RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


6.2 Muoversi per colmare le disuguaglianze

Come si è detto il grado di mobilità tra classi esprime la possibilità di migliorare nel tempo le proprie condizioni sociali ed economiche, di progredire e dunque di abbandonare anche eventuali situazioni di disagio e difficoltà. Favorire la mobilità sociale, quindi, può essere una via per colmare le disparità.
In generale elevati livelli di disuguaglianza sono più tollerati se la società si dimostra fluida e capace di garantire a tutti le stesse opportunità di ascesa sociale. In questo senso la situazione in Italia, se confrontata con altri Paesi europei, appare meno favorevole perché la contenuta mobilità sociale si accompagna a livelli maggiori di disuguaglianza, anche in termini di reddito.
Se si considera l'indice di Gini (Nota 1) relativo alla distribuzione dei redditi delle famiglie al 2007, per l'Italia risulta pari a 0,32 contro il valore europeo di 0,30 e, limitando l'attenzione ai vecchi quindici Paesi dell'Unione Europea, segnala un livello di disparità reddituale tra i più alti, sensibilmente inferiore solo al dato del Portogallo. Non a caso, tra i Paesi che presentano una più equa distribuzione del reddito ritroviamo quelli del Nord Europa, gli stessi che si dimostrano socialmente più fluidi: in Svezia, il 20% più ricco delle famiglie ha a disposizione complessivamente un reddito di oltre tre volte superiore a quello che è destinato al 20% delle famiglie più povere, mentre in Italia tale proporzione arriva quasi a raddoppiare (5,5), raggiungendo un valore superiore anche alla media europea (4,8). (Figura 6.2.1)
Anche una recente analisi sulla ricchezza delle famiglie, proposta da un ricercatore di Bankitalia (Nota 2), disegna una società italiana nella quale i ricchi restano ricchi e i poveri faticano a lasciare questa loro condizione. In nove anni, dal 1995 al 2004 solo il 13% delle famiglie osservate ha migliorato la propria condizione in termini di ricchezza e nell'11% circa dei casi vi è stato invece un peggioramento. La già limitata mobilità è andata inoltre riducendosi con il tempo, non riuscendo a contenere il divario tra le classi più avvantaggiate e quelle meno fortunate.
Rientrando tra i confini nazionali, in Veneto risultano esserci minori disparità e solo Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige possono vantare situazioni di maggiore equità. È un dato particolarmente positivo se associato al fatto che le famiglie venete possono mediamente disporre di maggiori risorse economiche rispetto a quelle italiane (il reddito medio annuo per famiglia nella nostra regione è di 30.151 euro, circa 2.500 euro al mese, rispetto alla media nazionale di 28.552 euro). (Figura 6.2.2)
Data la maggiore disponibilità economica e la più equa distribuzione dei redditi, non sorprende che in Veneto ci si senta mediamente più soddisfatti della propria situazione economica: nel 2008 il 49% delle persone di oltre 14 anni si dichiara molto o abbastanza soddisfatto, oltre 5 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Sebbene non siano ancora disponibili i dati più aggiornati che colgono gli effetti della recente crisi economica, si intravedono però alcuni segnali di preoccupazione. Rispetto all'anno precedente diminuisce il livello generale di soddisfazione, ritenendo la propria situazione economica peggiorata un po' (43% delle famiglie), se non molto (18%). (Figura 6.2.3)

Inizio Pagina  Disagio e povertà

In contesti di disparità sociali ed economiche non è la compresenza di situazioni diverse che preoccupa di più, quanto piuttosto la distanza che le separa e le condizioni di vita dei più poveri.
La povertà è un fenomeno insidioso, dalle molteplici facce e livelli di gravità. I casi più estremi, come quelli vissuti dai senzatetto o le situazioni di fame nei Paesi dimenticati del Terzo Mondo, toccano solo marginalmente la nostra realtà, nella quale invece si osservano altre forme di difficoltà e privazione, generalmente meno gravi. Anche la recente crisi ha contribuito all'aumento delle situazioni di disagio economico-sociale, specie tra gli operai, gli impiegati e i pensionati, ai quali è andata una quota decrescente del valore aggiunto generato dalle imprese.
L'Europa, dove gli squilibri economici e sociali sono meno eclatanti che in altre zone del mondo, deve fare i conti con una realtà preoccupante fatta di milioni di persone che vivono a rischio di povertà. Più che gli episodi occasionali, seppur diffusi, preoccupano le situazioni di povertà persistente, che evidenziano le difficoltà che le famiglie incontrano nel risollevarsi dallo stato di povertà.
In Italia, secondo le stime di Eurostat (Nota 3) nel 2007 un quinto della popolazione è a rischio di povertà, una quota non trascurabile, sensibilmente superiore alla media europea (16% nell'UE 25) e la seconda più alta, al pari di Grecia e Spagna. Il quadro sarebbe ancora più preoccupante in assenza di reti di protezione sociale e di adeguati interventi pubblici. Rispetto alla media comunitaria, però, in Italia l'effetto dei trasferimenti pubblici è, nel complesso, meno efficace: se in assenza di qualunque forma di sostegno sociale (pensioni incluse) il 43% della popolazione europea e italiana vivrebbe sotto la soglia di povertà, in Italia dopo ogni forma di trasferimento tale percentuale scende al 20%, quando in Europa raggiunge il 16%, quindi quattro punti percentuali in meno.
La struttura demografica del nostro Paese può giustificare l'impronta del sistema sociale italiano, ancora fortemente orientato all'assistenza di tipo previdenziale quale principale forma di sostegno al reddito. Le pensioni da sole contribuiscono a ridurre di molto l'incidenza di povertà, quasi di venti punti percentuali, dal 43% al 24%, due in più rispetto alla media europea. Il contributo residuale degli altri trasferimenti sociali, in termini di contenimento del rischio di povertà, risulta invece tra i meno incisivi a livello europeo. Esso non va oltre il 17%, viceversa nei Paesi del Nord Europa produce una riduzione tra il 50 e il 60%. (Figura 6.2.4)
A livello nazionale l'Istat da anni propone un'altra misura della povertà relativa, riuscendo a produrre stime per ogni regione. Si fa riferimento alla spesa media per consumi delle famiglie, anziché all'adeguatezza del reddito, considerando povere le famiglie che mensilmente spendono meno di una certa soglia, fissata nel 2007 a 986,35 euro per una famiglia di due componenti (Nota 4).
Anche se non sono confrontabili con quelli degli altri Paesi europei, questi dati permettono di valutare il disagio economico delle famiglie italiane e l'evoluzione temporale del fenomeno. Secondo questa metodologia, negli ultimi cinque anni, al di là delle variazioni congiunturali, il livello di povertà relativa in Italia si mantiene sostanzialmente stabile, evidenziando sempre una distribuzione territoriale estremamente disomogenea, con forti disparità tra le regioni del Sud, dove i livelli di povertà relativa nel 2007 arrivano a toccare il 22,5% delle famiglie, e quelle del Centro-Nord che presentano un rischio nettamente inferiore (rispettivamente 6,4% al Centro e 5,5% al Nord). In Italia vive al di sotto della soglia di povertà l'11,1% delle famiglie e il 12,8% delle persone, mentre in Veneto l'incidenza si ferma al 3,3% delle famiglie, uno dei valori più bassi tra le regioni italiane e in linea con quello dell'anno precedente (Nota 5).
Sia l'istruzione che il tipo di occupazione si confermano elementi importanti nel prevenire e contrastare il rischio di povertà, che, infatti, aumenta considerevolmente tra coloro che sono poco istruiti, tra i disoccupati, ma anche tra gli occupati con bassi profili professionali (working poor). A livello nazionale è povero il 13,9% delle famiglie con a capo un operaio, contro il 5,4% dei dipendenti impiegati o dirigenti e il 6,3% delle famiglie con a capo un lavoratore autonomo.
Ma anche chi risulta classificato come non povero, semplicemente perché il suo reddito o la spesa per consumi superano le soglie convenzionali, può essere costretto ad affrontare rinunce e limitazioni; ad esempio, secondo l'ISAE (Nota 6) le famiglie dichiarano di aver bisogno di circa 1.300 euro al mese se si è soli, e di 1.800, se in coppia, per condurre una vita dignitosa, cioè senza lussi ma non privandosi del necessario (Nota 7).
In molti casi, le famiglie non solo devono rinunciare ad una vacanza o all'acquisto di beni durevoli, ma sono costrette ad affrontare difficoltà quotidiane ben più importanti, come poter consumare un pasto appropriato ogni giorno, permettersi di mantenere adeguatamente la propria abitazione, poter pagare regolarmente le bollette e riuscire a far fronte agli imprevisti senza indebitarsi. In Europa, nel 2005, il 38% della popolazione complessiva ha avuto a che fare con almeno uno di questi problemi e nel 73% dei casi sono persone con reddito al di sopra della soglia di povertà. In Italia coloro che dichiarano di aver avuto una qualche difficoltà sono meno (il 33%), come meno sono quelli che non fanno parte di famiglie povere (63%).
A livello regionale non è al momento disponibile questo indicatore sintetico di disagio, ma un'analisi è comunque possibile prendendo in considerazioni indicatori specifici per ogni difficoltà dichiarata dalle famiglie. Le stime ancora provvisorie confermano un generale maggior benessere per le famiglie venete che denunciano di vivere situazioni di disagio economico meno frequentemente che altrove. Tuttavia, rispetto all'anno precedente, sono in lieve crescita quelle che faticano ad arrivare alla fine del mese, quelle che non riescono a riscaldare adeguatamente la casa e che non hanno soldi per affrontare spese mediche o per l'acquisto di generi alimentari.
La povertà ha, insomma, tante facce e molteplici livelli di gravità: i numeri delle statistiche ufficiali vanno approfonditi, interpretati, perché nel pregevole intento di semplificare e rendere leggibile un fenomeno così complesso, rischiano di tralasciare aspetti significativi della realtà. (Figura 6.2.5)

Figura 6.2.1
Distribuzione del reddito: indice di Gini e indice di disugualianza dei redditi per i Paesi dell'UE25 - Anno 2007
Figura 6.2.2
Reddito medio familiare netto e indice di Gini per regione - Anno 2006
Figura 6.2.3
Percentuale di persone di 14 anni e oltre per livello di soddisfazione sulla situazione economica. Veneto e Italia - Anni 2007 e 2008
Figura 6.2.4
Rischio di povertà nei Paesi dell'UE25 prima e dopo i trasferimenti sociali - Anno 2007
Figura 6.2.5
Indicatori di disagio economico (percentuale di famiglie). Veneto e Italia - Anni 2006 e 2007

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.