11. LA POPOLAZIONE

Negli ultimi decenni l'area centrale del Veneto si è andata popolando tanto da diventare una omogenea e quanto mai complessa città diffusa. Il fenomeno di espansione demografica e di conseguente urbanizzazione che ha investito la regione ha fatto cambiare la stessa connotazione dei comuni maggiormente coinvolti in tale processo; l'entità di questa trasformazione sottolinea l'importanza che sono andate assumendo le diverse aree interessate, con tutte le connesse problematiche di urbanizzazione, della locazione di servizi, delle modalità di trasporto da finalizzare alla soddisfazione ed al miglioramento della qualità della vita dei propri abitanti.

Di seguito si propone un'analisi sulle dinamiche redistributive della popolazione nei comuni del Veneto nell'ultimo trentennio, basandosi sui dati degli ultimi quattro censimenti demografici, dal 1971 al 2001, integrati con i dati di fonte anagrafica per il periodo successivo fino alla fine del 2003. I dati anagrafici successivi all'ultimo censimento sono aggiornati sulla base delle risultanze censuarie e comprendono le iscrizioni anagrafiche relative a stranieri a seguito della "sanatoria" dovuta alle leggi 189 e 222 del 2002.

La dinamica della popolazione viene presentata attraverso l'andamento del tasso di incremento medio annuo, scomposto nella componente naturale (nota 1), basata sul numero di nascite e di decessi, e di quella che tiene conto della mobilità interna ed estera sulla base dei trasferimenti di residenza, di seguito denominata mobilità anagrafica (nota 2)


Alla fine del 2003 la popolazione nel Veneto ammonta a 4.642.899 abitanti, proseguendo il suo trend crescente ormai in corso da tempo. Negli ultimi trent'anni la popolazione del Veneto cresce con un ritmo di 3,7 persone all'anno ogni 1000 abitanti inizialmente censiti. L'espansione demografica interessa il 72% dei comuni del territorio regionale, nei quali risiede quasi il 68% della popolazione e per cui il tasso di crescita si attesta mediamente su 7,8 persone ogni mille residenti, mentre nel resto dei comuni veneti la popolazione va diminuendo di quasi quattro unità ogni mille all'anno. L'aumento interessa essenzialmente la fascia centrale del territorio regionale, mentre i comuni afflitti dallo spopolamento sono principalmente situati nella zona montana e nella bassa pianura padana, cui si aggiungono i grandi comuni capoluogo di Venezia, Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Ancor più evidente è come ad una significativa perdita di peso dei capoluoghi si contrapponga l'incremento demografico nelle aree circostanti, nelle quali, nell'intero trentennio, si registra il massimo popolamento, generalmente con tassi annui superiori al 10 per mille.

Il primo periodo intercensuario (1971-1981) è ancora di generale crescita (a livello regionale +5,2 per mille all'anno) cui segue, però, un decennio di sostanziale stabilità demografica (+0,8 per mille) nel più generale contesto di crisi economica verificatasi negli anni '80; anche nei comuni che negli anni '70 erano risultati particolarmente dinamici, la crescita è più contenuta, con tassi annuali che generalmente non raggiungono il cinque per mille. Il decennio 1991-2001 è sicuramente più favorevole (+3,3 per mille all'anno): riprende la crescita della popolazione anche se, generalmente, senza i ritmi sperimentati negli anni '70. Nel periodo 2001-2003, infine, la contrazione della popolazione interessa una quota molto ridotta del territorio regionale, mentre l'espansione demografica è massima, con tassi oramai quasi ovunque sopra il 10 per mille all'anno. Il confronto con i periodi precedenti evidenzia come valori così alti siano determinati sicuramente da una reale maggiore spinta della componente straniera, ma anche influenzati dagli effetti che la sanatoria sulle regolarizzazioni ha prodotto sul numero di iscrizioni alle anagrafi comunali nell'anno 2003.


E' soprattutto l'attrattività della regione a determinare l'incremento di abitanti complessivo, tanto da spiegare l'80% del tasso totale di crescita verificatosi nel trentennio a livello regionale: il numero di coloro che entrano nel Veneto supera quello di chi lascia il territorio regionale per trasferirsi altrove, contribuendo, così, ad arricchire la popolazione residente di circa tre nuove persone ogni mille all'anno.

La componente naturale, invece, nell'intero trentennio ha un'incidenza molto relativa, dato che, a causa del diminuire dei livelli di fecondità, da un lato, e del progressivo invecchiamento della popolazione, dall'altro, il numero delle nascite risulta sostanzialmente uguale a quello dei decessi. Resta la fascia centrale ad esprimere le maggiori dinamiche naturali.

Solo nel primo decennio, contrariamente a quanto accade successivamente, è la componente naturale (+3,4 per mille) a determinare la maggiore crescita della popolazione; in particolare in tutta la fascia centrale, compresi perfino i grossi capoluoghi, il tasso naturale è positivo e per la maggior parte dei casi superiore al 5 per mille. Successivamente il crollo dei livelli di fecondità determina la contrazione dei tassi di natalità: in quasi il 50% dei comuni il numero dei decessi eccede quello delle nascite, facendo sì che il tasso naturale a livello regionale risulti negativo. Nel biennio 2001-2003 la situazione migliora per la ripresa della natalità, venendosi a consolidare l'ipotesi di un'inversione di tendenza dopo un lungo trend negativo.

La popolazione cresce, quindi, quasi esclusivamente a causa della mobilità, ad eccezione che nel decennio 1971-1981 (tasso medio annuo di 1,8 per mille), quando il Veneto non è ancora considerato una meta significativa per gli stranieri in cerca di lavoro e il basso livello del tasso di mobilità anagrafica esprime, quindi, l'attrattiva del Veneto solo nei confronti di altre regioni italiane. A partire dagli anni '90 si registra una decisa ripresa del tasso di mobilità sotto la spinta dell'immigrazione straniera, che raggiunge livelli massimi nel biennio 2001-2003, come già detto anche per effetto delle regolarizzazioni. All'arrivo di lavoratori stranieri segue il ricongiungimento dei loro familiari facendo sì che il fenomeno, dapprima principalmente individuale, si sedimenti attraverso la ricomposizione dei nuclei familiari originari.

Inizio Pagina  La mobilità anagrafica interna

Nell'ultimo decennio, oltre all'aumento degli ingressi dall'estero, in Veneto, come più in generale in tutta Italia, si ha una ripresa significativa della mobilità interna, dovuta agli spostamenti di chi cambia residenza all'interno del territorio nazionale. In Italia nel 2002 oltre un milione e duecentomila sono i trasferimenti di residenza interni registrati nelle anagrafi del territorio nazionale, +8% rispetto all'anno precedente e tendenzialmente sempre crescenti dal 1993. Si tratta per lo più di spostamenti di breve raggio, dato che nel 59,2% dei casi si cambia comune di residenza ma si resta sempre all'interno del territorio della stessa provincia. Rispetto al 2001, poi, crescono soprattutto i movimenti sia intraprovinciali che intraregionali (del 9-10%), mentre più contenuta, ma comunque significativa, risulta la crescita dei trasferimenti di distanza maggiore (5,1%).La mobilità tra regioni conferma la ripresa delle migrazioni lungo le direttrici tradizionali: ci si sposta principalmente dal Sud (32% delle cancellazioni anagrafiche totali) per recarsi al Centro o al Nord, specie nelle regioni del Nord-ovest, dove si concentra il 29% delle iscrizioni anagrafiche totali. Aumenta in modo particolare l'attrattività delle regioni del Nord-est, caratterizzate nel decennio 1993-2002 da una più vivace situazione economica, confermandosi, pertanto, quali importanti poli di attrazione per un numero crescente di lavoratori. Le regioni nord orientali, infatti, registrano i saldi interregionali tra i più elevati del Paese, dopo essere state storicamente aree di emigrazione verso le regioni nord occidentali e verso l'estero. A fronte di un aumento del 41% delle cancellazioni anagrafiche si registra una più intensa crescita delle iscrizioni (52%), tanto che per effetto degli interscambi regionali la popolazione del Nord-est nel 2002 aumenta di quasi 29.700 abitanti, ben circa 13.000 unità in più rispetto al saldo migratorio interregionale registratosi nel 1993. In particolare si intensifica l'attrazione esercitata nei confronti delle regioni del Sud e delle Isole, da cui proviene il 53% di chi si trasferisce in uno dei comuni del Nord-est (mentre nel 1993 era il 41%).

Come le altre regioni del Nord, anche il Veneto vede aumentare la propria popolazione per effetto della mobilità interregionale: nel 2002 quanti trovano interesse a trasferirsi nel nostro territorio sono più numerosi di coloro che lasciano il Veneto per spostarsi in altre regioni d'Italia, circa 7.000 in più, contribuendo a far aumentare la popolazione di circa 1,5 unità ogni mille residenti, superiore ad esempio al dato del 1995 (1,2 per mille). In un confronto regionale, il Veneto si posiziona al sesto posto per livello di attrattività, distaccato dall' Emilia-Romagna, dalle Marche e dal Friuli Venezia-Giulia, ma anche dall'Umbria e dalla Toscana.

Sono soprattutto le regioni del Sud, tradizionalmente più propense all'emigrazione, a trovare particolarmente attrattiva la nostra regione, soprattutto la Campania, la Sicilia e la Puglia. Rispetto al Friuli Venezia-Giulia, all'Emilia-Romagna e alla Toscana, invece, risulta che sono soprattutto i veneti a scegliere di trasferirsi in queste zone, piuttosto che il contrario. Infine, gli interscambi con le altre regioni del Nord, ad eccezione del Piemonte, e in generale con l'area del Centro Italia, fanno registrare per il Veneto saldi migratori molto contenuti, seppur sempre positivi.

Inizio Pagina  L'ampiezza demografica dei comuni

L'ampiezza demografica dei comuni permette di comprendere meglio la dinamica ridistributiva della popolazione. Il processo che ha portato i comuni all'attuale consistenza e composizione demografica è, infatti, differente per caratteristiche e intensità a seconda della dimensione demografica dei territori.

Più di altre regioni italiane il Veneto è caratterizzato dalla presenza di comuni di modesta dimensione demografica: la quasi totalità dei comuni conta una popolazione tra i 1.000 e i 10.000 abitanti, in particolare il 29,5 % rientra nella classe con 1.000-3.000 abitanti e il 25,2% ha più di 5.000 residenti ma meno di 10.000. Sopra i 50.000 abitanti si trovano solo sette comuni, tra questi Venezia, Verona e Padova superano i 200.000 abitanti.

Da un punto di vista demografico, i comuni più dinamici nell'intero periodo 1971-2003 sono quelli che accolgono tra i 5.000 e i 20.000 abitanti: si tratta nel complesso del 39% dei comuni veneti, per lo più situati nella fascia centrale del territorio regionale, in cui si concentra oltre il 45% della popolazione. In particolare, l'espansione è maggiore per i comuni la cui dimensione varia tra i 10.000 e i 20.000 abitanti (+9,4 persone ogni mille all'anno) e un po' più contenuta per gli altri (+7,8 per mille). Per entrambi la componente comprensiva dei trasferimenti interni ed esteri incide per quasi il 70% del tasso di incremento totale, ma anche il peso della componente naturale non è trascurabile (superando le due unità annue ogni mille, e raggiungendo quasi le tre unità per i comuni tra i 10.000 e i 20.000 abitanti, che sono i più alti valori registrati nel territorio); la maggiore presenza di coppie giovani e in età riproduttiva in questi comuni, meta già dagli anni '70 dei flussi provenienti dai grandi centri e dai piccolissimi comuni, ha decisamente favorito la natalità; qui il numero delle nascite nei vari anni è, infatti, sempre superiore a quello dei decessi, contrariamente a quanto accade nel resto del territorio regionale.

Una situazione di sofferenza, invece, caratterizza i comuni sotto i mille abitanti e quelli sopra i 50.000, che risentono di valori negativi non solo del tasso naturale, ma anche di quello di mobilità. Tra i comuni di maggiore dimensione demografica, i tre grossi comuni capoluogo con oltre 200.000 abitanti, cioè Venezia, Verona e Padova, hanno la peggio: il decremento medio annuo complessivamente supera le 4 unità per mille e, diversamente che altrove, particolarmente sentito è il peso della mobilità, che incide negativamente ancor più di quello della componente naturale. L'esodo dai grandi centri e in particolare dai grossi comuni capoluogo ha inizio già dagli anni '70; questi diventano sempre più inadatti ad offrire adeguate condizioni abitative vantaggiose alle nuove famiglie e alle giovani coppie.

Ma la situazione più critica si osserva nei comuni piccolissimi, ossia con meno di mille abitanti, in cui però si concentra appena lo 0,6% della popolazione regionale: nel lungo periodo, infatti, la popolazione si riduce del 19% con una perdita media annua di quasi 7 unità ogni mille. Sono essenzialmente zone di montagna, ove le condizioni di lavoro particolarmente difficili e l'incertezza dei redditi producono un forte esodo della popolazione, soprattutto di quella giovanile, verso centri con possibilità occupazionali più remunerative e sicure.

Inizio Pagina  Una svolta nei capoluoghi e nelle cinture

I capoluoghi e le rispettive cinture (nota 3) sono ambiti espressivi delle maggiori trasformazioni che si sono verificate negli ultimi trent'anni di storia del Veneto: ad una significativa perdita di peso dei capoluoghi si contrappone l'incremento demografico nelle aree circostanti.

I comuni di media-piccola dimensione hanno costituito negli anni, come abbiamo visto, i principali bacini di attrazione demografica, ma si sono voluti considerare questi ambiti metropolitani che ospitano nel 2003 il 63,4% della popolazione del Veneto e che costituiscono costante oggetto di attenzione a causa delle preponderanti pressioni da essi esercitate ovvero per la continua sperimentazione di sistemi coordinati di mobilità o ancora per la rimodulazione avvenuta nei settori di attività economica.

I comuni capoluogo risentono di una perdita di popolazione (nel complesso pari a 3,5 unità all'anno ogni mille residenti per l'intero periodo considerato), variamente manifestatasi negli anni, che ha vissuto il suo culmine nel decennio 1981-1991, per poi rallentare nel decennio successivo, intravedendo negli anni più recenti (2001-2003) un'inversione di tendenza. Fanno eccezione Belluno e Rovigo, che si differenziano dai capoluoghi dell'area metropolitana centrale e che rimangono comunque attrattivi.

Nell'intero periodo è Venezia a risentire maggiormente del fenomeno, facendo registrare un tasso negativo annuale di popolazione pari a 7,7 abitanti ogni mille censiti, seguita da Treviso e Padova (-3,2) e Vicenza (-1,4). A Verona il fenomeno si manifesta secondo dimensioni ancora più contenute (-1 per mille), quasi interamente dovute alla sola componente naturale.

Il fenomeno di urbanizzazione delle aree circostanti il comune capoluogo si è negli anni consolidato, manifestandosi attraverso il sostanziale rafforzamento delle cinture urbane attorno al capoluogo; infatti tutte le aree intorno ai sette capoluoghi, eccetto le zone circostanti Rovigo, conseguono tassi medi annui positivi, condizionati soprattutto dagli ingressi di nuovi residenti: la prima cintura si rafforza in modo particolare a Vicenza, con un tasso di incremento annuo pari +16,2 per mille. Seguono la cintura di Treviso (+15,2), Verona (+13) e Padova (+12,9); più distanziata, quella di Venezia che cresce in modo più contenuto, guadagnando nell'intero trentennio annualmente circa 7 abitanti ogni 1.000 inizialmente censiti.

Anche il popolamento della seconda cintura è piuttosto sostenuto nell'intero periodo, sebbene un po' più contenuto (con un tasso annuo di 6,5 unità ogni mille): segue di riflesso l'espansione della prima. Tra le cinture più esterne è Treviso ad avere un ritmo più sostenuto (9,8 per mille residenti); solo a Venezia le due cinture si sviluppano con la stessa intensità, nella seconda il livello di attrattività supera quello assunto dalla prima cintura.

Tralasciando l'ultimo biennio che, come abbiamo più volte ribadito, è di sostanziale crescita dovuta a fattori di carattere congiunturale, il periodo di maggiore concentrazione di popolazione nella prima cintura corrisponde agli anni settanta, quando iniziava già a manifestarsi la saturazione dei capoluoghi a favore di queste zone, diventate bacini privilegiati di attrazione. Le aree più distanti dal centro guadagnano popolazione in maniera differita rispetto alla prima cintura: prendendo in considerazione i due decenni 1981-1991 e 1991-2001 si nota come l'espansione della seconda cintura segue quella della prima a consolidamento di quel processo di espansione a macchia d'olio delle aree centrali del Veneto.

Inizio Pagina  Le abitazioni

Il processo di ridistribuzione della popolazione sopra descritto è alimentato da diversi fattori, fra i quali, da un lato, la ricerca crescente da parte del settore terziario di occupare gli spazi dei capoluoghi e dei centri urbani in quanto più facilmente accessibili; dall'altro il bisogno, avvertito soprattutto dalle famiglie giovani, di insediarsi in spazi abitativi ampi e in un ambiente di vita meno congestionato più adatto alla crescita dei figli. Restano, così, in città le coppie mature o anziane, e quelle con redditi più elevati. Lo spostamento della popolazione, ovviamente, va ad influire sulla densità del territorio: diminuisce nei capoluoghi ed aumenta sia nelle prime cinture che nelle seconde.

Nel ventennio intercensuario 1981-2001, tutti i capoluoghi subiscono un calo di densità, in particolar modo si evidenzia Venezia, la cui densità diminuisce di 18 punti percentuali. Fra le prime cinture, quelle di Vicenza e Treviso, con una densità cresciuta rispettivamente di 27,8 e 25,5 punti percentuali, si dimostrano aver avuto maggior attrattività. Per quanto riguarda le seconde cinture, infine, si nota un andamento simile per quelle delle città della pianura centrale, Verona, Vicenza, Treviso e Padova, che presentano aumenti di densità compresi fra il 15,5 e il 16,5%.

Il fenomeno di espansione demografica descritto, inoltre, richiede necessariamente una modifica della configurazione urbana del territorio, in particolare comporta una crescente urbanizzazione dello spazio rurale.

A livello regionale, ad una popolazione che cresce di anno in anno corrisponde un aumento del numero delle abitazioni occupate. Alla data del censimento 2001 il Veneto contava 1.699.521 abitazioni occupate, con una variazione del 14,3% rispetto al censimento precedente, con le province di Treviso, Padova e Vicenza a mostrare i valori di crescita più alti.

L'analisi dei dati relativi ai capoluoghi e ai comuni delle loro cinture per i vent'anni intercensuari 1981-2001 conferma la sostanziale tendenza all'espansione residenziale delle zone circostanti il capoluogo, concomitante all'aumento del numero delle famiglie. Spicca su tutti il caso di Padova con aumenti del numero delle abitazioni occupate nella prima e seconda cintura pari rispettivamente a 63,1% e 51,6%, contro i corrispondenti 48,4% e 40,3% del livello Veneto.

Ulteriori indicazioni ci vengono fornite dalle mappe comunali per ogni area provinciale, che mettono in relazione il tasso di incremento annuo della popolazione con la variazione delle abitazioni occupate. I comuni capoluogo, nonostante lo spopolamento, registrano comunque un aumento delle abitazioni occupate, anche se molto più contenuto rispetto ai valori dei comuni delle cinture, come effetto del frazionamento dei nuclei familiari. Appare in maniera alquanto evidente la stretta correlazione fra incremento della popolazione e variazione delle abitazioni occupate.

Per quanto riguarda le caratteristiche degli edifici ad uso abitativo, circa un quinto di essi è stato costruito nel decennio dal 1962 al 1971 e un altro 20% circa nel decennio successivo. In provincia di Venezia appartengono al primo periodo ben 24 ogni cento edifici. Belluno, invece, è la provincia con gli edifici più vecchi: il 30%, infatti, risale a prima del 1919.

Con riferimento alle abitazioni occupate da persone residenti, risulta evidente la netta preferenza dei residenti veneti per la proprietà della propria abitazione, rispetto ad altri titoli di godimento: il 75,7% risulta possessore della casa in cui vive, con punte che superano il 78% in provincia di Padova e Belluno. Nel periodo intercensuario 1991-2001 la proprietà è aumentata del 20% e l'affitto è diminuito di quasi il 10%. La spinta verso la casa di proprietà può essere il frutto di molti fattori, fra cui l'attaccamento al contesto di vita, i legami familiari, una forma di difesa e valorizzazione dei propri risparmi.

La superficie media delle abitazioni occupate venete nel 2001 risulta pari a circa 110 metri quadri, per un totale di 42 metri quadri a disposizione di ogni occupante. I comuni delle zone di montagna, del lago di Garda e della costa adriatica presentano i valori più bassi, probabilmente perché influenzati dalla presenza delle seconde case per le vacanze, che sono tipicamente appartamenti più piccoli rispetto alle abitazioni principali.

Poco più di 410.000 abitazioni occupate da residenti, pari al 24% del totale regionale, ha una superficie compresa fra 80 e 100 metri quadri. Questa classe di superficie comprende la maggior quota di abitazioni in tutte le province eccetto Treviso, che si distingue per avere la più alta percentuale nella categoria oltre i 150 metri quadri.

Nel decennio 1991-2001 risulta diminuito sia il numero medio di stanze (da 4,92 a 4,64) sia il numero di occupanti per stanza (da 0,59 a 0,57), come risposta alla domanda di abitazione proveniente da un numero sempre più elevato di famiglie unipersonali o comunque con un basso numero di componenti.




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Note

  1. Il tasso di incremento medio annuo è calcolato secondo il metodo esponenziale ed esprime quanti abitanti ogni anno si aggiungono (o si tolgono) per mille residenti considerati inizialmente; il tasso naturale è ottenuto considerando le nascite e i decessi avvenuti nei periodi intercensuari e tra l'ultimo censimento e l'anno 2003.
  2. Il tasso di mobilità anagrafica tiene conto dei trasferimenti di residenza della popolazione, registrati nelle anagrafi, tra i comuni del Veneto, tra regioni italiane e di quelli con l'estero.
  3. La prima cintura è costituita dall'insieme dei comuni confinanti con il capoluogo, la seconda cintura è invece costituita dai comuni confinanti con la prima.

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