13. Il mercato del lavoro

La diffusa debolezza dell'attività economica nel 2003 ha influenzato in quasi tutti i paesi dell'area euro anche l'occupazione che ha ristagnato sui livelli dell'anno precedente. Tale situazione non si è invece verificata né in Italia, né in Veneto. Del resto la buona performance del mercato del lavoro anche in fasi di decelerazione delle dinamiche di crescita è coerente con quanto osservato dalla seconda metà degli anni '90 in Europa; le ragioni possono essere diverse: crescita occupazionale in settori a bassa dinamica di produttività, la presenza di una situazione di piena occupazione nella quale si ricorre anche a lavoratori poco qualificati, la moderazione salariale e la convenienza da parte delle imprese a impiegare estensivamente lavoro anziché capitale, la tipologia di specializzazione veneta. Non da ultimo, gli effetti delle riforme del mercato del lavoro avviate a metà degli anni '90 si sono probabilmente protratti nel tempo, sostenuti da ulteriori interventi, quali l'adeguamento della normativa alle direttive europee sul part-time avviata nel 2001, i benefici fiscali alle imprese per le assunzioni a tempo indeterminato (periodo 2000-2002), l'introduzione della Legge Biagi e la sanatoria sull'immigrazione (2003).

Ne risulta nel 2003 un aumento dell'occupazione a livello nazionale dell'1% (225 mila unità in più rispetto al 2002), sintesi di un incremento dell'occupazione femminile dell'1,6% e di quella maschile dello 0,7%. L'aumento dell'occupazione nella media italiana è dovuto soprattutto al contributo fornito dal lavoro alle dipendenze rispetto a quello autonomo. L'incremento maggiore di occupati è stato registrato dalla classe di età 50-59, a questa evoluzione hanno concorso fattori demografici e le modifiche della normativa previdenziale degli anni Novanta.

Il Veneto nel 2003 mostra un andamento in linea con quello nazionale: l'occupazione è cresciuta dello 0,9% (17 mila unità in più rispetto al 2002), dato da un aumento di 1,3% dell'occupazione femminile e dello 0,6% di quella maschile. Si segnala, a fronte di un calo dell'occupazione nella classe d'età 20-24 (3 mila unità in meno, pari al -2,1%), uno sviluppo nelle classi d'età più anziane, in assoluto quella 55-64 (9 mila unità in più, +6,5%) e in proporzione quella dai 65 anni e oltre (+6,5%). La tendenza alla maggiore flessibilità viene confermata da un'estensione del lavoro a tempo parziale (+6,5%) e dei dipendenti con contratti temporanei (+10,5%).

Il tasso di occupazione diffuso dall'Istat nel 2003, che rapporta gli occupati a tutta la popolazione sopra i 15 anni, è cresciuto in misura superiore in Veneto (51,4% contro il 50,9% del 2002) rispetto alla media italiana (44,8% contro il 44,4% del 2002).

Nel confronto con le altre regioni italiane il Veneto risulta tra quelle con il tasso di occupazione più alto (nella classe d'età 15-64) e nella graduatoria a livello provinciale Belluno risulta tra le prime dieci province italiane con tasso di occupazione più elevato, mentre Vicenza si trova al settimo posto nella graduatoria maschile.

A livello provinciale il tasso di occupazione aumenta nel 2003 del 3,9% a Rovigo (51,2%), 2,8% a Verona (52,3%), 1,5% a Vicenza (55,1%), 1,1% a Padova (46,9%), è stabile a Venezia (+0,2%; con tasso 48,9%) e a Treviso (-0,6%; con tasso 53,5%) e in riduzione a Belluno (-4,4%; con tasso 53,8%).

L'andamento dei tassi di occupazione differenziati per classe d'età e sesso evidenzia come in realtà l'occupazione delle donne venete dai 25 ai 34 anni sia già ben al di sopra di quella italiana ed europea, evidenziando quindi la concreta possibilità di un generalizzato recupero occupazionale femminile nel lungo periodo. Di rilievo il dato sulla classe dei giovanissimi (15-24), la cui contrazione del tasso di occupazione negli ultimi anni (da 35,8% a 35,5 per le donne e da 43% a 41,9% per gli uomini) può essere in parte spiegato dall'innalzamento del livello di scolarità. Sempre più i giovani preferiscono investire in istruzione piuttosto che inserirsi subito nel mondo del lavoro.

Come già anticipato, il numero di occupati, nella classe di età più anziana, dai 55 ai 64 anni, ha segnato un incremento del 6,5%. A tale evoluzione hanno contribuito fattori demografici, ossia la presenza nella popolazione occupata dei nati a cavallo degli anni '50, particolarmente numerosi, e le modifiche della normativa previdenziale degli anni '90, che hanno portato ad un graduale innalzamento dei requisiti di età e di contribuzione per l'accesso alle pensioni di vecchiaia e di anzianità. Un'ulteriore motivazione può essere ricercata nell'allentamento del divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, previsto dalla legge finanziaria per il 2003. L'aumento dell'occupazione delle classi d'età più avanzate corrisponde, in base all'indagine sulle forze di lavoro, ad una riduzione delle uscite. Riguardo alle persone anziane, inoltre, rapportando il numero dei pensionati alla popolazione occupata, il Veneto possiede un valore contenuto, 59%, rispetto ad altre regioni settentrionali (Lombardia 60,9%) e alla media nazionale, 66,5%.

La composizione delle forze di lavoro per titolo di studio conferma la crescente importanza del grado d'istruzione nel mercato del lavoro veneto: il tasso di attività più alto è quello di coloro che possiedono un'istruzione universitaria.

Il tasso armonizzato calcolato secondo le indicazioni Eurostat (al netto della popolazione sopra i 64 anni) mostra come l'occupazione nel Veneto (63,5% nel 2003) sia ormai sempre più prossima a quella europea (64,3% nel 2002) in misura maggiore di quella nazionale (56%). Secondo le previsioni di Prometeia dal 2004 al 2006, il tasso di occupazione a livello nazionale osserverà una leggera ma costante tendenza al rialzo, mentre a livello veneto rimarrà stabile, a causa della diversità strutturale delle rispettive condizioni economiche.

La Strategia europea per l'occupazione, varata nel 1997, rafforzata dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000 e integrata a Stoccolma nel 2001, fissa come obiettivi quantitativi per il 2010 un tasso di occupazione medio dell'Ue (nota 1) al 70% e, per le donne, superiore al 60% della popolazione in età 15-64 anni. Distinguendo per genere, la componente maschile veneta ha già abbondantemente superato gli obiettivi di Lisbona (75,5%), contrariamente a quella femminile (51,2%). Anche l'Italia è in linea con l'obiettivo europeo per il tasso di occupazione maschile (69,3%), ma il divario relativo al tasso di occupazione femminile (42,7%) è di gran lunga superiore a quello veneto. Si deduce che gli obiettivi comunitari potranno essere raggiunti dal Veneto come dall'intera nazione solo a patto di favorire, nei prossimi anni, l'occupazione femminile.

Nel 2003 aumenta anche il tasso di attività della popolazione fra i 15 e i 64 anni del Veneto (65,8% contro il 65,3% del 2002), mantenendo la forbice rispetto al dato nazionale (61,4%) e restando però al di sotto del livello medio europeo, che nel 2002 si attesta al 69,8%. L'aumentata partecipazione della popolazione veneta al lavoro è da attribuire sostanzialmente alla componente femminile, che negli ultimi due anni ha fatto registrare un'espansione del tasso di attività (pari al 53,9%) di circa 1,7%, più alta dell'incremento dell'1% del tasso di attività maschile, peraltro molto elevato (77,3%), confermando la tendenza verso i livelli medi europei: il Veneto è già vicino ai valori europei (78,4% per gli uomini e 60,9% per le donne) più dell'Italia (74,4% per gli uomini contro il 48,3% delle donne).

Inizio Pagina  L'occupazione per settore

Analizzando l'occupazione veneta da un punto di vista settoriale si nota una certa contrazione del settore dei servizi (-1,1%), la stabilità del settore agricolo (+0,3% di occupati) e un aumento di occupati nell'industria (+3,6%). Nell'ambito di quest'ultima, in particolare risulta in forte espansione il settore delle costruzioni, come d'altronde evidenziato dall'andamento delle analoghe voci del conto economico. Tra le attività del terzo settore, il commercio, che assorbe una quota notevole di occupati, risulta in una fase di stasi, specialmente per la riduzione della componente maschile, a fronte dell'incremento del numero di donne occupate nel comparto.

A livello provinciale la distribuzione degli occupati per settore è abbastanza omogenea; si distinguono le province di Rovigo per avere la percentuale più alta di occupati nell'agricoltura (8%), Vicenza per la prevalenza di occupati nel settore industriale (51,3%) e Venezia per la predominanza del terzo settore (66,4% degli occupati).

Inizio Pagina  La disoccupazione

Il tasso di disoccupazione si mantiene nel 2003 per il Veneto ad un livello di 3,4%, stabile rispetto all'anno precedente per un aumento minimo del tasso di disoccupazione maschile (da 2,2% passa a 2,3%), compensato da una riduzione del tasso femminile (da 5,2% passa a 5,0%). Il Veneto si mostra così in controtendenza rispetto all'Unione Europea dove cresce di 0,4 punti percentuali (8,0% rispetto al 7,6% del 2002). A livello nazionale si assiste ad una contrazione del tasso di disoccupazione, dovuta alla diminuzione di persone in cerca di occupazione nel Mezzogiorno e riguarda maggiormente la componente femminile.

Nel confronto con le altre regioni italiane il Veneto risulta tra quelle con il tasso di disoccupazione più contenuto, insieme a Emilia Romagna e Trentino alto Adige. Nella graduatoria a livello provinciale Vicenza e Padova risultano tra le prime dieci province italiane con tasso di disoccupazione più basso e nella stessa graduatoria distinta per genere, Vicenza e Treviso si trovano al nono posto della graduatoria femminile, mentre Vicenza si colloca al settimo posto e Padova al decimo della graduatoria maschile.

Sempre a livello provinciale il tasso di disoccupazione nel 2003 cala parecchio a Venezia, Verona e Rovigo, mentre mostra un andamento in crescita soprattutto a Belluno, dato in prevalenza dall'aumento di giovanissimi e donne in cerca di occupazione.

L'andamento dei tassi di disoccupazione differenziati per classe d'età e sesso evidenzia come in realtà i tassi siano in crescita soltanto per i giovanissimi, che rappresentano peraltro una quota esigua delle forze di lavoro, mentre i disoccupati nella classe d'età centrale 30-64 sono in diminuzione.

Inizio Pagina  La flessibilità

Il Veneto si conferma regione ad elevato utilizzo della modalità di lavoro part-time, risulta la seconda tra le regioni italiane con una percentuale pari al 11,1%, in aumento rispetto al 10,5% del 2002. Peraltro le prime tre regioni italiane nell'utilizzo di questa modalità di lavoro sono proprio le tre regioni del Nord Est (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto). La possibilità di accedere ad un'occupazione a tempo parziale costituisce uno dei principali strumenti che permettono di ridurre le difficoltà nel conciliare il carico familiare con gli impegni di lavoro, e sembra essere un fattore importante per la partecipazione e per l'occupazione femminile: questa risulta infatti più elevata nei paesi nei quali l'occupazione part-time è maggiormente sviluppata. In Italia, il lavoro a tempo parziale non è diffuso come negli altri paesi dell'UE, essendo pari a circa la metà della media europea: l'8,5% a fronte del 18,2% nella media UE. Il dato 2003, tuttavia, evidenzia come nel Veneto il ricorso a tale modalità del rapporto di lavoro sia ulteriormente aumentato del 6,5%, rispetto alla variazione a livello nazionale, pari allo 0,6%, ed è sempre la componente femminile ad incidere in maggior misura su tale tendenza.

Il Veneto risulta al quart'ultimo posto nella graduatoria regionale per quota di dipendenti con contratto di occupazione temporanea, ma la stabilità del posto di lavoro sta lasciando il posto ad una maggiore flessibilità, in quanto gli occupati dipendenti con un'attività di carattere temporaneo sono aumentati nel 2003 del 10,5%, in misura molto più elevata rispetto alla media nazionale (+1,2%). La percentuale di uomini con occupazione temporanea è cresciuta nel Veneto nel 2003 di 3,8 punti percentuali; viceversa, a livello nazionale c'è stata una riduzione di 1,3 punti; per le donne il fenomeno ha visto un aumento di ben 15,2 punti percentuali in Veneto rispetto al +3,8% a livello nazionale.

Inizio Pagina  Il lavoro sommerso

E' da segnalare inoltre la presenza di una componente non trascurabile di lavoro sommerso che viene stimata dall'Istat, per il 2001, pari all'11,4% delle unità di lavoro regolari. Il valore, leggermente in calo rispetto al 2000 (era 11,5%) è in linea con le regioni del Nord-Est e risulta ben al di sotto del valore italiano (15,3%) e superiore solo a quello di Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna.

Inizio Pagina  Il grado d'istruzione nel mercato del lavoro

Il mercato del lavoro veneto è stato tradizionalmente etichettato come una "volenterosa manovalanza", ossia composto da lavoratori caratterizzati da grande dedizione, ma basso livello d'istruzione. Analizzando i dati sulle forze di lavoro non si può confutare appieno questo tipo di affermazione, in quanto comprendono ancora generazioni del passato con un basso livello d'istruzione, ma si può sicuramente sostenere che le nuove generazioni stanno colmando il gap culturale rispetto al resto del paese.

La percentuale di laureati delle forze di lavoro in Veneto nel 2003 è del 9,3% rispetto all'11,4% nazionale, quella di coloro che possiedono la maturità è del 31,4% (contro il 34,9% nazionale), i qualificati sono molti di più rispetto alla media italiana (12,5% rispetto al 7,4%), il 36,5% possiede la licenza media (35,1% in Italia) e il 9,2% la licenza elementare o nessun titolo (10,1% in Italia). Se andiamo però a misurare il tasso di attività di coloro che hanno un'istruzione di tipo universitario, si nota che nel Veneto è più elevata rispetto alla media nazionale: 80,8% contro 79,5%.

In Veneto, come nella media nazionale, la forza lavoro femminile è più istruita di quella maschile: le donne in possesso di un titolo universitario sono l'11,6% rispetto al 9,5% degli uomini e nel quadriennio 2000-2003 sono aumentate del 13,2%.

Inizio Pagina  La formazione professionale

La percentuale di adulti occupati nella classe d'età 25-64 anni che partecipano ad attività formative e di istruzione è nel Veneto una quota abbastanza consistente (5,6%) rispetto alla media nazionale (3,6%), ed è un segnale di come la formazione sia sempre più auspicata sia dal lato del lavoratore che da quello del datore di lavoro, al fine di ottenere dei miglioramenti qualitativamente rilevanti nel posto di lavoro e nel sistema produttivo garantendone la competitività sui mercati e la capacità di adeguarsi alle repentine trasformazioni in atto.

La formazione professionale riveste particolare importanza nelle strategie d'intervento dell'Unione Europea e si ritiene che possa essere un mezzo per ridurre la disoccupazione, migliorare la capacità competitiva, rinnovare i mercati o crearne di nuovi. Nel Libro Bianco della Commissione Europea "Crescita, Competitività e Innovazione", la formazione professionale è definita un "catalizzatore del cambiamento tecnologico" e per questo viene data particolare rilevanza alla sua qualità. In questa cornice sono sorti dei parternariati tra diversi istituti di ricerca europei per sviluppare una strategia comune nella valutazione della qualità della formazione professionale e nell'analisi dei fabbisogni formativi. Nel Veneto è nato il Progetto "Osservatorio sui fabbisogni professionali" (nota 2) nel cui ambito è stata condotta una ricerca che, pur avendo puramente carattere informativo e non statistico, è interessante per capire quali sono i fabbisogni professionali e le strategie delle imprese venete in ambito occupazionale. Dallo studio emerge la difficoltà degli imprenditori veneti a reperire dal mercato del lavoro collaboratori che ad un'adeguata formazione scientifica abbiano competenze di tipo caratteriale, ossia capaci di una buona autonomia, ma anche di saper comunicare e lavorare in gruppo rapportandosi con i colleghi. Inoltre viene lamentata una mancanza di preparazione pratica e la presenza di aspettative troppo rigide da parte di chi esce dal nostro sistema scolastico. Lo strumento adottato dalle imprese per ovviare a questi problemi è il completamento della formazione all'interno dell'impresa successivamente all'assunzione. I comportamenti aziendali sono però influenzati dalla dimensione dell'impresa: le imprese più piccole cercano delle competenze da destinare immediatamente alla produzione, mentre le più grandi ricercano personale anche di livello più elevato da inserire in funzioni collaterali alla produzione (Ricerca e Sviluppo, marketing, ecc.). In ogni caso, viene assegnata notevole importanza alla formazione per migliorare la competitività aziendale e stare al passo con le trasformazioni di ogni settore produttivo; ciò viene confermato dal fatto che la maggior parte delle aziende intervistate ha negli ultimi anni messo a punto degli interventi formativi per la riqualificazione del proprio personale.

/fig13_1
/fig13_2
/fig13_3
/fig13_4
/fig13_5
/fig13_6
/fig13_7
/fig13_8
/fig13_9
/fig13_10
/fig13_11
/fig13_12
/fig13_13
/fig13_14
/fig13_15
/tab13_1
/tab13_2
/tab13_3
/tab13_4
/tab13_5
/tab13_6

Verifica l'accessibilità del Rapporto Statistico 2006 : Valid HTML 4.01! 

I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".