RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

sfondo banner
logo copertina
Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


SINTESI

Da qualche anno ci soffermiamo a guardare al Veneto come ad un territorio che crea valore trasformandosi, tendendo a preservare la propria competitività (Nota 1) a volte, come nell'ultimo periodo, con fatica, evidenziando le criticità del salto di qualità (Nota 2) che va compiendo dal punto di vista sociale e produttivo.

Inizio Pagina  La storia insegna

Se pensiamo ai grandi cambiamenti avvenuti nella storia economica, la rivoluzione commerciale prima, con la nascita del razionalismo economico, quella industriale poi, con tutte le innovazioni conseguenti che hanno portato da un sistema agricolo-artigianale-commerciale ad un sistema industriale moderno, hanno stravolto le strutture sociali, attraverso una impressionante accelerazione di mutamenti che portarono nel giro di pochi decenni alla trasformazione radicale delle abitudini di vita, dei rapporti fra le classi sociali, dello stesso aspetto delle città.
Nonostante gli iniziali effetti negativi sulla società urbana, la rivoluzione industriale a lungo andare ha permesso di elevare le condizioni di benessere di una sempre più vasta quota di popolazione, portando dalla fine del diciannovesimo secolo ad un generale miglioramento delle condizioni sanitarie, un sensibile prolungamento della vita media degli individui, un estendersi della alfabetizzazione, la maggiore disponibilità di beni e servizi che in altre epoche erano totalmente preclusi alle classi più povere.
In particolare le numerose e importantissime innovazioni tecnologiche hanno avuto un ruolo decisivo: l'avvento, concentrato in pochi decenni, di grandi scoperte in campo scientifico e medico, e di invenzioni come la macchina industriale a vapore, la ferrovia, l'energia elettrica, l'illuminazione a gas e quella elettrica, il telegrafo, la dinamite, e in una seconda fase, il telefono e l'automobile, ha rapidamente trasformato la vita della popolazione e coinvolto tutte le società industrializzate, modificando alla radice secolari abitudini di vita e contribuendo ad un velocissimo mutamento di mentalità e di aspettative degli individui.
Tra le grandi scoperte scientifiche, la Rivoluzione astronomica fu uno degli avvenimenti culturali più importanti della storia dell'Occidente e tra quelli che più hanno contribuito al passaggio dall'età medioevale all'età moderna. Dalla metodologia galileiana deriva la concezione della scienza come sapere sperimentale-matematico, avente lo scopo di ampliare progressivamente le conoscenze dell'uomo e di dominarle a vantaggio dell'uomo stesso.
Il 2009 è in questo senso un anno particolare, che pone a questi temi grande attenzione: è stato infatti proclamato dall'ONU Anno Internazionale dell'Astronomia; Galileo Galilei nel 1609, giusto 400 anni fa, proprio a Padova puntò per la prima volta al cielo il suo cannocchiale.
"Immaginare, creare, innovare" sono anche le tre parole chiave, slogan della campagna che promuove il 2009 come anno europeo della creatività e dell'innovazione.
La rivoluzione astronomica, come gli altri grandi cambiamenti scientifici, sociali ed economici, ha comportato un radicale cambiamento dei sistemi di riferimento, un mutamento di paradigma, contraddistinto da un nuovo linguaggio, non direttamente confrontabile con i precedenti, che all'epoca fece comunque emergere una serie di contraddizioni.

Inizio Pagina  Le recenti grandi trasformazioni

La fase di industrializzazione è arrivata a compimento negli anni ottanta del secolo scorso, quando è incominciata la terziarizzazione dell'economia italiana, con lo sviluppo dei servizi bancari, assicurativi, commerciali, finanziari e della comunicazione.
Negli ultimi decenni, al pari delle grandi rivoluzioni economiche, la globalizzazione dell'economia, che ha portato con sé l'integrazione dei mercati, ha intensificato la mobilità dei flussi di beni e di capitali tra i singoli paesi, attraverso l'integrazione delle strutture industriali e terziarie, le quali sono apparse sempre più caratterizzate da assetti proprietari internazionalmente diversificati, in cui si sono intrecciate origini nazionali diverse. Tra le cause di questo processo di unificazione sovranazionale, che ha assunto un ritmo senza precedenti nelle ultime tre decadi, fondamentali sono stati gli avanzamenti nelle tecnologie di trasporto e di comunicazione, nelle infrastrutture logistiche, nei servizi finanziari, oltre ai grandi cambiamenti istituzionali indotti dalle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione e dall'evoluzione verso nuovi assetti politici di grandi blocchi dell'economia mondiale.
Attraverso queste prime considerazioni, ci avviciniamo al tema eletto per la trattazione di questa edizione del rapporto statistico, la mobilità, di persone, di merci, di imprese che si spostano realmente, idealmente, comunicano virtualmente percorrendo reti stradali, tecnologiche, territoriali locali, mondiali, professionali, formative, culturali, sociali; tema che viene, come di consueto, incentrato sul Veneto, sui suoi abitanti, sul proprio territorio, sulle sue unità produttive, facendo emergere le trasformazioni che questi hanno subito nel corso degli ultimi anni. (Figura 1)

Inizio Pagina  Il Veneto genera mobilità

Il Veneto genera non poca mobilità, per diversi motivi, in primis la sua posizione geografica, poi lo specifico piano insediativo, oltre agli interessi turistico-culturali, l'eccellenza dei poli ospedalieri, l'attrattività occupazionale, formativa ed altro ancora.
In termini di mobilità stradale, i dati contenuti nel rapporto indicano che la criticità da affrontare per la regione sembra risiedere non tanto nella scarsa disponibilità infrastrutturale in termini assoluti, quanto in riferimento all'elevato numero di utilizzatori (persone e imprese, ognuno con i propri mezzi di trasporto). D'altra parte, il congestionamento del traffico è un fenomeno che quotidianamente anche ogni singolo cittadino può sperimentare nei principali nodi della rete viaria ed è evidenza dell'insufficienza e dell'incapacità della rete stessa a far fronte alla domanda di movimento di cittadini e imprese.
Nel decennio 1996:2006 vi è stato comunque un notevole sviluppo della rete stradale: nel 2006 sono registrati 58 km di strade principali ogni 100 kmq di superficie, contro i 55 di dieci anni prima. Sono numeri che pongono il Veneto in linea con il dato nazionale ma ancora in ritardo rispetto alle regioni italiane sue competitor.

Inizio Pagina  8 febbraio 2009 - via al Passante di Mestre

Con l'inaugurazione del Passante di Mestre, avvenuta nel corso di quest'anno, si è compiuto un passo fondamentale, una piccola grande rivoluzione che possiamo quasi considerare la fine di un incubo, che aveva avuto inizio nel corso di un anno tra i più luminosi nella storia della riconquista della libertà e della democrazia nell'Europa del ventesimo secolo: il 1989. (Figura 2)
Con la caduta del Muro di Berlino questo punto geografico del Veneto nella carta d'Europa si trasformò in un nodo invalicabile. Il "muro" si trasferì infatti lungo la Tangenziale di Mestre, che divenne il tristemente famoso Valico di Mestre, lì dove finiva fin troppo spesso la libertà di circolare, quella libertà che ora abbiamo finalmente riconquistato. D'altra parte, Mestre rappresenta un punto strategico di passaggio sia a livello regionale, sia nazionale che internazionale; di qui la congestione delle sue arterie stradali. Il numero di veicoli circolanti sulla tangenziale di Mestre aveva raggiunto circa quota 150 mila al giorno (con punte di 170.000), di cui il 30% costituito da mezzi pesanti. Nel 53% dei casi la tangenziale era utilizzata come raccordo autostradale, mentre per il 47% come asse per spostamenti all'interno della città. Nelle ore di punta sulle due corsie transitavano fino a 4.000 veicoli all'ora.
Il Passante, 32 km e 300 metri d'asfalto a tre corsie da Dolo a Quarto d'Altino, consente oggi di oltrepassare la tangenziale di Mestre, tornata così a svolgere le funzioni proprie, ad uso del traffico pendolare. Infatti, la principale funzione del Passante, segmento chiave del corridoio Lisbona-Kiev, è quella di decongestionare la tangenziale dal traffico di attraversamento, che rappresenta oltre la metà dei transiti, e che oggi può utilizzare il Passante per superare l'area di Mestre, senza mai uscire dal sistema autostradale; sulla tangenziale rimane il solo traffico da e per l'area di Venezia-Mestre. I primi dati a disposizione sul traffico veicolare giornaliero sembrano effettivamente confermare queste previsioni, dando evidenza di un considerevole sgravio al traffico sulla tangenziale, soprattutto quello pesante.
Un altro vantaggio portato dal Passante sarà dato dalla riduzione del tempo necessario a coprire alcune delle tratte principali degli spostamenti regionali. I tecnici hanno stimato che, una volta completate tutte le infrastrutture previste, il tempo per spostarsi da Treviso a Padova potrebbe scendere dagli attuali 45 a 20-25 minuti e quello tra Treviso e Vicenza da 60 a 30-35, con un conseguente aumento degli spostamenti all'interno del quadrilatero Vicenza-Treviso-Venezia-Padova.
Occorre poi ricordare che il Passante di Mestre non è un progetto isolato; è prevista l'esecuzione di una fitta rete di opere complementari, ovvero di una serie di arterie di viabilità ordinaria, tangenziali e circonvallazioni atte a sgravare i centri limitrofi da un'intensa circolazione di mezzi e consentire un rapido accesso ai nodi del Passante. Ad ultimazione di tali lavori, presumibilmente nel biennio 2010-2011, e quindi quando il "sistema Passante" sarà a regime, la Società delle Autostrade di Venezia e Padova stima che i flussi veicolari sia alle barriere sia nei diversi tratti di tangenziale subiranno diminuzioni di oltre il 20%, con punte del 41% alla Barriera Venezia Ovest.
Questo tratto autostradale è un'opera simbolo, soprattutto perché lungo il Passante diventerà ancora più evidente il valore del principio fondamentale della libera circolazione delle merci. A partire da questo evento, diverrà ancora più significativa di prima la presenza delle nostre piccole e medie imprese nei più diversi e strutturati mercati europei. Questo è certamente uno degli elementi positivi che ci aiuterà a superare il difficile periodo che oggi stiamo affrontando.

Inizio Pagina  La crisi

L'acuirsi della crisi finanziaria nel corso dello scorso anno ha colto in una fase di rallentamento le economie dei paesi avanzati, già indebolite dal forte aumento dei prezzi delle materie prime dei mesi scorsi.
In modo analogo a quanto avvenuto nell'area dell'euro, la recessione si è approfondita in Italia nell'ultimo trimestre. Il PIL 2008 è diminuito complessivamente dell'1%, -3%3 la riduzione registrata nell'ultimo trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, ma ancora più pesante la contrazione stimata per il primo trimestre di quest'anno, -5,9%, che si tradurrebbe in una media 2009 pari a -4,6%. E' pur vero che si va manifestando qualche segnale di attenuazione della caduta produttiva che si esprimerà nei risultati dei prossimi mesi, come effetto della situazione internazionale analizzata dal FMI, che immagina una svolta già verso la seconda metà dell'anno e la ripresa nel primo semestre del 2010.
L'evoluzione economica ha risentito del contributo marcatamente negativo fornito tanto dalla domanda interna che da quella estera. Sulla scia del minore export anche gli investimenti si sono ulteriormente indeboliti, mentre le incerte prospettive di domanda potrebbero avere ridotto ulteriormente il livello desiderato delle scorte in magazzino, spingendo le imprese verso tagli di produzione.
Per ciò che riguarda il Veneto, nel 2007, ultimo anno del dato ufficiale di contabilità territoriale, consolidatasi la ripresa economica avviata nell'estate 2005, si è raggiunto un tasso di crescita pari a +1,8%, più elevato rispetto alla crescita del +1,6% dell'Italia. Nel 2008, invece, la stagnazione del PIL veneto è stimata al -0,7%3 e la prospettiva per il 2009 è di -3,9% (Nota 3). Il risultato del 2008, appena migliore di quello nazionale, è attribuibile soprattutto alla tenuta dei servizi, a fronte di una riduzione del valore aggiunto dell'industria manifatturiera.
Sempre lo scorso anno si è registrato un ridimensionamento nella crescita del valore delle vendite all'estero, +1,4%, cui è corrisposto comunque un attivo della bilancia commerciale, pari a circa 11 miliardi di euro, conseguenza dei saldi positivi verso l'UE (+5.795 milioni di euro), l'America settentrionale, i paesi dell'Europa orientale e il Medio Oriente. Invece verso l'Asia orientale e i paesi dell'Asia centrale si sono registrati dei disavanzi commerciali.
L'export veneto è aumentato in gran parte dei settori di attività economica ad eccezione dei mezzi di trasporto, dei prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi e degli altri prodotti dell'industria manifatturiera (mobili, gioielli e articoli sportivi). Ha retto bene anche il comparto moda, che ha chiuso l'anno con un incremento del fatturato estero del +2,9% per i prodotti del tessile-abbigliamento e del +1,2% per le produzioni in pelle e cuoio.
Il 2009 risentirà maggiormente degli effetti della crisi, si prevede infatti per il Veneto, una contrazione di circa 6 punti percentuali del valore dell'export.

Inizio Pagina  Gli effetti più evidenti

Negli ultimi mesi del 2008 l'occupazione in Italia interrompe la sua crescita; in Veneto, invece, in media annua il numero di occupati cresce di quasi il 2% rispetto al 2007. Il tasso di occupazione italiano rimane invariato, immobile al 58,7% e molto distante dall'obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona che prevede per l'Unione Europea di raggiungere un livello occupazionale del 70% entro il 2010, risultato in parte da attribuire alla forte eterogeneità normativa tra gli Stati in materia pensionistica.
In Veneto la situazione è migliore: nel 2008 la quota di popolazione fra i 15 e i 64 anni che risulta occupata è pari al 66,4%, +0,6 punti percentuali rispetto all'anno precedente, e superiore anche al dato registrato nell'Unione europea dei 27 Paesi (65,9%).
In crescita la partecipazione al mercato lavorativo delle donne: nel 2008 la quota media di donne tra i 15 e i 64 anni occupate è pari al 55,5% in Veneto, un punto e mezzo percentuale al di sopra del dato dell'anno precedente, contro il dato nazionale pari al 47,2%, 0,6 punti percentuali in più del 2007.
In Italia si scatena l'allarme della disoccupazione. Dopo nove anni di contrazione ininterrotta dei livelli di disoccupazione, nel 2008 il dato italiano torna a salire registrando un tasso pari al 6,7%, oltre mezzo punto percentuale in più dell'anno precedente.
A fronte della crescita nel numero di occupati, in Veneto, come in Italia, sebbene in misura minore, le persone che cercano lavoro comunque aumentano: +8,2% rispetto all'anno precedente contro il dato italiano pari a +12,3%. Cresce anche il tasso di disoccupazione nella nostra regione che, tuttavia, con un dato pari al 3,5% rispetto al 3,3% dell'anno precedente, continua a mantenere una posizione privilegiata tra le regioni italiane, quarta nella graduatoria regionale.
Lo stato di sofferenza in cui si trova il mercato lavorativo dalla fine del 2008 è testimoniato anche dall'intensificazione dei licenziamenti e dei conseguenti inserimenti dei lavoratori nelle liste di mobilità e dall'impennata delle ore di cassa integrazione usate.
Nel 2008 sono oltre 19.600 i lavoratori licenziati (Nota 4) e inseriti nelle liste di mobilità, più del doppio di quelli rilevati otto anni prima. Dall'analisi mensile emerge poi che l'acuirsi dei licenziamenti, soprattutto quelli dalle piccole aziende venete, iniziata alla fine del 2008 prosegue nel 2009: tra novembre 2008 e marzo 2009, in Veneto gli inserimenti totali nelle liste di mobilità salgono del 62%.
In crescita anche il ricorso alla cassa integrazione guadagni che consente di arginare le difficoltà in cui l'azienda si trova attraverso una temporanea sospensione dei lavoratori. Nel 2008 le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni (cig) in Italia sono risultate 223 milioni (135.000 occupati equivalenti in cig), quasi il 25% in più del dato dell'anno precedente, ma ancora molto lontano dai valori registrati durante la crisi del '93 (circa 550 milioni).
Anche in Veneto l'uso della cig nel 2008 è stato sfruttato considerevolmente: complessivamente nell'anno le ore autorizzate sono state 15 milioni e mezzo (oltre 9.400 lavoratori equivalenti in cig), quasi il 45% in più di quelle concesse nell'anno precedente.
Anche il 2009 si apre con non pochi problemi. A marzo di quest'anno in Italia le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni sono risultate quasi 59 milioni, il 38,2% in più del dato del mese precedente e quasi quattro volte al di sopra del valore registrato un anno prima. In Veneto sono poco meno di 3 milioni e mezzo le ore concesse, il 44,5% in più di febbraio e quasi il doppio rispetto a marzo 2008. C'è da dire che nella nostra regione a determinare la crescita è esclusivamente l'aumento di ore di integrazione salariale a gestione ordinaria, più strettamente legata al ciclo economico, assegnata quando la crisi dell'azienda dipende da eventi temporanei e si prevede la ripresa dell'attività produttiva; un segnale che un po' ci solleva perché implicitamente indica che le prospettive aziendali non sono valutate troppo negativamente. Rispetto a marzo del 2008, la cig ordinaria veneta aumenta del 546%, mentre la cig straordinaria, connessa a crisi e ristrutturazioni, diminuisce del 66%. Inoltre, si nota anche che la crescita della richiesta, indipendentemente dal tipo di gestione, tra febbraio e marzo è meno sostenuta di quella registrata nei primi due mesi dell'anno.

Inizio Pagina  La reattività del Veneto

Dobbiamo però considerare che, come affermava John Fitzgerald Kennedy: «Scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità».

I pericoli che discendono dall'attuale situazione sono come abbiamo potuto constatare evidenti a tutti e, in termini occupazionali e produttivi, oltre che sociali, ne stiamo subendo le conseguenze. Meno attenzione viene posta, invece, alle opportunità che, da un periodo buio come questo, possono scaturire per il futuro. «Possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali della crisi mondiale per l'Italia, e creare anzi le premesse di un migliore futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui disponiamo (Nota 5)».
Attraverso gli studi contenuti nel rapporto abbiamo ricevuto conferma del fatto che il Veneto è maggiormente sensibile alle condizioni esterne, proprio per un suo più elevato grado di apertura all'estero rispetto alla media nazionale.
Infatti rispetto all'Italia il Veneto pur avendo a volte mostrato nell'analisi dei cicli economici una flessione più intensa nei momenti di crisi, ha saputo reagire in modo più deciso attraverso una maggiore capacità di sfruttare le opportunità della ripresa.
Da uno studio più particolareggiato del valore aggiunto, la regione nell'ultimo decennio pur essendo sfavorita dalla composizione strutturale delle proprie attività produttive, ha potuto compensare tale carenza attraverso i propri fattori locali di sviluppo, legati alla dinamicità tipica del territorio, che dispone di un sistema produttivo forte, in grado di mantenere un livello di sviluppo economico ben consolidato e stabile nel tempo, alimentando così un chiaro segnale di forte produttività.
Sono le peculiarità del territorio legate alla sfera tecnologica, infrastrutturale e logistica, alla profondità della cultura del management nelle imprese, alla disponibilità di materie prime, a fattori riguardanti la produttività della forza lavoro dell'area, ad isolare e mettere in luce i drivers dello sviluppo della nostra regione.

Inizio Pagina  L'impresa mobile

La lettura trasversale dei dati sulla mobilità delle merci, dei mercati e delle imprese multinazionali nel lungo periodo ci ha consentito di delineare il modello di internazionalizzazione del Veneto, nei suoi tratti salienti e nella sua evoluzione recente, individuando le unità produttive che più delle altre hanno saputo attivamente essere "mobili", modificare nel tempo le proprie strategie e strutture al fine di cogliere le opportunità di crescita economica offerte dai suddetti cambiamenti.
Si tratta di un modello che nelle ultime due decadi ha visto tendenzialmente crescere l'integrazione internazionale dell'economia locale, con performance di lungo periodo superiori a quelle che si sono riscontrate in media per il paese e per molti altri sistemi locali.
Nel periodo 1991-2007 le esportazioni dalla regione sono cresciute in valore dell'8,7% all'anno, tasso superiore alla media nazionale (+7,9%). Rispetto alle altre regioni del Nord-Est, le performance del Veneto sono risultate migliori di quelle del Trentino-Alto Adige ed in linea con quelle del Friuli-Venezia Giulia e dell'Emilia-Romagna.
Riguardo agli investimenti diretti all'estero delle imprese venete, nel periodo 1991-2007 si assiste al proliferare delle iniziative produttive all'estero, che passano da livelli irrisori - settanta partecipazioni in imprese manifatturiere estere per circa 8.300 dipendenti all'estero all'inizio degli anni Novanta - a valori assai più consistenti - 968 partecipazioni estere per oltre 103mila dipendenti all'estero all'inizio del 2007.
Sull'altro fronte dell'apertura internazionale, nello stesso periodo le importazioni della regione sono cresciute in valore ad un tasso medio annuo dell'8,4%, anch'esso superiore alla media nazionale (7,5%). È inoltre cresciuta significativamente la presenza di attività partecipate dall'estero, in particolare nel settore manifatturiero: il numero dei dipendenti delle imprese venete partecipate da IMN estere è aumentato tra il 1991 e il 2007 di oltre l'80%, a fronte di una sostanziale stabilità della consistenza delle partecipazioni estere a livello nazionale (-0,5%).
Nonostante la moderazione della crescita negli anni più recenti, il Veneto si posiziona ancora tra le regioni italiane con la migliore performance esportativa. Il rapporto tra esportazioni e valore aggiunto industriale è superiore alla media nazionale (posta a 100 la media di paese, il valore dell'indice per il Veneto è pari a 124 nel 2007) e allineato a quello del Nord-Est. Sul fronte dell'espansione multinazionale delle imprese, invece, la forte crescita degli anni Novanta non è stata comunque sufficiente a proiettare il Veneto tra le aree del paese a maggiore grado di multinazionalizzazione tramite Investimenti Diretti all'Estero e la presenza all'estero delle imprese venete rimane al di sotto della media nazionale.
Nel corso degli ultimi anni, risulta poi evidente un costante aumento del peso relativo degli operatori di grandi dimensioni sul valore complessivo dell'export regionale, a conferma della rilevanza della dimensione d'impresa nel contesto del mercato mondiale. Le imprese che riescono a competere sul mercato globale sono diventate più grandi e hanno ottimizzato la struttura finanziaria traendo vantaggio dalla lunga stagione di bassi tassi di interesse goduta grazie soprattutto all'introduzione dell'euro.
Negli ultimi quattro anni gli operatori regionali che hanno dichiarato di esportare beni per un valore superiore a 20 milioni di euro sono aumentati di 92 unità (da 356 nel 2004 a 448 nel 2007) e anche la quota di export da loro attivata è cresciuta, passando dal 51,7% al 57,2%.
La composizione settoriale delle imprese multinazionali presenti sul territorio regionale premia soprattutto i settori di maggiore competitività esportativa della regione. Le informazioni disponibili sulle maggiori imprese a partecipazione estera della regione porta ad ipotizzare che esse svolgano un duplice ruolo positivo. Da un lato, molte di tali imprese sono fortemente export-oriented e in alcuni casi è proprio la loro natura di nodi di una rete produttiva e commerciale internazionale a favorire l'elevata propensione alle esportazioni, talvolta superiore a quella delle altre imprese locali. In secondo luogo, appare del tutto verosimile che la loro presenza stimoli e favorisca la proiezione all'estero delle imprese locali, inducendo export spillover nel contesto locale, attraverso la condivisione e il trasferimento di risorse qualificate e di conoscenze sui mercati esteri, e alimentando processi di apprendimento e imitazione, sia attraverso le relazioni competitive orizzontali, sia grazie alle relazioni verticali cliente-fornitore.

Inizio Pagina  Dimensione internazionale e innovazione

Come ampiamente sottolineato dalla letteratura, esiste un legame stringente tra coinvolgimento internazionale delle imprese e propensione all'innovazione: il processo di selezione del mercato fa sì che le imprese maggiormente dinamiche e innovative riescano a competere con successo sui mercati internazionali. L'innovazione tecnologica ha inoltre un effetto positivo ai fini della sopravvivenza dell'impresa; questo effetto tra l'altro cresce all'aumentare della dimensione d'impresa, facendo sì che a sopravvivere di più siano le imprese più grandi, operanti in settori ad alta tecnologia ed esportatrici.
Peculiarità della nostra regione è il fatto che in Veneto si riducano le imprese sia a basso che ad alto contenuto tecnologico, facendo sì che la manifattura veneta si sviluppi su prodotti di fascia media, ma di alta specializzazione, attraverso elevate competenze tecniche piuttosto che tecnologiche.
Nel complesso i dati confermano la solidità del tessuto imprenditoriale veneto: a un anno il tasso di sopravvivenza delle imprese si aggira intorno al 92%, a due anni è superiore all'85%, a tre anni supera l'80% e a quattro anni tre imprese su quattro risultano ancora attive.
Le imprese del settore manifatturiero tendono a sopravvivere più facilmente di quelle del terziario. All'interno del settore manifatturiero, l'alimentare, i metalli, la meccanica sono i rami che presentano l'evoluzione più dinamica, con tassi di sopravvivenza costantemente al di sopra della media regionale.

Inizio Pagina  Alle radici della sopravvivenza

Sopravvive e si rafforza di più chi riesce ad innovarsi. L'innovazione, nelle sue diverse forme, di prodotto, processo, commerciale, tecnologica, piuttosto che di marketing, permette il rinnovamento o l'ampliamento della gamma di prodotti e servizi aziendali, oltre che lo sviluppo di nuovi concetti commerciali, l'introduzione di nuovi metodi o processi nell'organizzazione e gestione dell'impresa, nella produzione, nell'approvvigionamento e nella distribuzione dei beni.
La propensione all'attività innovativa, anche attraverso il contributo delle imprese piccole e piccolissime, risulta una delle principali componenti delle performance positive del sistema regionale. Nel Veneto, le imprese che dichiarano di aver introdotto un qualche tipo di innovazione nel triennio 2005-07 sono pari al 40,9%, con un dato nettamente superiore a quello fatto registrare per il resto dell'Italia, 31,2%. Viene evidenziata, sia a livello regionale che nazionale, una correlazione positiva tra dimensione aziendale e propensione all'innovazione, ma con un'attività significativa già a livelli dimensionali minimi. Il contributo dei prodotti innovativi alla formazione del fatturato sembra essere particolarmente elevato, così da confermare la presenza in Veneto di una dimensione innovativa che ricopre un peso specifico notevole nella formazione della ricchezza del settore manifatturiero.
Il Veneto, pur in presenza di importanti recenti segnali di dinamicità in questo campo, rappresenta il caso più emblematico del modello italiano di "innovazione senza ricerca": i dati mostrano che la spesa in ricerca e sviluppo regionale è inferiore al valore medio italiano, già di per sé modesto rispetto allo standard europeo, sia in percentuale del prodotto interno lordo che per il numero di occupati nell'attività di ricerca.
Tale forma di investimenti nel Veneto si è però notevolmente evoluta negli ultimi anni, con un incremento della spesa in ricerca e sviluppo nell'ultimo anno di disponibilità del dato ufficiale, il 2006, pari al 22,7%. Anche gli addetti alla ricerca e sviluppo in Veneto mostrano una consistente crescita; si evidenzia in particolar modo l'aumento di risorse umane dedicate all'attività di ricerca e sviluppo nelle imprese, che cresce di quasi il 50%.

Inizio Pagina  Dall'irragionevolezza il progresso

Mai come oggi, alla luce dell'attuale crisi economica, è necessario tener presente che spesso proprio dai grandi cambiamenti, che pur comportano evidenti rotture che si riflettono sul vivere quotidiano, ci si può aspettare di migliorare, ridisegnando, prefigurando diversi percorsi di sviluppo. Il futuro dell'economia come della società è sempre più influenzato dalla creatività e dalla capacità delle persone di non restare immobili, bensì di cambiare, produrre idee nuove e quindi innovazione. Molto pertinente a nostro avviso l'affermazione secondo cui L'uomo ragionevole adegua se stesso al mondo. L'uomo irragionevole persiste nel tentativo di adeguare il mondo a se stesso. Perciò ogni progresso dipende dall'uomo irragionevole (Nota 6), per questo auspichiamo una certa originalità di vedute, di idee che indirizzino il Veneto, soprattutto ora, nel verso giusto, preservandone peculiarità, storia, valori, territorio.
Ci si può certamente aspettare che le idee migliori arrivino da chi si dedica in maniera particolare alle attività intellettuali, seguendo un percorso di studi soprattutto universitario.
In Veneto l'offerta formativa è sempre più ricca, minori sono gli abbandoni e la partecipazione al nostro sistema universitario aumenta. Tra il 2001 e il 2007, si nota comunque in tutte le regioni italiane un aumento dei livelli di alta formazione: nell'ultimo anno considerato, in Italia sono circa 5 i nuovi laureati ogni 1.000 abitanti, due in più rispetto a quelli che si contavano all'inizio del millennio. Ai primi posti della classifica per la quota più elevata di studenti ogni 1.000 abitanti che raggiungono la laurea nel 2007 si trovano le regioni del Centro-Sud, regioni dove c'è maggiore difficoltà a trovare un lavoro e quindi diventa fondamentale puntare sul titolo di studio, nella consapevolezza che livelli di studio più elevati corrispondono spesso a minori possibilità di trovarsi in condizioni di disagio. Il Veneto si posiziona intorno a metà classifica con un dato pari a 4,5, un punto e mezzo in più di quello rilevato nel 2001, ma al di sopra di quello registrato nelle regioni sue competitors (Toscana e Lombardia 4,3, Emilia Romagna 4,1 e Piemonte 4).
Nel 2007 si contano quasi 21.600 laureati veneti, circa il 59% in più di sei anni prima e pari a oltre il 7% del totale nazionale. In generale, già da qualche anno, il nostro capitale umano ad alto livello esce dall'università per lo più preparato nel campo economico-statistico e in quello ingegneristico: nel 2007 sono competenti in questi ambiti, rispettivamente, il 14,8% e il 13,4% del totale dei nuovi laureati. Si tratta di dati fondamentali, in quanto come indicato anche dalle linee strategiche europee, per poter vivere meglio nella nostra società più tecnologica, innovativa e complessa e concorrere quindi allo sviluppo dell'Europa, occorre puntare su una buona preparazione scientifica e tecnologica, spingendo alla crescita di laureati in queste discipline.

Inizio Pagina  Talenti in viaggio

Una volta laureati, l'inserimento lavorativo è però spesso faticoso, tanto che molti giovani decidono di spostarsi alla ricerca di migliori prospettive per il futuro e di salari più appropriati.
Dall'analisi combinata tra area di residenza, di studio e di lavoro (Nota 7) emerge una diversa mobilità geografica tra i laureati del Nord, del Centro e del Sud. Dei laureati pre-riforma nel 2003 intervistati nel 2008, ovvero a cinque anni dal conseguimento del titolo, e residenti al Nord, oltre il 93% ha svolto gli studi universitari e attualmente lavora nella propria area di residenza; l'unico flusso di una certa rilevanza è quello relativo alla mobilità verso l'estero (circa il 3%). Più elevati gli spostamenti dei giovani residenti al Centro, anche se la maggior parte dei laureati non ha mai lasciato la propria area di residenza (quasi l'83%); solo l'1,7% sono i residenti delle regioni centrali trasferiti all'estero per lavoro. Più pesante poi l'esodo dei laureati del Sud, anche se tra questi appena l'1% ha cercato fortuna fuori dall'Italia. Rispetto al dato complessivo del Nord, i veneti si muovono di più: a cinque anni dal conseguimento del titolo universitario si rileva nel 2008 che l'89% ha studiato e lavora nella propria area di residenza, oltre quattro punti percentuali in meno del dato della ripartizione di cui il Veneto fa parte. Inoltre, dei veneti che hanno studiato nella propria regione, il 2,8% lavora all'estero, quasi il 7% si è spostato in altre regioni del Nord per lavorare, appena l'1,2% nel Centro e pochissimi nel Sud (lo 0,1%). Cambiamenti di città quasi sempre motivati da guadagni salariali più elevati.

Inizio Pagina  Scale sociali

(Figura 3)
Nei meccanismi di mobilità sociale l'istruzione ricopre un ruolo fondamentale: se da un lato rappresenta un importante strumento di promozione sociale, perché possedere un titolo di studio elevato, in particolare una laurea, facilita l'accesso alle professioni più prestigiose, dall'altro proprio le opportunità educative sono fortemente influenzate dalle condizioni di partenza individuali e, quindi, dall'origine sociale. L'innalzamento assai veloce del livello di istruzione ha consentito alle donne in pochi anni di recuperare e superare lo svantaggio occupazionale e competitivo rispetto agli uomini.
Lo status socio-culturale della famiglia di origine condiziona la scelta del percorso di studi già dalle scuole medie superiori, nonché il successo scolastico e i successivi esiti occupazionali. Gli studenti di estrazione sociale elevata, figli di genitori maggiormente istruiti, sono più propensi a iscriversi ad un liceo e poi all'università, e, una volta entrati nel mondo del lavoro, continuano a mantenere il vantaggio in termini di soddisfazioni economiche e professionali. Nonostante le riforme volte ad innalzare il livello di scolarizzazione e a liberalizzare l'accesso al sistema universitario, riducendone il carattere prettamente elitario, l'istruzione superiore, dunque, non svolge ancora pienamente la funzione di canale di mobilità ascensionale.
Nel complesso la società italiana si dimostra ancora poco mobile, soprattutto se confrontata con altri Paesi europei. È anche vero che in Veneto la probabilità di crescita sociale di ciascun individuo è meno condizionata dall'origine della famiglia, favorendo così più eque opportunità di successo. E' da dire che la crescente richiesta di figure professionali sempre più qualificate, specie nei servizi, ha creato sicuramente nuove opportunità, di cui hanno potuto godere anche i figli delle classi sociali più svantaggiate.
Nel 2007 tra gli occupati veneti quasi il 40% appartiene alla classe operaia (nel 1971 era oltre il 50%), il 35% alla classe media impiegatizia (nel 1971 il 16%), il 18% alla piccola borghesia e solo il 7% alla borghesia. Come in altre aree di piccola impresa, maggiore risulta il peso della classe operaia urbana, minore quello della borghesia e della classe media impiegatizia.
Circa il 36% dei figli, in Italia e in Veneto, si trova nella stessa condizione sociale del padre, mentre il 30% è riuscito a progredire nella scala sociale. La propensione alla mobilità è diversa a seconda della classe sociale di appartenenza e i soggetti che appaiono più fortemente influenzati dall'origine sociale sono in primo luogo i figli di operai, seguiti da quanti provengono da una famiglia della classe media impiegatizia.
Favorire la mobilità sociale può essere di certo uno strumento per colmare le disuguaglianze sociali. In generale elevati livelli di disuguaglianza sono più tollerati se la società si dimostra fluida e capace di garantire a tutti le stesse opportunità di ascesa sociale. In questo senso la situazione in Italia, se confrontata con altri Paesi europei, appare meno favorevole perché la contenuta mobilità sociale si accompagna a livelli maggiori di disuguaglianza, anche in termini di reddito. In Italia il 20% più ricco delle famiglie dispone di un reddito di oltre 5 volte superiore a quello a disposizione del 20% delle famiglie meno ricche, mentre in media in Europa la proporzione arriva a 4,8.
In Veneto le disparità nella distribuzione del reddito sono più contenute e solo Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige possono vantare situazioni di maggiore equità. Le famiglie venete si dichiarano mediamente più soddisfatte della loro situazione economica, dovendo affrontare minori disagi e privazioni nella vita quotidiana. Significativamente inferiore è anche la percentuale di famiglie povere (3,3% contro l'11,1% delle famiglie italiane).
Incontrano maggiori difficoltà di mobilità sociale gli stranieri che sono oggi circa 457 mila, 9,3% della popolazione veneta, che alla fine del 2007 conta 4.832.340 persone, tendenti a 5 milioni entro il 2012. Nel complesso il Veneto si caratterizza per un buon radicamento e inserimento sociale degli stranieri nel territorio, collocandosi tra le prime otto regioni nella graduatoria nazionale. Gli stranieri presenti nella regione, anche se in possesso di un elevato titolo di studio, si trovano per lo più a ricoprire qualifiche professionali di basso livello. Circa la metà degli stranieri tra i 15 e i 64 anni può vantare una laurea o un diploma, una percentuale simile a quella degli italiani. Ciò nonostante, quasi tre stranieri ogni quattro sono operai o impiegati in attività non qualificate, mentre neanche il 10% riesce ad inserirsi nelle professioni che richiedono maggiori competenze. Tra questi si contano soprattutto piccoli imprenditori, proprietari e gestori di negozi, bar e ristoranti, infermieri, insegnanti o traduttori. Proprio la via dell'imprenditorialità può rappresentare non solo una opportunità di maggior guadagno, ma una vera occasione di riscatto dalla posizione di lavoro dipendente, soprattutto se poco soddisfacente dal punto di vista sociale oltre che retributivo.
I loro figli aspirano ad un futuro diverso. Rispetto ai coetanei italiani, molti ragazzi stranieri provengono da una famiglia con livelli economici medio-bassi e le loro aspettative sono molto simili a quelle dei coetanei italiani, segnale questo della loro volontà di riscatto e di integrazione nel nuovo contesto sociale. E non manca loro la fiducia, dal momento che 9 ragazzi stranieri su 10 credono di avere molte possibilità per raggiungere tale desiderio.

Inizio Pagina  Luoghi dell'abitare

In termini residenziali, sono più mobili i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani: una volta giunti nel nostro territorio essi non stabiliscono subito la propria dimora, ma il loro viaggio prosegue alla ricerca di migliori condizioni, sia abitative che occupazionali. In questo senso anche i veneti sono una popolazione in movimento, ben disposta a cambiamenti di dimora di breve o medio raggio, principalmente all'interno del territorio regionale, non altrettanto propensa però a spostamenti verso altre regioni. Le motivazioni alla base degli spostamenti sono in genere diverse: tipicamente, spostamenti a medio e lungo raggio (interregionali e con l'estero) sono legati in prevalenza a motivi di studio o di lavoro, mentre trasferimenti di più breve distanza (intraregionali e intraprovinciali) sono più spesso connessi ad eventi familiari particolari, come matrimoni, separazioni, uscite dalla famiglia di origine che sovente si accompagnano a mutati bisogni abitativi e insediativi.

Inizio Pagina  Il nuovo paradigma della mobilità

La disarticolazione delle motivazioni dello spostamento, la segmentazione progressiva del mercato del lavoro (più lavoro autonomo, più posizioni "atipiche", più precariato ecc.), l'ampliamento dei sistemi relazionali (reali e/o virtuali), la frammentazione dei comportamenti di consumo sono tutti processi che erodono la presenza dominante del modello consolidato del pendolarismo "casa-lavoro-casa", centrato sul protagonista "unico" dell'occupato dipendente con posto fisso che va al lavoro percorrendo sempre lo stesso "corridoio monomodale" in auto (prevalentemente) o con un mezzo pubblico. E' forte nel Veneto, come in Italia, il cosiddetto ceto urbano lavorativo, nel quale si esplicita un modello di consumo tipicamente cittadino: spostamenti frammentati, brevi e ripetuti, con motivazioni diverse (lavoro, gestione familiare, tempo libero) e con mezzi di trasporto individuali per poter arrivare dappertutto in tempo utile.
Non meno importanti risultano essere tutte quelle forme di mobilità "virtuale" che la tecnologia oggi ci consente. L'utilizzo combinato e sempre più diffuso di computer portatili e cellulari di ultima generazione può permettere, tra l'altro, di lavorare a distanza, di acquistare nei negozi senza dovercisi recare, di prenotare viaggi stando seduti sul proprio divano, di curare relazioni personali attraverso la posta elettronica e le video chiamate, di gestire il proprio conto corrente attraverso i servizi di home banking, di relazionarsi con la Pubblica Amministrazione.
Purtroppo, però, nel nostro Paese tutte queste opportunità non sono ancora molto sfruttate, non solo per un problema di carenza infrastrutturale, ma anche perché mancano le necessarie alfabetizzazione informatica e cultura dei nuovi strumenti telematici: nel secondo trimestre 2008 il servizio di ADSL copre il 94% della popolazione italiana, ma solo il 18% della popolazione raggiunta risulta esserne reale utilizzatore.
I dati sulle attività svolte con internet ci danno però indicazione di come comincino ad essere sfruttate le possibilità di mobilità "virtuale" offerte dalle moderne tecnologie. I veneti utilizzano la rete web oltre che per mandare o ricevere e-mail (76,5%) e per cercare informazioni su merci e servizi (70,9%), anche per apprendere (55%), per ricerca e informazione (54,1%), per prenotare viaggi (45,5%), per leggere o scaricare giornali e news (38%), per usare servizi di home banking (35%).
Opportunità, scelte di vita, nuovi comportamenti sociali inducono perciò a muoversi di più; progresso e tecnologia sono divenuti parte fondamentale di questi processi.

Inizio Pagina  Il paradosso della mobilità

Nonostante tecnologie e mezzi di comunicazione siano aumentati in maniera esponenziale, facendo presupporre una minore necessità di spostarsi fisicamente, la domanda di mobilità continua ad aumentare.
I veicoli a disposizione ogni 100 residenti sono nel Veneto 9 in più rispetto a dieci anni fa: 78 (79 il dato Italia), valore che sale a 93 (95 per l'Italia) se si considera solo la popolazione maggiorenne. Inoltre i dati relativi al traffico negli ultimi dieci anni sulle autostrade in esercizio che interessano la regione veneta mostrano aumenti significativi sia del numero di veicoli effettivi, ovvero i veicoli entrati in autostrada a prescindere dai chilometri percorsi, sia della quantità di veicoli/km, ovvero i chilometri complessivamente percorsi dai veicoli entrati in autostrada, con riferimento sia al traffico pesante che a quello leggero.
In ogni caso l'innalzamento dei livelli di mobilità virtuale, assieme a quelli di mobilità reale, è un fenomeno oramai inarrestabile, che necessita di essere da una parte assecondato, favorito, parallelamente in qualche modo rallentato.

Inizio Pagina  Fermarsi a riflettere

(Figura 4)
Un primo modo per "rallentare" è a nostro avviso quello di fermarsi a riflettere sulle bellezze del Veneto. Non a caso la regione, apprezzata da turisti provenienti da tutto il mondo per la varietà e qualità dell'offerta e la cultura dell'ospitalità che la contraddistingue, ottiene sempre nel settore turistico risultati eccezionali: da anni detiene il primato tra le regioni italiane, con il 14,7% degli arrivi e il 16,3% delle presenze dell'intera penisola nel 2007.
E' da dire che nella nostra regione il panorama dei luoghi della cultura appare particolarmente ampio e diversificato: nel 2006 in Veneto gli istituti di antichità e d'arte attivi non statali sono 327, il 7,2% del totale italiano, a questi, inoltre, ne vanno aggiunti altri 14 tra musei e circuiti museali, monumenti e aree archeologiche statali. Considerando poi il valore complessivo degli introiti dati dai biglietti d'ingresso in questi istituti, escludendo comunque sempre il patrimonio statale, quelli venduti in Veneto rappresentano il 22,7% del totale nazionale.
Il Veneto, poi, è la regione italiana che più si caratterizza per la presenza di dimore patrizie, fenomeno nato e sviluppatosi durante i secoli della Serenissima Repubblica; le Ville Venete sono in questo momento al centro dell'interesse regionale anche come oggetto di uno specifico "piano di valorizzazione", concepito a fini di sviluppo turistico, con l'obiettivo di posizionare il 'prodotto culturale ville venete' nei principali mercati turistici di riferimento. Nel territorio della regione si contano complessivamente circa 3.791 edifici o complessi qualificati come ville venete, di queste 300 circa visitabili e sono 25 quelle organizzate per offrire servizi di didattica, destinati al mondo della scuola.
Anche lo scenario dello spettacolo dal vivo nella nostra regione è sicuramente straordinario, così come la qualità dell'offerta culturale - musica, opera lirica, teatro, danza, arti visive e cinema - destinata ad incontrare e soddisfare un sempre maggior numero di fruitori. Nel 2007 in Veneto, gli spettacoli teatrali rappresentati e i concerti di musica - classica, leggera e jazz - hanno visto la partecipazione di oltre tre milioni di spettatori.
La cultura, gli spettacoli, le bellezze naturali hanno quindi consentito al settore turistico di continuare a svilupparsi, nonostante la congiuntura negativa e le difficoltà internazionali manifestatesi in maniera evidente nel corso dell'anno. I risultati del settore nel 2008 sono stati infatti sostanzialmente allineati con il 2007, il numero di arrivi nelle strutture ricettive è stabile (-0,2%), mentre si è verificato un contenuto calo delle presenze (-0,9%), a conferma della tendenza ormai generalizzata alla diminuzione della durata della vacanza.
Il 58,9% del flusso turistico regionale proviene dall'estero, settore che ha maggiormente risentito della difficile situazione economica: i pernottamenti sono infatti diminuiti dell'1,2% rispetto al 2007, che rappresenta comunque un anno record, mentre il numero di turisti è diminuito del 2,2%. Sul fronte del turismo domestico si evidenzia invece una sostanziale stabilità delle presenze (-0,5%) e un aumento degli arrivi (+3,1%).
Nel complesso del turismo internazionale, il Veneto riesce a contenere bene le difficoltà registrando comunque contrazioni meno significative rispetto sia al contesto italiano sia a paesi concorrenti quali Francia e Spagna (Nota 8). I veneti che soggiornano in località della propria regione, secondi solo ai tedeschi, nel 2008 aumentato ancor di più (+6,4%), anche se il soggiorno in media diminuisce.
La continua riduzione della permanenza media nelle località di villeggiatura, rispecchia nuove tendenze in atto: conta meno la durata della vacanza e il lungo periodo di ferie viene magari sostituito da brevi vacanze fatte in tutto l'arco dell'anno e/o dai week end fuori città. Altre tendenze sono individuabili a livello di scelta della struttura ricettiva in cui soggiornare: sul fronte della ricezione alberghiera si osserva uno spostamento della domanda verso le categorie più elevate. E oltre all'ambiente confortevole, si apprezza sempre più la possibilità di immergersi in spazi naturali dove passeggiare, fare sport, rilassarsi, divertirsi, conoscere le tradizioni, la storia e le caratteristiche dei luoghi visitati. In questo contesto vanno annoverati i parchi veneti e l'offerta agrituristica, che esercita un'attrattività in rapida crescita.

Inizio Pagina  La ricchezza del territorio

(Figura 5)
Infatti negli ultimi 25 anni, pur assistendo ad una "rivoluzione" che sta indirizzando l'agricoltura verso nuovi scenari (calo di aziende e relativo aumento dimensionale), cresce la multifunzionalità delle aziende che ampliano la loro offerta con agriturismi, fattorie didattiche, agriasilo, producendo e vendendo prodotti tipici e di qualità, promuovendo un'agricoltura eco-sostenibile, utilizzando e producendo fonti rinnovabili di energia.
Per quanto riguarda alcune peculiarità dell'offerta aziendale, è ormai chiaro che l'agricoltura biologica non è più una novità o una moda nel nostro paese: lo confermano il permanere del primato italiano in Europa quanto a superficie destinata con oltre un milione di ettari, più di 50.000 operatori coinvolti, dal processo di produzione fino a quello di trasformazione, e la continua crescita dei consumi alimentari bio che solo nel confronto 2008-2007 guadagnano in quantità ben il 4,5%.
Anche in Veneto la situazione non è immobile: la superficie investita (sia in conversione che già destinata a produzioni bio) segnala un aumento superiore al 37% dal 2000 al 2005 raggiungendo i 18.000 ettari ed il numero di operatori è in crescita del 24% fra il 2000 ed il 2007 con oltre 1.500 soggetti.
La presenza di produzioni agroalimentari tipiche è un fattore particolarmente importante della storia italiana e ha permesso la creazione e il mantenimento nel tempo di tradizioni colturali, gastronomiche e culturali molto diversificate che all'interno dell'Unione Europea la posiziona al primo posto quanto a certificazioni di qualità, con ben 177 prodotti DOP e IGP, e anche il Veneto apporta il proprio contributo con ben 26 prodotti a marchio. Sulla scia della forte vocazione della nostra regione e tenendo conto dell'importanza sempre maggiore del binomio territorio-prodotto, sono nate le Strade del vino e dei prodotti tipici, con ben 19 itinerari eno-turistici che si snodano tra vigneti ed aziende produttrici, punto di contatto fondamentale per questa importante forma emergente di turismo.
Ed è proprio in ambito vitivinicolo che il Veneto segnala risultati da primato: primo produttore italiano di vino a denominazione d'origine e ad indicazione geografica e prima posizione tra le regioni italiane nelle esportazioni vinicole, aggiudicandosi un valore superiore al 25% del totale nazionale.
Non è certo trascurabile anche la sicurezza di quanto viene portato in tavola: in Italia e nel Veneto, grazie al "pacchetto igiene", ogni anno vengono effettuati scrupolosi controlli su tutta la filiera produttiva, per assicurare la massima qualità di ciò che viene portato a tavola.
In questo senso, anche la foresta ha assunto negli ultimi decenni un ruolo cruciale nella politica ambientale divenendo una risorsa nella soluzione dei problemi ambientali come la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico globale. Quella veneta, con i suoi 414.894 ha censiti nel 2000, e pari al 22% della superficie totale, viene da tempo tutelata attraverso azioni di difesa idrogeologica, conservazione del suolo e dell'ambiente naturale, valorizzazione del patrimonio silvo-pastorale, produzione legnosa, tutela del paesaggio, recupero alla fertilità dei suoli depauperati e degradati, al fine di un armonico sviluppo socio-economico e delle condizioni di vita e sicurezza della collettività.
In questo contesto risulta strategico il nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento del Veneto (Nota 9), redatto a vent'anni di tempo dal precedente, che si è posto nell'ottica di interpretare il cambiamento della regione avvenuto nel corso degli anni ed ha fissato alcuni grandi obiettivi di assetto spaziale e di uso delle risorse, guardando in avanti ed offrendo una prospettiva per il futuro.
Abbiamo potuto constatare che il Veneto costituisce un punto di riferimento di grande importanza per tutto il Paese, non solo per il rilevante contributo alla produzione della ricchezza nazionale, o per lo straordinario patrimonio ambientale, storico e culturale che racchiude, ma perché è una delle regioni che si misura più direttamente con le nuove sfide della modernizzazione. Sfide che riguardano la capacità di dare risposte a nuove esigenze in un quadro profondamente mutato, in relazione tanto ad elementi di cornice generale, quanto all'evoluzione della società locale.
Sul fronte delle politiche del territorio ciò si traduce anzitutto in una visione capace di tener conto del carattere complesso dei processi in corso, dando risposte articolate ed integrate alle nuove domande che riguardano l'intreccio, in continua modificazione, tra spazio, economia e società.
Il PTRC parte dalla considerazione che il territorio veneto non è solo l'esito di cinquant'anni di un accelerato processo di sviluppo produttivo ed insediativo, ma della stratificazione plurisecolare di valori culturali legati al suo utilizzo: un tale mutamento di paradigma, rivolto all'affermazione della qualità delle trasformazioni, non può quindi che valorizzare quegli elementi peculiari che ne costruiscono l'identità.

Inizio Pagina  Il futuro nella sostenibilità

Se il PTRC spinge il territorio veneto in una direzione strategica, non possiamo oggi fare a meno di riconoscere, analizzare e gestire le criticità che ci troviamo ad affrontare. Tornando al tema della mobilità in senso stretto, il trasporto su strada è ad esempio una delle cause principali dell'inquinamento atmosferico delle nostre città. A questo proposito è emblematico, nella situazione di crisi degli ultimi mesi, il caso della FIAT, che ha aumentato le proprie quote di mercato in un contesto europeo in caduta; ma soprattutto, con la propria affermazione oltreoceano, la FIAT 500 all'ultimo salone di New York è stata proclamata da una giuria internazionale di esperti "2009 Design Car of the Year". Tale situazione sta portando agli accordi ormai noti con la casa americana, facendo arrivare buone notizie a chi produce vetture più piccole e meno inquinanti.
Per capire meglio l'impatto che il settore dei trasporti ha sull'ambiente è utile riferirsi quindi, oltre alla quantità di traffico che insiste sulle nostre strade, anche alla qualità dei mezzi che in esse corrono. Da un'analisi dei veicoli in circolazione emerge che, nel 2006, in Veneto, le auto rispondenti alla normativa di emissione di sostanze inquinanti "Euro4" rappresentano il 17% del totale, mentre per il 57,5% appartengono alle normative "Euro2" e "Euro3". Confrontando questi dati con il resto dell'Italia si capisce come la regione sia più avanti nel processo di ammodernamento del parco veicolare. Infatti, le "Euro4" incidono sul totale nazionale per il 16% e le "Euro0", a più elevata emissione, rappresentano ancora il 18% delle autovetture circolanti nella penisola, mentre nella nostra regione sono ridotte al 14%.
Gli autoveicoli commerciali mostrano una distribuzione rispetto alle normative di emissione di sostanze nocive un po' diversa rispetto a quella delle autovetture. I mezzi "Euro0" rappresentano ancora il 29% in Italia e il 22% in Veneto, valori certamente più elevati rispetto a quelli delle autovetture. Ovviamente va tenuto conto delle diversità tra le due categorie di veicoli e, in modo particolare, del fatto che la vita media dei veicoli industriali è più lunga di quella delle autovetture. Sia per l'Italia che per il Veneto ci sono due picchi proprio in corrispondenza dei mezzi omologati "Euro2" e "Euro3", ad indicare che proprio in quel periodo c'è stato un ricambio consistente del parco veicolare ad uso industriale. Analoghe considerazioni valgono per gli autobus. Va tuttavia segnalato che, nel 2006, circolano ancora molti autobus vecchi ("Euro0") e che questi rappresentano, sia in Italia sia in Veneto, la fascia più consistente dell'intero parco circolante.
Questi dati mostrano che il processo di sostituzione dei mezzi di trasporto vecchi con altri di nuova concezione e a minore impatto ambientale è tuttora in atto. Tale evoluzione è peraltro favorita da diverse campagne di incentivazione alla rottamazione dei veicoli non più rispondenti alle moderne norme sull'inquinamento e a favore dell'acquisto di altri più recenti e meno inquinanti.
Tra gli interventi di mobilità sostenibile vanno citati sicuramente il potenziamento del trasporto pubblico locale, la realizzazione di piste ciclabili, l'introduzione di zone a traffico limitato (ztl), la promozione delle iniziative di car- sharing (Nota 10) e car-pooling (Nota 11), formule che danno un contributo concreto al miglioramento della qualità dell'aria che respiriamo.
Negli ultimi anni sono stati utilizzati anche altri strumenti per tentare di ridurre l'inquinamento dovuto al trasporto su strada, quali i blocchi del traffico parziali e totali in alcune fasce orarie oppure le cosiddette "domeniche ecologiche" con divieto di circolazione a tutti i mezzi alimentati a benzina o gasolio o comunque ai veicoli più inquinanti.
Sul versante dei mezzi ad "impatto zero" la Regione Veneto sta incentivando anche l'uso della bicicletta tramite il "bike-sharing", finanziando la realizzazione di servizi di noleggio automatico di biciclette da parte dei comuni. I finanziamenti sono rivolti alle Amministrazioni comunali interessate per l'acquisto delle biciclette e delle attrezzature necessarie per il servizio di noleggio, da dislocare in punti considerati cruciali e strategici all'interno dell'area urbana, come stazioni ferroviarie, parcheggi scambiatori, piste ciclabili. Lo scopo è, naturalmente, di favorire una mobilità intelligente nei centri urbani, contribuendo nel contempo alla riduzione dell'inquinamento da polveri sottili.
I dati sull'ambiente urbano mostrano come, nelle città venete, sia sicuramente aumentata l'attenzione ai problemi ambientali negli ultimi anni, anche se c'è ancora molta strada da percorrere.
Nel 2007, nei comuni capoluoghi del Veneto, la situazione relativa alle aree pedonali e alle piste ciclabili si presenta piuttosto eterogenea. Per quel che riguarda il primo aspetto, escludendo Venezia che, per motivi morfologici, ha ovviamente una densità di aree pedonali nettamente superiore alla norma, spicca Padova con 81 mq ogni 100 abitanti - valore raggiunto grazie al considerevole aumento pari a oltre il 52% in più rispetto all'anno 2000 - che pongono la città, unica del Veneto, al di sopra della media nazionale che è pari a 32,4 mq ogni 100 abitanti. Nella graduatoria regionale al secondo posto c'è Belluno con 31,2 mq per 100 abitanti.
Anche per quanto riguarda le piste ciclabili, il comune di Padova, grazie alla promozione della bicicletta quale mezzo di locomozione alternativo, ha nel 2007 la più alta densità regionale di percorsi dedicati, superando i 114 km ogni 100 kmq di territorio. Si può notare il forte impulso dal 2000, quando le piste ciclabili non arrivavano ai 36km. Anche in tutte le altre province venete, la tendenza è stata quella di favorire l'utilizzo della bicicletta per gli spostamenti all'interno delle aree urbane; infatti, rispetto al 2000, c'è stata una crescita degli spazi dedicati a tale mezzo di trasporto un po' ovunque. In generale la densità di piste ciclabili nelle nostre città è sempre superiore rispetto alla media dell'Italia con la sola esclusione di Belluno, per la quale va detto che, nonostante la relativamente bassa densità di piste ciclabili all'interno dell'area urbana, a livello provinciale possiede i percorsi dedicati ai velocipedi più lunghi e panoramici dell'intera regione, come, ad esempio, la "pista ciclabile delle Dolomiti" che congiunge Belluno a Bolzano.
Infine l'istituzione delle zone a traffico limitato, specie nei centri storici delle città, ha avuto un grosso sviluppo proprio in questi ultimi anni. Nel 2007, in Italia, le ztl coprono circa mezzo chilometro quadrato ogni 100 kmq di territorio comunale, con un incremento, rispetto al 2000, che si avvicina al 38%. In Veneto le Amministrazioni comunali seguono politiche diverse, probabilmente anche in base alle caratteristiche dei singoli territori e le esigenze specifiche. Si va dal caso di Padova che presenta una densità di ztl pari a 1,4 kmq per 100 kmq di territorio - oltre il doppio della media nazionale, con un incremento del 111,4% nell'arco dei sette anni considerati - a Belluno, dove la presenza delle stesse si attesta a 0,01 kmq per 100 kmq e non ha subito variazioni rispetto al 2000, fino a Vicenza dove, addirittura, la presenza di tali aree si è lievemente ristretta.

Inizio Pagina  La rivoluzione sta nello sviluppo intelligente

L'impegno per la sostenibilità è ormai diventato strategico anche per molte aziende. Alcune rivedono addirittura al rialzo i propri obiettivi di fatturato in considerazione del lancio di prodotti "sostenibili" che prevedano il taglio delle emissioni di CO2, dei consumi energetici, dei rifiuti e dell'acqua utilizzata, cambiando il modo stesso di concepire nuovi prodotti, dall'impiego dei materiali alla manifattura, dalla distribuzione all'uso quotidiano, fino alla riciclabilità.
Si fa sempre più strada l'arte di ripensare l'economia, il business, il singolo prodotto, da un nuovo, impellente punto di vista, attraverso la green economy.
Oggi, a 17 anni dal Summit della Terra di Rio, che aveva imposto l'imperativo della progettazione sostenibile, questa visione si sta trasformando in un fattore-chiave della competizione. Ma il design di nuovi prodotti e servizi sostenibili non basta a salvare il mondo, sono necessari anche cambiamenti di sistema. Se tutte le macchine diventano elettriche o ibride avremo certo meno emissioni di CO2, ma se tutti dovessero continuare a spostarsi da soli in auto, avremo sempre gli ingorghi e un'insostenibile vita in coda. Ecco perché è necessario pensare in modo nuovo all'aspetto delle città, alle abitudini delle persone. Sono da promuovere anche sistemi che incentivino moduli abitativi più razionali ed efficienti, oppure idee come Slow Food, una delle invenzioni italiane che hanno lasciato un segno nel mondo.
In teoria, fare prodotti un po' più sostenibili costa di più, ma le imprese stanno scoprendo che usare meno acqua, meno energia, meno imballaggi porta benefici a tutti, oltre a far guadagnare una migliore immagine pubblica dell'azienda. La ricerca scientifica contribuirà in maniera particolare ai passi che si potranno compiere in questo senso.
Si sta in sostanza ritracciando il sistema economico, si stanno riprogettando i modi della vita quotidiana, ci vogliono persone, idee, progetti per ridisegnare il domani in maniera intelligente.

Figura 1
Piano regionale territoriale di coordinamento - La mobilità
Figura 2
Piano regionale territoriale di coordinamento - Il Passante di Mestre
Figura 3
Piano regionale territoriale di coordinamento - La crescita sociale e culturale
Figura 4
PTRC come spazio di ricerca - I territori naturali e dell'abitare. I paesaggi della mente
Figura 5
PTRC come spazio di ricerca - I territori del produrre. Veneto....di qualità

Verifica l'accessibilità del Rapporto Statistico 2009 : Valid HTML 4.01! 

I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.