3. L'APERTURA INTERNAZIONALE
Il 2004 è stato contraddistinto a livello mondiale da una crescita dell'
economia assai sostenuta, stimolata dalla forte domanda di beni e servizi dei
paesi asiatici, Cina in testa, degli Stati Uniti, dei paesi dell'Europa Orientale
e da quelli dell'America Latina che hanno in parte superato le difficoltà
incontrate negli anni precedenti. Anche l'interscambio commerciale mondiale ha
risentito degli effetti favorevoli della congiuntura economica mondiale,
registrando una considerevole crescita annua, superiore al 10%, in termini
reali. Il buon andamento della attività produttiva, in particolare dei paesi
emergenti come Cina, India, Romania, ha sostenuto il commercio mondiale di beni
intermedi, stimolando in particolare la domanda nei settori economici dell'
elettronica, della meccanica e dei mezzi di trasporto, spostando un po' verso
oriente l'asse del commercio internazionale. In questo contesto l'export italiano, dopo due anni caratterizzati da lievi
flessioni, ha fatto nuovamente registrare un aumento del valore degli scambi
(+6,1%), che ha variamente interessato tutte le aree geografiche. L'impennata
dei prezzi delle materie prime ha determinato un sensibile aumento del valore
delle merci importate (+7,3%), tale da incidere in misura decisiva sui flussi di
interscambio; dopo alcuni anni il saldo commerciale (nota 1) nazionale torna ad essere
negativo (-1,5 miliardi di euro). Si evidenzia la crescita delle importazioni
dalla Cina (+23,8%), dalla Russia (+17,7%) e dalla Libia (+20,7%). In questo quadro, nel 2004 il Veneto, dopo la flessione delle esportazioni
(-3,8%) e delle importazioni (-2,7%) nel 2003, vede nuovamente incrementare
l'interscambio di merci rispettivamente del 4,2% per l'export e del 7,4% per
l'import, con un saldo commerciale attivo di circa 8,3 miliardi di euro (nota 2) . Il Veneto si conferma ancora la seconda regione italiana per valore
complessivo di export (39,3 miliardi di euro), con una quota del 14% sul totale
nazionale. Il primato per esportazioni pro capite spetta alla Lombardia
(8.537 euro), segue il Veneto con i suoi 8.528 euro per abitante, 3.655 euro in
più rispetto alla media nazionale. Anche altri indicatori, come il grado di
produttività verso l'estero, che esprime il valore medio delle esportazioni per
ogni occupato dell'industria in senso stretto, e il grado di apertura verso i
mercati esteri, cioè il rapporto tra valore delle esportazioni e il valore
aggiunto dell'industria in senso stretto, evidenziano la propensione del Veneto
ad esportare i propri prodotti rispetto alla media nazionale. Il 2004 è stato un anno positivo per quasi tutte le regioni italiane. La
crescita annua dell'export delle principali regioni, che registrano valori
superiori ai dieci miliardi di euro, si aggira intorno al +6%, con punte del 9%
in Emilia Romagna e di circa il 7% in Toscana. Aumentano anche le importazioni,
soprattutto al Sud e nei settori tradizionali del tessile-abbigliamento, cuoio e
calzature, mobili e articoli per la casa. Le importazioni di Lombardia (+8,2%),
Veneto (+7,4%) e Piemonte (+7,2%), le prime tre regioni italiane per valore di
merci importate, crescono con un tasso annuo vicino a quello nazionale. La UE resta il principale mercato di sbocco per i prodotti veneti con una
quota del 57,2% sul totale delle esportazioni e con una variazione annua
positiva dell'1,9%. Nel 2004 gli incrementi dell'export più significativi
vengono registrati nei flussi diretti verso l'Europa dell'est (+13%), il resto
dell'Europa - Turchia, Norvegia, Svizzera, Islanda - (+20,9%), l'Asia orientale
(+7%), quest'ultimo dovuto essenzialmente all'incremento dell'export con la Cina
(+33,4%), e l'Asia centrale (+25,3%). Si evidenzia inoltre una significativa crescita nell'ultimo anno dell'export
verso la Svizzera (+22,4%), dovuta principalmente ad alcuni prodotti del settore
moda, i Paesi Bassi (+16,5%), il Belgio (+16,2%), la Grecia (+16,7%) e la
Russia (+27,1%). Perdura ormai da alcuni anni la contrazione dell'export verso la Germania,
-4% nell'ultimo anno, la Francia (-5,1%), il Regno Unito (-0,3%) e l'Austria
(-3,2%). Le esportazioni venete in questi paesi, principali mercati di sbocco,
risentono delle conseguenze della loro debole crescita: nel 2004 la UE ha visto
crescere il proprio PIL solo del 2% ed il principale partner commerciale del
Veneto, la Germania, è cresciuto ad un tasso annuo dell'1%. In calo anche le
esportazioni con gli Stati Uniti (-3,6%), che risentono maggiormente dell'
effetto dell'apprezzamento dell'euro sul dollaro. Osservando la dinamica delle esportazioni venete per settore economico, si
evidenzia che a fare da traino sono i settori della meccanica, che ricopre la
massima quota (21,1%) sul totale delle esportazioni e cresce in un anno del 5,6%,
dell'elettronica (+10,7%) e della fabbricazione di prodotti in metallo (+21%).
Prosegue, invece, il momento difficile del Made in Italy, (abbigliamento e
tessile +1,6%, cuoio e pelli +0,3% e fabbricazione di mobili +1,8%), che cresce
con tassi annui inferiori alla media regionale a causa della dura concorrenza
dei nuovi paesi emergenti e per gli effetti della delocalizzazione di tali
produzioni in Cina e Romania. Tra i settori più importanti, infine, si segnala
la flessione delle esportazioni nei settori dei prodotti chimici (-11,2%),
causata dal forte calo dell'export dei prodotti del comparto farmaceutico
(-42,4%), e dei prodotti agricoli e della pesca (-6%). Il contenuto tecnologico dei beni Analizzando il solo settore manifatturiero, che nel 2004 ha rappresentato il
98,6% delle esportazioni venete di beni, e aggregando i settori in base ad una
classificazione standard OCSE (2003) (nota 3) , si nota che dalla fine degli anni '90
la quota di esportazioni venete di beni ad alta tecnologia tende a crescere.La
quota dell'export veneto di merci ad alto contenuto tecnologico passa dal 6,3%
del 1998 all'8,8% del 2004, evidenziando così un graduale aumento delle
esportazioni di quei prodotti che meno risentono della concorrenza, legata al
basso costo del lavoro, dei nuovi paesi emergenti. Pur rimanendo preponderante,
diminuisce, invece, la quota delle esportazioni di beni a bassa tecnologia; si
passa dal 44,7% del 1998 al 41% del 2004. La quota di export delle categorie di
livello tecnologico intermedio, nell'arco di tempo considerato, rimane piuttosto
stabile. Nell'ultimo anno, si rileva una flessione nelle esportazioni di beni ad alta
tecnologia, dovuta esclusivamente alla forte contrazione delle esportazioni del
comparto farmaceutico, e una crescita degli altri tre raggruppamenti di settori,
soprattutto di quelli relativi ai beni a tecnologia medio-bassa (+11,8%) e
tecnologia medio-alta (+6,7%). Concentrandosi sulle esportazioni del settore
dei beni ad alto contenuto tecnologico, si evidenzia che tutti i comparti, ad
esclusione di quello farmaceutico, crescono e che i migliori risultati vengono
realizzati nell'ultimo anno dagli apparecchi radio e tv (+64,8%) e dalle
attrezzature per ufficio e computer (+8,4%). Per le importazioni, nel 2004 si registra un incremento degli scambi che
riguarda la quasi totalità delle aree geografiche, con variazioni superiori alla
media regionale in Asia orientale (+20,2%), in Asia centrale (+20,8%) e nelle
aree di provenienza delle materie prime (Africa settentrionale +12,7% e Medio
Oriente +29,5%). A livello di singoli paesi, gli incrementi di importazioni
più significativi si realizzano con l'Ungheria (+94,4%) e la Cina (+28,6%), che
occupa il terzo posto nella graduatoria dei principali paesi esportatori verso
il Veneto, per effetto dei sempre maggiori flussi che hanno riguardato
soprattutto alcuni prodotti dei settori delle macchine ed apparecchiature
meccaniche, del tessile e abbigliamento e delle macchine elettriche ed apparecchiature elettroniche, presumibilmente legati al fenomeno dell'internazionalizzazione. Da
segnalare, infine, la consistente crescita delle importazioni dalla Grecia
(+78%) e dall'Ucraina (+59,9%). Significativo è il caso dell'Ungheria, dove l'aumento del 94,4% è da imputare
in gran parte a fenomeni di decentramento di alcune fasi della produzione nel
settore dell'elettronica: gli scambi di beni riguardanti la fabbricazione di
apparecchi trasmittenti per la radio diffusione, tv e telefonia hanno originato
nuove importazioni per un ammontare di circa 207,6 milioni di euro, cioè il
30% dell'intero valore delle importazioni venete dall'Ungheria. Anche nel
settore del tessile, principalmente nei comparti della confezione di vestiario
in tessuto ed accessori (+88,3%) e della fabbricazione di articoli di
maglieria (+100,2%), le importazioni sono cresciute in un anno dell'84,1%,
raggiungendo un valore complessivo di circa 226 milioni di euro. Le importazioni sono aumentate in quasi tutti i settori economici, soprattutto
per i prodotti in metallo (+18,8%), le macchine elettriche ed apparecchiature
elettroniche (+38,7%) e le macchine ed apparecchiature meccaniche (+10,2%).
Una leggera flessione si è registrata invece per i settori dei mezzi di
trasporto (-0,6%) e della produzione di pelle e cuoio (-2,3%). Nel 2004 le esportazioni aumentano in quasi tutte le province,
con le uniche eccezioni di Rovigo (-0,1%) e Verona (-1,9%). Nella provincia di Belluno la crescita dell'export(+3,1%) ha interessato
tutti i principali settori economici ad eccezione di quello tessile (-2,5%).
Quanto ai principali mercati di sbocco, cresce l'export con gli Stati Uniti
(+4,7%) e la Francia (+5%). Al contrario diminuiscono gli scambi, in termini di
valore, con la Germania (-13,3%) e il Regno Unito (-3,6%). Si segnala, infine,
la considerevole crescita delle esportazioni verso la Svizzera (+38,6%). Nel 2004 le importazioni della provincia di Belluno crescono di 6,3 punti
percentuali; il calo delle importazioni da Germania (-16,2%) e Francia (-3,4%)
viene più che compensato dall'aumento delle importazioni, soprattutto dei
prodotti legati all'occhialeria, dalla Cina (+39,3%). Negli ultimi tre anni la
quota delle importazioni dalla Cina è quasi raddoppiata, passando dal 12,7% del
2001 al 24,9% del 2004, probabilmente a seguito di un trasferimento di parti
della produzione del comparto dell'occhialeria. Padova registra il maggiore incremento delle esportazioni a livello regionale
(+10,2%); l'aumento interessa tutti i principali settori, escluso quello tessile
(-0,9%). L'incremento dell'export più consistente è stato realizzato dai
prodotti di un comparto dell'elettronica, quello degli apparecchi di trasmittenti
per la radio diffusione, tv e telefonia, che ha visto crescere le esportazioni
della provincia di Padova per un importo complessivo di circa 130 milioni di
euro. Le esportazioni crescono in tutti i principali mercati di sbocco ad
esclusione di quello tedesco (-1,1%). Si è avuto, inoltre, un boom dell'export
con la Grecia (+111,7%), dovuto essenzialmente ai prodotti del comparto
dell'elettronica appena citato, che ha raggiunto l'ammontare di circa 111
milioni di euro nel 2004, equivalente al 45,3% dell'intero export
provinciale con la Grecia. Il principale contributo alla crescita dell'import padovano (+19,5%) è dato
dal rilevante incremento delle importazioni di prodotti del comparto degli
apparecchi di trasmittenti per la radio diffusione, tv e telefonia (+532,7%);
nel 2004 il valore complessivo delle importazioni di tali prodotti è stato di
circa 525 milioni di euro su un totale regionale di circa 846 milioni. A fronte di un lieve calo (-0,1%) delle esportazioni nella provincia di
Rovigo, è aumentato l'export delle macchine ed apparecchi meccanici (+13,7%) e
dei prodotti chimici (+1,5). Le importazioni sono cresciute di 3,5 punti
percentuali, principalmente a causa della crescita del valore delle
importazioni nel settore degli apparecchi elettrici, elettronici ed ottici (+47,9%). A Treviso l'export cresce in un anno del 3,2% e l'aumento interessa quasi
tutti i più importanti settori economici. Significativo è l'incremento degli
scambi con la Cina (+90,8%). Anche l'aumento delle importazioni si aggira
attorno ai tre punti percentuali (+3,1%), vi contribuiscono tutti i principali
settori economici, ad esclusione di quello delle industrie conciarie (-2%).
Dal lato della provenienza delle importazioni si evidenzia la flessione, in
valore, degli scambi con la Romania (-17,1%) e la Germania (-4,9%). Aumentano,
invece, le importazioni dalla Cina (+25,4%), soprattutto nei settori della
meccanica, dei prodotti in metallo e della fabbricazione di mobili, e dall'
Ungheria (+77%). Nella provincia di Venezia, le esportazioni crescono debolmente (+0,6%) a
causa della flessione, in termini di valore, degli scambi nel prevalente settore
dei mezzi di trasporto (-4,7%); al contrario crescono molto le esportazioni nei
settori dei prodotti chimici (+42,1%) e dei prodotti in metallo (+19,2%). È da
evidenziare la crescita annua dell'export con i Paesi Bassi (+189,1%), dovuta
essenzialmente ad una ripresa delle esportazioni nel settore delle costruzioni
di aeromobili e veicoli spaziali, e il rilancio dell'export verso gli Stati
Uniti (+3,6%). Per quanto riguarda le importazioni, si assiste ad una
crescita nell'ultimo anno di +13,6 punti percentuali, dovuta principalmente
all'aumento del prezzo delle materie prime. Nella provincia di Verona, la variazione negativa delle esportazioni (-1,9%)
è da imputare al forte calo dell'export del settore chimico (-43,7%),
soprattutto del rilevante comparto farmaceutico (-50,3%), e alla riduzione delle
esportazioni del settore conciario (-8,1%). Crescono gli altri principali
settori: meccanico (+9%), alimentare (+9,4%) e dei prodotti in metallo (+15,2%). Le importazioni, invece, crescono di 2,4 punti percentuali in un anno, con
incrementi significativi nei settori dell'industria alimentare (+15,4%) e delle
produzioni in metallo (+22,6%). Diminuiscono, invece, le importazioni nei settori
dei mezzi di trasporto (-2,8%) e della lavorazione della pelle e del cuoio (-10%).
Si segnala il rilevante incremento annuo delle importazioni dalla Slovacchia (+158,5%),
provocato quasi esclusivamente da processi di integrazione produttiva internazionale
nel settore della fabbricazione di autoveicoli (243 milioni di euro), per un importo
complessivo di 263 milioni di euro. Vicenza registra un incremento annuo delle esportazioni (+7,6%) che riguarda
quasi tutti i principali settori economici ad esclusione del comparto della
fabbricazione di mobili (-3,4%). Tra i più importanti settori, gli aumenti di
export più consistenti riguardano il tessile (+8,8%) e i prodotti in metallo
(+30,3%). Crescono quasi tutti i principali mercati, con incrementi significativi
delle esportazioni in Francia (+9,3%), Spagna (+10,7%) e Svizzera (+38,5%).
Cresce anche l'export con la Cina (+24,5%), soprattutto nei comparti della
preparazione della concia e del cuoio (+41,8%) e della gioielleria ed oreficeria
(+22%). L'import provinciale aumenta del 6,4%, con incrementi rilevanti per i settori
della produzione di metalli (+15,6%) e del tessile ed abbigliamento (+9,4%).
Dinamiche negative, invece, si registrano nei settori conciario (-3,4%) e dell'
industria alimentare (-7,9%). In molti paesi, gli aspetti della globalizzazione, quali la frammentazione
internazionale della produzione o le diverse forme di affermazione nei mercati
esteri, vengono osservati da prospettive diverse: il consenso per le imprese che
si affermano nei mercati internazionali si accosta al timore che gli investimenti
all'estero possano andare a discapito dell'economia, in termini di produzione
ed occupazione, del territorio d'origine. Appare chiaro che la presenza di
imprese venete all'estero non deve essere solo il risultato di una ricerca di
minori costi di produzione, cioè di difesa, ma deve divenire il frutto di una
strategia di presidio costante dei mercati internazionali, rafforzando il
posizionamento internazionale della produzione veneta e liberando risorse,
umane ed economiche, da impegnare in attività più qualificate e redditizie. Per comprendere meglio questo fenomeno, anche se i dati a disposizione non
sono molti, è quindi necessario analizzare le forme di internazionalizzazione
imprenditoriale e mercantile. Gli investimenti diretti all'estero Dal punto di vista dell'internazionalizzazione imprenditoriale, l'indicatore
principale, anche se non esaustivo soprattutto per le economie a prevalente
presenza di piccole-medie imprese, è rappresentato dagli investimenti diretti
all'estero (IDE), cioè quegli investimenti intesi come partecipazione dell'
investitore nel capitale sociale di una impresa partecipata non inferiore al
10%, che ha come obiettivo la gestione di una impresa estera. (nota 4) Nel 2003 la quota veneta degli investimenti diretti netti all'estero sul Pil
regionale (nota 5) , pari al +1,05%, supera notevolmente, insieme a Friuli Venezia Giulia (+0,74%), Liguria (+0,55%), Lazio (+1,27%) e Molise (+1,14), la media nazionale (+0,42%).
Dall'indagine (nota 6)
riguardante gli Investimenti diretti all'estero del 2004, si nota come, dal
lato delle imprese estere a partecipazione italiana, il Veneto sia la seconda
regione, al pari dell'Emilia Romagna e dopo la Lombardia, per numero di imprese
estere partecipate, con una quota sul totale nazionale del 12,8%. Tale
percentuale cresce (14,4%) se vengono considerate le aziende estere partecipate
del solo settore manifatturiero.
Si tratta di aziende di minori dimensioni rispetto a quelle controllate da
imprenditori di altri paesi. Il numero medio di addetti (48,4) e il fatturato
medio per impresa estera partecipata da imprenditori veneti (8,8 milioni di euro)
sono notevolmente inferiori alla media nazionale. Da qui l'esigenza di creare
dei veri distretti internazionali in cui sperimentare nuovi modelli di
aggregazione, di fusioni, di intrecci societari, per misurarsi con concorrenti
di maggiori dimensioni, meglio strutturati per affrontare le sfide imposte
dalla globalizzazione. Tuttavia la dinamica degli ultimi anni sembra dimostrare
che è in atto una graduale inversione di tendenza: se da un lato i valori
dimensionali medi nazionali tendono a rimanere invariati o in qualche caso a
diminuire, come il fatturato medio per impresa che è passato dai 18,1 milioni
di euro nel 2000 ai 17,6 milioni di euro nel 2004, dall'altro quelli veneti
crescono. Ma la distanza, soprattutto con gli altri paesi europei, resta
elevata. Dando uno sguardo ai valori medi delle imprese estere partecipate delle altre
principali regioni, si osserva che le imprese estere partecipate con il più
elevato numero medio di addetti (133,3) sono da ascrivere al Piemonte,
mentre il Lazio detiene il primato del più alto fatturato medio per impresa
estera partecipata (46,7 milioni di euro). Per gli investimenti in partecipazioni dall'estero, si evidenzia un incremento
nell'ultimo anno del + 0,5% di imprese venete partecipate da imprenditori stranieri,
mentre sia il fatturato complessivo (-1%) che il numero totale di addetti di
queste aziende (-0,7%) registrano una flessione. Leggermente diversa la dinamica
a livello nazionale; si registra un aumento del numero di imprese partecipate
(+2,8%) e una diminuzione degli addetti totali di tali imprese (-1,2%),
mentre, contrariamente a quanto succede in Veneto, il fatturato complessivo
aumenta in un anno di 1,5 punti percentuali. Il Veneto resta attrattivo soprattutto per ciò che riguarda il settore
manifatturiero: infatti circa la metà di imprese a partecipazione estera
appartiene a tale settore e la quota degli addetti, pari all'83,5%, è
notevolmente superiore alla media nazionale (65,5%). Il traffico di perfezionamento Sicuramente bisogna riconoscere che l'internazionalizzazione dell'economia
implica che il volume degli scambi di merci e servizi fra paesi cresce molto
più velocemente rispetto al volume della produzione e, quindi, risulta sempre
più difficile attribuire ai prodotti un paese di fabbricazione. Un indicatore per misurare i flussi di scambio di beni intermedi è il
traffico di perfezionamento, anche se è importante ricordare che negli ultimi
anni la riduzione dei dazi imposti dalla UE ha ridotto il vantaggio delle
imprese europee ad utilizzare il regime doganale del perfezionamento e,
conseguentemente, tale fenomeno risulta essere, a livello statistico, sottostimato. Attraverso il traffico di perfezionamento passivo è possibile rilevare i
movimenti di merci in uscita dal paese di origine destinati ad essere
perfezionati al di fuori del territorio nazionale (esportazioni temporanee)
e quelli relativi alle importazioni nel territorio nazionale di merci che hanno
subito all'estero un processo di perfezionamento (reimportazioni). Al contrario,
con quello attivo vengono rilevati i movimenti in entrata di merci destinate al
perfezionamento nel proprio territorio (importazioni temporanee) e quelli di
esportazione a scarico di precedenti importazioni temporanee (riesportazioni). Prendendo in considerazione i dati riguardanti il traffico di perfezionamento
passivo, dal 1995 il peso delle reimportazioni venete sul totale delle
importazioni cresce costantemente fino al 2001, passando dall'1,4% del 1995
al 3,7% del 2000, per poi diminuire negli anni successivi e raggiungere la
quota del 2,2% nel 2004. Stessa dinamica, nel periodo considerato, anche per
l'incidenza delle esportazioni temporanee sul totale dell'export veneto. Alcuni indicatori, come l'indice di preferenza comparata per attività
economica rispetto all'Italia (nota 7) e l'incidenza delle reimportazioni sul totale
delle importazioni, confermano la tendenza dell'economia veneta ad utilizzare
il commercio internazionale come strumento per decentrare alcune fasi della
propria produzione: gli indici calcolati nel 2004 confermano la propensione
alla frammentazione della produzione nei settori della moda, dei mobili e dei
mezzi di trasporto. A livello geografico, lo scambio di beni intermedi si
concentra nelle aree dell'Europa orientale, cioè in paesi che permettono di
rimanere nel "sistema a rete", e nell'Asia centrale. Per quanto riguarda il traffico di perfezionamento attivo, dall'analisi dei
dati emerge la rilevante incidenza delle riesportazioni sul valore totale delle
esportazioni venete soprattutto nei casi dell'America settentrionale (7,4%),
dell'Asia orientale (4%) e dell'Africa settentrionale (3,7%). Mentre il settore
economico in maggior misura interessato dal perfezionamento attivo, ovvero dalla
pratica da parte di paesi stranieri di perfezionare la propria produzione
localizzandola in Veneto, è quello dei mezzi di trasporto, con una quota di
riesportazioni sul totale delle esportazioni pari al 12,9%. Una spiegazione della notevole differenza tra gli indici di propensione
calcolati attraverso le importazioni temporanee (esportazioni temporanee) e le
riesportazioni (reimportazioni), come nel caso dell'America settentrionale,
potrebbe essere data dalla creazione di nuovi mercati di sbocco nelle aree di
destinazione della delocalizzazione produttiva e, di conseguenza, dalla vendita,
di tutte o di una parte, delle importazioni temporanee negli stessi paesi in
cui si sono trasferiti i processi produttivi.
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