RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


4.3 - Gli spostamenti per motivi di cura

La libertà di scelta da parte di un cittadino del medico e della struttura dove ricevere le cure sanitarie già veniva sancita alla fine degli anni '70 con la legge 833/78 (Nota 1). Ma è solo negli anni '90, con il riordino della disciplina in materia sanitaria grazie ai decreti legislativi 502/92 e 517/93, che il cittadino acquista totale libertà nella scelta del luogo di cura, dal momento che prima era necessaria un'autorizzazione per ricevere assistenza sanitaria in regioni diverse da quella di residenza (Nota 2).
È a partire da questi anni che assume rilevanza sempre maggiore il fenomeno della mobilità sanitaria, intesa come tendenza della popolazione ad usufruire delle prestazioni sanitarie in una regione (o in un'azienda sanitaria) diversa da quella di residenza. Inoltre il recente processo di regionalizzazione del sistema sanitario, a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, attribuendo ai servizi sanitari regionali ampia autonomia programmatoria e amministrativa, pone le premesse per un vero e proprio mercato concorrenziale nelle prestazioni assistenziali erogate.
Ma è anche vero che se da un lato il sistema sanitario del nostro Paese garantisce la libertà di scelta del luogo di cura, dall'altro una buona politica regionale in materia sanitaria dovrebbe riuscire a rispondere a tutti i bisogni di salute dei propri cittadini, disincentivando il ricorso da parte dei propri residenti a strutture e servizi fuori dal proprio territorio.
Le ragioni che spingono un cittadino a scegliere un luogo di cura diverso da quello più prossimo a casa sono molteplici: la vicinanza geografica con strutture di altre regioni, la temporanea presenza per motivi di studio o di lavoro in un domicilio lontano dalla propria residenza abituale (in entrambi i casi si parla di mobilità fittizia), o la necessità di usufruire di prestazioni relative a specialità di nicchia, presenti solo in determinati nosocomi (mobilità fisiologica). Devono piuttosto essere oggetto di particolare attenzione, a fini programmatori e di miglioramento dei servizi, gli spostamenti legati alla mobilità evitabile, vale a dire quelli giustificati da una diversa qualità dell'offerta sanitaria o dall'inadeguata collocazione dei servizi ospedalieri sul territorio. Ad incidere su tale tipologia di spostamenti sono anche la fiducia e la reputazione della struttura, oltre ad alcuni aspetti di carattere gestionale e organizzativo, come la lunghezza delle liste di attesa.
Lo studio della mobilità sanitaria, se intesa come mobilità evitabile, consente quindi di testare la capacità delle strutture sanitarie di soddisfare tali bisogni e di verificare il giudizio percepito da parte del cittadino: i pazienti infatti, preferendo una struttura fuori dalla propria area di residenza, implicitamente considerano la struttura più vicina a casa di minore qualità. L'analisi della mobilità, se effettuata per tipologia di prestazione erogata dalle strutture, permette inoltre di saggiare quali siano le carenze qualitative e quantitative nell'offerta assistenziale.
Tale fenomeno ha ricadute anche sotto il profilo economico, dal momento che cittadini che si ricoverano in ospedali lontani incidono in maniera negativa sul bilancio della loro azienda o regione di residenza (Nota 3).
In sintesi, la mobilità sanitaria assume oggi un ruolo centrale nella programmazione dei sistemi regionali e nello sviluppo di politiche condivise a livello interregionale.
A questo proposito si deve ricordare che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 4 dicembre 2003, ha approvato il "Protocollo per gli accordi interregionali per la gestione della mobilità sanitaria nelle aree di confine" individuando così principi e criteri generali sulla base dei quali le regioni confinanti possono formalizzare accordi per disciplinare la mobilità sanitaria e pervenire ad un più razionale utilizzo delle strutture e ad un più efficiente impiego delle risorse. La Regione Veneto e la Regione Emilia Romagna hanno sottoscritto un accordo quadro, recepito con deliberazione n. 2908 del 18 settembre 2007, valido dal 1 ottobre 2007 al 31 dicembre 2009. E' inoltre in corso la stipulazione di un accordo quadro con la Regione Friuli Venezia Giulia.

Inizio Pagina  Il confronto regionale

In questo studio si prendono in considerazione la mobilità attiva e la mobilità passiva, con riferimento solo ai ricoveri ospedalieri, anche se non esauriscono la totalità degli spostamenti per motivi di cura. Nel primo caso, si valutano le prestazioni offerte dal sistema sanitario regionale del Veneto a cittadini di altre regioni, nel secondo le prestazioni ricevute dai cittadini veneti in altre Regioni.
Sono quasi 864.000 i ricoveri effettuati nelle strutture venete nel 2007, in calo del -4,2% rispetto al 2006. All'incirca nel 70% dei casi si tratta di ricoveri di tipo ordinario, la restante parte riguarda prestazioni in regime di day-hospital.
La quota relativa a non residenti in Veneto corrisponde all'8,9%, di questi l'88,8% delle degenze riguarda pazienti provenienti da altre regioni italiane, il residuo comprende la quota di cittadini provenienti dall'estero. Il Veneto attrae nelle proprie strutture pazienti provenienti per la maggior parte dai territori confinanti (Nota 4): in testa la Lombardia (il 22,2% dei pazienti non veneti risiede in questa regione), seguono Emilia Romagna (14,8%), Friuli Venezia Giulia (14,4%) e Trentino Alto Adige (13,6%). L'attrazione è significativa anche nei confronti di alcune regioni del Sud, nonostante la loro distanza geografica, come ad esempio la Sicilia che copre l'8,6% dei ricoveri relativi a non residenti in Veneto.
Circa il 6% dei ricoveri di pazienti residenti nella nostra regione avviene invece in strutture non venete, principalmente situate nelle regioni confinanti come il Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lombardia.
Sono soprattutto le specialità chirurgiche ad avere una maggiore quota di pazienti provenienti da altre regioni, in particolar modo la neurochirurgia (il 29,4% dei dimessi da questi reparti viene da fuori regione nel 2006), cardiochirurgia (16,1%), oculistica e urologia. La mobilità interregionale passiva interessa invece soprattutto i ricoveri per riabilitazione, malattie infettive e cardiochirurgia (Nota 5).
L'analisi degli spostamenti verso una struttura diversa da quella nel luogo di residenza in funzione della complessità della prestazione ospedaliera erogata (Nota 6) consente uno studio più approfondito della mobilità sanitaria. Pertanto, tanto minore sarà la complessità della patologia per cui ci si allontana per curarsi, tanto più bassa si ipotizza la fiducia e la qualità percepita dell'assistenza offerta dal proprio luogo di residenza (Nota 7). Le differenze riscontrate nella mobilità sanitaria a seconda della complessità del ricovero sono in buona parte attribuibili a mobilità evitabile, e quindi ad una preferenza del cittadino. Se infatti la mobilità fosse esclusivamente di natura fisiologica, al variare della complessità dei ricoveri non si riscontrerebbero differenze evidenti. (Figura 4.3.1)
Per il Veneto l'indice di fuga (Nota 8) verso altre regioni a seconda della complessità della prestazione rimane quasi invariato, circa 5-7 ogni 100 persone venete che sono ricorse ad un ricovero scelgono una struttura fuori dei confini. Viceversa l'attrattività cambia in maniera più evidente al crescere della complessità del ricovero, passando dal valore dell'indice di attrazione (Nota 9) del 7,4% per prestazioni di bassa complessità al 12,4% per quelle a più elevato grado di specializzazione.
Per un confronto tra regioni viene posta l'attenzione sull'impatto economico che la mobilità sanitaria può avere sui propri bilanci: fughe e attrazioni vengono così considerati non in termini di ricoveri, ma in termini di costo che ha ciascuna prestazione (Nota 10). Guardando alla differenza in termini economici tra prestazioni erogate a pazienti da fuori regione (euro "attratti") e quelle soddisfatte fuori dai confini regionali (euro "fuggiti") nel 2006, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, la Lombardia vanta il bilancio economico più in attivo, con quasi 315 milioni di euro, segue l'Emilia Romagna (172 milioni di euro) e terzo il Veneto (78 milioni di euro). In fondo alla graduatoria si collocano molte regioni del Sud, con bilanci in negativo, anche di quasi 200 milioni di euro come la Campania.
Su oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro di spese sanitarie sostenute dal Veneto per l'assistenza ospedaliera ai propri cittadini, il rimborso ad altre regioni per i ricoveri dei residenti veneti incide per il 5,4% (indice di fuga in termini monetari (Nota 11)), tra i valori più bassi nel confronto regionale; mentre gli introiti provenienti da altre regioni per l'assistenza ospedaliera fornita dai presidi veneti per i loro residenti costituiscono il 9,3% del totale della spesa ospedaliera del Veneto (indice di attrazione in termini monetari) (Nota 12).
Nel grafico tanto più una regione si colloca in basso, tanto più riesce a soddisfare la domanda locale e a contenere la fuga dei propri residenti, e quindi la spesa da rimborsare ad altre regioni; tanto più si colloca a destra tanto più attrae ricoveri e richiama risorse da altre regioni. Quando il guadagno dovuto alla mobilità attiva si equivale alla spesa sostenuta per la mobilità passiva, le regioni si collocano sulla bisettrice. In un sistema politico che si basa sull'equità di accesso ai servizi, come il nostro sistema sanitario, l'ideale sarebbe che ogni regione riuscisse a soddisfare i bisogni di salute della propria comunità e quindi per tutte si riducesse sia la mobilità attiva che passiva (nel grafico collocazione in basso a sinistra).
I risultati migliori in termini di attrazione riguardano molte regioni centro settentrionali, mentre valori molto bassi si osservano soprattutto al Sud, specie in Sicilia e Sardegna, penalizzate anche dall'isolamento geografico. Il Veneto occupa una posizione favorevole al di sotto della bisettrice, ossia con una fuga contenuta e inferiore alla capacità attrattiva. D'altra parte, come emerge da un'indagine del Picker Institute inglese, l'87% dei pazienti ricoverati in Veneto ha giudicato l'assistenza ricevuta eccellente, molto buona o buona, mentre solo il 2% l'ha ritenuta scadente. Il buon giudizio complessivo è determinato principalmente dalla fiducia nella professionalità degli operatori; alcune criticità però rimangono, soprattutto in termini di supporto di carattere sociale ed emotivo e in termini di relazione e comunicazione con la famiglia del paziente. (Figura 4.3.2)

Inizio Pagina  Mobilità sanitaria anche all'interno del Veneto

Quanto alla specifica attività di ogni Azienda Ulss, la mobilità ospedaliera può essere ulteriormente distinta in mobilità intraregionale, quindi tra le Ulss della regione, e mobilità interregionale, ossia tra l'azienda sanitaria e altre regioni (Nota 13).
La mobilità interregionale interessa soprattutto le Ulss di confine e quelle che comprendono le Aziende Ospedaliere. In particolar modo per le Ulss di Bussolengo, Padova e Verona prevale l'attrazione, via via crescente all'aumentare della complessità del ricovero. Le Ulss di Pieve di Soligo, ma soprattutto quella di San Donà, risentono di una fuga dei propri residenti verso strutture di altre regioni, non necessariamente solo per prestazioni ospedaliere di alta complessità. Rovigo invece compensa mobilità in uscita con mobilità in entrata. (Figura 4.3.3)
Si riscontra una maggiore variabilità tra le Ulss in termini di mobilità intraregionale, che risente comunque di accordi tra Ulss, specie se territorialmente confinanti, e degli indirizzi regionali nell'organizzazione dei servizi, per una migliore efficienza del sistema sanitario locale.
La mobilità passiva intraregionale riguarda soprattutto le Ulss di più piccola dimensione, i cui residenti si dirigono verso quelle più grandi, quelle principali della provincia o quelle che comprendono le Aziende Ospedaliere. Ad esempio, i residenti nelle Ulss di Thiene e Arzignano optano spesso per l'Azienda di Vicenza, mentre Asolo e Pieve di Soligo esportano in quella di Treviso. La fuga interessa anche prestazioni di bassa e media specializzazione (indice di fuga attorno al 30%), ma in particolar modo quelli di alta complessità (indice circa pari al 45%), più evidente nelle Ulss minori della provincia di Vicenza e in quelle di Chioggia, Este e Mirano.
Le Ulss di Padova, Treviso e Vicenza si distinguono per un più elevato potere attrattivo sia intra che interregionale, e di una fuga molto limitata, riuscendo a soddisfare le domande anche di alta specializzazione. (Figura 4.3.4)
Facendo riferimento alla mobilità complessiva sia intra che interregionale, emergono diversità tra le Ulss all'aumentare della complessità dei ricoveri. Vi sono aziende, nei grafici collocate al di sotto della linea di bisettrice, che risultano sempre attrattive per i ricoveri di bassa, media e alta complessità, come le Ulss di Vicenza, Padova, Verona, Treviso e Bussolengo. Per l'alta complessità delle prestazioni spiccano le Ulss con all'interno le Aziende Ospedaliere.
Al di sopra della bisettrice si situano invece le Ulss per le quali prevale la mobilità passiva rispetto a quella attiva. Per alcune ciò si verifica qualsiasi sia la complessità del ricovero, per altre si nota invece una capacità di compensare la fuga per ricovero di bassa e media specializzazione, mentre per prestazioni ad elevata complessità la fuga diventa sempre più consistente, come ad esempio le Ulss 14 di Chioggia e la 4 di Thiene. (Figura 4.3.5)

Figura 4.3.1
Mobilità attiva e passiva interregionale per livello di complessità del ricovero (*). Veneto - Anno 2007
Figura 4.3.2
Attrazione e fuga per mobilità sanitaria nelle regioni italiane, in termini di euro attratti e fuggiti (*) - Anno 2006
Figura 4.3.3
Indici di attrazione e di fuga intraregionali e interregionali dei ricoveri per Azienda Ulss (*). Veneto - Anno 2007
Figura 4.3.4
Attrazione e fuga per mobilità sanitaria nelle Aziende Ulss del Veneto per livello di complessità del ricovero (*) - Anno 2007
Figura 4.3.5
Tipologie di Aziende Ulss del Veneto secondo la capacità di attrazione e di fuga, intra e interregionale, e per livello di complessità del ricovero (*) - Anno 2007

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.