9. LA RICERCA E L'INNOVAZIONE
Il sostegno dell'innovazione e quindi degli investimenti in Ricerca e
Sviluppo (R&S) risulta una necessità sempre più stringente per aumentare la
competitività del sistema socio-economico - non a caso è messo ai primi posti
dell'agenda politica dell'Unione europea. Funzionale al raggiungimento di tale
scopo è un coordinamento efficace delle risorse finanziarie ed umane, attraverso
il coinvolgimento di tutti gli attori dell'economia siano essi pubblici o
privati, università o imprese. Nel 2000 l'Unione europea a Lisbona si è
prefissata l'obiettivo di ridurre, in termini di crescita economica, il
distacco dagli USA e dal Giappone e di contenere le conseguenze negative
dovute all'entrata di nuovi protagonisti nei mercati internazionali, aumentando
la competitività del vecchio continente nel giro di dieci anni. I Paesi UE si
sono impegnati a portare collettivamente entro il 2010 l'incidenza della spesa
in R&S ad una quota pari al 3% del PIL, con solo un terzo finanziato dalle
casse pubbliche. Nel 2002 l'UE25 ha raggiunto una quota pari all'1,9% del Pil, quasi analoga
al 2% dell'UE15, ad indicare che l'ingresso dei nuovi dieci paesi non ha
sostanzialmente allontanato l'Unione dal suo obiettivo. Diversa, invece, è la situazione nei singoli paesi: a fronte di stati come
la Svezia e la Finlandia che hanno superato l'obiettivo già nel 2001 e
confermato il loro primato nel 2002, ci sono paesi che destinano alla spesa in
R&S quote più contenute del Pil, tra questi l'Italia con l'1,2%.Tale forma di
investimenti nel Veneto si è notevolmente evoluta negli ultimi quattro anni, con
un incremento della spesa del 61% e della sua quota sul prodotto pari al 43%,
ma si mantiene ancora distante dall'obiettivo europeo. L'Italia, pur avendo incrementato nel 2002 la spesa (+7,6%) in modo più
incisivo di ciò che ha fatto l'intera Unione (+4%), per raggiungere l'obiettivo
di Lisbona negli otto anni successivi dovrebbe registrare un tasso di incremento
annuo dell'incidenza della spesa sul Pil di circa il 20% rispetto alla quota
del 2002 a cominciare già dal 2003. Non abbiamo ancora i dati ufficiali del
2003 per dire quanto ci si è avvicinati o allontanati dal target, ma possiamo
dire che il Veneto ha manifestato un forte impulso in tal senso nel 2002,
aumentando tale quota di circa il 18%. La situazione descritta dà adito alla necessità di incentivare gli
investimenti e l'impiego di risorse in questa attività, al fine di potenziare le
infrastrutture materiali e immateriali, creando condizioni più favorevoli ad un
arricchimento del nostro paese negli ambiti della ricerca, inducendo i nostri
migliori cervelli a restare in Italia, contrariamente alla loro tendenza a
fuggire dagli ambienti originari di studio. A livello nazionale la spesa in R&S si distribuisce quasi equamente tra il
mondo imprenditoriale e le amministrazioni pubbliche unite alle università,
queste ultime due coprono complessivamente poco più del 50% della spesa totale.
Nel Veneto sono le imprese e le università a gestire la maggior parte della
spesa complessiva per attività di ricerca, spendendo rispettivamente una quota
pari a 45% e 43%. Nell'investire in questo campo, il Veneto si è adoperato in
tutti gli ambiti in modo più vivace rispetto all'intera nazione: nel 2002 si
evidenzia la forte crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche (+34%,
contro +2,9% dell'Italia), e delle università (+32%, contro +8,5% a livello
nazionale). Partendo da una già forte presenza sul campo, le imprese hanno
invece dimostrato una dinamicità più spenta rispetto agli altri settori
istituzionali, pur crescendo ancora nel Veneto (+8,2%) in modo più deciso
rispetto all'Italia (+6%). Nel 2002 è aumentato del 7,8% il personale occupato nelle attività di ricerca
nel Veneto (+6,6% in Italia). Ma sono poco più di 2 gli addetti nel Veneto ogni
mille abitanti, un terzo del valore europeo e quasi un addetto in meno
rispetto all'Italia. Nella direzione di incentivare tale ambito occupazionale
nella regione spinge soprattutto il mondo imprenditoriale che nell'ultimo anno
ha aumentato il personale addetto alla ricerca del 12,6%, con un distacco di
cinque punti percentuali rispetto alla variazione media nazionale . Anche le
università hanno contribuito notevolmente a tale andamento (+4,2%),
contrariamente al settore pubblico che nel Veneto ha ridotto in modo
consistente l'impiego di risorse umane in questo campo. Nel 2002 si sono spesi nel Veneto per R&S 85.707 euro per ogni addetto
dedicato a questa attività, più di 89.000 euro in Italia, 67.544 euro in UE25,
ad evidenziare che, pur nella distanza dagli indici generali di spesa di livello
europeo, il rapporto tra entrambi i fattori finanziario ed umano risulta da noi
più elevato. Nel Veneto le università profondono una intensità di spesa pari
a più di due volte e mezza la media europea, superando di 14.038 euro anche la
spesa media per addetto nazionale; anche il settore della Pubblica
Amministrazione in Veneto si esprime attraverso una maggiore intensità di
spesa , contrariamente a ciò che avviene nel mondo imprenditoriale, a
stigmatizzare una dinamica della spesa meno vivace a fronte di un più
sostenuto incremento di addetti. Dalla costante aspirazione all'obiettivo europeo e dall'interpretazione delle
tendenze in atto, emerge in definitiva sempre più la necessità di puntare con
decisione verso l'innovazione, promuovendo sinergie tra reti locali di piccole
società, atenei e centri di ricerca, secondo modalità cui si sta già assistendo
da alcuni anni, finalizzate alla naturale attivazione di un circuito virtuoso
funzionale alla crescita generale, alla produttività delle imprese, alla loro
competitività, ad ulteriore stimolo degli stessi percorsi innovativi in atto. La Bilancia tecnologica dei pagamenti e i brevetti Nel 2003 in Italia, come in Veneto,
la Bilancia Tecnologica dei Pagamenti
(nota 1)
(BPT) , quale indicatore esplicito della capacità del paese di produrre ma anche
di utilizzare tecnologia avanzata, si mantiene in deficit, continuando ad
importare tecnologia dall'estero più che ad esportarne. Nel corso degli ultimi anni, tra le diverse componenti che concorrono al
posizionamento dell'Italia, lo scambio di servizi a contenuto tecnologico , che
consente di incrementare il potenziale innovativo mediante l'acquisizione di
abilità tecniche, e quello inerente l'attività di ricerca e sviluppo hanno
registrato saldi positivi. Analogamente nel Veneto, per le medesime tipologie
transazionali, i saldi si attestano su valori positivi . Tale andamento viene
confermato dall'indice di copertura della BPT , che equivale al rapporto tra
incassi e pagamenti, che nel Veneto assume un valore pari a 1,8 per i servizi
a contenuto tecnologico, esprimendo un ammontare di incassi quasi doppio
rispetto ai pagamenti. Anche negli scambi per attività di R&S si evidenzia la
maggiore capacità di cedere conoscenze quale investimento sull'innovazione
futura, con un indice pari a 1,4, quasi a contrastare la generale debolezza
interna dibattuta ad inizio capitolo. È da dire che il finanziamento
dell'attività di ricerca ha assunto un ruolo centrale nell'ambito dei processi
di diffusione e trasferimento di tecnologia. Secondo gli standard
internazionali, questi flussi vanno trattati assieme alle altre transazioni in
tecnologia, nonostante si riferiscano ad un fenomeno atipico: essi infatti non
riguardano i frutti diretti dell'attività di R&S, ma servono a finanziarne
l'input, possono essere quindi considerati un contributo per l'accesso ai
risultati futuri della ricerca tecnologica, costituendo così un pagamento per
un output. Il 47,3% degli incassi complessivi dell'area del Nord Est (nota 2) è da attribuirsi
al Veneto, anche se l'area nord orientale, con il 9,4% degli incassi sul totale
nazionale, permane al terzo posto, dopo la ripartizione nord occidentale ed il
centro, anche a causa del peso dei soggetti non imprenditori, quali la Pubblica
Amministrazione nel Lazio, che contribuiscono agli introiti complessivi
soprattutto per ciò che riguarda gli studi tecnici e l'engeneering. Anche dal
lato dei pagamenti il Veneto contribuisce in modo consistente (42%), al totale
dell'area nord orientale, che, a sua volta, concorre all'ammontare nazionale
per il 13,4%, sempre condizionato da soggetti quali la Pubblica Amministrazione
nel Lazio. La situazione dei saldi distinti per paese vede il Veneto complessivamente in
debito verso l'Unione Europea, ma con una situazione piuttosto differenziata
per paese: da un saldo negativo di quasi 33 milioni di euro con i Paesi Bassi,
si passa a un saldo positivo con il Regno Unito di quasi 10 milioni di euro.
Tra i paesi esterni all'Unione Europea, si registrano saldi negativi di
dimensioni consistenti con la Svizzera e con l'Europa dell'Est, viceversa
positivi in tutte le altre aree. Spesso alla limitata entità degli investimenti in R&S si aggiunge la scarsa
capacità di valorizzare, soprattutto da parte del mondo privato, la stessa
attività di ricerca, ossia di tradurre in prodotti e processi economicamente
valorizzabili le scoperte, le innovazioni, le "opere dell'ingegno". Queste
spesso risultano non formalizzate e infatti il Veneto e l'Italia, per quanto
concerne le domande di brevetto presentate all'EPO (nota 3) , confermano nel 2002 il
loro ritardo rispetto all'UE dove è più radicata la consuetudine alla
registrazione dei brevetti. Il Veneto, per ciò che riguarda il numero di brevetti per milione di
abitanti, dal 1998 al 2002 si pone comunque in posizione intermedia tra l'Italia
e l'Unione, registrando un aumento nell'ultimo anno a differenza di quanto
accade a livello nazionale. Mantenendoci entro i confini nazionali (nota 4) , nel 2003 sono state presentate
59.145 domande di brevetto, confermando la leggera inflessione dell'anno
precedente. Analogamente nel Veneto, che rappresenta l'8,2% del totale
nazionale, le domande sono diminuite del 4,7%. È da segnalare nell'ultimo anno
l'incremento nel Veneto della tipologia dei modelli utilità e delle invenzioni,
da considerare quindi quali spazi positivi di apertura al mondo veneto
dell'innovazione. La spesa in tecnologie dell'informazione Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione ricoprono un ruolo
rilevante della spesa in R&S. Nel 2002, infatti, in Italia il settore
industriale delle apparecchiature radio-tv e delle comunicazioni si conferma
tale con i suoi 866 milioni di euro per spesa in R&S, pari al 12,3% del totale. In Italia nel 2003 il mercato dell'Information Tecnology (IT) ha subito un
arretramento in termini di spesa del 3,2% rispetto all'anno precedente,
registrando un valore pari a 19,4 miliardi di euro. Ciò si può imputare ad una
serie di cause di diverso tipo, tra cui un atteggiamento di maggiore prudenza
verso nuovi investimenti e progetti nel ramo IT, dato dalla tendenza a
razionalizzare le risorse già a disposizione. Il Veneto assegna l'1,5% del proprio valore aggiunto
complessivo agli investimenti in IT, poco meno di quanto non faccia l'Italia
(1,7%) e, nonostante il generale atteggiamento di cautela, una quota consistente
(8,1%) della spesa nazionale viene effettuata nella regione. Con il 39% della
spesa nord-orientale in questo settore, il Veneto ricopre, insieme all'Emilia
Romagna (42%), un ruolo trainante del mercato nella ripartizione territoriale
Nord Est, che complessivamente sostiene il 21% dell'ammontare della spesa
nazionale. Nella spesa complessiva pro capite il Veneto supera l'Italia di
3 euro, spendendo in IT 340 euro per abitante rispetto ai 337 euro spesi a
livello nazionale, evidenziando in tal senso un'attenzione complessiva
maggiore del sistema veneto rivolto alla soddisfazione dei propri residenti. Direttamente correlato allo sviluppo dell'IT è l'uso che viene fatto di
tali tecnologie attraverso le attività di acquisto e vendita effettuate on line (nota 5)
da parte delle imprese. In Italia tale consuetudine è ancora poco diffusa rispetto ad altri paesi
europei quali quelli del Nord Europa, dove ha oramai attecchito una maggiore
confidenza con lo strumento informatico. Questi continuano infatti a mantenere
il loro status di paesi leader nell'utilizzo di queste modalità di transazione:
in Svezia e nei Paesi Bassi rispettivamente il 22% e il 20% delle imprese con
almeno 10 addetti effettua acquisti on line, mentre il 9% e il 17% realizza le
proprie vendite in rete. Il nostro paese si colloca, invece, agli ultimi posti
nelle graduatorie per paese per l'uso di tali tecnologie. Nel confronto tra le ripartizioni geografiche nazionali, il Nord Est, anche
se in termini di incidenza di imprese che usano il web sul totale delle imprese
e di attività commerciali svolte telematicamente sul complesso delle transazioni
si pone subito dopo l'area nord occidentale, nel 2002 ha dimostrato una
maggiore dinamicità espressa attraverso una crescita del fenomeno tale da
accorciare le distanze con l'area trainante del paese. Per quanto riguarda la voce acquisti , il Nord Est ha registrato, nel 2002,
un ragguardevole incremento sia nel numero di imprese che svolgono questa
attività, che sono aumentate di quasi il 32%, sia nell'incidenza del valore
(+19,7%), evidenziando una marcata tendenza ad utilizzare la rete per provvedere
agli approvvigionamenti. Anche le vendite on-line vedono il Nord Est in piena crescita con un aumento
di circa il 55% del valore ceduto e del 9,4% delle imprese. Tra le tecnologie utilizzate , relativamente all'incidenza di valore scambiato
sia nelle vendite che negli acquisti elettronici, rimane solidamente al primo
posto l'uso di sistemi EDI (Electronic Data Interchange). Questa tecnologia è
nata con l'obiettivo di realizzare lo scambio di documenti tra aziende
direttamente attraverso i rispettivi sistemi informativi automatizzati per
supportare le relazioni commerciali. L'EDI ha avuto e continua ad avere un certo
successo in alcuni settori industriali, come quello dell'auto, della Grande
Distribuzione, della produzione di apparecchi elettronici ed altri, in quanto
di fatto risulta economicamente conveniente quando è possibile utilizzarla per
elevati volumi di transazioni regolari, ripetute e standardizzate. La
diffusione di Internet, comunque, apre oggi molte più opportunità. Permette
infatti di ampliare le applicazioni possibili e anche i loro potenziali
utilizzatori, allargando anche l'orizzonte di intervento sui mercati delle
piccole medie imprese che caratterizzano il tessuto imprenditoriale del Nord Est.
Tra i mercati di provenienza dei beni e dei servizi acquistati via Internet
in entrambe le ripartizioni del Nord prevale senz'altro quello nazionale,
con un valore complessivo di acquisti superiore al 75%. Dal punto di vista
delle vendite , invece, nel Nord Est le destinazioni risultano in parte
riequilibrate, tanto che il mercato dell'Unione Europea raggiunge una quota
pari al 22% a scapito di quello nazionale che si pone al 67%, viceversa nell'
area nord occidentale la quasi totalità delle destinazioni riguarda il mercato
nazionale. Il processo di trasformazione in senso innovativo della Pubblica
mministrazione è in atto ormai da diversi anni, segue le riforme istituzionali
al fine di rendere più efficienti, trasparenti ed accessibili ai suoi
interlocutori i propri servizi attraverso moderne infrastrutture. Per
l'attuazione delle politiche comuni finalizzate a costruire una Società dell'
Informazione basata sull'innovazione, accelerando lo sviluppo digitale dei paesi
membri, la Commissione Europea, attraverso il Piano di Azione eEurope 2002,
ha stabilito un insieme di misure e azioni che gli Stati devono adottare per
trarre il massimo vantaggio possibile dalle opportunità offerte dalle nuove
tecnologie dell'informazione. Un aggiornamento del piano europeo si focalizza
su alcuni obiettivi che coinvolgono un ampio campo d'azione, dalla diffusione
della banda larga e Internet a servizi on line completamente interattivi.
sulla base di questi obiettivi sono stati elaborati degli indicatori. Per ciò
che riguarda l'e-government, ovvero la promozione di servizi della Pubblica
Amministrazione per cittadini e imprese, si sono considerati due indicatori
significativi relativamente a 18 paesi europei (Europa 18 ) (nota 6), denominati
rispettivamente eEurope 2002 (nota 7)
e eEurope 2005 (nota 8) , da cui si possono trarre
alcune indicazioni su come l'Italia si stia evolvendo in questa direzione. Attualmente, con un livello medio di disponibilità dei servizi elevato,
l'Italia risulta essere perfettamente allineata con la media europea,
collocandosi all'undicesimo posto della graduatoria per paese. Soprattutto
nell'ultimo anno si è realizzato un particolare slancio positivo nell'offerta
di servizi della Pubblica Amministrazione. Secondo l'indicatore eEurope 2005, in Italia sono dieci i servizi ormai
completamente disponibili on-line tra i 19 considerati di base. Quindi tali
servizi, disponibili nei siti della Pubblica Amministrazione, sono al massimo
livello di fruibilità e collocano l'Italia all'ottavo posto della graduatoria
europea. A livello locale è ormai definitiva la presenza di Regioni e Province sul
web. Il Veneto, secondo alcuni risultati parziali che coprono la quasi totalità
dei comuni sopra i 10.000 abitanti (97%), si pone circa a metà della graduatoria
delle regioni italiane, che comunque registrano tutte una percentuale di
presenza di siti web comunali superiore all'88%, ad indicare l'elevato impiego
di questo mezzo di comunicazione. Considerando sempre i diversi livelli di fruibilità (nota 9) dei servizi, le
amministrazioni del Veneto sono ad un livello intermedio, in quanto riescono a
rendere disponibile on-line la modulistica necessaria all'avanzamento di
richieste; danno invece minori possibilità all'utente rispetto alla media
nazionale di poter evadere completamente la pratica attraverso la rete, funzione
sottesa alla dicitura massima interattività e transattività.
Torna indietro
|