirittura superiore in termini di addetti. L'incidenza produttiva più elevata spetta comunque a Vicenza che occupa ben il 53% dei suoi addetti nel 22% di unità locali che dedica all'ambito industriale. La prevalenza del settore manifatturiero nel 2001 è evidente anche dal confronto con le altre province italiane: nella graduatoria nazionale per l'incidenza percentuale di addetti in tale settore, le province di Vicenza, Treviso e Belluno si collocano rispettivamente al primo, sesto e settimo posto.


Inizio Pagina  4.2 I dati INAIL

Come si è detto, le informazioni di fonte INAIL utilizzabili per studiare gli addetti sono disponibili soltanto a partire dal 2000 grazie ai dati distribuiti attraverso i flussi informativi ai sensi del protocollo d'intesa INAIL-ISPESL-Regioni del 2002. I dati di questo paragrafo si riferiscono al 2001 che è l'ultimo anno del periodo considerato in questa pubblicazione; le informazioni riguardano le posizioni assicurative territoriali (PAT) che non coincidono esattamente con il termine di unità locale utilizzato in altre banche dati e nei censimenti (le unità locali possono avere diverse PAT). Per gli anni 2000 e 2001 non è possibile individuare le aziende che si avvalgono di accentramento contributivo e gli addetti sono quelli stimati su base salariale media.


Il primo dato che emerge nella sua evidenza è l'elevato numero di piccole aziende, dato comune anche al resto d'Italia e confermato anche dai censimenti; la presenza di aziende costituite da un solo artigiano (tabella 4.2) senza dipendenti è proporzionalmente molto variabile nei diversi comparti produttivi (si va dallo 0,9% del commercio al 60,9% dei trasporti), mentre le aziende fino a dieci addetti occupano il 43% dei lavoratori. Quest'ultimo è un dato molto significativo da un punto di vista infortunistico, poichè proprio le piccole aziende, al di sotto di quindici addetti, sono quelle dove è più difficile trovare un'organizzazione strutturata per la sicurezza sul lavoro e dove è più alta la frequenza di infortuni.

Tra i vari comparti produttivi ci sono diverse differenze dimensionali nelle aziende e le piccole imprese non sono distribuite allo stesso modo (tabella 4.3): soprattutto le costruzioni, il commercio, i trasporti, ma anche la lavorazione del legno e l'agrindustria sono gli ambiti caratterizzati da una maggiore presenza di piccole aziende, ossia con al massimo dieci addetti, dove vi trovano occupazione oltre la metà degli addetti in questi settori (addirittura quasi i tre quarti degli addetti nelle costruzioni); le aziende di maggiori dimensioni operano, invece, nell'industria metallifera, nella distribuzione di elettricità, gas e acqua e nel comparto delle concerie.

Il comparto prevalente dal punto di vista dei lavoratori occupati è quello dei servizi; si deve però ricordare che la classificazione utilizzata (basata sulla voce di tariffa INAIL) fa rientrare in questo comparto anche gli impiegati e altro personale addetto a lavori d'ufficio che opera in aziende industriali; pertanto questa categoria è quella che presenta le più evidenti differenze rispetto alla classificazione ATECO, utilizzata nei censimenti, che è di tipo merceologico e tiene conto soprattutto del tipo di prodotto finale dell'azienda (figura 4.8). Per gli altri comparti, ad eccezione del commercio e dell'industria dei metalli, e in misura minore trasporti e sanità, i dati sembrano coincidere abbastanza, tenuto conto della diversità intrinseca delle classificazioni e il diverso campo di applicazione della norma assicurativa. Per quanto riguarda il commercio, la differenza potrebbe essere spiegata dalla numerosa presenza di ditte individuali in questo comparto che non sono assoggettate all'INAIL.

Dai dati INAIL è possibile pertanto valutare in quali tipi di produzione siano occupati i lavoratori che corrispondono a voci tariffa di tipo impiegatizio e quindi inseriti nel comparto dei servizi; come si vede in tabella 4.4, la parte più rilevante di questi lavoratori opera in attività commerciali, in attività industriali vere e proprie e soltanto una piccola parte nei servizi pubblici (sanità, istruzione, pubblica amministrazione).

Si deve anche tenere conto del fatto che i dipendenti dello Stato hanno una forma particolare di assicurazione e non figurano nell'archivio aziende diffuso dall'INAIL, mentre vi sono considerati, dopo il passaggio a forme di contratto privatistico, gli enti locali e le ASL.

Altri settori difficili da studiare utilizzando i dati INAIL, almeno fino al 2001, sono quelli in cui sono presenti le cosiddette polizze speciali; in questi casi attualmente non è noto il numero di addetti e l'attività non è codificata con una voce di tariffa (salvo alcuni casi in cui coesistono soci e dipendenti). Il problema riguarda soci di cooperative di pesca e facchinaggio ed altre situazioni indicate in tabella 4.5.

Infine nel CD allegato alla pubblicazione si propone la tabella 4.6, piuttosto articolata, con il dettaglio delle voci di tariffa distinte per comparto e per le quattro gestioni INAIL, con numero addetti (dipendenti e artigiani) e numero di posizioni assicurative. In questo modo è possibile anche individuare come sono state attribuite le varie attività produttive ai comparti utilizzati nel seguito della pubblicazione per classificare gli infortuni sul lavoro.


Figura 4.1
Figura 4.2
Figura 4.3
Figura 4.4
Figura 4.5
Figura 4.6
Figura 4.7
Tabella 4.1
Tabella 4.2
Figura 4.8
Tabella 4.3
Tabella 4.4
Tabella 4.5
Tabella 4.6 (stralcio)
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