5. Le attivita' produttive

Inizio Pagina  La struttura produttiva

In un contesto economico non facile, gli ultimi dati del 2003 riguardanti la dinamica delle imprese indicano che il Veneto conferma la seconda posizione nella graduatoria delle imprese attive italiane, secondo solo alla Lombardia, con una quota nazionale del 9%. Il numero di imprese attive del Veneto è rimasto complessivamente stabile (+0,2% rispetto al 2002), mentre a livello nazionale la crescita è stata dello 0,9%.

Nonostante si tratti di imprese di piccola dimensione, e perciò maggiormente esposte all'andamento negativo congiunturale, la natalità delle imprese venete è risultata vivace nel 2003 ( 7,4% il tasso di natalità), in maniera analoga alla situazione nazionale ( 7,8%). Il tasso di mortalità imprenditoriale del Veneto (6,8%) è lievemente diminuito rispetto a quello dell'anno scorso (7,6%) e complessivamente il saldo realizzato nel 2003 è pari allo 0,6% in linea con quello dell'anno precedente (0,4%).

Inizio Pagina  La forma giuridica

Osservando i dati sotto il profilo della forma giuridica delle imprese si evidenzia un livello di crescita più elevato per le società di capitali (+5,4% rispetto al 2002) e una leggera diminuzione delle imprese individuali (-1%), anche se queste ultime rimangono la tipologia di impresa più diffusa nel Veneto con una quota percentuale del 64,6%.

Inizio Pagina  La dinamica settoriale

I settori più dinamici, tra quelli di maggior incidenza nel totale delle imprese attive, sono risultati quelli legati al mercato immobiliare: le costruzioni e le attività immobiliari assieme rappresentano circa un quinto delle imprese venete e sono cresciuti a tassi rispettivamente del 4,5% e 8,8%.

Tra gli altri settori che hanno evidenziato una maggiore attrattiva imprenditoriale si trovano l'istruzione, le attività immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca, sanità e altri servizi sociali, pesca, energia acqua gas, sono quelli che facendo registrare incrementi dal +3,8% al +13,4%, Variazioni negative si sono registrate nei comparti del manifatturiero (-1,1%), dell' intermediazione finanziaria e monetaria (-1,5%), delle estrazioni di minerali (-1,9%) e dell'agricoltura (-4,7%).

Nel settore manifatturiero si registra un bilancio non del tutto favorevole; risultati positivi arrivano dai comparti dell'industria alimentare e delle bevande (+2,8%), della fabbricazione e lavorazione del metallo (+0,8) e della fabbricazione di macchine per ufficio ed elaboratori (+4,4%), mentre continua il trend negativo per i settori dell'industria del legno e dei mobili (-3,2%), del tessile e abbigliamento (-6,3%), della preparazione e concia del cuoio (-3,7%) e della fabbricazione di apparecchi medicali, di precisione e strumenti ottici (-2,2%).

Nei servizi le imprese attive crescono del 2,9% (da 109.680 unità nel 2002 a 112.823 unità nel 2003). Si segnala il boom del settore immobiliare con un +8,8% nell'ultimo anno e con una crescita complessiva del 39,9% dal 2000 ad oggi; una forte crescita favorita dalla scarsa fiducia e dal deludente andamento dei mercati finanziari degli ultimi anni, e da un basso costo del denaro che ha favorito la richiesta di prestiti bancari per l'acquisto di immobili.

Si registra, inoltre, un notevole impulso nei settori della sanità (+7,1%), dell'istruzione (+3,8%) e dell'informatica e delle attività professionali (+3%). L'unico segno negativo riguarda il settore dell'intermediazione monetaria e finanziaria (-1,5% ).

Inizio Pagina  La dinamica provinciale

Anche nell'analisi provinciale delle imprese attive viene confermata la stabilità del sistema imprenditoriale regionale. Nel 2003 si passa da una variazione annua positiva dello 0,9% per Verona ad una lieve flessione dello 0,3% per Venezia e Padova. Padova ha registrato il maggior numero di nuove iscrizioni (6.700), mentre il primato negativo spetta alla provincia di Vicenza (-11,6%). Per quanto riguarda le imprese cessate, il maggior numero di cessazioni si è verificato, come l'anno scorso, nella provincia di Padova (6.356).

La dinamica provinciale per settore economico del biennio 2003/02 evidenzia indicazioni differenziate per provincia e settore. L'agricoltura registra una flessione in tutte le province venete, tra le quali si passa dallo 0,6% per Belluno all' 8,8% di Venezia; le attività manifatturiere evidenziano una contenuta flessione per tutte le province, con uno scarto minimo compreso tra il 0,5% di Verona e il 2,6 di Belluno, mentre risulta in salute il settore delle costruzioni con crescite superiori al 3% e con Verona che ottiene il miglior risultato (+6,3%). Nel commercio l'unico dato non positivo si registra per Belluno (-0,5%), mentre le altre province registrano un leggero incremento che non supera il +0,6% raggiunto da Treviso; invece per il settore alberghi e ristoranti la crescita maggiore si registra a Treviso (+2,4%), seguono Verona (+1,8%) e Venezia (+1,7%). I trasporti hanno andamenti differenziati: dall'incremento più elevato ottenuto a Verona (+2,4%), si arriva ai dati negativi di Rovigo (-1%) e Belluno (-0,8%). Stessa dinamica invece per tutte le province venete relativamente all'attività immobiliare, noleggio e informatica che mostra un trend positivo con una punta dell' 8,6% per Belluno, seguono Venezia (+7,3%) e Treviso (+6,4%).

Sotto il profilo della forma giuridica, seguendo l'andamento regionale che indica un potenziamento per le imprese più strutturate, anche la tendenza provinciale evidenzia un ritmo di crescita più elevato per le società di capitali; le variazioni annuali migliori si registrano a Venezia (+7,3%) e Rovigo (+6,8%), mentre la riduzione di imprese individuali riguarda soprattutto Venezia (-2,2%) e Padova (-1,5%).

Inizio Pagina  L'artigianato

Anche nel 2003 cresce la dimensione dell'artigianato nel sistema imprenditoriale veneto. Le imprese artigiane attive del Veneto (142.831 unità) sono aumentate dell' 1% e costituiscono il 31,7% del tessuto produttivo locale. Osservando la dinamica degli ultimi quattro anni, si nota il buon risultato ottenuto dalle imprese artigiane con una crescita del 3,6% a fronte di un incremento dello 0,5% dell'intero sistema imprenditoriale regionale. Tale crescita è il risultato della forte espansione del comparto edile e del processo di ampliamento della base di imprese artigiane costituite in forma di società di capitale (+32%), evento legato alle modifiche della legge quadro sull'artigianato.

Dal punto di vista della dinamica settoriale regionale, si registra una forte crescita nei settori dell'agricoltura (+4,8%) e delle costruzioni (+4,7%). Note non positive per i settori manifatturiero, con una variazione annua negativa del 1,4% (-2,2 dal 2000 ad oggi), e del commercio (-2,7%).

Il settore con il più alto numero di imprese artigiane è quello delle costruzioni (36,2%) seguito dal settore manifatturiero (33,6%). Tra le attività tradizionali del settore manifatturiero l'unico segnale positivo arriva dal comparto alimentare (+3,6%), rimane stabile il comparto della fabbricazione e lavorazione del metallo (+0,6%), in flessione tutti gli altri settori con il primato negativo dell'industria tessile (-7%)

L'analisi generale a livello provinciale evidenzia nel 2003 un aumento del numero di imprese artigiane attive in tutte le province della nostra regione. Il miglior risultato si registra a Verona (+2,4%), seguono Treviso (+1,2%), Padova (+1%); aumenti più contenuti vengono riscontrati per Vicenza e Rovigo (+0,4%), chiudono Venezia e Belluno (+0,2%).

Analizzando le tendenze dei vari settori provinciali si segnalano tendenze positive nel settore agricolo con Treviso (+7%) e Belluno (+5,5%) che ottengono i migliori risultati, una significativa crescita per il settore edile con valori sopra la media regionale per Verona (+6,6%) e Padova (+5,1%) e note positive da Belluno (+2,9%), Verona (+1,9%),Vicenza (+1,4%) e Treviso (+1,3%) per l'attività immobiliare, noleggio, informatica e ricerca.

Vengono dal manifatturiero, invece, dati negativi per tutte le province con valori compresi tra lo 0,5% di Verona e il 2,9% di Belluno; per il commercio si assiste ad una flessione delle imprese artigiane presenti in tutte le province con valori compresi tra l' 1,5% di Verona e il 5,1% di Belluno e stessa sorte tocca agli alberghi e ristoranti che registrano un record negativo per Vicenza con 21,7%.

Inizio Pagina  L'imprenditoria femminile e la presenza straniera

Dai dati Infocamere relativi all'imprenditoria emerge sempre più chiaramente la crescita del contributo delle donne venete al mondo dell'economia, elemento considerevole in vista del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona sull'occupazione femminile. La quota percentuale regionale (24,9%) resta ancora al di sotto della media nazionale (26,4%) anche se il quadro che emerge dall'analisi degli ultimi quattro anni vede una estensione del ruolo delle donne nel processo decisionale aziendale.

In Veneto nel quadriennio 2003/2000 la presenza femminile nei ruoli chiave1 dell'impresa è cresciuta complessivamente del 3,1% a fronte di un 1,9% dei colleghi uomini. In tutte le province l'aumento della presenza femminile nelle cariche decisionali è superiore a quello degli uomini; si segnalano le province di Vicenza (+3,8%), Rovigo (+3,7) e Verona (+3,6%).

Analizzando i dati dal punto di vista delle cariche ricoperte, sempre nel periodo 2000:2003, si evidenzia una diminuzione delle titolari (-6,3%), in linea con la flessione generale a livello regionale delle ditte individuali, mentre crescono gli amministratori donne (+18,6%). La provincia di Venezia registra il miglior risultato con una crescita delle donne amministratrici del 25% (+6,7 nel biennio 2003/02).

L'analisi dei dati sull'imprenditoria straniera conferma la crescente presenza di imprenditori stranieri nel tessuto economico locale. In Veneto gli imprenditori stranieri sono 29.200 e rappresentano il 4% del totale degli imprenditori. Negli ultimi quattro anni gli imprenditori stranieri sono aumentati del 43,5%, con crescite più sostenute per gli imprenditori di provenienza asiatica (+93,4%) e per gli africani (+66,3%). La nazione più rappresentata è la Svizzera con 4.102 imprenditori; il Marocco (2.337), di cui 1.238 nel settore del commercio, la Francia (1.941), la Cina con 1.931 imprenditori (+22,9% nell'ultimo anno), presenti principalmente nei settori manifatturiero (927), commercio (497) e alberghi e ristoranti (461), la Germania (1.560) e la Romania con 1.190 imprenditori, di cui 769 nel settore delle costruzioni ( incremento annuo del +52%).

Inizio Pagina  Le relazioni tra imprese

Il vecchio adagio secondo il quale l'unione fa la forza trova una sua valida affermazione anche in campo aziendale. Spesso le imprese medio-piccole possono migliorare la propria competitività solo attraverso la costituzione di legami formali e informali tra le unità produttive. Questo permette di recuperare per via esterna il mancato vantaggio di scala derivante dalla piccola dimensione. Tra i legami che implicano l'esistenza di partecipazioni finanziarie si distinguono quelli che portano alla nascita di gruppi di imprese. Sulla base di informazioni del centro studi Unioncamere, nel 2000 erano 11.220 le imprese venete attive appartenenti a gruppi; considerando solo le società di capitale, per le quali la metodologia di ricostruzione dei gruppi consente di individuare i legami finanziari basati sul controllo di diritto, le imprese in gruppo rappresentano il 25,4% del totale di società di capitale, occupano il 69,5% degli addetti e contribuiscono per il 64% al fatturato.

Fra le imprese con meno di 100 addetti è invece soprattutto l'esistenza di accordi di collaborazione ad avere un ruolo decisivo nei processi di aggregazione esterna. I due ambiti principali di collaborazione, particolarmente diffusi in Veneto, sono quello legato alla produzione di beni e servizi, attraverso rapporti di commessa o subfornitura e quello legato alla fornitura generica di servizi.

Il Comitato Network Subfornitura compie ogni anno dal 1999 indagini campionarie sulle piccole e medie imprese venete che eseguono lavorazioni per conto terzi o su commesse: il fenomeno della subfornitura viene analizzato con particolare riguardo al settore tecnico, che comprende meccanica, elettromeccanica, elettronica, plastica e gomma, e al comparto moda.

Nel settore tecnico, nel corso del 2003, la dimensione media delle imprese è pari a 17,1 addetti, mentre solo il 4,5% ne ha un numero compreso tra 50 e 99: sebbene quindi la dimensione media delle imprese risulti di non elevata grandezza, solo il 29% di queste ha scelto la via del gruppo, del consorzio o dell'alleanza.

Le attività si distribuiscono per quasi i due terzi dell'intero fatturato (65,5%) all'interno dei prodotti realizzati su commessa, il restante fatturato viene prodotto per la massima parte (31,3%) da lavorazioni svolte per conto di terzi e per una quota minima (3,2%) da fabbricazione di prodotti propri. Inoltre il 66% delle imprese coinvolte nel sistema di subfornitura non si limita a svolgere un'attività meramente esecutiva, bensì partecipa attivamente con il committente nella progettazione (50,8%) oppure oltre alla progettazione apporta contributi nella ricerca e nello sviluppo dei prodotti (15,2%).

Le imprese che vantano di operare con un sistema di qualità certificato in base alle norme ISO 9000 sono quasi un terzo di quelle considerate: fra queste ultime circa il 10% ha un progetto di certificazione in corso. Come ci si può aspettare la situazione della certificazione è molto variabile a seconda del numero di addetti: le imprese di 6-19 addetti che sono già certificate sono il 19,2%, di contro per quelle della fascia 20-99 addetti tale percentuale sale al 72,2%. Le motivazioni che in massima parte hanno spinto le imprese a certificare il loro processo produttivo (90,6%) sono state soprattutto valutazioni di opportunità definite all'interno dell'impresa stessa: questa scelta per quasi la metà dei casi ha avuto ripercussioni positive nel consolidamento della clientela esistente e per un 22% il risultato è stato quello di acquisire nuovi clienti.

Per quanto riguarda l'analisi del mercato si nota che esso rimane per lo più "casalingo" e "fedele": il 66,4% del fatturato si realizza dentro la stessa regione (26,1% extra-regione, 7,5% all'estero) e il 58,5% dello stesso viene assorbito dal principale settore di sbocco.

Gli ordini nel corso del 2003, in linea con l'andamento degli ultimi 2 anni, hanno subito una contrazione: il 47% delle imprese ha dichiarato di aver ottenuto una diminuzione degli ordini e solo il 20% ha potuto vantare un aumento.

Il 58,6% del fatturato viene totalizzato grazie ai primi tre clienti di ciascuna impresa (il 33% solamente grazie al primo), in una situazione veneta dove il numero di clienti per impresa si attesta su una numerosità di 81.

Per il settore della moda (tessile, abbigliamento, pelle e calzature) si riscontra che il 79,3% delle aziende deve la totalità del suo fatturato ad attività di subfornitura, fatturato che per impresa è di circa 1.138.000 euro. Nel corso del 2003 il 70% delle imprese ha lamentato un calo degli ordinativi e anche per quanto riguarda l'occupazione si è avuta una leggera flessione (-4,2%).

Come per il settore tecnico, anche in questo caso, la maggior parte del fatturato (67%) è dovuta alla committenza locale, il 22% a quella italiana e il rimanente 11% a quella estera, facendo del Veneto, fra le regioni oggetto dell'indagine, la regione con l'orientamento maggiore al mercato estero.

Inizio Pagina  La congiuntura nell'opinione degli imprenditori

Come già anticipato nell'analisi del conto economico, per il 2003 si stima un ridimensionamento dell'industria veneta in termini di valore aggiunto, ma è interessante, in mancanza di dati ufficiali, capire cosa pensano gli imprenditori della congiuntura economica che si trovano ad affrontare. L'ISAE conduce mensilmente un'indagine congiunturale sulle imprese manifatturiere che dà luogo ad alcuni indicatori relativi agli ordini industriali totali, dall'interno e dall'estero, alla produzione e al grado di utilizzo degli impianti e dalla quale si possono trarre utili indicazioni sull'andamento produttivo, anche se le informazioni vanno trattate con cautela provenendo da un giudizio qualitativo espresso dall'imprenditore.

Tale indagine rileva tra il 2002 e il 2003 un peggioramento dei saldi qualitativi2 sia nella produzione che negli ordini totali, in linea con quanto accade a livello nazionale. Il saldo percentuale relativo alla produzione si riduce dal 2002 al 2003 di 4,5 punti percentuali e quello relativo agli ordini totali di 7,3 punti. Nel 2003 il rallentamento della produzione industriale è attribuibile in misura rilevante al calo degli ordini sia interni che esterni: il saldo percentuale degli ordini interni passa da -16,5% nel 2002 a -20,8% nel 2003, quello relativo agli ordini esteri da -16,8% a - 23,8% nel 2003.

L'indagine di Unioncamere sull'evoluzione dei settori industriali conferma il bilancio 2003 poco positivo per le imprese manifatturiere: la produzione dalla crescita dell' 1,2% del primo trimestre, ha registrato una contrazione dapprima marcata (-4,2% nel terzo trimestre) e poi più contenuta (-0,6% nel quarto trimestre) che ha dato adito ad un cauto ottimismo. Il fatturato conferma la stessa dinamica: è cresciuto del +1,9% a inizio anno, ha segnato una flessione nei due trimestri successivi, per poi chiudere con un +1,3%.

Se i centri studi citati danno un'immagine pessimistica dell'impresa veneta, non si ha la stessa impressione leggendo i risultati di un'indagine condotta da Federveneto API sugli effetti della congiuntura economica sulle imprese iscritte all'API. Da tale inchiesta risulta innanzitutto che il 31% del campione non è affatto d'accordo con l'idea di declino del sistema industriale anzi vede addirittura aumentare la produzione. In generale, comunque, gli intervistati pensano che la crisi italiana sia determinata soprattutto dalla congiuntura sfavorevole a livello internazionale, dal ciclo discendente della domanda internazionale che le autorità monetarie UE, USA e Giappone non sono riuscite a contrastare; dal cambiamento della divisione del lavoro, con la Cina e gli altri paesi emergenti sempre più capaci di offrire prodotti a costi bassi; infine dalla penalizzazione delle esportazioni extra-UE per l'alto livello dell'Euro. Vengono date anche alcune indicazioni sulle strategie per valorizzare il proprio sistema produttivo: la richiesta di una politica industriale da parte del governo di supporto alle PMI e al sistema dei distretti ; viene ritenuta cruciale una politica della UE in materia di accordi internazionali (dazi) con i paesi emergenti; infine credito agli investimenti, nuove regole per il sistema bancario, investimenti in Ricerca e Sviluppo e incentivi all'assunzione di personale laureato, o ad elevato livello di conoscenza scientifica.

Da alcune interviste a imprenditori a capo di grosse imprese venete non emergono segnali di crisi del modello veneto invidiato dal mondo, ma la consapevolezza di attraversare una fase di riflessione che possa dare l'avvio ad un processo di profonda trasformazione e innovato sviluppo. Dopo la tumultuosa crescita degli ultimi anni, con un'export troppo sbilanciato su un'Europa che vive le stesse difficoltà, ora le imprese venete devono solo avere il tempo di ricollocare i propri prodotti, uscendo dal problema del sottodimensionamento attraverso un sistema di relazioni imprenditoriali e giocando la carta dell'innovazione. Fino a qualche anno fa "innovazione" era una delle parole chiave delle aziende votate alla crescita e al raggiungimento di risultati economici significativi. Oggi è sempre di più un passaggio ineludibile anche per le imprese che, più modestamente, cercano di restare sul mercato. I nuovi investimenti dovranno concentrarsi quindi su innovazione e processi di produzione rinnovati per poter posizionare il prodotto su un segmento medio-alto di mercato.

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