Le esportazioni saranno il motore della crescita nei prossimi anni per tutti i paesi sviluppati e, in modo particolare, per tutti quei paesi che saranno soggetti a una stagnazione della propria domanda interna. Il rapido sviluppo delle economie emergenti determinerà una crescita delle importazioni di questi paesi che riguarderà non solo i beni strumentali, ma anche quelli di consumo. È necessario, quindi, che un'economia, tradizionalmente orientata all'export come quella veneta, sappia cogliere le opportunità che si aprono sui mercati mondiali.
L'internazionalizzazione delle imprese, intesa come capacità di migliorare la qualità della presenza nei mercati internazionali, senza lasciarsi tentare dalla sola delocalizzazione produttiva legata alla pura riduzione del costo della manodopera, costituisce un primario fattore di competitività e sviluppo. La sfida per le imprese venete è quella di individuare le nuove strategie per accrescere il grado di diversificazione geografica dell'export, riducendo così la dipendenza da pochi mercati di riferimento, e collocare in modo più proficuo le proprie produzioni.
Le informazioni che riguardano i flussi commerciali possono fornire utili indicazioni per valutare la definizione di nuove strategie di presenza sui diversi mercati esteri e di sviluppo della qualità dei beni esportati. Le analisi contenute in questo paragrafo sono riferite ai flussi commerciali dei primi dieci anni del nuovo millennio, il 2010 è l'ultimo anno di disponibilità dei dati definitivi sull'interscambio commerciale con l'estero, e sono stati utilizzati alcuni indicatori statistici in grado di misurare il grado di internazionalizzazione di un determinato territorio, come il tasso medio composto di crescita calcolato su base annua (TMA)
(Nota 1) e il contributo alla crescita (CCC)
(Nota 2).
(Figura 11.1.1),
(Figura 11.1.2)
Negli ultimi dieci anni una quota di poco inferiore al settanta per cento delle esportazioni venete è stata originata da cinque settori: meccanica (18,9% del totale nel 2010), moda (18% nel 2010), metalli e prodotti in metallo (11,2% nel 2010), chimica e plastica (11% nel 2010) e gioielli e occhialeria (8,9% nel 2010). Il peso relativo dei diversi settori ha tuttavia subito alcune importanti modifiche. Il settore meccanico ha acquisito la leadership per valore di prodotti esportati, con una quota che negli ultimi dieci anni è cresciuta di 2,5 punti percentuali. Questo settore è quello che ha anche maggiormente contribuito alla crescita delle esportazioni nei dieci anni presi in considerazione: il 26,6% del nuovo fatturato estero generato dalle imprese venete è da ascrivere alla vendita di prodotti meccanici.
Alle sue spalle, invece, si sono avuti alcuni importanti cambiamenti. Al secondo posto per valore delle esportazioni troviamo nel 2010 il settore della moda (tessile, abbigliamento, cuoio e calzature), che nel corso degli ultimi due lustri ha perso il primato del settore regionale più export-oriented. Le imprese del settore hanno dovuto affrontare una grande crisi di competitività. La concorrenza delle nuove economie emergenti, legata al basso costo della manodopera, ha determinato la ristrutturazione di molte aziende del settore, con fenomeni sempre più crescenti di decentramento produttivo all'estero, causando un sostanziale ridimensionamento del peso regionale dell'export del comparto: la quota dei beni esportati passa dal 22% del 2000 al 18% del 2010 e il valore delle esportazioni è rimasto quello dell'anno 2000. Anche in ambito nazionale, la quota del fatturato estero del settore moda è diminuita di quattro punti percentuali: dal 15,1 % del 2000 all'11,1% del 2010.
Al terzo posto, con l'11,2% nel 2010, è salito (dal quinto del 2000) il settore delle lavorazioni metallurgiche, con un guadagno di quasi quattro punti percentuali, in linea con quanto avvenuto a livello nazionale. Le esportazioni venete del comparto hanno registrato un tasso annuo di crescita composto, che per semplicità chiameremo variazione percentuale media annua, del 6% e hanno contribuito a più del 26% del nuovo fatturato estero regionale degli ultimi dieci anni.
Piuttosto stabile, invece, la quota dell'export veneto di prodotti chimici, che passa dall'11,3 del 2000 all'11% del 2010, mentre quella nazionale cresce di quasi tre punti percentuali, rafforzando il primato nazionale del settore per valore di fatturato estero.
L'aggregato delle "altre industrie manifatturiere", che comprende tra gli altri i settori dell'oreficeria, degli articoli sportivi e dell'occhialeria, vale quasi il 9% delle esportazioni venete nel 2010
(Nota 3) e scende al quinto posto attuale (quarto nel 2000), perdendo ben due punti percentuali.
Tra i rimanenti settori, tra il 2000 e il 2010 accrescono il loro peso le produzioni agro-alimentari (da 5,6% nel 2000 a 8,8% nel 2010) e il comparto degli apparecchi elettrici (da 7,3% all'8%). Di particolare rilievo l'exploit dell'export del settore agro-alimentare, che registra la più elevata variazione percentuale media annua (+6,8% nel periodo preso in esame, che diventa +8,8% tra il 2005 e il 2010), grazie alla straordinaria performance delle vendite estere di vino.
(Figura 11.1.3)
Un altro buon indicatore per misurare l'efficienza di un sistema economico è il saldo normalizzato
(Nota 4) che misura il grado di specializzazione commerciale di un determinato settore economico o di un territorio. L'analisi della sua dinamica permette di valutare la capacità di un'economia di competere sui mercati internazionali. Se si considera la dinamica del saldo normalizzato dei principali settori dell'export veneto durante l'ultimo decennio, si evidenziano alcuni importanti mutamenti della specializzazione commerciale che portano le imprese venete a concentrarsi nella produzione di alcuni beni.
Cresce il saldo normalizzato del settore delle produzioni meccaniche (da +54,1% nel 2000 al +59,2%), mentre cala il saldo degli altri principali settori produttivi della specializzazione regionale, come nel caso delle apparecchiature elettriche (da +61,5% a +37,9), dei gioielli e dell'occhialeria (da +67% a +50,7%), e del comparto moda (da +31,7% a +13,3%), quest'ultimo determinato principalmente da un aumento consistente delle importazioni provenienti dall'Asia.
Osservando inoltre il saldo normalizzato di altre due insiemi della bilancia commerciale regionale, quello dei metalli e quello della chimica, si può notare che nell'ultimo decennio, il saldo normalizzato delle produzioni metallurgiche è passato da -15% a +5,4%, mentre per i prodotti chimici si è passati da un valore del saldo normalizzato positivo (+8%) ad uno negativo (-1,1%). Questo conferma il sostanziale aumento della specializzazione veneta verso le produzioni del comparto metalmeccanico e la leggera perdita di competitività nelle altre produzioni industriali.
Il sistema agroalimentare veneto continua il lento miglioramento del disavanzo del saldo normalizzato (da -27,1% nel 2000 a -10% nel 2010), sfruttando l'effetto della straordinaria crescita delle vendite estere di vino.
Infine, risulta in continua crescita il disavanzo del saldo normalizzato del comparto dei mezzi di trasporto: da -32,1% del 2000 a -44,8%del 2010.
(Figura 11.1.4),
(Figura 11.1.5)
Osservando la dinamica delle esportazioni del settore manifatturiero veneto e aggregando i settori merceologici sulla base della tipologia di bene e dell'intensità tecnologica
(Nota 5), si registra un aumento del peso delle esportazioni di beni intermedi e di investimento e una diminuzione della quota dell'export dei beni di consumo, più marcata per quelli durevoli. La direzione sembra, quindi, in linea con le dinamiche del commercio mondiale e con le previsioni di crescita dei vari comparti. Le previsioni a livello mondiale indicano un incremento della quota sull'export totale di beni intermedi, circa tre punti percentuali nei prossimi cinque anni, e strumentali (+1%).
La crescita dell'export regionale degli ultimi anni ha trovato sostegno nei processi di conversione industriale, fondati sulla continua innovazione di prodotto, che hanno selezionato le aziende in grado di competere nei mercati sempre più globalizzati. Questi processi hanno principalmente favorito la posizione delle imprese specializzate nella produzione di beni intermedi e strumentali, che hanno dimostrato di saper reggere il passo dei concorrenti stranieri.
Il peso dei beni intermedi
(Nota 6) sul totale delle esportazioni regionali sale sia nella sua componente high tech (articoli in gomma e plastica e apparecchiature elettriche), dal 7,8% del 2000 al 9,1% del 2010, che in quella tradizionale (dal 17,7% al 19,6%), dove si è registrata una sensibile crescita del fatturato estero delle produzioni metallurgiche .
Cresce anche l'incidenza della quota dell'export dei beni strumentali
(Nota 7) tradizionali, che passa dal 7,4% del 2000 all'8,1% del 2010, mentre quella dei beni strumentali high tech (meccanica di precisione), pur essendo la seconda voce dell'export regionale, ossia pesa per il 22%, resta stabile: si tratta di un dato positivo perché la crescita dei beni strumentali segue la dinamica della domanda mondiale di beni di investimento, soprattutto da parte delle nuove economie.
I beni di consumo non durevoli (moda, alimentari e medicinali) si confermano uno dei pilastri dell'export made in Veneto. Nonostante una leggera flessione della quota dell'export regionale, dal 27,5% del 2000 al 26,9% del 2010, i beni di consumo non durevoli restano il primo comparto delle esportazioni regionali. La dinamica del fatturato estero di questa tipologia di beni presenta, però, un quadro differenziato: con una domanda estera in continua crescita per le produzioni venete del settore agro-alimentare e dell'abbigliamento di lusso e una crescita più controllata per i beni del sistema moda legati alle produzioni standard.
La tipologia dei beni di consumo durevole è quella che ha registrato le perfomance peggiori, sia nelle specializzazioni tradizionali che in quelle high tech: la quota del fatturato estero dei beni durevoli tradizionali generato dalle imprese venete passa dal 13,6% del 2000 al 9,9% del 2010, mentre quella dei beni durevoli high tech scende dai 3,2 punti percentuali del 2000 ai 2,7 punti percentuali del 2010. Ciò è il risultato di una contrazione sensibile dei volumi di vendita dei beni di consumo durevoli sui mercati internazionali (-1,2% il tasso di crescita medio annuo del fatturato estero dei beni di consumo tradizionali nel periodo 2000-2010, che diventa -3,3% se vengono presi in considerazione i primi cinque anni del nuovo Millennio), ai quali si è accompagnata con molta probabilità una diminuzione del prezzo medio di vendita, soprattutto nel comparto del mobile, dovuto alla concorrenza dei "nuovi" produttori.
(Tabella 11.1.1),
(Tabella 11.1.2)
L'economia veneta appare sempre più contraddistinta dal suo elevato grado di apertura verso i mercati esteri e risulta ben inserita in un contesto internazionale, caratterizzato da una elevata competizione generata in primo luogo dalla liberalizzazione dei mercati.
Molteplici sono le ragioni che spingono un'impresa alla decisione di espandersi nei paesi esteri: dal conseguimento di vantaggi di costo nella produzione, dalla ricerca di nuovi mercati di sbocco e dal presidio degli approvvigionamenti. Ciò che appare decisivo per affrontare le sfide imposte dalla globalizzazione è generare delle strategie di espansione atte a mantenere, spesso volte ad incrementare, il proprio vantaggio competitivo, sfruttando le opportunità offerte dai mercati esteri. Risulta, quindi, fondamentale per le imprese venete una ridefinizione delle proprie strategie di internazionalizzazione e una nuova selezione dei mercati. L'export veneto dovrà essere sempre più rivolto verso i nuovi mercati emergenti: nel corso dei prossimi anni la quota di export verso i paesi avanzati continuerà a diminuire, mentre aumenterà il peso delle nuove economie, tra cui i paesi dell'area BRIC.
L'analisi dei flussi commerciali degli ultimi dieci conferma lo spostamento dell'asse commerciale veneto verso est. Se si guarda al decennio 2000-2010, più del 40% della crescita cumulata del fatturato estero generato dalle imprese venete è stata fornita dalle esportazioni effettuate verso i nuovi mercati mediterranei e orientali.
Nell'ultimo decennio, in linea con quanto avvenuto a livello nazionale, il tasso di crescita medio annuo dell'export veneto verso i nuovi mercati è stato superiore a quello medio regionale: +12,8 % annuo verso i paesi dell'Asia centrale (la quota dell'export è salita dallo 0,5% del 2000 all'1,4% del 2010), +8,1% annuo verso i paesi dell'Europa orientale (Russia in testa), +6,5% di incremento annuo verso il Medio Oriente, +4% annuo verso i mercati dell'Asia orientale (seconda area di riferimento per le imprese esportatrici venete), +4,4% annuo verso gli altri paesi europei (Turchia e Svizzera) e +5,1% annuo verso il Nord Africa.
In calo, invece, la crescita delle esportazioni verso il continente americano. Il tasso di crescita medio annuo delle esportazioni venete verso il Nord America resta negativo sia nei primi dieci anni del nuovo millennio (-3% annuo) che nell'ultimo lustro (-3,4% annuo), ciò ha determinato una riduzione del peso del fatturato estero verso quei mercati di circa cinque punti (dal 12,4% del 2000 al 7,5% del 2010).
In parte diverso il caso dell'export verso l'America Latina: pur registrando tra il 2000 e il 2010 un tasso annuo composto negativo (-2,5%), nell'ultimo lustro la dinamica annua torna positiva (+8,4%) e permette solo in parte di recuperare le quote di mercato perse nei primi cinque anni del 2000. La presenza delle imprese venete in questi mercati è ancora bassa e appare necessario un maggiore impegno da parte degli imprenditori veneti per sfruttare le opportunità offerte dai paesi con migliori prospettive di crescita: si pensi al Brasile, ventiseiesimo mercato di riferimento per l'export veneto, che organizzerà i Mondiali di calcio nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016.
(Figura 11.1.6)
Nel 2010 l'Unione europea si è confermata primo venditore e primo acquirente internazionale di merci venete, mantenendo un saldo normalizzato positivo (+5,9%) ma in arretramento rispetto al saldo registrato nel 2000 (+11,8%). Il Nord America resta l'area geografica rispetto alla quale il Veneto mostra il più alto valore del saldo normalizzato (+62,9%), in leggera crescita rispetto al dato di inizio secolo nonostante il sensibile calo dell'export registrato nell'ultimo decennio, mentre la regione con cui il saldo normalizzato assume il valore più basso è l'Asia Centrale (-34,2%).
Nei confronti dell'Asia orientale (6% dell'export veneto e quasi il 12% dell'import regionale) si è verificato un peggioramento del saldo normalizzato (-22,4% nel 2010). In particolare, il saldo negativo registrato con la Cina si è ampliato per l'effetto del processo di despecializzazione di alcune lavorazioni tradizionali, come quelle del tessile, dell'abbigliamento, delle calzature e dell'arredamento.
Si è mantenuto positivo e crescente il saldo normalizzato nei confronti degli altri paesi europei e del Medio Oriente. Particolarmente sensibile l'incremento del saldo normalizzato con l'area europea non comunitaria (da +10,4% a +41,4%) a causa del forte incremento delle esportazioni verso la Svizzera e la Turchia.