6. L'agricoltura

Le prime valutazioni del 2003 per il settore agricolo prospettano un quadro non del tutto positivo, in quanto l'avverso andamento climatico ha pesantemente influito sulla produzione delle principali coltivazioni agricole. Anche l'aumento dei prezzi non è riuscito a compensare totalmente la contrazione produttiva, ed il risultato complessivo è una flessione di almeno due punti percentuali del fatturato del settore. Ad incidere ulteriormente sul livello finale del valore aggiunto intervengono inoltre gli aumenti sul fronte dei costi di produzione.

La situazione rilevata in Veneto non si discosta molto da quella nazionale; anche in Italia le prime stime ipotizzano infatti una diminuzione del valore aggiunto. I dati diffusi dall'Eurostat indicano per il valore aggiunto del settore agricolo italiano (ottenuto applicando un deflattore del PIL al valore corrente) una contrazione di superiore al 2%.

Tale diminuzione sarebbe soprattutto imputabile alla flessione delle produzioni vegetali (-3,2%) piuttosto che ai prodotti zootecnici. La situazione risulta generalizzata anche negli altri paesi dell'Unione europea con la sola esclusione del Belgio (+4%), Irlanda (+2,4%), Portogallo (+2,6%) e Gran Bretagna (+9,4%). Tale tendenza, associata alla diminuzione del numero di lavoratori agricoli che si registra in Italia, permette comunque di mantenere praticamente costante il reddito per occupato, mentre a livello comunitario è stato osservato un incremento di questo indicatore di quasi l'1%.

Inizio Pagina  La ripartizione della superficie

Prima di passare ad esaminare più in dettaglio la situazione congiunturale del comparto agricolo veneto, si vuol dare una visione della ripartizione colturale della superficie regionale quale utile ausilio per la successiva interpretazione dei dati economici. La superficie agricola utilizzata (SAU) occupa quasi il 50% della superficie territoriale regionale; i boschi, di considerevole estensione soprattutto nella zona montana, rappresentano il 14% del territorio, mentre le aree improduttive a fini agricoli (viabilità, fabbricati, acque, ecc.) ammontano al 27% della superficie totale della regione (ST). La SAU regionale è investita in maniera preminente in colture seminative (quasi il 70%), oltre il 60% delle quali è rappresentato da cereali da granella; seguono con quote inferiori le coltivazioni industriali (19%) e le foraggere avvicendate (12%). I seminativi caratterizzano il territorio di pianu ra, in particolare della provincia di Rovigo (65% della superficie totale e oltre il 95% della SAU), Padova (54% della ST) e Venezia (90% della SAU). Una percentuale di circa il 13% della SAU è utilizzata per le colture legnose agrarie, di cui il 70% è rappresentato dalla vite e circa un quarto dall'insieme degli altri fruttiferi. Le colture legnose agrarie sono praticate principalmente in provincia di Verona (26% della SAU), che si distingue sia per la viticoltura che per la produzione di frutta fresca (pomacee, drupacee e actinidia), e a Treviso che invece è fortemente orientata alla viticoltura (95% della superficie a legnose).

Inizio Pagina  La produzione delle coltivazioni

Come si è già detto in precedenza la recente annata agraria 2003 è stata caratterizzata da una generalizzata riduzione delle rese produttive delle colture agrarie a causa di avverse condizioni climatiche manifestatesi sull'intero territorio regionale, sia nelle fasi iniziali, per l'insorgenza di gelate primaverili, che nella tarda primavera ed estate, per il protrarsi di scarse precipitazioni associate ad elevate temperature. Il calo produttivo non è stato totalmente compensato dagli aumenti dei prezzi, e infatti la produzione lorda registra in termini correnti nel 2003 una flessione di circa il 2%, dovuta in gran parte alle coltivazioni erbacee (circa 8%) piuttosto che ai fruttiferi ed ai prodotti della zootecnia che registrano un rialzo intorno al 3%.

L'esame dei valori delle produzioni agricole a prezzi costanti rileva un andamento ancora più deficitario con valori negativi per tutti i comparti e un calo della produzione complessiva che varia dal 7 al 9% rispetto all'anno precedente.

Le coltivazioni che hanno sofferto maggiormente della siccità sono state quelle a ciclo produttivo primaverile-estivo: mais, bietola e soia hanno ridotto la resa per ettaro del 30% e oltre rispetto al quinquennio precedente. Per le altre coltivazioni la contrazione produttiva è stata di minore intensità, attestandosi tra il 10 ed il 20% per le più importanti foraggere, legnose e ortive; in controtendenza il tabacco ha visto progredire la resa produttiva di circa il 5%.

Frumento tenero, mais e soia, fortemente diffuse nelle aree pianeggianti del Veneto meridionale ed orientale, hanno evidenziato nel 2003 a livello regionale un sensibile calo della produzione totale che si è riflessa anche nel valore del fatturato, in considerazione di prezzi di vendita in crescita solo nella seconda parte dell'anno. La minor produzione è stata causata essenzialmente dalla penalizzazione delle rese per ettaro e nel caso del grano anche da un ridimensionamento della superficie investita, che risulta invece sostanzialmente confermata per la soia e in ulteriore leggera espansione per il mais.

La recente campagna viticola ha fatto registrare un parziale recupero della produzione totale di uva rispetto alla negativa precedente annata. La superficie investita è per lo più stabile e l'incremento produttivo è dovuto ad un aumento delle rese unitarie (+9% rispetto al 2002) attestandosi comunque su livelli inferiori a quelli tradizionalmente ottenuti nella nostra regione. Con prezzi dell'uva prossimi a quelli della campagna viticola precedente anche il valore della produzione ha fatto osservare un recupero apprezzabile. Il recupero osservato per le produzioni vitivinicole si è riflesso in un incremento del fatturato del comparto delle coltivazioni legnose nonostante il fatto che l'annata sia stata particolarmente negativa per le principali specie frutticole.

Inizio Pagina  I prodotti degli allevamenti

La produzione di latte vaccino, sotto rigida normativa di contenimento della produzione mediante quote, ha fatto registrare nell'ultimo quinquennio una considerevole stabilità delle produzioni e del relativo valore. E' andata invece modificandosi la base produttiva attraverso una regolare riduzione dei capi lattiferi compensata però da un aumento delle rese produttive. La provincia maggiormente produttiva è Vicenza, seguita da vicino da Verona e Padova; il latte prodotto è destinato prevalentemente alla trasformazione casearia.

Durante l'anno, dopo le emergenze sanitarie che hanno caratterizzato nelle precedenti annate il comparto zootecnico, sono aumentati i consumi di carni rosse sia bovine che soprattutto suine a fronte però di un leggero calo di quelle avicole, compensato comunque dal significativo recupero delle quotazioni sui principali mercati regionali rispetto all'annata precedente. L'allevamento di animali da carne è localizzato prevalentemente nella provincia di Verona, che produce quasi il 40% del valore totale, e in secondo luogo in quelle di Padova, Treviso e Vicenza.

Un andamento congiunturale diverso è stato osservato nel comparto dell'industria agro-alimentare che ha ottenuto risultati sostanzialmente positivi, ma qualche seria preoccupazione desta l'andamento degli scambi con l'estero. In evidenza deve essere posto comunque il principio che il settore agroalimentare nazionale e veneto sarà nel prossimo futuro sempre più influenzato dalle scelte di politica agraria prese a livello comunitario e dalle decisioni che saranno raggiunte in materia di commercio internazionale.

Inizio Pagina  Il ricambio generazionale

In tutti i Paesi dell'Unione Europea si registra ormai da diversi anni una tendenza all'abbandono delle aree rurali, più evidente nei contesti marginali, e un lento ma continuo processo di invecchiamento della popolazione attiva rurale. Quest'ultimo è un fenomeno che ha assunto dimensioni molto rilevanti soprattutto a partire dagli anni cinquanta. E' inoltre da tener presente che da un punto di vista demografico la durata della vita media, negli ultimi cinquant'anni, è aumentata considerevolmente.

Se il grado di invecchiamento della popolazione italiana è in generale preoccupante, per le molteplici ripercussioni di tipo lavorativo e quindi previdenziale, lo è maggiormente se lo si analizza per il settore agricolo, dove da anni si assiste ad un duplice fenomeno: la permanenza dei conduttori nella gestione delle aziende agricole, che diventano sempre più anziani, e la mancata contestuale sostituzione degli stessi da parte di generazioni più giovani per una serie di motivazioni economiche e sociali.

In pratica, con riferimento alle singole classi di età, i nuovi entranti non riescono a rimpiazzare completamente quelli che naturalmente passano nelle classi d'età superiori, soprattutto a causa della progressiva riduzione e dell'insufficiente ingresso di unità nella classe 16-24 anni che, soprattutto per il settore agricolo, costituisce il primo gradino della piramide demografica.

Nel corso dell'ultimo decennio la normativa comunitaria, nazionale e regionale ha previsto una serie di iniziative atte ad incentivare il cosiddetto "ricambio generazionale", perché i giovani agricoltori siano posti nelle condizioni ottimali per rilevare un'azienda agricola, subentrando ad un familiare o ad un parente conduttore, oppure di costituirne una nuova, prendendo eventualmente in locazione i terreni e le eventuali infrastrutture. La più recente normativa comunitaria (Regolamento CE n.1257/99, artt. 8 e 10) si rivolge particolarmente al giovane imprenditore di età inferiore ai 40 anni, ponendolo in relazione, mediante aiuti previsti per il prepensionamento, con il concedente, conduttore di azienda agricola che deve avere almeno 55 anni.

Allo scopo di fornire utili elementi per la conoscenza del fenomeno, sono stati elaborati i dati dell'ultimo Censimento dell'agricoltura per il sub-universo dei conduttori di 55 anni ed oltre e con almeno un successore (coniuge e/o altro familiare convivente e presente in azienda e/o parente che lavora in azienda) di età tra 18 e 39 anni, nel tentativo di quantificare il fenomeno del ricambio generazionale attraverso alcune principali caratteristiche strutturali ed economiche delle aziende interessate. L'analisi, pertanto, riguarda solo la parte dei conduttori interessati al ricambio generazionale sottoposto alle normative comunitarie e nazionali, che prevedono, tra l'altro forme di incentivazione diversificata da regione a regione. In realtà, fortunatamente, si è notato anche un altro interessante fenomeno: quello delle aziende con conduttori di meno di 55 anni in cui esiste la presenza di "successori". Infatti accanto ai 51.624 conduttori "con successore" secondo la normativa, in Veneto sono risultati anche altri 41.733 conduttori con meno di 55 anni ma affiancati da altre "presenze familiari" di età tra 18 e 39 anni (figli, coniuge e/o parenti). In sintesi, su 189.494 conduttori veneti, 93.357 (49%) hanno comunque un potenziale "successore" del tipo previsto dalla legge.

Oltre l'80% delle aziende venete condotte da ultracinquantacinquenni "con successori" non supera i 5 ettari di SAU, ed addirittura il 57% non raggiunge i 2 ettari; in termini di totale, al suindicato 80% si attribuisce meno del 30% della SAU regionale e al 57% appena l'11,2%. Al contrario, soltanto il 3% di tali conduttori possono vantare aziende di dimensioni maggiori ed in un certo senso rilevanti economicamente (20 ettari ed oltre).

Tale situazione di limitatezza fondiaria si presenta più marcata per le province di Belluno, Treviso e Padova, per le quali le aliquote dei conduttori "ricambisti" con meno di 5 ettari di SAU (escluse quelli di aziende senza SAU) si aggirano intorno all'85% attribuendosi, tuttavia, non più del 36-37% della rispettiva superficie agricola utilizzata provinciale. Verona e Rovigo risultano essere le province dove si registrano quote dei conduttori in questione con 20 ettari ed oltre più elevate rispetto alle rimanenti province (7% per Verona e 13% per Rovigo).

L'importanza del ricambio generazionale appare ancor più evidente analizzando la ripartizione della superficie aziendale secondo le principali forme di utilizzazione dei terreni; dai dati emerge che la superficie totale delle aziende interessate al fenomeno è pari a 258.527 ettari (21,5% del complesso regionale censito); di tale superficie circa 83 ettari su 100 sono utilizzati nel modo seguente: 59 ettari investiti a seminativi, 24 ripartiti in misura uguale tra coltivazioni legnose agrarie (quasi esclusivamente fruttiferi e vite) e foraggere permanenti (prati e pascoli). La quasi totalità dei rimanenti 17 ettari su 100 è equiripartita tra colture boschive (compresa l'arboricoltura da legno) ed altra superficie improduttiva (aree occupate da fabbricati, rocce, ecc.). A livello di singole province, Verona, con 53 mila ettari circa, registra la quota più cospicua, contribuendo per più di 1/5 alla superficie regionale interessata al ricambio. L'83,7% di essa risulta utilizzata. Al secondo posto si trova Padova con il 18%, di cui l'85,9% di SAU, seguita da Treviso con il 17,7%, di cui l'80,3% ascrivibile alla superficie agricola utilizzata. Al contrario, l'incidenza sul totale regionale della superficie di Belluno soggetta a ricambio è di appena il 4,2%, per lo più imputabile alla colture boschive (32 su 100 ettari).

Su 26,7 milioni di giornate di lavoro effettuate complessivamente nelle aziende venete dalla manodopera agricola aziendale (familiare e non), 8,3 milioni (16,5%) sono state svolte nelle 51.624 aziende interessate al ricambio generazionale, per lo più da parte della manodopera familiare. All'interno di detta manodopera il conduttore ultracinquantacinquenne partecipa con il 52% delle giornate.

Nel Veneto sono 84.180 le aziende zootecniche condotte da una persona fisica (conduttore); in 57.176 di dette aziende i conduttori hanno un'età uguale o superiore a 55 anni (67,9%) e all'interno di quest'ultimi, 27.472 hanno la possibilità di un ricambio da parte di uno o più successori (48%).

Da questa sintesi risulta evidente per l'agricoltura veneta il peso economico delle aziende condotte da ultracinquantacinquenni con possibilità di trasmissione della propria azienda ad almeno un familiare, ma si pone il problema riguardante il futuro di tutte quelle aziende che non garantiscono la possibilità di "ricambio generazionale".

E' una questione che implica molteplici e complessi aspetti e di conseguenza interventi diversificati sia di tipo più tradizionale che innovativo. In tal senso possono essere interpretate le linee emerse dai lavori della Commissione europea e dalla normativa comunitaria relativa al sostegno allo sviluppo rurale, fondate sulla convinzione che l'imprenditoria nel settore primario può farsi anche interprete della multifunzionalità dell'agricoltura, in quanto è in grado di realizzare l'integrazione delle attività e dei redditi, soprattutto nelle zone marginali, attraverso una serie di iniziative connesse alle foreste, alla sorveglianza e gestione delle zone protette e dei parchi, alla manutenzione delle infrastrutture rurali e civili, alla gestione dei beni culturali, ai servizi, al turismo stagionale.

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