U.O. Sistema Statistico Regionale U.O. Sistema Statistico Regionale
Capitolo 11

L'evoluzione strategica del modello veneto di internazionalizzazione

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11.1 - Settori strategici e nuove frontiere

Le esportazioni saranno il motore della crescita nei prossimi anni per tutti i paesi sviluppati e, in modo particolare, per tutti quei paesi che saranno soggetti a una stagnazione della propria domanda interna. Il rapido sviluppo delle economie emergenti determinerà una crescita delle importazioni di questi paesi che riguarderà non solo i beni strumentali, ma anche quelli di consumo. È necessario, quindi, che un'economia, tradizionalmente orientata all'export come quella veneta, sappia cogliere le opportunità che si aprono sui mercati mondiali.
L'internazionalizzazione delle imprese, intesa come capacità di migliorare la qualità della presenza nei mercati internazionali, senza lasciarsi tentare dalla sola delocalizzazione produttiva legata alla pura riduzione del costo della manodopera, costituisce un primario fattore di competitività e sviluppo. La sfida per le imprese venete è quella di individuare le nuove strategie per accrescere il grado di diversificazione geografica dell'export, riducendo così la dipendenza da pochi mercati di riferimento, e collocare in modo più proficuo le proprie produzioni.
Le informazioni che riguardano i flussi commerciali possono fornire utili indicazioni per valutare la definizione di nuove strategie di presenza sui diversi mercati esteri e di sviluppo della qualità dei beni esportati. Le analisi contenute in questo paragrafo sono riferite ai flussi commerciali dei primi dieci anni del nuovo millennio, il 2010 è l'ultimo anno di disponibilità dei dati definitivi sull'interscambio commerciale con l'estero, e sono stati utilizzati alcuni indicatori statistici in grado di misurare il grado di internazionalizzazione di un determinato territorio, come il tasso medio composto di crescita calcolato su base annua (TMA) (Nota 1) e il contributo alla crescita (CCC) (Nota 2). (Figura 11.1.1), (Figura 11.1.2)
Negli ultimi dieci anni una quota di poco inferiore al settanta per cento delle esportazioni venete è stata originata da cinque settori: meccanica (18,9% del totale nel 2010), moda (18% nel 2010), metalli e prodotti in metallo (11,2% nel 2010), chimica e plastica (11% nel 2010) e gioielli e occhialeria (8,9% nel 2010). Il peso relativo dei diversi settori ha tuttavia subito alcune importanti modifiche. Il settore meccanico ha acquisito la leadership per valore di prodotti esportati, con una quota che negli ultimi dieci anni è cresciuta di 2,5 punti percentuali. Questo settore è quello che ha anche maggiormente contribuito alla crescita delle esportazioni nei dieci anni presi in considerazione: il 26,6% del nuovo fatturato estero generato dalle imprese venete è da ascrivere alla vendita di prodotti meccanici.
Alle sue spalle, invece, si sono avuti alcuni importanti cambiamenti. Al secondo posto per valore delle esportazioni troviamo nel 2010 il settore della moda (tessile, abbigliamento, cuoio e calzature), che nel corso degli ultimi due lustri ha perso il primato del settore regionale più export-oriented. Le imprese del settore hanno dovuto affrontare una grande crisi di competitività. La concorrenza delle nuove economie emergenti, legata al basso costo della manodopera, ha determinato la ristrutturazione di molte aziende del settore, con fenomeni sempre più crescenti di decentramento produttivo all'estero, causando un sostanziale ridimensionamento del peso regionale dell'export del comparto: la quota dei beni esportati passa dal 22% del 2000 al 18% del 2010 e il valore delle esportazioni è rimasto quello dell'anno 2000. Anche in ambito nazionale, la quota del fatturato estero del settore moda è diminuita di quattro punti percentuali: dal 15,1 % del 2000 all'11,1% del 2010.
Al terzo posto, con l'11,2% nel 2010, è salito (dal quinto del 2000) il settore delle lavorazioni metallurgiche, con un guadagno di quasi quattro punti percentuali, in linea con quanto avvenuto a livello nazionale. Le esportazioni venete del comparto hanno registrato un tasso annuo di crescita composto, che per semplicità chiameremo variazione percentuale media annua, del 6% e hanno contribuito a più del 26% del nuovo fatturato estero regionale degli ultimi dieci anni.
Piuttosto stabile, invece, la quota dell'export veneto di prodotti chimici, che passa dall'11,3 del 2000 all'11% del 2010, mentre quella nazionale cresce di quasi tre punti percentuali, rafforzando il primato nazionale del settore per valore di fatturato estero.
L'aggregato delle "altre industrie manifatturiere", che comprende tra gli altri i settori dell'oreficeria, degli articoli sportivi e dell'occhialeria, vale quasi il 9% delle esportazioni venete nel 2010 (Nota 3) e scende al quinto posto attuale (quarto nel 2000), perdendo ben due punti percentuali.
Tra i rimanenti settori, tra il 2000 e il 2010 accrescono il loro peso le produzioni agro-alimentari (da 5,6% nel 2000 a 8,8% nel 2010) e il comparto degli apparecchi elettrici (da 7,3% all'8%). Di particolare rilievo l'exploit dell'export del settore agro-alimentare, che registra la più elevata variazione percentuale media annua (+6,8% nel periodo preso in esame, che diventa +8,8% tra il 2005 e il 2010), grazie alla straordinaria performance delle vendite estere di vino. (Figura 11.1.3)
Un altro buon indicatore per misurare l'efficienza di un sistema economico è il saldo normalizzato (Nota 4) che misura il grado di specializzazione commerciale di un determinato settore economico o di un territorio. L'analisi della sua dinamica permette di valutare la capacità di un'economia di competere sui mercati internazionali. Se si considera la dinamica del saldo normalizzato dei principali settori dell'export veneto durante l'ultimo decennio, si evidenziano alcuni importanti mutamenti della specializzazione commerciale che portano le imprese venete a concentrarsi nella produzione di alcuni beni.
Cresce il saldo normalizzato del settore delle produzioni meccaniche (da +54,1% nel 2000 al +59,2%), mentre cala il saldo degli altri principali settori produttivi della specializzazione regionale, come nel caso delle apparecchiature elettriche (da +61,5% a +37,9), dei gioielli e dell'occhialeria (da +67% a +50,7%), e del comparto moda (da +31,7% a +13,3%), quest'ultimo determinato principalmente da un aumento consistente delle importazioni provenienti dall'Asia.
Osservando inoltre il saldo normalizzato di altre due insiemi della bilancia commerciale regionale, quello dei metalli e quello della chimica, si può notare che nell'ultimo decennio, il saldo normalizzato delle produzioni metallurgiche è passato da -15% a +5,4%, mentre per i prodotti chimici si è passati da un valore del saldo normalizzato positivo (+8%) ad uno negativo (-1,1%). Questo conferma il sostanziale aumento della specializzazione veneta verso le produzioni del comparto metalmeccanico e la leggera perdita di competitività nelle altre produzioni industriali.
Il sistema agroalimentare veneto continua il lento miglioramento del disavanzo del saldo normalizzato (da -27,1% nel 2000 a -10% nel 2010), sfruttando l'effetto della straordinaria crescita delle vendite estere di vino.
Infine, risulta in continua crescita il disavanzo del saldo normalizzato del comparto dei mezzi di trasporto: da -32,1% del 2000 a -44,8%del 2010. (Figura 11.1.4), (Figura 11.1.5)
Osservando la dinamica delle esportazioni del settore manifatturiero veneto e aggregando i settori merceologici sulla base della tipologia di bene e dell'intensità tecnologica (Nota 5), si registra un aumento del peso delle esportazioni di beni intermedi e di investimento e una diminuzione della quota dell'export dei beni di consumo, più marcata per quelli durevoli. La direzione sembra, quindi, in linea con le dinamiche del commercio mondiale e con le previsioni di crescita dei vari comparti. Le previsioni a livello mondiale indicano un incremento della quota sull'export totale di beni intermedi, circa tre punti percentuali nei prossimi cinque anni, e strumentali (+1%).
La crescita dell'export regionale degli ultimi anni ha trovato sostegno nei processi di conversione industriale, fondati sulla continua innovazione di prodotto, che hanno selezionato le aziende in grado di competere nei mercati sempre più globalizzati. Questi processi hanno principalmente favorito la posizione delle imprese specializzate nella produzione di beni intermedi e strumentali, che hanno dimostrato di saper reggere il passo dei concorrenti stranieri.
Il peso dei beni intermedi (Nota 6) sul totale delle esportazioni regionali sale sia nella sua componente high tech (articoli in gomma e plastica e apparecchiature elettriche), dal 7,8% del 2000 al 9,1% del 2010, che in quella tradizionale (dal 17,7% al 19,6%), dove si è registrata una sensibile crescita del fatturato estero delle produzioni metallurgiche .
Cresce anche l'incidenza della quota dell'export dei beni strumentali (Nota 7) tradizionali, che passa dal 7,4% del 2000 all'8,1% del 2010, mentre quella dei beni strumentali high tech (meccanica di precisione), pur essendo la seconda voce dell'export regionale, ossia pesa per il 22%, resta stabile: si tratta di un dato positivo perché la crescita dei beni strumentali segue la dinamica della domanda mondiale di beni di investimento, soprattutto da parte delle nuove economie.
I beni di consumo non durevoli (moda, alimentari e medicinali) si confermano uno dei pilastri dell'export made in Veneto. Nonostante una leggera flessione della quota dell'export regionale, dal 27,5% del 2000 al 26,9% del 2010, i beni di consumo non durevoli restano il primo comparto delle esportazioni regionali. La dinamica del fatturato estero di questa tipologia di beni presenta, però, un quadro differenziato: con una domanda estera in continua crescita per le produzioni venete del settore agro-alimentare e dell'abbigliamento di lusso e una crescita più controllata per i beni del sistema moda legati alle produzioni standard.
La tipologia dei beni di consumo durevole è quella che ha registrato le perfomance peggiori, sia nelle specializzazioni tradizionali che in quelle high tech: la quota del fatturato estero dei beni durevoli tradizionali generato dalle imprese venete passa dal 13,6% del 2000 al 9,9% del 2010, mentre quella dei beni durevoli high tech scende dai 3,2 punti percentuali del 2000 ai 2,7 punti percentuali del 2010. Ciò è il risultato di una contrazione sensibile dei volumi di vendita dei beni di consumo durevoli sui mercati internazionali (-1,2% il tasso di crescita medio annuo del fatturato estero dei beni di consumo tradizionali nel periodo 2000-2010, che diventa -3,3% se vengono presi in considerazione i primi cinque anni del nuovo Millennio), ai quali si è accompagnata con molta probabilità una diminuzione del prezzo medio di vendita, soprattutto nel comparto del mobile, dovuto alla concorrenza dei "nuovi" produttori. (Tabella 11.1.1), (Tabella 11.1.2)
L'economia veneta appare sempre più contraddistinta dal suo elevato grado di apertura verso i mercati esteri e risulta ben inserita in un contesto internazionale, caratterizzato da una elevata competizione generata in primo luogo dalla liberalizzazione dei mercati.
Molteplici sono le ragioni che spingono un'impresa alla decisione di espandersi nei paesi esteri: dal conseguimento di vantaggi di costo nella produzione, dalla ricerca di nuovi mercati di sbocco e dal presidio degli approvvigionamenti. Ciò che appare decisivo per affrontare le sfide imposte dalla globalizzazione è generare delle strategie di espansione atte a mantenere, spesso volte ad incrementare, il proprio vantaggio competitivo, sfruttando le opportunità offerte dai mercati esteri. Risulta, quindi, fondamentale per le imprese venete una ridefinizione delle proprie strategie di internazionalizzazione e una nuova selezione dei mercati. L'export veneto dovrà essere sempre più rivolto verso i nuovi mercati emergenti: nel corso dei prossimi anni la quota di export verso i paesi avanzati continuerà a diminuire, mentre aumenterà il peso delle nuove economie, tra cui i paesi dell'area BRIC.
L'analisi dei flussi commerciali degli ultimi dieci conferma lo spostamento dell'asse commerciale veneto verso est. Se si guarda al decennio 2000-2010, più del 40% della crescita cumulata del fatturato estero generato dalle imprese venete è stata fornita dalle esportazioni effettuate verso i nuovi mercati mediterranei e orientali.
Nell'ultimo decennio, in linea con quanto avvenuto a livello nazionale, il tasso di crescita medio annuo dell'export veneto verso i nuovi mercati è stato superiore a quello medio regionale: +12,8 % annuo verso i paesi dell'Asia centrale (la quota dell'export è salita dallo 0,5% del 2000 all'1,4% del 2010), +8,1% annuo verso i paesi dell'Europa orientale (Russia in testa), +6,5% di incremento annuo verso il Medio Oriente, +4% annuo verso i mercati dell'Asia orientale (seconda area di riferimento per le imprese esportatrici venete), +4,4% annuo verso gli altri paesi europei (Turchia e Svizzera) e +5,1% annuo verso il Nord Africa.
In calo, invece, la crescita delle esportazioni verso il continente americano. Il tasso di crescita medio annuo delle esportazioni venete verso il Nord America resta negativo sia nei primi dieci anni del nuovo millennio (-3% annuo) che nell'ultimo lustro (-3,4% annuo), ciò ha determinato una riduzione del peso del fatturato estero verso quei mercati di circa cinque punti (dal 12,4% del 2000 al 7,5% del 2010).
In parte diverso il caso dell'export verso l'America Latina: pur registrando tra il 2000 e il 2010 un tasso annuo composto negativo (-2,5%), nell'ultimo lustro la dinamica annua torna positiva (+8,4%) e permette solo in parte di recuperare le quote di mercato perse nei primi cinque anni del 2000. La presenza delle imprese venete in questi mercati è ancora bassa e appare necessario un maggiore impegno da parte degli imprenditori veneti per sfruttare le opportunità offerte dai paesi con migliori prospettive di crescita: si pensi al Brasile, ventiseiesimo mercato di riferimento per l'export veneto, che organizzerà i Mondiali di calcio nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016. (Figura 11.1.6)
Nel 2010 l'Unione europea si è confermata primo venditore e primo acquirente internazionale di merci venete, mantenendo un saldo normalizzato positivo (+5,9%) ma in arretramento rispetto al saldo registrato nel 2000 (+11,8%). Il Nord America resta l'area geografica rispetto alla quale il Veneto mostra il più alto valore del saldo normalizzato (+62,9%), in leggera crescita rispetto al dato di inizio secolo nonostante il sensibile calo dell'export registrato nell'ultimo decennio, mentre la regione con cui il saldo normalizzato assume il valore più basso è l'Asia Centrale (-34,2%).
Nei confronti dell'Asia orientale (6% dell'export veneto e quasi il 12% dell'import regionale) si è verificato un peggioramento del saldo normalizzato (-22,4% nel 2010). In particolare, il saldo negativo registrato con la Cina si è ampliato per l'effetto del processo di despecializzazione di alcune lavorazioni tradizionali, come quelle del tessile, dell'abbigliamento, delle calzature e dell'arredamento.
Si è mantenuto positivo e crescente il saldo normalizzato nei confronti degli altri paesi europei e del Medio Oriente. Particolarmente sensibile l'incremento del saldo normalizzato con l'area europea non comunitaria (da +10,4% a +41,4%) a causa del forte incremento delle esportazioni verso la Svizzera e la Turchia.

Figura 11.1.1

Dinamica delle esportazioni venete per settore economico. Anni 2000:2010

Figura 11.1.2

Dinamica delle esportazioni italiane per settore economico. Anni 2000:2010

Figura 11.1.3

Saldo normalizzato del Veneto per settore economico. Valori percentuali - Anni 2010:2000

Figura 11.1.4

Dinamica delle esportazioni venete per raggruppamento e contenuto tecnologico dei beni(*). Anni 2000:2010

Figura 11.1.5

Dinamica delle esportazioni italiane per raggruppamento e contenuto tecnologico dei beni(*). Anni 2000:2010

Tabella 11.1.1

Contributo alla crescita delle esportazioni venete per area geografica di destinazione. Anni 2000:2010

Tabella 11.1.2

Contributo alla crescita delle esportazioni italiane per area geografica di destinazione. Anni 2000:2010

Figura 11.1.6

Saldo normalizzato del Veneto per area geografica. Valori percentuali - Anni 2010:2000
 
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11.2 - Esportazioni venete e tedesche a confronto (Nota 8)

In una fase, come quella attuale, di ristagno se non di contrazione della domanda interna, in particolare della componente dei consumi delle famiglie che coinvolge tutto il territorio italiano, il ruolo della domanda estera appare quanto mai cruciale per riportare l'economia lungo un più robusto sentiero di crescita. In particolare per il Veneto che sin dagli anni '80 ha manifestato una propensione all'export sempre più elevata della media nazionale, i mercati internazionali hanno storicamente rappresentato uno strumento fondamentale per incoraggiare lo sviluppo. Com'è noto, tuttavia, a partire dalla seconda metà degli anni '90, il panorama internazionale è profondamente mutato e il rafforzamento del ruolo svolto dalle economie di più recente industrializzazione, se ha intensificato la concorrenza, ha anche aperto la strada a nuove opportunità. In tale scenario, segnato da cambiamenti continui e spesso repentini, è scoppiata la grande recessione del 2008-2009 e la ripresa, a distanza di tre anni, fatica a consolidarsi. Nel biennio 2010-2011 la Germania è il paese dell'Unione europea che appare reagire più rapidamente alla crisi e rappresenta, pertanto, un valido termine di confronto con l'Italia e il Veneto, tenendo conto che questi territori sono accomunati dalla conservazione di un'ampia base industriale.
Declinando il confronto su base regionale e sotto il profilo dell'internazionalizzazione, la struttura e l'andamento dell'export del Veneto viene esaminato a fianco a quello di alcune fra le più industrializzate regioni tedesche (Baden-Württemberg, Bayern, Hessen, Nordrhein-Westfalen). (Figura 11.2.1), (Figura 11.2.2)
Sul piano delle performance nel periodo seguente la mini recessione di inizio millennio fino al 2007 le regioni tedesche mostrano una crescita dell'export mediamente superiore a quella del Veneto e una particolare dinamicità si riscontra nell'Hessen e nel Bayern, aree le cui esportazioni aumentano in linea con l'andamento della domanda mondiale.
Nel 2007-2009, invece, l'impatto della grande recessione è sostanzialmente generalizzato: una flessione compresa tra il 12 e il 10% in media all'anno coinvolge tutte le regioni, ad eccezione dell'Hessen (-6%). (Figura 11.2.3)
Nel biennio seguente l'andamento trimestrale delle esportazioni mostra una certa omogeneità di ripresa tra le regioni in esame. Fa eccezione il Baden-Württemberg che è caratterizzato da un recupero più marcato (+13% nel biennio 2010-2011). A livello settoriale l'andamento delle esportazioni è più eterogeneo: ad esempio nel comparto della meccanica, rilevante per tutte le regioni in esame, si nota che a fine 2011 il Bayern non recupera i livelli di export registrati a inizio 2008, mentre in linea con questi si pone l'Hessen e in una posizione relativamente migliore si colloca il gruppo formato da Veneto, Baden-Württemberg e Nordrhein-Westfalen. (Figura 11.2.4)
Se le regioni vengono confrontate in base ai mercati di destinazione dell'export, si nota la preponderanza dell'Unione europea: l'area copre ovunque più del 50% delle esportazioni regionali e la percentuale arriva al 60 in Veneto, al 63 in Nordrhein-Westfalen. Il resto dell'Europa rappresenta il secondo mercato di destinazione per l'export del Veneto, del Baden-Württemberg e del Nordrhein-Westfalen, mentre rispetto alle regioni tedesche in Veneto assumono una rilevanza relativamente maggiore il Medio Oriente e il Nord Africa. (Tabella 11.2.1)
Diverse analogie tra le regioni si riscontrano anche scendendo nel dettaglio dei più importanti paesi di destinazione. In tutti i casi, infatti, si segnalano le principali economie avanzate europee (Francia, Spagna, Regno Unito, Svizzera, Austria, Belgio e Paesi Bassi) e gli Stati Uniti, in ciascuna regione figurano uno o più paesi dell'est Europa, in tutte compare la Cina, la cui posizione nella graduatoria dei principali mercati di destinazione sale significativamente tra il 2002 e il 2011. (Figura 11.2.5)
La capacità di cogliere le opportunità offerte dai mercati internazionali può trovare qualche riscontro analizzando la crescita media annua delle esportazioni regionali totali e di quelle rivolte ad alcuni tra i paesi per i quali si prospetta una domanda internazionale sostenuta (Nota 9) nei prossimi anni. Tutte le aree paiono aver colto la particolare dinamicità della domanda, evidenziando una crescita delle esportazioni verso tali aree maggiore di quella complessiva; il differenziale di crescita è più ampio nel Bayern, immediatamente seguito da Veneto e Baden-Württemberg. (Figura 11.2.6)
Se si guarda alla struttura settoriale dell'export, si nota che il Veneto, a differenza delle aree tedesche, presenta una specializzazione (Nota 10) nei comparti più tipici del Made in Italy (alimentare e sistema moda), mentre tutte le regioni, Veneto e Baden-Württemberg in particolare, evidenziano una specializzazione nella meccanica e nella gomma-plastica. Tra i settori che incidono maggiormente sulla domanda mondiale, le esportazioni venete (come anche quelle dell'Hessen e del Nordrhein-Westfalen) mostrano una specializzazione nella metallurgia e prodotti in metallo, ma non nella chimica e nei mezzi di trasporto, comparti di specializzazione dell'export di alcune fra le regioni tedesche in esame. Inoltre, sebbene nessuna delle aree esaminate mostri un indice di specializzazione superiore a 100 nel comparto che pesa di più sulla domanda mondiale (macchine ed apparecchiature elettriche, elettroniche ed ottiche), alcune regioni tedesche si avvicinano maggiormente a tale valore (Nota 11). (Tabella 11.2.2)
Coerentemente con la specializzazione sopra evidenziata, il peso del Veneto sulla domanda mondiale è superiore a quello delle regioni tedesche nel comparto della concia, cuoio, pelle e nel tessile e abbigliamento, è maggiore di quello dell'Hessen e del Baden-Württemberg nella lavorazione dei minerali non metalliferi e solo di quello dell'Hessen nella meccanica e nell'alimentare.
Rispetto a due tra le principali regioni esportatrici della Germania, Bayern e Baden-Württemberg, il Veneto presenta una minore concentrazione settoriale dell'export. Se nelle prime, infatti, i due principali settori di esportazione (meccanica e auto) pesano per circa il 45% sul totale regionale nel 2011, in Veneto l'incidenza della meccanica è in linea con quella dei due partner tedeschi, ma per arrivare a coprire una quota analoga di export regionale bisogna comprendere un maggior numero di settori. (Figura 11.2.7)
Nel complesso, pertanto, il Veneto e le regioni tedesche presentano numerose affinità nella struttura delle esportazioni sotto il profilo tanto dei mercati di destinazione (prevalenza delle economie avanzate affiancata da una crescente capacità di penetrazione nei mercati di più recente industrializzazione) quanto dei settori (si pensi alla rilevanza della meccanica e della metallurgia), sebbene sotto quest'ultimo aspetto si rilevino anche le differenze più marcate. Il Veneto mantiene, infatti, un'alta specializzazione nei settori del Made in Italy, mentre alcune delle regioni tedesche appaiono specializzate in comparti che incidono in maniera significativa sulla domanda mondiale (mezzi di trasporto e chimica). Infine in termini di performance le esportazioni venete mostrano una minore dinamicità rispetto all'andamento registrato dalle regioni tedesche nel periodo precedente alla crisi, mentre nel biennio di recessione e in quello successivo l'evoluzione dell'export complessivo è relativamente omogeneo, fatta eccezione per il Baden-Württemberg che mostra risultati migliori specialmente nella fase di ripresa.

Figura 11.2.1

Le esportazioni: variazioni percentuali medie annue

Figura 11.2.2

Peso percentuale sulla domanda mondiale nel 2010

Figura 11.2.3

Le esportazioni: andamento trimestrale (I trimestre 2008=100)

Figura 11.2.4

Le esportazioni trimestrali nella meccanica (I trimestre 2008=100)

Tabella 11.2.1

La composizione percentuale delle esportazioni regionali per area di destinazione nel 2011

Figura 11.2.5

I più rilevanti paesi di destinazione: il peso percentuale sul totale dell'export regionale nel 2011 e quota percentuale di mercato sulla domanda del paese nel 2010

Figura 11.2.6

Le esportazioni complessive e quelle rivolte verso alcuni fra i mercati più dinamici(*): variazione percentuale media annua 2002:2011

Tabella 11.2.2

La composizione percentuale della domanda mondiale e la specializzazione nei settori manifatturieri nel 2010

Figura 11.2.7

Il peso percentuale delle esportazioni sulla domanda mondiale nel 2010 per settore
 
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11.3 - La globalizzazione delle imprese esportatrici

Nel 2011 gli operatori commerciali presenti in Veneto che hanno effettuato vendite sui mercati internazionali hanno superato nuovamente la soglia delle 29 mila unità, registrando una crescita annua del +5,8%. La ripresa ha interessato tutte le classi dimensionali di imprese esportatrici, anche se in misura non omogenea: la crescita più sostenuta ha riguardato le imprese più grandi, quelle con fatturato estero superiore ai 100 milioni di euro, che hanno esportato il 21,7% in più rispetto al 2010; il valore medio del fatturato estero di queste imprese è così tornato a crescere per il secondo anno consecutivo dopo la battuta d'arresto registrata nel 2009, che aveva provocato lo scivolamento di alcune imprese nella classe di fatturato più bassa.
Dall'analisi dei dati degli ultimi anni, risulta evidente il costante aumento del peso relativo degli operatori di grandi dimensioni sul valore complessivo dell'export regionale, a conferma della rilevanza della dimensione d'impresa nel contesto del mercato mondiale. Tra il 2004 e il 2011, con l'eccezione dell'anno 2009, sono stati gli operatori più grandi a beneficiare della vivacità della domanda internazionale. (Figura 11.3.1)
Nel periodo preso in esame, pur registrando una diminuzione del numero di operatori con l'estero presenti in Veneto (calati di circa 2.000 unità), dovuta in gran parte all'apertura degli scambi internazionali che ha penalizzato maggiormente le imprese meno organizzate e di minor dimensione, si nota che il peso delle grandi imprese esportatrici diventa sempre più rilevante: nel 2011 sono 462 le imprese venete che registrano un fatturato estero superiore ai venti milioni di euro, circa cento in più rispetto al 2004, a cui è ascrivibile il 57,4% delle esportazioni regionali (52,1% nel 2004). Se la soglia del fatturato estero selezionata è quella superiore ai 100 milioni di euro, tra il 2004 e il 2011 le imprese esportatrici che rientrano in questa classe di export crescono di quattordici unità (da 48 a 62). Nel 2011 queste grandi imprese esportatrici hanno generato più di un quarto del fatturato estero regionale, circa tre punti percentuali in più rispetto al dato registrato nel 2004. (Figura 11.3.2)
Simmetricamente perdono consistenza, dal punto di vista della quota di valore esportato, le altre classi prese in esame. Il contingente dei micro esportatori - sotto la soglia dei 100 mila euro - vede decrescere la propria incidenza percentuale sul totale generale, fino ad attestarsi al 61% in termini di numero di operatori (68,2% nel 2004) e allo 0,7% del fatturato estero regionale. Le imprese esportatrici venete che non superano il milione di euro di fatturato all'esportazione, circa l'84%, contribuiscono al 5,7% del valore complessivo delle esportazioni regionali, perdendo 0,7 punti percentuali rispetto al dato registrato nel 2004. (Figura 11.3.3)
La migliore performance delle imprese più grandi si deve in buona parte alle dinamiche geografiche della domanda. La ripresa, pur diffusa in tutti i mercati, si è compiuta con intensità differenti: i tassi di crescita più sostenuti si sono avuti nei mercati orientali, raggiunti più facilmente, non solo in termini di vendita, dalle imprese di dimensioni maggiori.
Se si prende in esame il periodo 2004-2011, l'analisi dei dati delle esportazioni per classe di fatturato estero evidenzia che il maggior contributo alla crescita alle esportazioni venete degli ultimi otto anni nelle aree geografiche che trainano il commercio mondiale è generato dalle imprese che superano i cinque milioni di fatturato estero nei mercati di ogni singola area geografica considerata. Più dell'81% delle nuove esportazioni verso i mercati dell'Estremo Oriente sono state realizzate da un centinaio di grandi imprese esportatrici, pari a circa il 2% degli operatori veneti presenti in quell'area geografica. Anche nei mercati del Medio Oriente e dell'Europa orientale più del 60% del nuovo export creato tra il 2004 e il 2011 è da attribuire alle imprese di grosse dimensioni (misurate sempre in termini di fatturato estero realizzato nell'area) che operano prevalentemente nel settore del lusso (moda, mobili, gioielli).
Risulta, invece, ancora modesto il peso dei grandi esportatori verso i paesi dell'Asia centrale: nel 2011 il fatturato estero regionale verso i mercati dell'area (principalmente l'India) ha superato di poco la soglia dei 770 milioni di euro e la quota ascrivibile agli operatori veneti con un fatturato estero superiore ai 5 milioni di euro resta al di sotto dei quaranta punti percentuali. Quanto alla crescita dell'export veneto verso l'Asia centrale, negli ultimi otto anni solo il 41,2% del nuovo export generato è riconducile alle imprese di grandi dimensioni. Le grandi imprese venete dovranno cercare di creare una rete commerciale più robusta per penetrare questo nuovo ed importante mercato, che nei prossimi anni farà registrare tassi di crescita elevati.

Figura 11.3.1

Variazione percentuale delle esportazioni degli operatori veneti - Anni 2004:2011

Figura 11.3.2

Quota % degli operatori con l'estero presenti in Veneto e quota di export movimentato per classe di fatturato estero. Anni 2004:2011

Figura 11.3.3

Contributo alla crescita delle esportazioni venete delle imprese esportatrici per classe di fatturato estero in alcune delle aree geografiche più sensibili alla dinamica del commercio mondiale - Anni 2004:2011
 
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11.4 Le sollecitazioni provenienti dagli investimenti diretti da/all'estero

La globalizzazione dell'economia è cresciuta non soltanto per effetto dell'intensificarsi dei flussi di beni e di capitali tra paesi, ma anche e soprattutto per l'integrazione delle strutture industriali e terziarie, cresciute grazie agli investimenti diretti esteri (IDE): le grandi imprese appaiono sempre più caratterizzate da assetti proprietari internazionalmente diversificati, in cui prendono peso e si intrecciano origini nazionali diverse. Tra le cause di questo processo di unificazione sovranazionale sono stati fondamentali gli avanzamenti nelle tecnologie comunicazione e di trasporto, nelle infrastrutture logistiche, nei servizi finanziari, così come i grandi cambiamenti istituzionali indotti dalle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione e dall'evoluzione verso nuovi assetti politici di grandi blocchi dell'economia mondiale.
Ma il ruolo più importante lo hanno avuto le imprese, le quali, oltre ad essere state il necessario veicolo delle trasformazioni intercorse, hanno saputo attivamente modificare nel tempo le proprie strategie e strutture al fine di cogliere le opportunità di crescita economica offerte dai suddetti cambiamenti. Prima della seconda guerra mondiale, le imprese multinazionali (IMN) erano principalmente espressione o di semplici strategie di integrazione verticale per l'accesso a risorse naturali (le grandi compagnie petrolifere, i grandi gruppi dell'alimentare, ecc.) o di investimenti orizzontali, orientati alla penetrazione dei principali mercati esteri, che portavano alla duplicazione in più paesi di strutture realizzate ad immagine e somiglianza della casa-madre, ma con scarsa consapevolezza dei vantaggi che l'integrazione degli assets dispersi geograficamente poteva loro consentire. Nei decenni successivi, le imprese hanno man mano aumentato la capacità di mobilitare e coordinare le risorse su scala internazionale, cercando di combinare i propri vantaggi proprietari esclusivi con quelli offerti dai paesi ospiti, fino ad assumere una vera connotazione globale e a trasformarsi in organizzazioni in grado di ottimizzare internazionalmente l'intera catena del valore, sia per allocare efficientemente le proprie risorse, sia per acquisire fattori esclusivi della produzione, materiali ed immateriali, nella consapevolezza che un appropriato "portafoglio" di assets localizzati in più paesi può apportare un contributo decisivo alla competitività aggregata dell'impresa. Le scelte di insediamento avvengono oggi su scala planetaria, secondo schemi in cui si combinano delocalizzazioni e integrazioni delle singole fasi della produzione e funzioni aziendali, guidate dalla ricerca dell'eccellenza internazionale e sorrette da nuove tecnologie e metodi di coordinamento, che superano distanze, confini e barriere nazionali. Ancora più importante è sottolineare come questo processo, inizialmente circoscritto alle imprese di maggiori dimensioni, si sia progressivamente esteso verso le imprese minori, sino a coinvolgere sempre più estesamente anche le piccole e medie imprese. (Figura 11.4.1)
Le conseguenze e le opportunità della crescente transnazionalità delle IMN (Nota 12) sono notevoli, sia per l'economia dei paesi di origine, sia per quella dei paesi ospiti. L'analisi degli effetti di natura economica, sociale, politica e culturale indotti dall'attività delle IMN sia nei paesi da cui esse originano, sia in quelli ove si trovano ad operare attraverso proprie consociate e collegate, ha dato origine ad un'ampia letteratura (Nota 13). La teoria economica e soprattutto decenni di evidenze empiriche sottolineano, a dispetto di resistenze ideologiche e politiche non ancora sopite, l'importanza che una presenza robusta ed articolata di IMN - indigene ed estere - riveste per le aree progredite: sia in termini diretti, per il contributo dato all'occupazione, all'innovatività, alla formazione di skills manageriali e alla crescita del sistema locale delle imprese, sia in termini indiretti, per le esternalità, gli spillovers e gli stimoli competitivi che esse generano, soprattutto con riferimento alle attività industriali e di servizio più coinvolte nei processi di integrazione multinazionale, grazie al formarsi di importanti circoli virtuosi: localizzazioni eccellenti attirano la presenza delle IMN, le quali a loro volta contribuiscono all'allargamento e al consolidamento della base produttiva del territorio ospite, trasferendovi tecnologie, competenze esclusive, capitale umano, beni intermedi. Esse inoltre stimolano la competizione, sollecitando l'allineamento delle imprese locali agli standard internazionali; partecipano e aiutano processi efficienti di ristrutturazione industriale; proiettano, attraverso collaborazioni e alleanze, i propri fornitori nei grandi circuiti internazionali, svolgendo per essi un ruolo di bridge to foreign markets. Si attiva, in altri termini, una spirale virtuosa della globalizzazione, per cui l'apertura all'investimento estero di un paese facilita, attraverso le relazioni d'affari e la mobilità delle risorse, la proiezione all'estero delle stesse imprese nazionali (Nota 14).
A fronte della crescente integrazione internazionale delle economie nazionali e delle inedite pressioni competitive provenienti da nuovi grandi protagonisti (Cina, in primo luogo), questa prospettiva strategica implica un innalzamento della competitività internazionale del sistema locale delle imprese, che passa attraverso la cattura da parte di questo di tutti i fattori della produzione che possano aumentarne efficienza e innovazione. È l'intero sistema imprenditoriale veneto che viene sollecitato ad una sfida che appare decisiva per il benessere collettivo della regione. In relazione a ciò, si vanno moltiplicando le iniziative volte a supportare la proiezione all'estero delle imprese locali, anche in questo caso sia attraverso strumenti di natura finanziaria, sia attraverso l'offerta di una articolata gamma di servizi reali di informazione, promozione, formazione, assistenza e consulenza, indirizzati soprattutto alle imprese di minore dimensione, meno strumentale per affrontare la complessità e i rischi connaturati con la decisione di investire all'estero. (Tabella 11.4.1)
Sul lato della multinazionalizzazione attiva, nel 2010 vengono censite (Nota 15) 1.043 IMN venete, ovvero imprese venete non controllate da gruppi esteri che a tale data partecipano in almeno una impresa estera.
Le imprese estere da esse partecipate nei settori considerati (Nota 16) sono complessivamente 3.316, cresciute notevolmente rispetto le 2.204 del 2001; esse occupano all'estero 137.207 dipendenti e nel 2010 hanno realizzato un giro d'affari di 20.005 milioni di euro. Le partecipazioni di controllo riguardano l'86,5% delle imprese partecipate, il cui peso è pari al 89,3% in termini di numero di dipendenti all'estero e al 92,1% in base al fatturato. La recente crisi finanziaria non sembra aver ridotto i flussi di IDE in uscita rispetto alla consistenza, ma ha avuto sicuramente effetti negativi sul fatturato che diminuisce rispetto ai valori record del 2007 (25.571 milioni di euro).
Rispetto alla consistenza complessiva delle partecipazioni italiane all'estero, il Veneto nel 2010 rappresentava il 15% delle imprese multinazionali italiane, il 13,7% delle imprese partecipate all'estero, il 9,7% dei dipendenti e il 4,4% del fatturato.
Si osserva che termini di esportazioni il peso della regione sul totale nazionale è stato pari nel 2010 al 13,5%. Il Veneto presenta dunque un numero di soggetti investitori e di partecipazioni all'estero superiore al peso economico complessivo della regione nel contesto nazionale, mentre l'incidenza sul totale nazionale appare sostanzialmente allineata al peso economico della regione in relazione al numero di addetti all'estero, mentre risulta di molto inferiore ad esso se si guarda alla consistenza delle attività partecipate all'estero in termini di fatturato. In altre parole, le partecipazioni estere delle imprese venete si caratterizzano per dimensioni medie e fatturato per addetto nettamente inferiori alla media nazionale. Le ragioni di ciò vanno ricercate principalmente nella minore dimensione media dei soggetti investitori, da un lato, e nella maggiore incidenza di iniziative prevalentemente volte a delocalizzare all'estero specifiche fasi del processo produttivo in paesi a basso costo del lavoro.
Sul fronte delle partecipazioni in entrata, all'inizio del 2010 le imprese venete attive nei settori considerati dalla banca dati Reprint e partecipate da imprese multinazionali (IMN) estere sono complessivamente 473; esse occupano 46.582 dipendenti e nel 2010 hanno realizzato un fatturato aggregato di 22.741 milioni di euro (Nota 17). Le partecipazioni di controllo prevalgono nettamente su quelle paritarie e minoritarie, riguardando l'88,5% delle imprese partecipate; tale incidenza scende all'86,6% se misurata in termini di dipendenti e sale al 90,8% in termini di fatturato delle imprese partecipate.
In sintesi, il bilancio tra multinazionalizzazione attiva e passiva appare per il Veneto nettamente a favore delle partecipazioni in uscita. Il numero delle imprese partecipate all'estero dalle imprese venete è quasi sei volte superiore a quello delle imprese venete a partecipazione estera; in termini di dipendenti, il rapporto è di quasi tre a uno, mentre in termini di fatturato si registra uno svantaggio a favore delle partecipazioni in uscita (il rapporto è 0,9), in relazione alla presenza di una significativa componente di partecipazioni in Paesi con funzione di produzione - dati i prezzi relativi di capitale e lavoro - polarizzata su tecnologie utilizzatrici di lavoro.

Figura 11.4.1

Numero di imprese estere partecipate da imprese venete. Anno 2009

Tabella 11.4.1

Le partecipazioni delle imprese venete all'estero ed estere in Veneto al 1 gennaio 2010