U.O. Sistema Statistico Regionale U.O. Sistema Statistico Regionale
Capitolo 14

I nuovi mercati per il Veneto

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: in un'unica parola, Brics. Cinque paesi che riuniscono quattro continenti, realtà ed economie diverse, ma che rappresentano oggi il 43% della popolazione mondiale e il 26% del prodotto interno lordo globale.
Sono paesi emergenti, consapevoli però di essere le nuove potenze economiche con le quali gli stati occidentali devono rapportarsi all'interno del mercato globale. Ed è proprio questo che i Brics chiedono alle economie avanzate: contare di più. Durante il quarto vertice dei paesi Brics, tenutosi a Nuova Delhi il 29 marzo 2012, i capi di stato di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica hanno rimarcato la volontà di unire sinergie e conoscenze per raggiungere importanti obiettivi di sviluppo industriale, occupazionale e sociale. Ma hanno anche sottolineato a gran voce la necessità di rivestire un peso maggiore nei tavoli internazionali, così da garantire la rappresentanza dei nuovi mercati.
Tuttavia, non sono solamente i Brics a rappresentare il centro dello sviluppo economico; altri paesi si possono annoverare fra il gruppo degli emergenti: i paesi del Nord Africa, scossi nel 2011 da profonde rivolte popolari e che hanno intrapreso nuovi percorsi di crescita, i paesi arabi affacciati sul Golfo, notoriamente ricchi di risorse energetiche ma che stanno cercando di slegare l'economia nazionale dal petrolio, il Sud Est asiatico e i paesi dell'America latina che stanno incrementando fortemente la loro ricchezza.
Lo spostamento del baricentro degli interessi economici e commerciali mondiali è iniziato ormai da molti decenni, muovendosi gradualmente dall'Atlantico al Pacifico. Negli ultimi anni questa dinamica è divenuta sempre più forte, rafforzata dalla maggiore velocità di crescita dei paesi emergenti, dall'affacciarsi di nuove realtà sul Mediterraneo, nate dalla destituzione dei vecchi regimi, e dalla relativa stagnazione degli stati più sviluppati.
Per le economie occidentali, i paesi emergenti offrono dunque opportunità molto interessanti: diventeranno, infatti, importanti mercati di sbocco e per un paese come l'Italia, dotata di un "marchio" forte, ossia il made in Italy, possono aprirsi nuovi scenari di sviluppo. Il Veneto aggiunge al marchio una maggiore flessibilità d'impresa, capace di adattarsi continuamente a nuovi modelli di consumatore.
E sono proprio questi nuovi consumatori la leva su cui puntare il rilancio dell'economia. Per anni, i paesi emergenti sono stati considerati solamente in termini produttivi: il basso costo del lavoro, la scarsa protezione sociale e le normative meno stringenti, hanno spinto molti imprenditori locali a delocalizzare all'estero, in modo da abbattere i costi di produzione. Attualmente, si stanno, invece, aprendo spiragli diversi: i mercati emergenti diventano un bacino di nuovi consumatori, verso cui indirizzare gli investimenti. Dal punto di vista socio-demografico, infatti, questi paesi si caratterizzano soprattutto per tre aspetti: sono popolazioni molto numerose, giovani e in crescita, sia dal punto di vista culturale, sia per quanto riguarda le possibilità economiche; sono quindi più propensi ai consumi e il made in Italy può sicuramente guadagnarsi una buona fetta di mercato.
Ma non va dimenticata l'importanza che acquisirà in pochi anni la fascia media che chiede beni e servizi non troppo costosi, semplici e di buona qualità. Si parla, per esempio, di frigoriferi più piccoli ed esteticamente meno attraenti, di confezioni di detersivi o di shampoo di minore dimensione e magari monodose, di scooter e motorini poco costosi e senza optional modaioli; insomma, di tutta quella gamma di prodotti che, svestiti da inutili orpelli indispensabili in Occidente, servono alla popolazione dei paesi emergenti per vivere meglio. Questo particolare mercato sembra fatto apposta per le dinamiche, flessibili e creative imprese venete di minore dimensione.
 
Inizio Pagina

14.1 - Uno sguardo ai paesi emergenti

I Brics, potenza economica e demografica

Lo sviluppo economico

Nel 1991 il Prodotto Interno Lordo dei paesi Brics rappresentava il 16% del Pil mondiale, nel 2010 rappresenta il 26% e nel 2017, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, rappresenterà il 32%. Basterebbero queste tre semplici informazioni per descrivere il ruolo passato, presente e futuro dei Brics, tanto da interrogarsi se l'appellativo "emergenti" possa ormai essere sostituito con "economie emerse". Sicuramente sono India e Cina a giocare il ruolo più importante e a rappresentare il traino per l'economia mondiale: secondo le ultime stime del FMI, nel 2017 il peso della Cina, in termini di prodotto interno lordo, supererà addirittura quello degli Stati Uniti d'America.
La crescita del Pil nei Brics in questi anni ha seguito logiche molto diverse da quelle dei paesi ad economia avanzata. Dal 2003, la variazione percentuale del prodotto interno lordo cinese cresce a due cifre (+10% nel 2003 e 2004, 14% nel 2007), in India e in Russia nel periodo pre-crisi si aggirava fra il 7% e il 10%. Il Sudafrica e il Brasile si mantengono su livelli inferiori, pur registrando picchi di crescita pari al 6%. La crisi economica ha poi colpito anche i Brics, ma con intensità diverse. Cina e India hanno semplicemente rallentato lo sviluppo, ma il prodotto interno lordo ha comunque continuato a crescere con tassi compresi fra il 6% e il 11%. Brasile, Sudafrica e soprattutto Russia sono invece entrati in campo negativo e il 2009 ha segnato un momento di decrescita dopo anni di forte sviluppo economico. La ripresa, tuttavia, non ha tardato ad arrivare e, nel 2010, tutti i paesi hanno recuperato parte delle perdite registrate l'anno precedente, mostrando una capacità di rilancio che non appartiene alle economie occidentali.
Le economie dei Brics sono caratterizzate anche da una forte propensione verso gli investimenti: nel 2010 la Cina ha investito il 48% del Pil, l'India il 36%, il Brasile e la Russia il 20-21%: per avere un termine di paragone, gli Stati Uniti d'America hanno investito il 16% del Pil, l'Italia il 20%. Le previsioni per i prossimi anni parlano di ulteriori aumenti per Brasile, Russia e Sudafrica e di una relativa stagnazione per India e Cina.
L'importanza economica dei Brics emerge anche dal ruolo nel commercio mondiale. A partire dal 2002 il valore degli scambi commerciali è aumentato significativamente, tanto che la Cina è diventato il primo paese nella graduatoria delle esportazioni mondiali di merci e il secondo in quella delle importazioni dopo gli Stati Uniti. Complessivamente, i paesi Brics muovono il 16% delle esportazioni mondiali e il 15% delle importazioni. Questi valori assumono ancora più significato se confrontati con quelli relativi agli inizi del nuovo millennio: nel giro di dieci anni il peso dei Brics nel commercio mondiale è più che raddoppiato, passando dal 7% al 16% per le esportazioni e dal 6% al 15% per le importazioni.
Oltre che nel commercio internazionale di merci, i paesi Brics sono in fase di espansione anche per quanto riguarda l'interscambio di servizi. Cina e India sono nuovamente il traino delle economie emergenti: se la Cina nel 2000 era al 13° posto nella graduatoria dei paesi esportatori di servizi, nel 2010 diventa la quarta, così come l'India passa dalla 25esima posizione alla settima. Parallelamente, la Cina è al terzo posto nella classifica dei paesi importatori (era decima nel 2000) e l'India al settimo. Nel complesso, dai paesi Brics partono il 10% delle esportazioni di servizi e arriva il 13% delle importazioni. (Figura 14.1.1)

Lo sviluppo demografico

Nei Brics vivono quasi tre miliardi di persone, pari al 43% della popolazione mondiale: si può affermare che la prima vera forza di questi territori sia proprio il potenziale umano. Si tratta di popolazioni giovani, che negli ultimi anni hanno visto migliorare le proprie condizioni di vita e che gradualmente hanno abbandonato le zone rurali, per vivere in territori sempre più urbanizzati. In poco tempo, stanno diventando i nuovi consumatori a cui i mercati occidentali si devono rivolgere per poter guadagnare un'importante fetta di mercato.
Negli ultimi decenni, i Brics hanno attraversato periodi di grande sviluppo demografico, tanto da spingere alcuni governi ad introdurre delle politiche di contenimento delle nascite; questo ha portato ad un rallentamento della crescita, anche se il trend si mantiene tuttora positivo. La Cina rappresenta sicuramente uno dei casi più significativi. Agli inizi degli anni '50 il tasso di crescita annuo della popolazione era pari al 2%, arrivando a sfiorare il 3% fra il 1965 e il 1970 a seguito di un baby boom. Successivamente, con l'introduzione di una politica di pianificazione familiare più rigida, il numero medio di figli per donna è sceso dal 6,1 del 1950 all'1,6 del 2010 e il tasso di crescita annuo della popolazione ha iniziato a rallentare fino a raggiungere nel quinquennio 2005-2010 lo 0,5%. Secondo le stime delle Nazioni Unite, la popolazione cinese continuerà a crescere fino al 2020-25, superando il miliardo e 395 milioni di abitanti, per poi iniziare una nuova fase di stagnazione e poi di decrescita.
In India, la popolazione ha superato nel 2010 quota un miliardo e 200 milioni e nel 2050 sfiorerà il miliardo e 700 milioni. Fra i Brics, è in assoluto il paese con il tasso di crescita più elevato. Come in Cina, anche in India a partire dagli anni '50 sono state introdotte politiche di contenimento delle nascite, che prevedevano oltre a campagne di sensibilizzazione anche vere e proprie campagne di sterilizzazione. Ancora oggi, il numero medio di figli per donna rimane attorno a tre e il governo continua a incentivare le famiglie poco numerose tramite sostegni economici.
In Sudafrica il tasso di crescita della popolazione è iniziato a scendere a partire dagli anni '90, a seguito di un rapido calo dei tassi di natalità. Le stime più recenti prevedono comunque che nei prossimi 40 anni la popolazione continuerà a mantenere un tasso di crescita positivo. Anche in Brasile, il calo della fecondità è stato molto veloce: dai 6 figli per donna del 1950 all'1,9 del 2010, valore inferiore al livello di sostituzione di due figli per donna. Questo fenomeno ha portato ad una significativa diminuzione del tasso annuo di crescita, nonostante nel 2010 il Brasile rimanga fra i paesi Brics con il più alto sviluppo demografico dopo l'India.
In questo contesto, la Russia presenta un'evoluzione molto diversa: a seguito della caduta dell'ex URSS, il paese ha subito un periodo di forte contrazione economica, che ha portato ad un peggioramento delle condizioni di vita. Basti pensare che alla fine degli anni '80 la speranza di vita alla nascita sfiorava i 70 anni, mentre agli inizi del nuovo millennio non raggiungeva i 65 anni. La popolazione è quindi diminuita velocemente, perdendo nel giro di quindici anni quasi 6 milioni di abitanti. (Figura 14.1.2)
Questi diversi trend di crescita determinano peculiari strutture demografiche della popolazione per sesso ed età. India e Sudafrica, ad esempio, presentano una classica forma piramidale: la quota di giovani è molto elevata a discapito della quota di anziani. Anche il Brasile presenta una popolazione piuttosto giovane, nonostante la struttura della popolazione si stia avvicinando a quella dei paesi occidentali, che sono caratterizzati da percentuali più alte di persone nelle fasce d'età centrali e un peso limitato delle fasce giovani.
Molto diversa, invece, la struttura di Cina e Russia, che si presentano in continua evoluzione. La struttura demografica cinese riflette le politiche familiari introdotte per contenere l'aumento della popolazione: la fascia d'età più popolosa è proprio quella fra i 35 e i 45 anni, che corrisponde al baby boom dei nati attorno agli anni '70. A seguito del controllo delle nascite, le classi d'età più giovani sono meno numerose, con una leggera ripresa solamente nella fascia 20-24 anni: sono questi i nati attorno agli anni '90, quando le politiche familiari si sono allentate permettendo alle coppie di avere il secondo figlio.
La struttura demografica della Russia rispecchia, invece, il calo demografico registrato a seguito del peggioramento della qualità della vita dovuto alla seconda guerra mondiale e al successivo crollo dell'Unione Sovietica.
Un altro fenomeno riscontrabile in tutti i Brics è la rapida urbanizzazione. Nel 1950 viveva nelle aree urbane il 12% dei cinesi e il 17% degli indiani: per avere un termine di confronto, in Italia questo valore raggiungeva il 54%. Diversa la situazione di Brasile, Russia e Sudafrica, dove la percentuale di popolazione urbana variava dal 36% al 44%. Dal 1950 al 2010 la situazione è profondamente mutata: il Brasile presenta il tasso di urbanizzazione più alto, con 8,4 persone su 10 che risiedono nelle città e a seguire la Russia con 7,4 persone su 10. Lo sviluppo urbano del Sudafrica ha subito una forte accelerazione solamente a partire dagli anni '90, mentre in Cina dagli anni '80: attualmente, 6,2 sudafricani su 10 vivono nelle aree urbane, mentre in Cina la quota scende a 5 abitanti su 10. Anche l'India ha risentito di questa spinta verso le città, ma con intensità minori: pur essendo in costante crescita, la popolazione urbana supera di poco il 30%, mantenendosi ben al di sotto del livello medio degli altri Brics.
Non a caso, molte città dei Brics attualmente concorrono a pieno titolo nella classifica delle città più globali, secondo il ranking AtKearnet (Nota 1), in termini di sviluppo economico, politico e socio-culturale; se le prime posizioni sono occupate saldamente da metropoli come New York, Londra, Parigi e Tokyo, le città dei paesi emergenti stanno guadagnando sempre più terreno: Pechino si posizione al 14° posto, non molto distante da Sydeny (12°) e Vienna (13°), Mosca è 19esima, Shanghai 21esima, appena sotto Berlino. Per trovare le prime città italiane nella classifica delle più globali, bisogna scorrere fino alla 28esima posizione (Roma) e fino alla 41esima (Milano). Considerando, poi, solo la vivacità delle attività economiche, Pechino e Shanghai, risalgono velocemente la classifica, posizionandosi rispettivamente al sesto e al settimo posto, mentre la città indiana di Mumbai si distingue per il forte sviluppo registrato in pochi anni. D'altra parte, queste metropoli sono ancora carenti sul fronte delle dimensioni non economiche (cultura, capitale umano, politica) e rimangono penalizzate nei confronti delle città occidentali più globalizzate.
Il fenomeno dell'urbanizzazione ha portato benefici anche sulle condizioni di vita della popolazione. La speranza di vita alla nascita, che nel 1950 non superava i 38 anni in India, i 45 in Cina e in Sudafrica e i 51 in Brasile, nel 2010 ha superato i 72 anni in Brasile e in Cina e si attesta attorno ai 64-68 anni in India e in Russia. Il Sudafrica sembra correre meno velocemente e nel 2010 si ferma a 51 anni. (Figura 14.1.3)

Il mercato del lavoro

La partecipazione al mercato del lavoro nei Brics si mantiene più elevata di quella registrata nel nostro paese: escludendo il Sudafrica, secondo le stime dell'International Labour Organization (ILO), il tasso di occupazione della popolazione di 15 anni e più nel 2010 varia dal 54% dell'India al 71% della Cina, rispetto al 44% dell'Italia. Il tasso di disoccupazione registra delle differenze meno forti: Russa e Brasile si discostano poco dal dato italiano (pari all'8,4%), mentre la Cina rimane attorno al 4%.
Negli ultimi due decenni il mercato del lavoro ha seguito percorsi diversi fra i paesi Brics: in Cina e in India il tasso di occupazione è diminuito progressivamente, perdendo negli anni 4-5 punti percentuali; Brasile e Russia, invece, dopo una contrazione del mercato durante tutti gli anni '90, hanno accelerato il loro percorso di crescita a partire dagli inizi del nuovo millennio.
In questo contesto, il Sudafrica presenta tutt'altre caratteristiche: il tasso di occupazione, infatti, si mantiene su livelli molto bassi, e, nonostante alcuni anni di relativa crescita, nel 2010 supera appena il 39%. Parallelamente il tasso di disoccupazione registra valori allarmanti, con un lavoratore su 4 alla ricerca di occupazione.
Molto diversa dalla situazione italiana anche la struttura economico-lavorativa dei Brics. Se prendiamo come riferimento il nostro paese, con il 68% di occupati impiegati nel settore dei servizi, il 29% nell'industria e il 4% nell'agricoltura, l'India rappresenta l'estremo opposto: è caratterizzata da un sistema produttivo essenzialmente agricolo, con una percentuale di occupati in questo settore superiore al 50% e una quota di occupati nell'industria pari al 22%. A seguire la Cina, con una quota di lavoratori in agricoltura molto elevata (40%), ma una buona percentuale di occupati nell'industria (27%). Il Brasile, invece, si caratterizza per una percentuale elevata di impiegati nel settore terziario (61%), a scapito del settore industriale (22%). Russia e Sudafrica si avvicinano maggiormente alla struttura dei mercati occidentali, con percentuali di occupati nell'agricoltura inferiori al 10% e di occupati nel terziario superiore al 60%.
I Brics si caratterizzano anche per una diversa partecipazione al mercato del lavoro di giovani e donne. Nel 2010 in Cina, Russia e Brasile, il tasso di occupazione femminile supera il 50% (34% in Italia), mentre in India e in Sudafrica il livello si mantiene più modesto (rispettivamente 28% e 32%). Ma ciò che vale la pena di sottolineare è il rapporto fra generi. Se in Italia il gap uomo-donna raggiunge i 21 punti percentuali, in Cina e in Russia rimane attorno agli 11-13 punti. Il Sudafrica e il Brasile si mantengono sui livelli italiani, mentre in India le disparità raggiungono valori allarmanti: nel 2010 il gap supera i 50 punti percentuali.
Il tasso di attività giovanile, che misura il livello di partecipazione al mercato del lavoro e che comprende occupati e disoccupati, è particolarmente elevato in Cina e in Brasile, dove supera il 60%, si mantiene più contenuto in India e in Russia (38-44%), mentre in Sudafrica scende ai livelli italiani (27%). Negli ultimi anni i tassi sono diminuiti in tutti i paesi, ad eccezione del Brasile, dove è stato registrato un calo di soli 3 punti percentuali, rispetto ai 17-18 punti di Italia e Cina. A tal proposito, vale la pena sottolineare che il tasso di attività giovanile è inversamente proporzionale al livello di partecipazione dei giovani al sistema educativo: più alto è il tasso di attività, meno giovani sono inseriti nei percorsi scolastici.
Va tuttavia sottolineato, che in alcuni paesi l'occupazione informale assume un peso rilevante: molti lavoratori svolgono un'occupazione senza protezioni legali e sociali, che in Italia potrebbe ricadere nel campo del lavoro nero o sommerso. Secondo le definizioni dell'International Labour Organization questo fenomeno comprende sia i lavoratori in aziende appartenenti al settore informale (aziende non registrate), sia gli occupati in aziende del settore formale ma senza regolare contratto. L'occupazione informale raggiunge livelli particolarmente allarmanti in Brasile e in India, dove rappresenta il 42% e l'84% degli occupati. (Figura 14.1.4)

I cambiamenti socio-culturali

Sul piano delle condizioni socio-culturali, i Brics hanno fatto grossi passi in avanti, ma permangono forti criticità.
Il livello culturale della popolazione è migliorato in modo diffuso, anche se le differenze fra i vari paesi rimangono marcate. Attualmente il tasso di alfabetizzazione, calcolato secondo la definizione UNESCO (Nota 2), supera il 99% in Russia, il 94% in Cina e il 90% in Brasile. Fra questi, la Cina è riuscita ad ottenere i progressi più significativi: dal 1980 al 2010, la quota di persone alfabetizzate è cresciuta di circa 30 punti percentuali. Anche l'India nel corso degli anni ha migliorato il proprio livello educativo, ma i risultati raggiunti rimangono ben al di sotto degli altri paesi emergenti: il tasso di alfabetizzazione, infatti, si ferma al 63%, anche se dal 1980 è aumentato di 22 punti percentuali.
Per quanto riguarda, invece, l'istruzione terziaria (ISCED 5-6, ossia laurea e i titoli superiori), fra i paesi Brics spicca la Russia, con più di 6.500 studenti ogni 100mila abitanti: questo valore è superiore a molti paesi europei, tra cui l'Italia che si attesta attorno ai 3.400 studenti. Il Brasile presenta una quota di studenti iscritti all'educazione terziaria simile al livello italiano (circa 3.150 studenti), mentre Cina e India sembrano più in ritardo, con tassi che si fermano rispettivamente a 2.340 e 1.580 studenti ogni 100mila abitanti. Al di la dei risultati attualmente raggiunti, risulta interessante osservare i cambiamenti intercorsi negli ultimi anni. In Italia, la quota di studenti iscritti all'istruzione terziaria rapportata alla popolazione è rimasta pressoché costante, variando dai 3.134 studenti del 2000 ai 3.396 del 2008; i Brics, invece, hanno avuto uno sviluppo più marcato, lasciando presupporre per gli anni a venire ulteriori progressi: dal 2000 al 2009 il numero di studenti è aumentato del 51% in Russia, del 73% in India, è quasi raddoppiato in Brasile e addirittura quadruplicato in Cina. Si tratta quindi di popolazioni sempre più istruite che possono diventare partner importanti per lo sviluppo dei paesi occidentali, prima fra tutti l'Italia e il Veneto.
Nonostante il miglioramento del livello di istruzione, nei paesi Brics permangono alcune criticità sul fronte della povertà e della redistribuzione del reddito. In particolare, Brasile e Sudafrica si caratterizzano per una forte disparità dei redditi: l'indice di Gini, che varia da 0 a 100 dove 0 rappresenta la pura equidistribuzione e 100 la massima disomogeneità, assume valori molto elevati, pari rispettivamente a 53,9 e 67,4. Tuttavia, mentre in Brasile le disparità stanno lentamente diminuendo, in Sudafrica sono tuttora in crescita. Gli squilibri sono in aumento anche in India e in Cina, ma l'indice di Gini si mantiene su valori più contenuti (32-35), non molto dissimili da quelli registrati in Italia. Ciò che caratterizza questi due paesi è, invece, la percentuale di poveri: in India, il 42% della popolazione vive con meno di 1,25$ al giorno, soglia comunemente individuata per il calcolo della povertà estrema, mentre il 76% vive con meno di 2$. Fino alla seconda metà degli anni '90, anche la Cina si caratterizzava per una quota di poveri molto elevata (il 74% nel 1995 viveva con meno di 2$ al giorno), ma a differenza dell'India, la situazione è decisamente migliorata: nel 2005 solamente 16 persone su 100 si trovano al di sotto della soglia di povertà estrema di 1,25$ al giorno, mentre 36 vivono con meno di 2$. (Figura 14.1.5)
Gli altri paesi sulla cresta dell'onda

I paesi del Nord Africa

Grazie alla prossimità geografica, il Nord Africa (Algeria, Egitto, Libia, Marocco, Tunisia) rappresenta un ottimo bacino di scambi economici e commerciali con il nostro paese. Prima delle sollevazioni socio-politiche susseguitesi nel 2011, questi paesi stavano attraversando un favorevole periodo di sviluppo economico, con valori del prodotto interno lordo in crescita mediamente del 4%. Per fare solo qualche esempio, fra il 2003 e il 2005 l'Algeria è cresciuta con tassi compresi fra il 5 e il 7%, negli stessi anni la Libia ha superato il 10%, l'Egitto nel 2008 ha toccato il 7%, così come il Marocco nel 2006 ha sfiorato l'8%. La cosiddetta "primavera araba" ha in parte frenato questo periodo di crescita, ma le stime per i prossimi anni parlano di una rapida ripresa dell'economia.
Tuttavia, nonostante questo periodo di forte sviluppo economico, il pil procapite si mantiene ben al di sotto delle economie avanzate: se in Italia ad ogni abitante corrispondono poco meno di 30mila dollari (Nota 3) a parità di potere d'acquisto, nei paesi del Nord Africa, ad eccezione della Libia, non si va oltre i 10mila.
Passando ora agli aspetti più strettamente sociali, la situazione si presenta molto variegata fra i paesi del Nord Africa. Innanzitutto si tratta di territori molto diversi dal punto demografico: l'Egitto è lo stato più popoloso con circa 81 milioni di abitanti, mentre all'estremo opposto troviamo la Libia che si ferma a 6. Sono comunque popolazioni piuttosto giovani, con una quota di ragazzi in età 0-14 anni che varia dal 23% della Tunisia al 32% dell'Egitto (in Italia è pari al 14%).
Un altro aspetto che distingue i paesi nordafricani è la distribuzione della popolazione fra campagna e città. Tale indicatore è utile per descrivere lo stadio della transizione di un paese da un'economia prettamente agricola ad una più industrializzata. Fra tutti, la Libia è sicuramente il territorio più urbanizzato: la percentuale di abitanti che vivono nelle città ha superato il 77% nel 2010, ma già a partire dalla metà degli anni '80 aveva raggiunto il 75%. Anche Algeria e Tunisia presentano alti livelli di urbanizzazione, mentre il Marocco e soprattutto l'Egitto rimangono ancora territori prevalentemente rurali.
Pur con livelli diversi, gli stati nordafricani presentano tassi di alfabetizzazione piuttosto bassi: nel 2010, il tasso di alfabetizzazione sfiora il 90% solo in Libia, ma, ad esempio, in Marocco si ferma al 56%. In quest'ultimo paese è limitata anche la quota di studenti iscritti all'istruzione terziaria, mentre negli altri stati è più alta, avvicinandosi ai livelli dei paesi avanzati.
Infine, i tassi di occupazione della popolazione di 15 anni e più si mantengono all'interno di un intervallo compreso fra il 39% dell'Algeria e il 49% della Libia. Più allarmanti sono i livelli di disoccupazione soprattutto dei giovani, con valori superiori al 22%, ma che sfiorano il 31% in Tunisia. (Tabella 14.1.1)

I paesi arabi del Golfo

I paesi appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi, Oman e Bahrain) sono notoriamente paesi ricchi di risorse energetiche, che hanno intrapreso un buon percorso di crescita negli ultimi decenni. Tuttavia, la forte dipendenza dell'economia nazionale dall'estrazione di energie non rinnovabili, ha portato molti governi a prevedere importanti politiche di diversificazione nella produzione di ricchezza, puntando soprattutto su infrastrutture, turismo e in più in generale sul settore dei servizi.
Le dinamiche economiche del primo decennio del 2000 sono state molto vivaci. Il prodotto interno lordo del Qatar è cresciuto mediamente del 13%, con picchi del 26% nel 2006. L'Oman nel 2008 ha segnato un +13%, mentre il Kuwait dal 2003 al 2005 si è mantenuto costantemente su tassi di crescita a due cifre, così come gli Emirati Arabi. La ricchezza di questi paesi emerge anche analizzando il pil pro capite a parità di potere d'acquisto: in Qatar supera gli 88 mila dollari per abitante, negli Emirati Arabi i 46 mila dollari e in Kuwait sfiora i 39 mila.
Si tratta comunque di territori poco popolosi: l'Arabia Saudita raggiunge da sola i 27,4 milioni di abitanti, mentre gli altri paesi nel complesso superano appena i 16 milioni. Oltre ad essere lo stato più popoloso, l'Arabia Saudita è anche lo stato più giovane: quasi un terzo della sua popolazione ha meno di 15 anni. A seguire troviamo l'Oman e il Kuwait, mentre il Qatar e gli Emirati Arabi presentano una struttura demografica più sbilanciata verso le classi d'età centrali: più del 70% della popolazione ha un'età compresa fra i 15 e i 44 anni.
I paesi che si affacciano sul Golfo hanno seguito percorsi di sviluppo urbano molto diversi, raggiungendo però traguardi simili: il grado di urbanizzazione è, infatti, piuttosto elevato, superiore anche al 98% (Kuwait e Qatar). Diversi, invece, i tempi dello sviluppo: alcuni paesi hanno concluso la transizione da società rurale a società urbana già da qualche decennio (il Bahrain, ad esempio, attorno agli anni '60, il Kuwait negli anni '80), mentre altri sembrano tuttora in fase evolutiva (Arabia Saudita ed Emirati Arabi).
L'alto grado di urbanizzazione ha sicuramente influenzato lo sviluppo socio culturale. L'istruzione di base è piuttosto diffusa, con tassi di alfabetizzazione superiori in molti casi al 90%; mentre nel settore dell'istruzione terziaria, solamente l'Arabia Saudita raggiunge i livelli dei paesi più avanzati. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, occupazione elevata e disoccupazione contenuta sono gli elementi comuni a questo gruppo di paesi. (Tabella 14.1.2)

I paesi latino americani

Oltre al Brasile, anche altri paesi dell'America latina (Cile, Colombia, Messico, Perù) hanno intrapreso un percorso di crescita particolarmente sostenuto. In particolare, il Messico rappresenta la seconda economia dell'America latina ed è considerato un partner emergente per gli scambi internazionali. Il prodotto interno lordo è cresciuto velocemente verso la metà degli anni 2000, subendo però nel 2009 gli effetti della crisi economica mondiale. Anche il Cile e la Colombia sono economie molto dinamiche, con tassi di crescita che fra il 2004 e il 2007 hanno sfiorato il 7%. Ancora più brillanti le performance del Perù, che nel 2008 ha visto crescere il proprio prodotto interno lordo di quasi il 10%. Tuttavia, la caratteristica che sicuramente accomuna questi paesi è la capacità di ripresa dimostrata a seguito della crisi economica: già nel 2010 hanno saputo recuperare le significative perdite registrate durante l'anno precedente.
Dal punto di vista demografico, il Messico conta più di 113 milioni di abitanti, mentre gli altri paesi sono di dimensioni più ridotte, variando dai 17 milioni del Cile ai 46 della Colombia. Come per gli altri paesi emergenti, la popolazione è molto giovane: la quota di ragazzi in età 0-14 anni oscilla fra il 22% del Cile e il 30% del Perù, mentre la quota di persone in età 15-44 anni si mantiene attorno al 46-48%. La popolazione vive prevalentemente nelle città, con tassi di urbanizzazione elevati soprattutto in Cile (89%), ma le previsioni per gli anni a venire presentano tassi ancora in crescita.
Generalmente buono l'andamento dell'occupazione: il mercato del lavoro è particolarmente brillante in Perù, con un tasso di occupazione che nel 2010 supera il 71% e con un tasso di disoccupazione pari al 6,3%. Il Messico presenta tassi di occupazione meno elevati, ma la disoccupazione supera appena il 5%. In Cile e in Colombia la quota di disoccupati è leggermente superiore (8-12%), ma il trend è in miglioramento.
L'istruzione di base è molto soddisfacente: il tasso di alfabetizzazione varia dal 90% del Perù al 99% del Cile. Quest'ultimo paese si caratterizza anche per un elevato numero di iscritti a corsi di istruzione superiore: circa 5.200 ogni 100mila abitanti.

I paesi del Sud Est asiatico

Infine, passiamo ad esaminare i paesi del Sud Est asiatico (Indonesia, Malesia, Filippine, Tailandia, Vietnam). La crisi dei mercati asiatici del 1997-98 ha profondamente scosso questa regione, provocando un forte periodo di recessione: il prodotto interno lordo nel 1998 è diminuito del 13% in Indonesia e dell'11% in Tailandia. In questo contesto, gli stati del Sud Est asiatico hanno compiuto grossi sforzi per tornare a primeggiare negli scenari internazionali, raggiungendo ottimi livelli di sviluppo.
A partire dal 2000, Indonesia e Vietnam hanno registrato ritmi di crescita compresi fra il 5 e il 7%, senza risentire della crisi economica del 2009. Anche le Filippine si sono mosse sempre in territorio positivo, nonostante nel 2009 il Pil sia cresciuto solamente di un punto percentuale. Malesia e Tailandia, invece, hanno pagato di più gli effetti della crisi e dopo anni di crescita economica hanno subito una battuta d'arresto proprio nel 2009. Nel 2010 hanno comunque ripreso a crescere con tassi di sviluppo degli altri paesi asiatici.
Lo sviluppo economico non ha però risolto i problemi di equità sociale. Innanzitutto si può osservare come il prodotto interno lordo pro-capite rimanga piuttosto basso: supera i 20mila dollari per abitante solamente in Malesia, ma in Indonesia, Filippine e Vietnam non va oltre i 7mila dollari. Un altro indicatore molto significativo è il coefficiente di Gini, che come descritto nei paragrafi precedenti misura le disparità nella distribuzione dei redditi: proprio in Malesia raggiunge il 46,2, ma supera il 40 anche in Tailandia e nelle Filippine. La ricchezza prodotta non è dunque accessibile a tutti, ma al contrario crea una pesante disuguaglianza fra la popolazione.
Per quanto riguarda la demografia del territorio, l'Indonesia, con i suoi 240 milioni di abitanti, è il quarto paese più popoloso del mondo, dopo Cina, India e Stati Uniti. Filippine e Vietnam rimangono sui 90 milioni di abitanti, mentre la Malesia è lo stato meno popoloso dei cinque qui considerati con 28,4 milioni di persone. La percentuale di popolazione che vive nelle aree urbane indica percorsi di crescita molto diversi dagli altri paesi emergenti precedentemente descritti. Infatti, solo la Malesia raggiunge un tasso di urbanizzazione pari al 72%, Indonesia e Filippine si fermano attorno al 50%, mentre in Vietnam e in Tailandia solamente una persona su tre vive in città.
I livelli educativi raggiungono buoni risultati con tassi di alfabetizzazione ovunque superiori al 90% e un numero di studenti iscritti all'istruzione terziaria che raggiunge le 3.000 unità per 100mila abitanti nelle Filippine e in Tailandia.

Figura 14.1.1

Indicatori economici. Italia e paesi Brics - Anni 1991:2017

Figura 14.1.2

Indicatori demografici. Italia e paesi Brics - Anni 1991:2010

Figura 14.1.3

Struttura demografica della popolazione per sesso ed età. Italia e paesi Brics - Anni 1950 e 2010

Figura 14.1.4

Indicatori del mercato del lavoro. Italia e paesi Brics - Anni 1991:2010

Figura 14.1.5

Indicatori socio culturali. Italia e paesi Brics - Anni 1900:2010

Tabella 14.1.1

Indicatori economici di alcuni paesi emergenti. Anni 2000, 2010 e previsioni al 2017

Tabella 14.1.2

Indicatori socio - demografici di alcuni paesi emergenti. Anni 2000 e 2010
 
Inizio Pagina

14.2 - Le relazioni dei paesi emergenti con il Veneto

Gli scambi commerciali
L'aumento degli scambi commerciali esteri delle imprese venete è stato sicuramente trainato dalla vivacità dei Brics e degli altri paesi emergenti: come già analizzato nel paragrafo precedente, i paesi Brics muovono, infatti, il 16% delle esportazioni mondiali e il 15% delle importazioni, percentuali in forte crescita rispetto agli inizi del nuovo millennio.
Nel 2011, il valore delle esportazioni delle imprese venete verso i Brics ha superato i 4,4 miliardi di euro, in aumento di quasi il 25% rispetto all'anno precedente; il tasso di crescita è ben superiore a quello medio regionale, che fra il 2010 e il 2011 si è fermato al 10%. Complessivamente, le esportazioni verso i Brics rappresentano il 9% dell'export veneto, valore che nel 2000 superava appena il 3%; in questo contesto, Cina e Russia si confermano i mercati più importanti dell'area, destinatari nel complesso del 6,7% della ricchezza esportata. Il Brasile e l'India giocano, invece, un ruolo ancora marginale, con una quota di mercato veneto che si ferma all'1,8%; tuttavia, il valore economico dell'export verso questi due paesi è in continua crescita, lasciando presupporre per il futuro ampi margini di sviluppo.
Per quanto riguarda gli altri paesi emergenti, la fetta di mercato delle esportazioni varia dall'1% del Sud Est asiatico (Indonesia, Malesia, Filippine, Tailandia e Vietnam), al 2,1% dei paesi arabi (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi, Kuwait, Oman, Qatar). L'influenza di quest'ultima area è particolarmente cresciuta nel tempo: il valore dell'export è più che raddoppiato dal 2000 al 2011 e la quota sul totale è aumentata di 0,7 punti percentuali.
Dal lato delle importazioni, il peso dei Brics è ancora più forte, pari al 15% dell'import veneto, con la Cina che da sola pesa per il 10%. L'andamento degli scambi commerciali nel tempo è stato profondamente segnato dalla contrazione dei mercati a seguito della crisi economica: nel 2009, il Veneto ha ridotto il valore delle merci e dei prodotti complessivamente importati dall'estero, con una diminuzione approssimabile al 22%. Di conseguenza, anche dai paesi Brics, le importazioni sono diminuite del 23% dal 2009 al 2008, registrando poi a partire dal 2010 una significativa ripresa: in particolare, dal 2009 al 2010 le importazioni dalla Cina sono cresciute del 35%, dalla Russia del 57% e dall'India del 72%. Dal 2010 al 2011 sono risultate particolarmente brillanti le importazioni dalla Russia, cresciute dell'85%.
Fra gli altri paesi emergenti, risulta rilevante la quota di mercato del Nord Africa, con un peso del 2,4% sull'import veneto, anche se nel corso del 2011 questo valore è diminuito di oltre 2 punti percentuali: le rivolte popolari esplose in quest'area hanno avuto sicuramente delle conseguenze nell'assetto complessivo e nell'economia di questi stati. (Tabella 14.2.1)
Fra i settori merceologici più interessati alle esportazioni verso i Brics, la meccanica rappresenta il 41% degli scambi intercorsi. Il settore della meccanica rappresenta un'ottima opportunità negli scambi con gli emergenti: è uno degli ambiti altamente concorrenziali e di maggiore specializzazione dell'economia veneta, ma soprattutto si tratta di beni d'investimento importanti per questi paesi che stanno strutturando le proprie imprese e modernizzando i macchinari.
A seguire, ma con valori molto più contenuti, troviamo il settore della moda (13%) e quello dei gioielli, articoli sportivi e medicinali (9%). La struttura delle esportazioni è comunque molto cambiata negli anni: la meccanica, infatti, sta monopolizzando sempre di più il valore della ricchezza esportata, a scapito di altri settori come la moda, i gioielli, la chimica e il legno. Va comunque sottolineato, che dal 2000 al 2011 tutti i settori hanno registrato buoni incrementi, soprattutto l'agroalimentare e i metalli: il giro d'affari del primo è passato da 25 a 134 milioni di euro, il secondo da 64 a 320 milioni.
Anche per gli altri paesi emergenti la meccanica è il settore merceologico più esportato, pur con delle differenze. Tale settore rappresenta, infatti, il 47% di tutte le esportazioni verso i paesi latino americani (Cile Colombia, Messico e Perù), ma solamente il 28-29% delle esportazioni verso i paesi arabi e il Nord Africa (Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto e Libia). In queste due aree assume un'importanza maggiore il comparto della moda (26% delle esportazioni verso i paesi del Nord Africa) e il settore dei gioielli (25% nel paesi arabi). Diverse anche le dinamiche di crescita: dal 2000 al 2011 nei paesi arabi è cresciuto soprattutto il settore agroalimentare (+362%), mentre nel Nord Africa e nel Sud Est asiatico i mezzi di trasporto.
Fra i prodotti più importati, la moda gioca, invece, un ruolo di assoluto primo piano: in questo caso i Brics rappresentano i nostri principali fornitori. Fra i Brics, questo settore concentra un terzo delle importazioni, con valori che raggiungono il 62% per il Brasile, il 47% per l'India e il 34% per la Cina. Dalla Russia e dal Sudafrica, invece, arrivano soprattutto metalli e minerali. Negli anni, oltre ad aumento del peso del settore moda, ha guadagnato terreno anche l'elettronica e gli apparati elettrici, a scapito del comparto metallifero.
La moda rappresenta anche il settore più importato dai paesi del Nord Africa e dai paesi del Sud Est asiatico, mentre dai paesi arabi arrivano soprattutto prodotti petroliferi. I latino americani presentano una situazione più variegata, con un peso rilevante dell'agroalimentare, ma anche della moda, della chimica e dei metalli. (Figura 14.2.1)
L'imprenditorialità
Le opportunità offerte dallo sviluppo dei nuovi mercati non possono prescindere dal tessuto economico della nostra regione e del nostro paese: la crescita, infatti, deve ripartire da ciò che l'Italia e il Veneto sanno fare meglio, ossia prodotti di qualità, basati sulla tradizione del made in Italy. E i mercati emergenti stanno andando proprio in questa direzione: i nuovi consumatori, giovani con buoni livelli culturali e redditi pro capite in aumento, aperti alle nuove tecnologie, sono sempre più attirati dal cosiddetto lusso accessibile. A questo proposito, si rimanda al capitolo 12 - Bello e ben fatto, in cui si analizzano le potenzialità dei prodotti made in Italy sui nuovi mercati.
I paesi emergenti non rappresentano solamente ricchezza importata ed esportata, ma anche imprenditoria a livello locale: stranieri in Veneto e veneti all'estero, sono queste le dimensioni che si stanno sviluppando all'interno di un'economia sempre più attenta a sfruttare le opportunità offerte da nuovi mercati.
Nel 2011 in Veneto, si contano più di 15mila imprenditori provenienti dai Brics e dagli altri paesi emergenti. In particolare, dall'area dei Brics provengono più di 8.500 imprenditori, di cui 6.280 dalla Cina e 1.191 dal Brasile. Le specializzazioni sono, comunque, molto diverse; i cinesi nel 93% dei casi operano nel campo delle attività manifatturiere, nel commercio e nei servizi di ristorazione, mentre i brasiliani si trovano soprattutto nel settore delle costruzioni. Gli indiani spiccano, invece, per una quota superiore di operatori nel campo dei servizi di supporto alle imprese.
Tuttavia, a sorprendere ancora una volta è il rapido sviluppo intercorso nel giro di pochi anni: se nel 2000 si contavano 930 imprenditori cinesi, nel 2011 è stata raggiunta quota 6.280; lo stesso andamento è stato registrato per gli altri paesi, con gli imprenditori brasiliani più che triplicati e quelli indiani passati da 46 a più di 700.
Fra gli altri paesi emergenti, si deve evidenziare soprattutto il ruolo dei paesi nordafricani e in particolare il ruolo del Marocco. Gli imprenditori provenienti da questo paese, infatti, nel 2011 sfiorano le 4.500 unità, nonostante agli inizi del nuovo millennio superassero appena le 1.000. Commercio e costruzioni sono i principali settori in cui i marocchini decidono di avviare la propria impresa.
Sul fronte, invece, delle aziende venete che hanno trovato nuovi sbocchi nei mercati internazionali, nel 2009 si contano oltre 560 imprese operanti nei paesi emergenti partecipate da multinazionali venete. I paesi dell'area Brics detengono la maggior parte di queste imprese (380) e fra questi la Cina, con le sue 168 aziende partecipate, rappresenta sicuramente il territorio più esplorato. Significativo anche l'aumento registrato in soli tre anni: dal 2006 il numero di imprese cinesi a partecipazione veneta è cresciuto di 71 unità. Anche il Brasile, con 95 aziende partecipate, rappresenta un solido terreno di investimento per i nostri imprenditori. (Tabella 14.2.2)
Il turismo
Fra le opportunità di crescita offerte dai paesi emergenti è necessario considerare il turismo, da sempre fiore all'occhiello della nostra regione.
Fra i 10 milioni di turisti stranieri arrivati in Veneto nel 2011, più del 9% proviene dai paesi Brics: 387mila turisti dalla Cina, quasi 242mila dalla Russia, 187mila dal Brasile, queste solo le cifre più significative per descrivere le potenzialità e l'indotto di un settore su cui il Veneto deve puntare per la ripresa economica. A ciò si deve aggiungere che in un decennio la dimensione del fenomeno è cresciuta enormemente: dal 2000 i turisti cinesi e brasiliani sono più che triplicati, i russi sono aumentati di quasi cinque volte, gli indiani dal 2005 sono cresciuti del 136%. Nel gruppo degli altri paesi emergenti, in undici anni sono aumentati significativamente anche i turisti arabi, passati da circa 17 mila a più di 40mila.
Complessivamente, ai 924mila turisti provenienti dai paesi Brics corrispondono all'incirca 1,8 milioni di presenze, permettendo così di stimare che in media ogni turista ha soggiornato nelle strutture ricettive venete 1,9 notti, rispetto alle 3,9 notti registrate fra gli stranieri di tutte le nazionalità. Si tratta quindi di soggiorni brevi, in parte determinati dal tipo di vacanza e dal tipo di sistemazione.
I turisti Brics, infatti, sono attirati in Veneto quasi esclusivamente dalle bellezze artistiche e dalle città d'arte; molto spesso Venezia, Verona o Padova sono comprese all'interno di pacchetti più ampi, che permettono di visitare più città in pochi giorni, come ad esempio Roma e Firenze. Risulta, così, che 9 arrivi su 10 in Veneto sono concentrati nelle città d'arte, mentre la fetta rimanente è suddivisa in parti più o meno uguali fra mare, lago, montagna e località termali. Per comprendere la peculiarità di questo gruppo di turisti, è sufficiente sottolineare che fra gli arrivi non Brics la quota riservata alle città d'arte scende al 52%. Complessivamente, i Brics rappresentano il 15% dei turisti che nel 2011 hanno affollato le nostre città d'arte, valore che nel 2005 non superava il 9%.
Viste le caratteristiche del soggiorno, i turisti Brics optano quasi esclusivamente per una struttura alberghiera: fanno una scelta di questo tipo il 96% di cinesi e il 94% degli indiani, ma anche il 91% dei brasiliani e l'89% dei russi. I sudafricani si discostano leggermente: scelgono l'albergo solo nell'82% dei casi, mentre sembrano preferire maggiormente gli altri alloggi privati (11%). Fra gli stranieri provenienti dai paesi non Brics, la struttura alberghiera, pur rimanendo la scelta principale, non è così esclusiva: vi soggiornano, infatti, il 67% dei turisti, mentre assumono più rilevanza i campeggi e i villaggi vacanze (18% contro l'1% dei Brics) e gli altri alloggi privati (11% vs 2%).
I soggiorni dei turisti Brics, come quelli provenienti da altri paesi emergenti, si caratterizzano anche per una qualità maggiore; rispetto agli altri stranieri, i Brics tendono a preferire strutture alberghiere di categorie più alte: fra quanti soggiornano negli alberghi, il 68% dei turisti Brics e il 70% degli arabi, sceglie una struttura di 4-5 stelle, rispetto al 51% degli altri stranieri. Fra tutti, i cinesi sembrano dimostrare la capacità di spesa maggiore, con una quota di arrivi negli alberghi più costosi che sfiora l'80%. I russi, invece, pur scegliendo hotel di livello inferiore, fanno vacanze più lunghe: soggiornano mediamente 2,5 notti negli alberghi fino a tre stelle e 3 notti in quelli da 4-5 stelle, rispetto ai cinesi che si fermano solamente 1,2 notti. (Figura 14.2.2)

Tabella 14.2.1

Interscambio commerciale del Veneto con i paesi emergenti. Anni 2000, 2005 e 2011

Figura 14.2.1

Distribuzione percentuale per settore delle importazione e delle esportazione Venete dai Brics sul totale dell'import/export veneto da questi paesi. Anni 2000 e 2011

Tabella 14.2.2

Imprenditori stranieri in Veneto provenienti dai paesi Brics e dai paesi emergenti e imprese estere partecipate da imprese venete. Anni 2000, 2009 e 2011

Figura 14.2.2

Distribuzione percentuale degli arrivi in Veneto di turisti stranieri per struttura ricettiva e numero di notti. Anno 2011