La Comunità europea si adopera affinché i cittadini possano muoversi facilmente e liberamente in tutta l'Unione per studiare, esercitare una professione, curarsi o per altri motivi, beneficiando appieno dei vantaggi offerti dall'integrazione europea e dal mercato unico.
Negli ultimi tempi i giovani incontrano sempre più rilevanti difficoltà nell'inserimento nel mercato lavorativo e quando trovano lavoro le retribuzioni sono spesso inadeguate. Ecco che ci troviamo di fronte ad un capitale umano in parte mobile alla ricerca di migliori prospettive per il futuro e di salari più appropriati.
Lavorare all'estero
Si sente spesso parlare del fenomeno cosiddetto della "fuga dei cervelli" (brain drain), indicando con questa espressione la migrazione di persone altamente qualificate che, formatesi in un determinato paese, si trasferiscono in un altro e lì vi lavorano. Il risultato è quello che persone con grandi potenzialità si trasferiscono in paesi ricchi e già molto sviluppati che offrono migliori prospettive, mentre il paese lasciato si impoverisce non potendo sfruttare appieno il capitale umano formato al suo interno. L'Italia, nel confronto con altri paesi, è caratterizzata da una maggiore mobilità in uscita di giovani laureati rispetto a quella in entrata; del resto il nostro paese investe meno di altri in ricerca e sviluppo e risulta quindi meno attrattivo per chi intende lavorare in questo settore.
Secondo l'indagine sulla condizione occupazionale dei laureati svolta dal Consorzio Interuniversitario Almalaurea nel 2007 (Nota 1), la quota di laureati italiani che vanno a lavorare all'estero a un anno dal conseguimento del titolo è in crescita. Più consistente il fenomeno se si considerano i residenti in Veneto: nel 2007 il 2,4% dei laureati pre-riforma veneti si trasferiscono appena finiti gli studi in un altro paese per lavorare, 2,2% il dato a livello nazionale. E' il caso, però, di sottolineare che i dati relativi ai veneti occupati all'estero devono essere letti e interpretati con una certa cautela, in quanto le relative numerosità campionarie dell'indagine sono contenute. (Figura 7.3.1)
Sia se si considerano i giovani ad un anno dalla laurea che a cinque anni, il principale motivo del trasferimento sono le migliori offerte di lavoro. Se la situazione tra la media nazionale e quella veneta è più o meno simile a distanza di anni dalla laurea, quella rilevata a solo un anno dal conseguimento del titolo si differenzia abbastanza: nel 2007 tra i veneti laureati nell'anno precedente che decidono di emigrare sono il 45,5% quelli che lo fanno per un lavoro migliore contro il dato italiano pari a quasi il 58%, molti sono anche i veneti che si trasferiscono per motivi personali o familiari, quasi il 40% (in Italia il 27,6%). Meno i residenti nella nostra regione, rispetto al totale nazionale, spinti a cambiare paese per studiare ancora. (Figura 7.3.2)
Migliori offerte di lavoro che si traducono anche in benefici economici elevati. Dall'indagine si evidenzia che i salari di coloro che lavorano all'estero sono molto più alti di quelli percepiti da chi resta nel paese d'origine: un laureato italiano che lavora in Italia dopo cinque anni che possiede la laurea prende circa 1.350 euro, mentre chi vive all'estero supera i 2.100. Ancora più elevati i guadagni dei veneti all'estero la cui paga si aggira intorno a quasi 2.300 euro. Viste le prospettive, è ovvio che per chi sta provando l'avventura di lavorare fuori del paese l'ipotesi di rientrare non è immediata. La maggior parte degli occupati all'estero pensa che probabilmente rientrerà, ma non prima di almeno altri tre anni. Più in dettaglio, oltre il 69% dei veneti laureati che hanno trovato lavoro all'estero intende probabilmente tornare nel paese natale, quasi 14 punti percentuali in più del dato medio nazionale, ma il rientro nel 67% dei casi non è previsto nei prossimi due anni. A essere, comunque, sicuri di ritornare sono solo il 14,1% dei veneti e il 17,7% degli italiani. (Figura 7.3.3)
L'emigrazione intellettuale interregionale
Secondo i più recenti dati dell'indagine sulla condizione occupazionale dei laureati svolta dal Consorzio Interuniversitario Almalaurea nel 2008 (Nota 2), si riflette anche sulla mobilità territoriale entro i confini italiani. Tra i risultati emerge il fenomeno rilevante di brain drain dalle regioni meridionali che tendono così ad impoverirsi ancora di più, perdendo anche quelle risorse preziose di capitale umano altamente qualificate che, restando nelle regioni d'origine, potrebbero contribuire alla riqualificazione del territorio. Dall'analisi combinata tra area di residenza, di studio e di lavoro emerge una diversa mobilità geografica tra i laureati del Nord, del Centro e del Sud. Dei laureati pre-riforma nel 2003 intervistati nel 2008, ovvero a cinque anni dal conseguimento del titolo, e residenti al Nord, oltre il 93% ha svolto gli studi universitari e attualmente lavora nella propria area di residenza; l'unico flusso di una certa rilevanza è quello relativo alla mobilità verso l'estero (circa il 3%). Più elevati gli spostamenti dei giovani residenti al Centro, anche se la maggior parte dei laureati non ha mai lasciato la propria area di residenza (quasi l'83%); solo l'1,7% sono i residenti delle regioni centrali trasferiti all'estero per lavoro. Più pesante poi l'esodo dei laureati del Sud: complessivamente sono oltre il 40% quelli che si spostano, soprattutto per le difficoltà a trovare un lavoro adeguato nel Mezzogiorno, mentre meno del 59% ha studiato e lavora nella propria area di residenza e appena l'1% ha cercato fortuna fuori dall'Italia.
Rispetto al dato complessivo del Nord, i veneti si muovono di più: a cinque anni dal conseguimento del titolo universitario si rileva nel 2008 che l'89% ha studiato e lavora nella propria area di residenza, oltre quattro punti percentuali in meno del dato della ripartizione di cui il Veneto fa parte. Inoltre, dei veneti che hanno studiato nella propria regione, il 2,8% lavora all'estero, quasi il 7% si è spostato in altre regioni del Nord per lavorare, appena l'1,2% nel Centro e pochissimi nel Sud (lo 0,1%). Cambiamenti di città quasi sempre motivati da guadagni salariali più elevati. (Figura 7.3.4)
Lo studio della mobilità territoriale dei laureati, bene prezioso di ogni paese, è fondamentale non solo per la mera conoscenza del territorio, ma soprattutto per la definizione delle policy delle aree interessate dall'emigrazione o immigrazione intellettuale. In particolare, diventa necessario adottare politiche sempre più adeguate che equilibrano la mobilità in entrata con quella in uscita di capitale umano nelle varie aree, al fine di non impoverirne alcune troppo, favorendone altre già ricche e avanzate, ciò sia a livello nazionale che internazionale.
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Figura 7.3.1 |
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Figura 7.3.2 |
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Figura 7.3.3 |
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Figura 7.3.4 |
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