14. La famiglia e le dinamiche socio-demografiche

Inizio Pagina  La popolazione

La popolazione legale del Veneto all'ultimo censimento della popolazione nel 2001 ammonta a 4.527.694 abitanti e alla fine del 2002 la popolazione residente risulta aumentata di oltre 49.000 abitanti, pari ad una variazione percentuale del +1,1%.

Il 18,7% della popolazione, pari a 857.660 abitanti, si concentra nella provincia di Padova, il 18,3% nella provincia di Verona con 838.221 abitanti; le province di Belluno e Rovigo raggiungono quote molto inferiori e pari rispettivamente al 4,6% e 5,3% del totale veneto. Rispetto all'anno precedente il numero di abitanti cresce in tutte le province, esclusa Rovigo dove la popolazione resta pressoché uguale. In particolar modo nelle province di Vicenza, Treviso e Verona si registrano incrementi superiori all'1%.

La crescita della popolazione veneta è dovuta ai saldi positivi del movimento naturale, dato dalla differenza tra nati e morti e pari a 1.100 unità, e del movimento migratorio dato dalla differenza tra iscritti e cancellati, pari a 46.485 unità. La componente migratoria è fortemente positiva e crescente sotto la persistente spinta dell'immigrazione straniera. In ripresa però sono anche le migrazioni interregionali, soprattutto dal Mezzogiorno verso il Nord-Est ed il Centro, per motivi legati alle dinamiche occupazionali. Considerando il numero di nuovi iscritti alle anagrafi provenienti da altre regioni, nel periodo 1991-2001 sono appunto le regioni del Nord-Est a segnare l'incremento più alto (+40%), seguono le regioni del Centro (+14%), quindi quelle del Nord-Ovest (solo +2%). Quanto alla componente naturale, il fatto che il saldo dal 2000 fino ad oggi risulti positivo, fa ben sperare per un possibile inizio di inversione di tendenza dopo un trend decennale negativo. Durante il 2002 si sono verificate 43.434 nascite, circa il 3% in più rispetto all'anno precedente, per un tasso di natalità pari a 9,5 nati per 1.000 abitanti, di poco superiore al valore medio italiano (9,4).

A conforto di tale ipotesi si stima che nel 2003, in Veneto, il numero medio di figli per donna feconda sia pari a 1,28, in linea con quello medio italiano (1,29) e nettamente più alto rispetto al dato del 1994, anno in cui il tasso raggiunge il suo minimo storico (1,06).

Dal 1995 ad oggi, il tasso di fecondità risulta, nel complesso, in aumento, anche se l'Italia continua ad essere il Paese europeo con il più basso livello di fecondità insieme alla Spagna e ben al di sotto del valore medio europeo, che nel 2001 si stima pari a 1,47 figli per donna. Ci sono invece Paesi come l'Irlanda e la Francia dove il tasso di fecondità raggiunge quasi il valore di ricambio generazionale pari a 2 figli per donna.

Inizio Pagina  La famiglia

Negli ultimi decenni la famiglia italiana ha subito profondi cambiamenti: rispetto al passato, diversi sono i tempi e i modi di "fare famiglia", nonché l'organizzazione della famiglia stessa. Innanzitutto si assiste al rinvio dell'inizio della vita matrimoniale e, di conseguenza, all'innalzamento dell'età prolifica. A prescindere dall'età biologica, nella vita degli individui sembra allungarsi la fase dell'adolescenza e si rimanda ad età sempre più adulte l'acquisizione di responsabilità individuali, l'avvio di una propria vita autonoma e la costruzione di una propria famiglia. I ragazzi protraggono sempre di più la loro permanenza nella casa di origine, si sposano sempre più tardi e hanno figli in età sempre più matura.

Molteplici possono esserne i motivi: tra gli altri, l'allungamento del percorso di studio, la difficoltà di approdare ad un'occupazione stabile, la volontà di farsi una famiglia solo dopo essersi affermati professionalmente o avere raggiunto delle condizioni favorevoli, quali il possesso dell'alloggio e un livello di reddito ritenuto congruo; non ultimo per importanza, il nuovo ruolo della donna, in particolare l'innalzamento del livello di istruzione femminile e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che, oltre a incidere sui tempi di formazione della famiglia, inevitabilmente determina significative trasformazioni nei rapporti di coppia e, quindi, nell'organizzazione familiare.

Le unioni matrimoniali, inoltre, risultano sempre più instabili con un aumento del numero di separazioni e divorzi. Ne consegue una presenza maggiore di forme familiari diverse da quella tradizionale, formatesi a seguito di una rottura coniugale: aumentano i nuclei familiari costituiti da un solo genitore non vedovo con i figli affidati, i single divorziati o separati, nonché le famiglie ricostituite in matrimonio o in libera unione, ossia le coppie in cui uno dei partner proviene da un precedente matrimonio. Si tratta di forme di vita familiare che stanno progressivamente perdendo il carattere di novità e che meritano sicuramente una certa attenzione per comprendere come muta l'esperienza delle diverse generazioni.

Più frequente è anche l'esperienza della convivenza more uxorio, vissuta non solo come un periodo di prova dell'unione in vista del matrimonio, e in questo caso evidentemente tende a ritardarne la celebrazione, ma anche come forma alternativa al matrimonio stesso.

Infine, grazie all'allungamento e al miglioramento dei livelli di sopravvivenza, cambiano i modi e i tempi della transizione verso la vecchiaia, permettendo il manifestarsi di fasi inedite nei percorsi di vita individuali e familiari.

Inizio Pagina  Il matrimonio

Il matrimonio rappresenta ancora, in Italia, la modalità di gran lunga prevalente per la formazione della famiglia e soprattutto di una famiglia con figli. Le nascite al di fuori del matrimonio, pur in notevole crescita, rappresentano ancora oggi una percentuale contenuta del totale delle nascite (nel 2002, circa il 12,3% delle nascite in Italia e il 12,7% in Veneto, un punto percentuale in più rispetto all'anno precedente).

Diminuisce comunque il numero di matrimoni, dei quali in Veneto, il 31% viene celebrato con rito civile (al di sotto del 10% all'inizio degli anni '80) a testimonianza delle profonde trasformazioni, non solo quantitative ma anche qualitative, che riguardano il modo di fare famiglia.

Cresce soprattutto l'età media degli sposi alle prime nozze: solo nell'ultimo decennio, si registra un innalzamento dell'età degli sposi al primo matrimonio di circa due anni; nella nostra regione le donne si sposano ad un'età poco superiore ai 28 anni (in media a 26,4 anni nel 1992), mentre gli uomini attorno ai 31 (28,9 anni nel 1992).

Inizio Pagina  La permanenza dei giovani in famiglia

L'intensa posticipazione della nuzialità si traduce in una sempre più lunga permanenza dei giovani nelle famiglie di origine. E' particolarmente vero per i giovani tra i 25 e i 29 anni, ma anche per coloro tra i 30 e i 34 anni. Infatti nel 2001, alla data dell'ultimo censimento della popolazione, il 57,5% e il 27% dei giovani veneti rispettivamente con età compresa tra 25-29 anni e 30-34 anni vive ancora con i propri genitori. Tali percentuali risultano superiori rispetto a dieci anni prima, di oltre 12 punti percentuali per i primi e di quasi 10 punti per i secondi. Sia i maschi che le femmine rimandano il distacco dalla famiglia, tuttavia le donne tendono a lasciare la casa dei genitori prima rispetto ai coetanei dell'altro sesso: quasi il 67,2% dei maschi tra i 25-29 anni vive con almeno un genitore contro il 47,5% delle donne della stessa età.

Simile è la situazione a livello nazionale: con riferimento alla tabella seguente, non emergono differenze sostanziali circa la propensione dei giovani adulti a vivere con i genitori, da soli oppure in coppia.

Circa l'80% dei giovani di età 25-34 anni ancora presenti nella famiglia di origine vive con entrambi i genitori, il restante 16% con la madre e una minima parte solo con il padre.

Si stima, poi, che in Veneto circa il 68% dei giovani (18-34 anni) che vive con almeno un genitore sia occupato, solo il 5% in cerca di occupazione e il 24% circa sia studente. La condizione occupazionale dei giovani che vivono in famiglia mette in luce l'esistenza di una forte diversità all'interno del Paese: nelle regioni centro-settentrionali, nel Veneto in particolare, si permane nella famiglia di origine anche dopo aver trovato un'occupazione, mentre nel Sud si rimane a casa dei genitori finché si è studenti o disoccupati e ci si allontana una volta trovata un'occupazione.

La tendenza a rimanere in casa anche dopo i 25 o i 30 anni non è spiegabile, pertanto, solo con l'aumento della scolarizzazione e l'allungamento del percorso formativo, con la difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro o con il desiderio di avere un lavoro stabile prima di sposarsi. Non di rado, anzi, la permanenza presso i genitori si configura come una vera e propria scelta (a livello nazionale quasi il 50% dei giovani che vivono con i genitori dichiara, infatti, di star bene così e di poter godere all'interno della famiglia della propria libertà).

Inizio Pagina  Il rinvio della maternità

La posticipazione della nuzialità porta inevitabilmente al rinvio della maternità. In Italia nel 2000, anno a cui risalgono gli ultimi dati disponibili, l'età media alla nascita del figlio per qualunque ordine di nascita (cioè calcolata in riferimento anche ai figli nati dopo il primo), è pari a 30,4 anni di età, ed è in continuo rialzo fin dagli anni Ottanta (27,5 nel 1980, 28,9 nel 1990 e 29,8 cinque anni dopo). Nel Veneto, così come in molte altre regioni del Centro-Nord, questo valore si attesta ormai attorno ai 31 anni.

Le curve dei tassi di fecondità per età della donna consentono di avere un'idea più precisa su come è cambiato il comportamento delle donne. Vi sono differenze di calendario (in termini di cadenza temporale), ma anche in termini di intensità di fecondità. La classe di età più feconda nel 2000 risulta quella tra i 30 e i 34 anni e non più quella tra 25-29 anni, come invece nel 1980 e nel 1990. Il tasso di fecondità diminuisce per le classi più giovani (nel 1980, ad esempio, si contano 87 nati per 1000 donne tra i 20-24 anni contro 26 nati nel 2000) e aumenta nelle classi di età più avanzate (per 1000 donne di età 35-39 anni: 23 nati nel 1980, 29 nel 1990 e 46,5 nel 2000); si abbassa, infine, il picco di fecondità, passando da un massimo di 102 nati per 1000 donne nella classe di età 25-29 anni nel 1980 a un massimo di 89,4 per la classe 30-34 anni nell'anno 2000.

Inizio Pagina  La composizione delle famiglie

L'analisi dei cambiamenti avvenuti nella famiglia viene proposta mettendo a confronto le informazioni desunte dai vari censimenti con cadenza decennale, uniche fonti in grado di fornire notizie dettagliate ed esaustive sulla famiglia. Per alcune caratteristiche si considera il periodo 1961-2001, per altre si ragiona in termini di ultimo decennio, comunque su un arco temporale di ampio respiro per meglio comprendere i comportamenti e le trasformazioni in atto, per lo più risultati di un processo lento e graduale.

Le famiglie sono sempre di più, ma di dimensioni progressivamente più ridotte: nel Veneto nel 2001 si contano 1.714.341 famiglie, con un incremento del 14% rispetto a dieci anni prima. Il numero medio di componenti per famiglia da 4 nel 1961 scende a 2,6 nel 2001, in linea con il valore medio nazionale.

Si incrementa la percentuale di famiglie composte da una sola persona e si riduce, invece, il numero delle famiglie di maggiori dimensioni. Dal 1961 ad oggi il numero di famiglie con 5 o più componenti diminuisce in modo deciso, dal 35% del totale delle famiglie nel 1961 al 7% nel 2001, circa 4 punti percentuali in meno rispetto a dieci anni prima. Viceversa, nello stesso arco di tempo, le famiglie con un solo componente crescono dal 7,6% al 23,3% del totale delle famiglie. Più stazionario, invece, il dato relativo alle famiglie che contano da due a quattro componenti, che oggi rappresentano quasi il 70% delle famiglie nel Veneto.

Ne risulta una fotografia della famiglia veneta che va di pari passo con quella italiana, ma che si connota anche di particolari significati, in particolare se confrontata con le altre regioni del Nord d'Italia. Per esempio la percentuale di famiglie con 2-4 componenti è superiore di oltre due punti a quella nazionale (69,7 contro 67,2) e soprattutto risulta maggiore il peso delle famiglie con tre componenti, che costituiscono il 23,5% del totale delle famiglie, la seconda percentuale osservata a livello regionale.

Tra le province venete si evidenziano alcune differenze. A Padova e a Treviso le famiglie hanno dimensioni mediamente maggiori che nel resto della regione, comunque ridotte rispetto al passato: il numero medio di componenti per famiglia è superiore al valore regionale, anche se di poco (2,7 contro 2,6); le due province si caratterizzano, infatti, per una più significativa presenza di famiglie con 5 componenti e oltre e, viceversa, per un minor numero di famiglie unipersonali. Anche a Rovigo le persone sole sono meno numerose, quasi il 21,7% delle famiglie, il più basso valore a livello provinciale, mentre si ha una più alta concentrazione nella classe da 2 a 4 componenti. In una situazione diametralmente opposta Belluno, dove ben il 30% delle famiglie è costituito da persone che vivono da sole, superiore di quasi 7 punti percentuali al valore regionale, mentre esigua è la percentuale delle famiglie di ampia dimensione.

Il calo della fecondità e la sua diversa scansione temporale continuano a favorire l'aumento del numero di persone che vivono in coppia senza figli: nel Veneto tra il 1991 e il 2001, a fronte di un aumento del numero di coppie del 5,7%, quelle senza figli crescono nello stesso periodo di quasi il 23%.

Tra le coppie con figli, aumentano quelle con un figlio a scapito di quelle con più figli; infine, se la diminuzione del numero di coppie con due figli è ancora contenuta, decisamente importante è la regressione delle famiglie con 3 o più figli che diventano sempre più rare. Le coppie con tre o più figli rappresentano solo il 9,4% delle coppie con figli e sono presenti in misura maggiore, superiore alla media regionale, in province come Vicenza e Verona, e in misura decisamente minore nelle province di Venezia, Belluno e Rovigo.

Secondo quanto rilevato dall'Osservatorio italiano sulle aspettative di fecondità, peraltro, la grande maggioranza delle italiane giudica "numerosa" la famiglia con tre o quattro figli e la linea di confine che fa di una famiglia un nucleo numeroso è più frequentemente il terzo figlio che non il quarto.

Inizio Pagina  L'instabilità coniugale e le nuove forme familiari

Separazioni e divorzi suscitano una forte attenzione sociale poiché determinano cambiamenti nella sfera affettiva-relazionale, ma anche nella situazione residenziale ed economica dei soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, con conseguenze spesso problematiche. Nel 2001, anno cui si riferisce l'ultimo dato disponibile, in Veneto si contano 2.543 divorzi e 5.069 separazioni, entrambi leggermente in calo rispetto all'anno precedente. Tuttavia nell'arco di sei anni, dal 1995 al 2001, i divorzi crescono del 14% e le separazioni del 28%, variazioni significative anche se di intensità nettamente inferiori a quelle osservate a livello nazionale, rispettivamente 48% per i divorzi e 45% per le separazioni. Il fenomeno della rottura coniugale, seppur in crescita, è meno diffuso che in altre regioni del Centro-Nord, come ad esempio in Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio: sempre nel 2001 in Veneto si verificano quasi 13 divorzi e oltre 25 separazioni per 100 matrimoni, contro 15 divorzi e 29 separazioni per 100 matrimoni sul territorio nazionale. Il tasso di separazione per 100 matrimoni è, quindi, quasi il doppio di quello di divorzialità e nel periodo considerato si evidenzia un aumento maggiore di quest'ultimo.

La coppie che giungono all'atto di separazione lo fanno mediamente dopo circa 13 anni di matrimonio, i mariti ad un'età media di 41 anni e le mogli di 38 anni, e dopo 3 anni oltre il 50% delle separazioni si conclude con il divorzio.

Nel 2001 in Veneto ammontano a 141.760 le persone che sono separate legalmente o divorziate, o che comunque vivono una condizione di separati di fatto (a cui andrebbero aggiunte i coniugati in seconde nozze dopo il divorzio), per lo più donne (54,4%). I divorziati rappresentano l'1,4% della popolazione residente con età superiore ai 15 anni, il doppio rispetto al 1991 (0,68%), i separati legalmente l'1,7%, contro lo 0,96% nel 1991, e i separati di fatto lo 0,5%.

La maggiore parte dei separati e dei divorziati ha un'età compresa tra i 35-44 anni (34,5%) e tra i 45-54 anni (28,5%), il 16% circa ha un'età tra i 55 e i 64 anni, mentre solo il 7,9% ha più di 64 anni.

Infine il 13% dei separati e divorziati ha un'età che non supera i 34 anni, naturalmente in prevalenza donne.

Gran parte delle persone che ha vissuto una separazione o divorzio vive da single (in Italia nel 2001/2002 circa il 35%), oppure a capo di un nucleo monogenitore (25% sempre a livello nazionale); una percentuale più bassa si riforma una famiglia, ossia vive in coppia con o senza figli, e c'è chi ritorna a vivere nella famiglia di origine, in particolare se maschio.

Gli uomini in prevalenza vivono da soli, mentre le donne vivono principalmente con i figli ad esse affidati, dato che l'affidamento dei figli nella quasi totalità delle separazioni/divorzi è a favore delle madri.

Nel 2001 nella nostra regione si contano 163.452 nuclei familiari formati da un genitore solo con figli, oltre 17.400 famiglie in più rispetto a dieci anni prima. In quasi il 25% dei casi il genitore è separato legalmente, divorziato o separato di fatto, per un totale di 40.334 famiglie, e nell'85% di questi è la madre a vivere con i figli.

Considerando la totalità dei casi, si tratta di famiglie in genere con un figlio solo (72% dei casi), in particolare qualora il genitore sia giovane, ossia sotto i 35 anni, o viceversa, qualora sia di età avanzata. Ma circa il 38-41% dei genitori con età 35-54 anni si prende cura di 2 figli o anche più. Infine, in circa il 30% dei casi sono coinvolti figli minori.

Nel nostro Paese, il peso delle famiglie ricostituite dopo una separazione o un divorzio o una vedovanza è ancora contenuto, dato che sono il 5% del totale delle coppie. Nel Veneto al 2001 le coppie in cui almeno uno dei partner proviene da un precedente matrimonio, interrotto per separazione, divorzio, ma anche per morte del coniuge, sono in totale 53.737, il 4,7% del numero totale delle coppie presenti nel territorio. Si tratta principalmente di coppie coniugate (59% dei casi) e con presenza di figli in quasi il 56% dei casi. Sono soprattutto figli nati durante l'unione attuale (nel 64,6% delle famiglie ricostituite), mentre per il 22,5% dei casi provengono dalla precedente unione. Nel 13% delle coppie con figli la famiglia risulta più articolata, vedendo la presenza di figli di precedenti matrimoni ma anche della nuova unione.

Inizio Pagina  Gli anziani

Continua il processo di invecchiamento della popolazione, ormai in atto da diversi anni, che richiede risposte concrete in termini non solo di assistenza ma anche di adeguamento sociale: invecchiare bene non è solo una sfida individuale, ma deve essere anche una priorità sociale e politica.

Gli anziani rappresentano, infatti una ricchezza, se non economica, certamente umana e culturale, patrimonio di memorie ed esperienze. Gli anziani di oggi sono cresciuti durante la guerra, hanno dovuto affrontare i problemi della ricostruzione del Paese e sono stati protagonisti del boom-economico italiano. E' una generazione, dunque, che, per la peculiarità del periodo storico in cui ha vissuto, ha poco a che fare con gli anziani di domani e che presenta caratteristiche uniche.

L'Italia è uno dei Paesi più "vecchi" del mondo, sicuramente il più vecchio dei Paesi dell'Unione Europea. Confrontando la situazione dell'anno 2000, ultimo anno in cui sono disponibili dati per i vari Paesi, l'Italia emerge per la più alta percentuale di ultrasessantacinquenni sulla popolazione residente (18,1%), contro la media europea del 16,4%. Seguono la Grecia e la Svezia a pari merito con una quota del 17,3% e la Spagna con il 16,9%. L'Italia è stato anche il primo Paese nel mondo a presentare uno squilibrio in termini numerici tra giovani e anziani a favore di quest'ultimi, quindi ad avere una struttura per età della popolazione "vecchia". Al momento attuale anche altri Paesi sviluppati come il Giappone, la Germania, il Regno Unito e il Belgio hanno raggiunto un tale punto di squilibrio e altri lo raggiungeranno molto presto.

A livello italiano, il dato più recente desunto dal censimento della popolazione 2001 accentua quanto già detto: in Italia si contano oltre 10 milioni di anziani ultrasessantacinquenni e rappresentano il 18,7% della popolazione totale; oltre 2 milioni hanno un'età superiore agli ottant'anni, il 23,3% della popolazione anziana. Nel Veneto sono presenti oltre 800 mila anziani e incidono per il 18,3% sulla popolazione residente. Rispetto al 1991 sono cresciuti di 158.419 unità, un incremento di oltre il 20%. Di questi, il 23,8% è costituito da ultraottantenni, per un totale di quasi 197.000 unità, pesando sulla popolazione totale per il 4,4%, la stessa incidenza osservata a livello italiano e in crescita rispetto al 1991 di quasi un punto percentuale.

Ma lo squilibrio tra le generazioni anziane e quelle giovani è più evidente nel Veneto che in Italia: si stima che nella nostra regione, nel 2003, ci siano quasi 137 anziani per 100 ragazzi di età inferiore ai 14 anni, superiore al valore italiano pari a 134.

Distinguendo per genere, in Veneto, nei dieci anni considerati, l'incremento è più marcato per i maschi che per le femmine: i primi crescono del 27,5%, le seconde del 21,3%.

Con riferimento alle classi di età, nel 2001 ci sono oltre 110.400 anziani in più tra i 70-79 anni (+38,9% rispetto al 1991), di cui circa 61.500 femmine, ma è soprattutto nelle fasce di età più avanzate, di minore consistenza numerica, che registrano i più alti incrementi in termini percentuali.

D'altra parte in Italia la durata della vita nell'arco di 50 anni si è allungata di circa 20 anni, sia per le donne che per gli uomini: al 2003 per i maschi è stimata ormai pari a 76,9 anni, contro i 57,7 anni nel 1955, e per le donne quasi a 83 anni, contro il dato di 61,1 anni nel 1955; per il Veneto i valori sono leggermente più alti: rispettivamente di 77,4 anni per i maschi e 83,9 per le femmine.

L'aumento della longevità per entrambi i sessi sta modificando gli scenari familiari della terza età: sono infatti in aumento le coppie anziane e il fenomeno della vedovanza si va spostando in avanti nel tempo. Più della metà (il 54%) delle donne di età tra i 65 e i 74 anni e circa il 27% delle donne tra i 75-84 anni vive in coppia, principalmente solo con il coniuge, senza figli. Nella classe di età più avanzata la percentuale è molto più ridotta: le donne, ormai vedove, vivono generalmente da sole (44%) oppure solo con il figlio/a (12,5%). Per i maschi la percentuale che vive in coppia è ben più alta: 83% per la classe di età 65-74 anni, 74% per coloro tra i 75 e gli 80 anni e 57% per quelli di età ancora più avanzata. Gli uomini vivono infatti essenzialmente in coppia. Il fenomeno è l'effetto, a livello familiare, della minore longevità del sesso maschile.

Inizio Pagina  Gli anziani e il tempo libero

Il coniuge, i figli e i nipoti rimangono il fulcro della vita degli anziani. L'uscita di casa dei figli non interrompe le relazioni familiari, e i nonni si dedicano spesso alla cura dei nipoti svolgendo un ruolo di notevole importanza nella conduzione familiare.

Al di là degli impegni familiari, tra le attività svolte nel tempo libero, come emerge da varie indagini condotte da Istat, gli anziani oltre che guardare la televisione, si dedicano all'ascolto della musica o della radio, all'informazione (leggono quotidiani almeno una volta alla settimana) e alla lettura di libri.

Tra i diversi tipi di spettacolo ed intrattenimento, il cinema raccoglie il maggior numero di preferenze (l'11,3% degli anziani tra i 65 e i 74 anni intervistati dichiara di aver visto nel corso del 2000 almeno uno spettacolo cinematografico), seguono gli spettacoli sportivi (8,9%), il teatro (8,5%). Ancora maggiore è l'interesse verso i musei e le mostre, che attirano il 13% degli anziani tra i 65 e 74 anni. Gli anziani di età più avanzata (75 anni e oltre) si orientano verso le stesse attività, seppur con percentuali più contenute.

Il 35,2% degli anziani dichiara, poi, di praticare qualche attività fisica, in misura maggiore gli uomini rispetto alle donne. Anche le vacanze e i viaggi vengono viste come un momento di relax e di socializzazione: il 32% delle persone tra i 65 e 74 anni dichiara di aver effettuato almeno un viaggio durante l'anno, privilegiando le mete italiane a quelle estere.

Inizio Pagina  Gli anziani e l'assistenza domiciliare

Chi ha più di 65 anni percepisce differenze importanti tra essere anziani ed essere vecchi. Indipendentemente dall'età biologica, dagli stessi anziani l'inizio della vecchiaia viene percepito soprattutto con il peggioramento e la perdita della salute e con la dipendenza da altri soggetti, siano essi il coniuge, laddove ancora in vita, i figli o le badanti. Più che il pensionamento è, oramai, la malattia a delimitare l'effettivo confine della vecchiaia.

Parlando di popolazione anziana è opportuno, quindi, distinguere tra terza e quarta età, ossia tra gli anziani tra i 65 e i 74 anni e i più vecchi, per le diverse realtà e problematiche che si trovano a vivere: ancora vivaci e attivi i più giovani, i secondi invece con maggiori problemi di salute, in particolare legati a malattie multicroniche e/o connesse alla scarsa autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane e quindi più bisognosi di assistenza. L'aiuto avviene soprattutto dai figli e dal coniuge, quindi dalla rete di parentela più stretta. Nel contesto italiano, infatti, la famiglia costituisce il principale ammortizzatore sociale e il sostegno tra le generazioni rappresenta una risorsa fondamentale per gli individui lungo tutto il corso della vita, anche nell'ultima fase.

Ma la famiglia va anche sostenuta e aiutata nella cura degli anziani. E' necessario potenziare, e molto si è fatto negli ultimi anni, accanto ai servizi per la residenzialità, come le case di riposo oppure le residenze sanitarie assistenziali che offrono prestazioni di tipo altamente specialistico di carattere medico riabilitativo, forme di aiuto alternative, come l'assistenza domiciliare, con il vantaggio di favorire il mantenimento della persona nella propria famiglia e nella propria abitazione. Si tratta di assistenza per la cura e l'igiene personale, per lo svolgimento di normali attività quotidiane, di sostegno psico-sociale, di aiuto domestico, di fornitura pasti e trasporto (assistenza domiciliare sociale), ma anche di aiuti rivolti a soggetti che hanno bisogno non soltanto di un intervento di tipo sociale, ma soprattutto di cure mediche, infermieristiche e/o riabilitative, che sono mirate a curare l'assistito a casa, evitando ricoveri ospedalieri impropri (assistenza domiciliare integrata). Dai dati forniti dall'Osservatorio regionale sulla condizione della persona anziana, nel corso del 2001 in Veneto si contano oltre 58.600 interventi di assistenza domiciliare rivolti ad utenti di varie età, il 61% di tipo sociale. Gli anziani beneficiari del servizio di assistenza domiciliare integrata, quindi di cure mediche, sono 15.728, coprendo così circa il 2% della popolazione anziana residente nella nostra regione. A livello provinciale la situazione risulta migliore per le province di Rovigo e Vicenza dove la quota di anziani che utilizzano il servizio di assistenza domiciliare integrata è rispettivamente pari al 2,9% e 2,7%, mentre Belluno è la provincia con la percentuale più bassa rispetto alle altre, inferiore all'1%.

Inizio Pagina  Gli anziani e l'assistenza residenziale

La riforma dei servizi sociali annovera certamente tra gli obiettivi quello di privilegiare interventi che consentano la permanenza delle persone in stato di bisogno nel contesto della vita abituale. Con riferimento all'assistenza alla popolazione anziana, le indicazioni sono a favore del potenziamento delle strutture territoriali diurne e dei servizi di assistenza domiciliare, ridefinendo in tal modo il ruolo storicamente centrale degli istituti di ricovero. Tuttavia, è anche vero che se da una lato si può prevedere che il potenziamento dei servizi domiciliari e territoriali possa contenere gli effetti dell'invecchiamento demografico sulla domanda di assistenza residenziale, va anche considerato che il tipo di utenza che si rivolge agli istituti presenta bisogni sempre più complessi: si tratta per lo più di anziani non autosufficienti in età molto avanzata e che necessitano, quindi, di assistenza qualificata, non solo di tipo sociale o rivolta alla cura della persona, ma sempre più medico-riabilitava.

Da una rilevazione svolta dalla Regione e da Istat sui presidi residenziali socio-assistenziali (nota 1) a favore di minori, adulti o anziani, risulta che al 31.12.2000 le strutture residenziali rivolte agli anziani sono 296, distinte tra strutture che offrono assistenza di tipo socio-sanitaria destinate ad anziani prevalentemente non autosufficienti (192), strutture rivolte ad anziani prevalentemente autosufficienti (54), quindi residenze sanitarie assistenziali (R.S.A) ove viene fornita assistenza medica, infermieristica e riabilitativa a persone non autosufficienti o disabili (50). Le strutture risultano concentrate essenzialmente nella provincia di Verona e di Vicenza, quindi a Treviso e Venezia.

Oltre 27.200 sono gli anziani che vivono in istituto: la maggior parte degli utenti ha un'età superiore ai 75 anni (l'83% degli assistiti), per quasi il 72% dei casi si tratta di anziani non autosufficienti che quindi richiedono livelli maggiori di assistenza. Data la maggiore longevità, le donne sono le principali fruitrici delle strutture residenziali e costituiscono il 79% degli ospiti anziani; tra di esse l'87% si concentra nelle età più avanzate (oltre i 74 anni) e il 73% risulta non autosufficiente.

Gli anziani nei presidi rappresentano il 3,3% del totale della popolazione anziana presente nel Veneto, ma per le donne la quota sale a 4,4%, oltre il doppio di quanto si verifica per gli uomini (1,8%). A livello provinciale la maggiore incidenza di anziani in istituto si riscontra nelle province di Vicenza e Belluno, mentre la più bassa si registra a Venezia

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