RAPPORTO STATISTICO 2009

Il Veneto si racconta / Il Veneto si confronta

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Presentazione  Presentazione  

Sintesi

Dove va il Veneto, nuovi paradigmi della mobilità



Il Veneto si racconta

Capitolo 1

Cicli e struttura del sistema economico
La congiuntura
La mobilità del sistema economico
I numeri raccontano

Capitolo 2

I flussi commerciali e l'impresa mobile
Le merci in entrata e in uscita
L'impresa veneta mobile
I numeri raccontano

Capitolo 3

Dinamicità del tessuto produttivo
La congiuntura per le imprese
La ricomposizione settoriale
La mobilità delle imprese: innovazione, sopravvivenza
La dinamica territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 4

Le facce della mobilità
La mobilità reale
La mobilità virtuale
Gli spostamenti per motivi di cura
I numeri raccontano

Capitolo 5

Il lavoro: un mercato in movimento
I diversi volti dell'occupazione
La flessibilità dei lavoratori
I numeri raccontano

Capitolo 6

Competizione sociale tra vantaggi ereditati e nuove opportunità
Le trasformazioni nelle classi sociali
Muoversi per colmare le disuguaglianze
I numeri raccontano

Capitolo 7

I poli di sviluppo del capitale umano
L'orientamento alle superiori
L'attrattività universitaria
La mobilità territoriale
I numeri raccontano

Capitolo 8

Popolazione migrante tra passato e presente
I numeri raccontano

Capitolo 9

La cultura si muove nel Veneto
La mobilità dei beni culturali
Lo spettacolo dal vivo
I numeri raccontano

Capitolo 10

Il turismo e i turisti in movimento
Le nuove tendenze
Le vacanze dei veneti
L'economia turistica veneta
I numeri raccontano

Capitolo 11

La mobilità dell'agricoltura
L'evoluzione dell'agricoltura veneta
Le garanzie del sistema alimentare
I numeri raccontano

Capitolo 12

Le foreste: la mobilità di un patrimonio immobile
I numeri raccontano



Il Veneto si confronta

Capitolo 13

Il Veneto e le sue province

Capitolo 14

Il Veneto, i competitor e le regioni europee


1.1 La congiuntura (Nota 1)

Inizio Pagina  La crisi internazionale

Si, la crisi c'è, ma come affermava John Fitzgerald Kennedy: «Scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità».

I pericoli che discendono dall'attuale situazione sono evidenti a tutti e, in termini occupazionali e produttivi, oltre che sociali, ne stiamo già subendo le conseguenze. Meno attenzione viene posta, invece, alle opportunità che, da un periodo buio come questo, possono scaturire per il futuro.
Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano dichiara: «Possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali della crisi mondiale per l'Italia, e creare anzi le premesse di un migliore futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui disponiamo». Tale auspicio trova fondamento nelle prove che l'Italia ha saputo dare in passato di fronte a gravi crisi: la terribile eredità della seconda guerra mondiale e in seguito il terrorismo, come ricorda Napolitano, ma anche, negli anni Novanta, le crisi della lira prima dell'approdo nell'euro.
Ma per trovare delle soluzioni alla difficile situazione congiunturale è necessario fare un passo indietro e capire quali sono state le fasi che ci hanno portato a questo punto.
Fino ad un paio di anni fa, l'economia mondiale aveva conosciuto una fase eccezionalmente prolungata di crescita, con oscillazioni del ritmo di sviluppo del prodotto notevolmente affievolite nel confronto coi periodi precedenti e inflazione bassa e stabile in tutte le aree principali. Grazie agli elevati tassi di sviluppo delle economie di grandi paesi emergenti, le prospettive di crescita apparivano, nelle previsioni di consenso, ancora stabili e certe. Quella fiducia è stata gradualmente erosa dagli eventi accaduti a partire dall'estate del 2007 fino all'autunno dell'anno scorso, ed è precipitata rapidamente negli ultimi mesi del 2008, cedendo il campo a un forte e generalizzato aumento della volatilità dei mercati e dell'attività economica, a una diffusa incertezza sul futuro.
Dall'agosto del 2007 era già evidente l'avvio di una fase di recessione, inizialmente moderata, causata dagli effetti della crisi americana dei subprime (Nota 2) e dalla condizione strutturalmente sbilanciata degli Stati Uniti che ha trovato un primo sbocco, in quel paese, nell'esplosione della bolla immobiliare e si è poi sviluppata in una latente crisi creditizia.
In questo contesto, si è assistito nel corso dei mesi, a livello internazionale, alla caduta del valore degli immobili, la restrizione delle condizioni creditizie, la compressione del reddito disponibile delle famiglie dovuta agli shock sui prezzi dei prodotti energetici e di alcuni beni agricoli, il ridimensionamento del valore della ricchezza finanziaria per la caduta dei valori azionari. Tutti questi elementi hanno concorso alla frenata della domanda interna, ma anche ad una decrescita del mercato di scambio internazionale, accompagnato dall'indebolimento del dollaro.
Il fallimento del gruppo Lehman nel settembre 2008, i timori di insolvenza di altri operatori bancari, la preoccupazione di un possibile collasso dei sistemi finanziari hanno intensificato fortemente la crisi: da qui le pesanti perdite sui mercati azionari mondiali, l'inasprimento ulteriore delle condizioni di credito, il deterioramento della fiducia di imprese e consumatori.
I governi e le banche centrali hanno reagito in modo coordinato a livello internazionale (Nota 3), assicurando la continuità dei flussi di finanziamento alle istituzioni finanziarie e all'economia, ampliando le garanzie in essere sui depositi bancari, rafforzando in molti paesi la posizione patrimoniale degli intermediari in difficoltà. Anche in Italia sono state predisposte misure (Nota 4) di questa natura. Tali azioni hanno evitato la paralisi dei mercati finanziari.
L'acuirsi della crisi finanziaria ha colto in una fase di rallentamento le economie dei paesi avanzati, già indebolite dal forte aumento dei prezzi delle materie prime dei mesi scorsi. Cominciano a vedersi ripercussioni anche sui paesi emergenti, che, fino a prima dell'autunno 2008, erano apparsi immuni. Per alcuni di essi è previsto un intervento del Fondo Monetario Internazionale per contrastare fuoriuscite di capitali, difficoltà di rifinanziamento del debito e tensioni sui mercati dei cambi. Di pari passo con il deteriorarsi del quadro mondiale, il ritmo di espansione dell'economia dell'area dell'euro ha seguitato a rallentare nel corso dell'anno. La crescita del credito, pur rimanendo robusta, è scemata sensibilmente.
Ad oggi (Nota 5) il Fondo monetario Internazionale stima che l'intensità della contrazione, per le economie avanzate sia la più profonda mai registrata dal tempo della Seconda Guerra Mondiale. Per il 2009 si stima una flessione a livello mondiale pari a 1,3 punti percentuali e di 3,8% dei Paesi considerati Economie avanzate (Nota 6). (Figura 1.1.1), (Figura 1.1.2) e (Tabella 1.1.1)
Nel quarto trimestre 2008 tutti i maggiori paesi industrializzati hanno mostrato una contrazione del prodotto. La caduta più accentuata si è registrata negli Stati Uniti, -6,3% del PIL su trimestre precedente, riflettendo la forte caduta dei consumi privati, il netto rallentamento delle esportazioni e il persistente ripiegamento degli investimenti residenziali. Nell'ultima parte dell'anno l'attività economica si è ulteriormente indebolita: l'occupazione dipendente nel settore non agricolo statunitense è caduta di circa 1.950.000 unità tra agosto e dicembre 2008; il tasso di disoccupazione nel mese di gennaio 2009 è salito al 7,6%; i consumi hanno mostrato a fine anno una limitata sensibilità all'incremento del reddito disponibile reale indotto dal forte calo dei prezzi dei prodotti energetici.
Il Giappone è stato colpito in anticipo dalla recessione, nonostante il suo interesse marginale alla crisi finanziaria statunitense. Già nel secondo trimestre del 2008 la variazione del PIL è risultata negativa. La contrazione è continuata anche nella seconda parte dell'anno, in maniera più attenuata nel corso del terzo trimestre, molto accentuata nella parte finale del 2008. La causa è da imputare principalmente al rallentamento mondiale che da un lato ha ridotto la domanda estera, dall'altro ha provocato un repentino apprezzamento dello yen verso il dollaro. Ne è conseguito un contributo delle esportazioni nette negativo già nel terzo trimestre a cui è seguito un vero è proprio crollo. Nello stesso periodo si sono ridotti notevolmente anche gli investimenti privati non residenziali, strettamente legati alla dinamica della domanda estera. (Tabella 1.1.2)
Le economie emergenti, fortemente caratterizzate da un modello di sviluppo export led, sono state contagiate a macchia d'olio dalle dinamiche recessive, evidenziando la fragilità di un modello di sviluppo contraddistinto da una eccessiva dipendenza dal commercio estero. Per primi ne hanno risentito i paesi che hanno i maggiori legami con gli Stati Uniti come l'America Latina ed il Messico.
In seguito, hanno cominciato a delinearsi ripercussioni anche sui paesi asiatici, che, fino a prima dell'autunno 2008, erano apparsi immuni: si segnala il rallentamento dell'attività produttiva e commerciale cinese. Si è infatti registrata a fine 2008 una contrazione dei flussi sia di import che export verso la Cina, ma anche dal lato della domanda interna, il rallentamento degli investimenti sta determinando un aumento della disoccupazione, incidendo negativamente sui consumi.
Le materie prime
L'intensificazione delle turbolenze finanziarie e la trasmissione della crisi all'economia reale si sono accompagnate al proseguimento della flessione, avviatasi in estate, dei prezzi del greggio e delle altre materie prime. Al calo della domanda, legato all'approfondirsi della recessione dei paesi industriali e all'estensione della crisi alle economie emergenti, si è sommato il venir meno della componente speculativa che aveva alimentato il raggiungimento dei picchi pre-estivi.
Le quotazioni del petrolio hanno continuato a scendere negli ultimi mesi del 2008; nella quarta settimana di dicembre il prezzo si collocava attorno a 35 dollari (da un picco di 143 dollari in luglio).
Il recupero dei prezzi delle commodity rilevato nei primi due mesi del 2009 non mostra ancora quelle caratteristiche di persistenza che un'imminente uscita dall'attuale fase critica richiederebbe.
Secondo le quotazioni dei futures, il prezzo del petrolio (qualità WTI) segnerebbe una ripresa nel 2009 - dovuta al graduale riassorbimento delle condizioni di eccesso.
Anche le materie prime non energetiche hanno risentito delle mutate condizioni sui mercati finanziari e reali, segnando nell'ultima parte del 2008 consistenti riduzioni: sulla base degli indici Economist, le materie prime agricole e industriali hanno registrato nel quarto trimestre una contrazione rispettivamente del 27% e del 39% rispetto al periodo luglio-settembre (Figura 1.1.3).
Il dollaro
Il rapido deterioramento della situazione ciclica in tutto il mondo, e nell'area euro in particolare, unitamente all'elevata incertezza sulla evoluzione congiunturale, ha determinato una profonda ricomposizione di portafoglio degli operatori finanziari internazionali. Si è quindi assistito a una forte flessione dei prezzi di tutte le attività considerate rischiose, con una "fuga verso la sicurezza" che ha favorito i titoli di stato, in particolare quelli del Tesoro statunitense, i cui rendimenti sono fortemente diminuiti. L'effetto di ricomposizione non ha però penalizzato il dollaro, anzi ne ha dato sostegno; paradossalmente, anche se gli Stati Uniti sono stati l'epicentro della crisi e, nonostante l'elevato deficit pubblico (peraltro in crescita nei prossimi anni), sono stati percepiti come paese-rifugio. La rapidità e l'intensità dell'intervento sui tassi di interesse da parte della Fed, nonchè l'implementazione di ingenti pacchetti di stimolo fiscale, hanno probabilmente generato attese più favorevoli sui tempi della ripresa rispetto all'area euro, dove l'azione monetaria e fiscale non è stata percepita come altrettanto pronta (Figura 1.1.4).

Inizio Pagina  La congiuntura in Europa

Anche in Europa il 2008 si è chiuso con un segno negativo della variazione del PIL negli ultimi trimestri. La ragione principale del rallentamento è riconducibile alla limitazione della disponibilità di credito per imprese e consumatori, conseguenza della crisi di fiducia rispetto alla solvibilità delle istituzioni finanziarie coinvolte nell'acquisizione dei titoli "tossici". Le condizioni più restrittive hanno avuto un effetto negativo sui piani di investimento delle imprese e di consumo delle famiglie, determinando per questa via anche un ridimensionamento del mercato immobiliare. Si è inoltre determinata un'ampia contrazione degli scambi commerciali, di cui sono risultate penalizzate soprattutto Germania e Italia, le economie che più delle altre avevano basato la precedente fase di espansione sul traino della domanda estera.
L'economia tedesca è stata pesantemente danneggiata dalla crisi che si tradurrà in una consistente flessione della ricchezza nel 2009. In Francia, nel periodo ottobre-dicembre 2008, la contrazione è stata relativamente più contenuta dopo che nel terzo trimestre, in controtendenza con le altre principali nazioni, si era osservato un incremento congiunturale marginalmente positivo. Anche la Spagna, dove negli ultimi anni lo sviluppo economico si è basato principalmente sull'andamento dei consumi delle famiglie e sul ciclo delle costruzioni, ha registrato una dinamica del PIL negativa sia nel terzo che nel quarto trimestre 2008. (Tabella 1.1.3)

Inizio Pagina  La crisi in Italia

In modo analogo a quanto avvenuto nell'area dell'euro, la recessione si è approfondita in Italia nell'ultimo trimestre dello scorso anno. Il PIL 2008 è diminuito complessivamente dell'1%, ma è ancor più preoccupante la riduzione del 2,9% che si è registrata nell'ultimo trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
L'indice della produzione industriale è calato del 3,3% nel 2008 rispetto al 2007, ma addirittura del 20,7% se si confronta il solo mese di febbraio 2009 con febbraio 2008. Così come è in calo l'indice degli ordinativi industriali, -3,2% su base annuale, -32,7% la variazione febbraio 2009 su febbraio 2008. Anche le variazioni congiunturali di questi indicatori sono tutte negative.
L'evoluzione economica ha risentito del contributo marcatamente negativo fornito tanto dalla domanda interna che da quella estera.
Per quanto riguarda la domanda estera, le esportazioni hanno subito una contrazione negli ultimi mesi, riflettendo la minore domanda mondiale e in particolar modo il restringimento del mercato di sbocco europeo, in particolare quello tedesco; a ciò si è sommato il forte rallentamento delle economie emergenti, con una consistente riduzione dei flussi commerciali.
Le spese per investimenti hanno risentito in pieno dell'impatto della crisi economica. La minore profittabilità, le più onerose condizioni di finanziamento e aspettative sfavorevoli hanno inciso negativamente soprattutto sugli investimenti produttivi.
L'incertezza ha causato un decumulo delle scorte che ha dato un contributo negativo alla variazione del PIL.
La spesa per consumi privati sul territorio economico si è ulteriormente ridotta nell'ultimo trimestre 2008. Come intuibile, gli ostacoli derivanti dal mercato creditizio hanno limitato soprattutto gli acquisti di beni durevoli, mentre l'inasprimento del costo della vita registrato nel primo semestre dello scorso anno ha sfavorito in specie quelli relativi a beni non durevoli.
Dal lato dell'offerta, il marcato deterioramento ciclico dell'economia italiana è stato in larga parte determinato dall'accentuata perdita di ritmi di crescita del comparto industriale. La seconda metà del 2008, in particolare, ha rappresentato un periodo di contrazione dell'attività produttiva tra i più intensi della storia recente della manifattura. Nella seconda metà del 2008, il comparto dei servizi ha mostrato una netta diminuzione dei tassi di sviluppo. Misurato sulla base dei più recenti dati di contabilità nazionale, l'evoluzione del valore aggiunto a valori concatenati è risultata in leggera flessione sia nel secondo che nel terzo trimestre del 2008.
Il clima di fiducia in Italia
Sulla scia del minore export anche gli investimenti si sono ulteriormente indeboliti, mentre le incerte prospettive di domanda potrebbero avere ridotto ulteriormente il livello desiderato delle scorte in magazzino, spingendo le imprese verso tagli di produzione. Il clima di opinione delle imprese è sceso a inizio 2009 a minimi storici, risentendo di un nuovo appesantimento del portafoglio ordini sull'interno e sull'estero. Rimangono sfavorevoli le valutazioni degli operatori riguardo al livello delle scorte di magazzino e alle prospettive a breve termine di domanda e produzione. Dopo una pausa a inizio anno, tendono peraltro a peggiorare nuovamente le condizioni di accesso al credito da parte delle imprese. Nella stima ISAE, la produzione industriale, risultando influenzata anche dalla forte caduta di fine 2008, dovrebbe contrarsi ulteriormente (del 3,8%) nei primi tre mesi del 2009; date le tendenze che emergono dalle inchieste congiunturali, è probabile che la flessione manifatturiera si estenda al secondo trimestre. Per quel che concerne gli altri settori, le inchieste ISAE evidenziano rallentamenti nelle costruzioni e dinamiche ancora sfavorevoli nei servizi di mercato.
Dal lato dei consumatori, complessivamente il clima di opinione delle famiglie rilevato dall'ISAE è risultato stabile anche se particolarmente riflessivo. Dopo mesi di calo, ad aprile l'indice di fiducia dei consumatori balza a 104,9, miglior risultato da dicembre 2007. L'analisi delle componenti del clima evidenzia che, nel corso del 2008, le opinioni sulla situazione personale hanno mostrato segnali di tenuta, inversamente all'opinione sul quadro economico generale. A favorire il miglioramento della fiducia nell'ultimo periodo è probabilmente soprattutto l'andamento dell'inflazione. (Figura 1.1.5), (Figura 1.1.6) e (Tabella 1.1.4)

Inizio Pagina  L'economia veneta

In questo contesto, l'Istituto di ricerca Prometeia stima una stagnazione del PIL veneto nel 2008, -0,5% ed una prospettiva di -2,2% per fine 2009. Il risultato del 2008, appena migliore di quello nazionale è attribuibile soprattutto alla tenuta dei servizi, a fronte di una riduzione del valore aggiunto dell'industria manifatturiera.
E' necessario precisare che, alla luce di quanto sta accadendo a livello internazionale, diventa impossibile formulare delle previsioni, ma si possono fare alcune considerazioni relativamente alle prospettive per l'Italia ed il Veneto. Il Veneto, in particolare sembra meno esposto ai focolai della crisi per vari motivi: assenza di una vera e propria bolla immobiliare da cui rientrare; bilanci bancari meno gravidi di titoli tossici (anche tenendo conto dell'esposizione verso l'Europa dell'Est); minore indebitamento famiglie venete rispetto ai paesi europei.
Tra i motivi di maggiore esposizione vi sono invece: la minore possibilità di azione nel campo della politica fiscale, per la non ancora attuata riforma federalista, rispetto ad altre regioni europee; l'elevato peso del settore manifatturiero, che come in Germania, può divenire fattore di amplificazione degli effetti della recessione, poiché la caduta del commercio mondiale colpisce la trasformazione; il forte collegamento con l'economia tedesca, in forte regresso. E' anche vero, tuttavia, che essere parte di un'area integrata come l'Unione Europea consente di attingere agli spillover degli stimoli adottati dai paesi in condizioni migliori di finanza pubblica; il forte ruolo della manifattura può divenire motivo di relativo vantaggio quando la ripresa partirà; il recupero del ciclo globale prenderà infatti avvio dal rafforzamento degli scambi industriali; quando la Germania ripartirà, si avranno evidenti positivi riflessi sull'Italia e sul Veneto in particolare.
Nel 2007, ultimo anno del dato ufficiale di contabilità territoriale, si è consolidata la ripresa avviata nell'estate 2005, e si è raggiunto un tasso di crescita pari a +1,8%, più elevato rispetto alla crescita del +1,6% dell'Italia. Anche nel 2007 il Veneto si conferma la terza regione italiana nel contributo al PIL nazionale: la quota del PIL veneto sul totale nazionale è stata 9,4%, superata dal Lazio (10,9%) e dalla Lombardia (20,8%).
Hanno contribuito al buon risultato sicuramente l'evoluzione in atto nel settore agricolo, il terziario e lo sviluppo degli scambi internazionali. La domanda interna è stata sostenuta dalla spesa delle famiglie, +1,9%, che pure hanno mantenuto un atteggiamento prudenziale dovuto principalmente alle turbolenze del mercato finanziario.
Gli investimenti totali, dopo l'accelerazione del 2005, si profilano in rallentamento, evidenziando incrementi modesti nel biennio 2007-2008, come del resto per quasi tutte le regioni italiane, dovuti anche alla crescente difficoltà di accesso al credito. (Figura 1.1.7)
Il Prodotto Interno Lordo per abitante veneto nel 2007 è risultato di 30.038 euro, superiore a quello nazionale, 25.862 euro. Nel confronto con le altre regioni italiane il Veneto continua a mantenere una buona posizione: oltre ad essere su livelli alti, ha avuto una dinamica annua migliore rispetto a quella nazionale.
Il clima di fiducia delle imprese
Gli indicatori congiunturali più aggiornati a livello regionale sono quelli relativi al clima di fiducia percepito dagli imprenditori. Anche in Veneto si è avvertito negli ultimi mesi del 2008 e primi del 2009 un appesantimento delle preoccupazioni sull'andamento della produzione, ordinativi e scorte.
Dalla fine del 2007 il clima di fiducia ha cominciato a calare, in particolare quello relativo agli ordini, ma è da settembre 2008, data di esplosione della crisi bancaria e finanziaria, che aumenta la preoccupazione relativamente a ordini e produzione. Ad aprile 2009 si registra una leggera ripresa. (Figura 1.1.8)
Il valore aggiunto settoriale
L'apporto determinante alla crescita del valore aggiunto è stato quello del settore dei servizi, che rappresenta il 62,6% del PIL regionale e nel 2007 ha avuto una buona performance, +2%.
L'agricoltura, che dà un contributo limitato alla ricchezza regionale, ne rappresenta infatti il 2,4%, ha riportato nel 2007 una crescita consistente, +6,7%.
L'industria, che in Veneto rappresenta ancora il 34,9% dell'intero PIL, nel 2007 ha mostrato di mantenere la ripresa avviata nel 2006, registrando una variazione percentuale del +1,7% rispetto all'anno precedente.
Nel 2008 si stima la ripresa del settore agricoltura, una stasi nei servizi ed una riduzione nell'industria e nelle costruzioni.
Si stima che il valore aggiunto settoriale del Veneto sia in linea con quello nazionale. Il valore aggiunto in agricoltura a livello nazionale nel 2008 ha avuto un exploit: + 2,4%; per quello Veneto si stima un aumento del 2,1%. Il comparto industriale in Italia nel 2008 ha subito una riduzione del 2,7%, più grave per l'industria in senso stretto, -3,2%, modesto per le costruzioni, -1,2%. In Veneto si stima una riduzione leggera per l'industria in senso stretto, -0,9%, più marcata per le costruzioni, -3%. La ricchezza prodotta dai servizi rimane stagnante a livello nazionale, -0,2%, spinta al ribasso dal commercio, servizi alberghieri, trasporti e comunicazioni, -1,8%; per il Veneto il valore aggiunto del terziario nel 2008 è statico, +0,1% rispetto al 2007.
Per il 2009 si prevede una contrazione per tutti i settori, ad eccezione dei servizi che rimarranno stabili. (Figura 1.1.9), (Figura 1.1.10), (Figura 1.1.11) e (Figura 1.1.12)
L'accesso al credito dell'economia veneta
Nel generale clima di incertezza, si è diffuso il timore dell'emergere di scenari di credit crunch, ovvero di una restrizione dell'offerta di credito al settore produttivo, con conseguenze severe e profonde sull'economia reale. Le indagini dell'ISAE evidenziano a livello nazionale fenomeni di restrizione del credito soprattutto presso le imprese manifatturiere, ed in misura minore per quelle dei servizi e del commercio. Più nel dettaglio, nel manifatturiero le condizioni creditizie peggiorano drasticamente a partire dal mese di novembre 2008 e si mantengono negative anche nei primi mesi del 2009. In particolare, il razionamento sembra colpire soprattutto le imprese esportatrici, maggiormente esposte agli effetti della crisi internazionale. Nei servizi, dopo un forte aumento alla fine del 2008, torna a diminuire nei primi mesi del 2009 la quota di imprese razionate. Nel commercio, infine, fenomeni di credit crunch erano maggiormente avvertibili all'inizio dello scorso anno, e sono divenuti man mano meno rilevanti nel corso del 2008 e nei primi due mesi del 2009.
Anche l'indagine della Banca d'Italia ha rilevato un inasprimento delle condizioni di offerta del credito: "in linea con quanto è stato rilevato a livello nazionale, in Veneto (Nota 7) il 5 per cento delle oltre 260 imprese industriali e dei servizi intervistate, tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre 2008, ha dichiarato di aver rilevato un irrigidimento delle condizioni d'indebitamento, manifestatosi in un rifiuto alla richiesta di nuovi finanziamenti o in una richiesta da parte dell'intermediario di rientrare, anche parzialmente, da posizioni debitorie in essere. Nel sondaggio di settembre 2007 la quota di imprese che avevano risposto in tale senso era tuttavia del 2,5 per cento. La crescita dei prestiti alle famiglie consumatrici è diminuita dal 7,9 al 6,0 per cento, tra la fine del 2007 e lo scorso mese di giugno 2008. Al rallentamento hanno contribuito specialmente i mutui casa, le cui nuove erogazioni sono diminuite (-11,8 per cento nel secondo trimestre, rispetto al periodo corrispondente).
Anche il credito al consumo ha decelerato (dal 15,2 all'8,4 per cento). La diminuzione dei ritmi di sviluppo del credito alle famiglie è proseguita ad agosto 2008". (Figura 1.1.13) e (Figura 1.1.14)

Inizio Pagina  Gli investimenti

A livello nazionale gli investimenti hanno registrato cinque flessioni tendenziali consecutive a partire dalla metà del 2007. Nella seconda metà del 2008 hanno inciso sull'ulteriore involuzione evidenziatasi la caduta del clima di fiducia delle imprese, la progressiva diminuzione del grado di utilizzo degli impianti e le minori possibilità d'accesso al credito bancario, divenuto dopo l'estate più selettivo. In flessione ancor più netta sono risultati dall'inizio del 2008 gli investimenti in mezzi di trasporto e in costruzioni. Tutto ciò si è tradotto in un calo degli investimenti complessivi 2008 del -2,9% rispetto all'anno precedente, più accentuato per gli investimenti in macchinari e attrezzature, -4,7%, piuttosto che in mezzi di trasporto, -1,9% e costruzioni, -1,8%.
A livello regionale l'ultimo dato storico risale al 2006 quando la crescita degli investimenti fu di +1,5% rispetto all'anno precedente e fu trainata principalmente dagli investimenti nelle costruzioni,+15,1%, e nell'industria in senso stretto, +3,8%; furono stagnanti gli investimenti nel terziario, +0,6% e negativi quelli in agricoltura, -9%.
Nel 2007 si stima un aumento dell'1,2% dell'aggregato, mentre si attende un calo per il 2008, -1,4% che sarà ancora più pronunciato nel 2009.
Infatti dalle indagini di categoria si avvertiva già l'attenuazione della dinamica degli investimenti nella prima parte del 2008, accentuata poi dalle difficoltà riscontrate nella seconda parte dell'anno. Il recupero dell'attività di investimento sarà lento e subordinato al superamento degli effetti della crisi finanziaria internazionale e quindi alla normalizzazione dei mercati finanziari e creditizi e al miglioramento del quadro esterno. Con le informazioni in possesso oggi ancora nel 2010 è atteso un calo, benchè di minore intensità e accompagnato da una progressiva ripresa nel 2011-2012. (Figura 1.1.15)

Inizio Pagina  I consumi

I consumi privati sul territorio nazionale nel 2008 si sono ridotti dello -0,9% rispetto all'anno precedente. Nel quarto trimestre del 2008 la dinamica tendenziale ha continuato a peggiorare, confermando un sottostante andamento fiacco e quanto mai incerto. La debolezza degli acquisti è in parte spiegabile con la crescente difficoltà incontrata nel sostenere ulteriori indebitamenti. La diffusa incertezza sulla durata e sulla profondità della fase recessiva e le crescenti preoccupazioni sull'evoluzione del mercato del lavoro hanno indotto le famiglie a rinviare le spese più consistenti; si è registrato infatti un forte calo nell'estate 2008 degli acquisti di beni durevoli. I consumi di beni non durevoli hanno ristagnato, a fronte dei cali registrati nei precedenti quattro trimestri, mentre le spese per servizi hanno segnato una modesta ripresa soltanto nell'ultimo trimestre. (Figura 1.1.16), (Figura 1.1.17) e (Figura 1.1.18)
In Veneto nel 2007, ultimo dato storico disponibile, la spesa per consumi finali si è attestata sul +1,9%, tasso superiore a quello italiano. Nel confronto con le altre regioni il Veneto si trova in una posizione di traino della domanda interna nazionale: i consumi finali interni per abitante si trovano su livelli più elevati di quelli nazionali, così come il tasso di crescita dell'aggregato è superiore rispetto a quello italiano. (Figura 1.1.19)
Strutturalmente dal 2000 è evidente una ricomposizione del portafoglio familiare dai capitoli trasporti, vestiario e calzature, mobili ed elettrodomestici, ricreazione e cultura e alcolici, principalmente verso le voci relative alle spese per l'abitazione e le comunicazioni.
Per il 2008 si stima in Veneto una stagnazione della spesa per consumi delle famiglie, dovuti alla difficoltà di sostenere l'indebitamento e la forte accelerazione dell'inflazione nella prima metà dell'anno. La propensione al consumo delle famiglie si ridurrà ulteriormente nel 2009, per poi riprendere nel 2010. (Figura 1.1.20) e (Figura 1.1.21)

Inizio Pagina  L'interscambio commerciale

Il commercio mondiale di manufatti ha evidenziato nel 2008 un repentino rallentamento, risentendo del progressivo diffondersi degli effetti della crisi finanziaria sulle principali economie mondiali. Nel 2009 è attesa una decrescita degli scambi internazionali, dovuta ad una contrazione dell'attività economica delle principali economie industrializzate tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009.
Per il 2010 ci si attende una ripresa moderata per il permanere di contributi positivi da parte della domanda proveniente dai paesi emergenti. La capacità di tali economie di mantenere spunti di crescita autonoma, soprattutto per i paesi esportatori di materie prime, rappresenta il fattore cruciale affinché l'economia mondiale possa evitare una recessione globale di intensità e durata superiori a quelle attese. (Figura 1.1.22)
In questo quadro generale, nel 2008 (Nota 8) le esportazioni italiane hanno registrato, rispetto al 2007, una crescita del 2% e le importazioni del 2,5%; il saldo commerciale (Nota 9) è risultato negativo per 11.478 milioni di euro, più ampio di quello rilevato nel 2007, pari a 8.596 milioni di euro.
Non potendo disporre dei dati definitivi del 2008, nell'analisi dei dati del commercio estero si è ritenuto opportuno affiancare al dato pubblicato dall'Istat anche la variazione percentuale 2008/07 calcolata confrontando i due dati provvisori, ciò per rappresentare una più corretta previsione dell'andamento dell'interscambio commerciale regionale; l'analisi d'ora in poi verrà dunque effettuata sulla dinamica provvisoria. (Tabella 1.1.5)
Nel 2008, la dinamica delle esportazioni nazionali è stata positiva verso la maggior parte dei principali partner commerciali: Germania (+1,1%), Svizzera (+8%), Russia (+9,3%), e Polonia (+10,5%). Riduzioni del fatturato estero si sono misurate verso la Spagna (-9,8%), gli Stati Uniti (-5,5%), il Regno Unito e il Belgio. Stabile, invece, l'export verso la Francia, che rimane il secondo mercato di destinazione delle merci italiane (circa 41 miliardi di euro nel 2008).
Le importazioni dai principali partner commerciali sono diminuite dalla Germania (-3,1%), Francia, Spagna e dal Belgio, mentre registrano un incremento, in termini di valore, dalla Cina (+8,4%), dalla Libia, dalla Russia e dagli Stati Uniti. Risultano pressoché stabili le importazioni dall'Olanda.
Nel corso del 2008, lo sviluppo delle esportazioni a livello nazionale ha coinvolto, tra i principali settori, i prodotti della meccanica (+3%), la chimica, la gomma e la plastica, le lavorazioni dei metalli e i prodotti dell'agroalimentare. Le riduzioni sono state alquanto contenute e hanno riguardato solo i mezzi di trasporto, i minerali e alcune produzioni del Made in Italy come i prodotti in pelle e i mobili e gioielli.
Limitatamente ai settori di maggiore rilevanza delle importazioni nazionali, sono cresciute le materie prime (+26,3%), i prodotti chimici, della gomma e della plastica e dell'agroalimentare. Le flessioni hanno invece riguardato i comparti dei metalli (-4,4%), dei mezzi di trasporto e del settore moda.
L'export veneto
In Veneto, dopo le buone performance degli ultimi anni, +9,2% nel 2007 e +13,9% nel 2006, l'export probabilmente subirà gli effetti della crisi internazionale e il rallentamento del commercio internazionale avrà un impatto non positivo anche sull'andamento delle esportazioni regionali. Infatti, già si registra un ridimensionamento nella crescita del valore delle vendite all'estero al +1,4% nel 2008 e si prevede una contrazione di circa 6 punti percentuali nel 2009.
Un temporaneo sostegno all'export potrebbe venire dal previsto indebolimento dell'euro nel 2009, che dovrebbe sostenere la competitività delle nostre esportazioni in quei mercati e settori in cui il prezzo rappresenta ancora una variabile strategica rilevante. Le variazioni della componente di prezzo, in parte determinate dalla crisi internazionale, potrebbero favorire una riqualificazione e una specializzazione dell'offerta veneta. (Figura 1.1.23)
Nel 2008 le esportazioni regionali, pari a circa 48,3 miliardi di euro, sono risultate in crescita verso quasi tutte le aree geografiche ad eccezione dell'America settentrionale (-12,7%). La crescita dei flussi dell'export diretti verso i 27 paesi dell'Unione evidenzia un ritmo più o meno in linea con quello degli anni precedenti (+2,3%). Fra i principali partner europei è significativa la crescita del fatturato estero verso la Francia (+6,4%), che rimane il secondo mercato dell'export veneto, l' Austria, la Romania, il Belgio e la Polonia (+13,8%).
Resta stabile l'export verso il primo partner commerciale veneto: la Germania, nonostante il forte rallentamento dell'economia, registra una variazione del -0,1% del valore dei beni importati dalla nostra regione.
Cala, invece, l'export veneto verso la Spagna (-6,5%) e il Regno Unito. Le vendite verso gli Stati Uniti, epicentro del collasso economico mondiale, registrano una diminuzione alquanto consistente, pari a quasi 14 punti percentuali.
Il valore delle vendite sui mercati africani, asiatici e dell'Europa dell'est si amplia invece in misura significativa: +8,8% per i paesi del Medio Oriente, +19,6 % per i paesi dell'Africa settentrionale, +7,7% per i paesi dell'Asia centrale e +9,3% per i paesi dell'Europa orientale. Fra questi ultimi, la variazione percentuale verso la Russia è stata di circa 17 punti percentuali. Rimane quasi invariato il valore dell'export verso i mercati dell'Asia orientale: quasi 3 miliardi di euro nel 2008.
I mercati emergenti, quindi, sono destinati a giocare un ruolo sempre più importante per il fatturato estero delle imprese venete. Tra questi paesi c'è sicuramente la Russia: l'export verso la Russia rappresenta ormai circa il 4 per cento dell'export regionale e continuerà a crescere anche negli anni successivi. Tra il 2000 e il 2008 il mercato russo è quello che ha contribuito maggiormente alla crescita dell'export regionale: più dell'undici per cento della crescita del fatturato estero regionale degli ultimi otto anni è da ascrivere ai flussi commerciali con la Russia.
Le imprese venete continueranno a ricevere ordini consistenti dalle nuove economie emergenti che sostituiranno, almeno in parte, quei mercati che rappresentavano gli sbocchi tradizionali per l'export regionale, quali Stati Uniti, Francia e Germania.
Nell'anno 2008 le esportazioni hanno registrato aumenti tendenziali in gran parte dei settori di attività economica ad eccezione dei mezzi di trasporto, dei prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi e degli altri prodotti dell'industria manifatturiera (mobili, gioielli e articoli sportivi). Limitatamente ai principali settori, i maggiori incrementi del fatturato estero hanno riguardato le macchine e apparecchi meccanici (+3,1%), i prodotti dell'ottica e dell'elettronica, i prodotti agricoli e dell'industria alimentare ed il comparto dei metalli. La crisi economica, almeno per il 2008, non ha colpito l'export delle industrie venete del comparto moda: il 2008 si è chiuso con un incremento del fatturato estero del +2,9% per i prodotti del tessile-abbigliamento e del +1,2% per le produzioni in pelle e cuoio. (Figura 1.1.24)
L'export per tipologia di beni
(Figura 1.1.25) Nel 2008, rispetto all'anno precedente, per le esportazioni si è registrata una crescita in tutti i raggruppamenti per tipologia di bene, ad eccezione dei beni di consumo durevoli (-2,1%) e dei beni strumentali (-0,4%).
Le vendite all'estero di beni di consumo non durevoli sono risultate abbastanza sostenute, + 5,2% rispetto al 2007, grazie alle performance dei prodotti agricoli e dell'industria alimentare. L'export di beni non durevoli crescerà anche nel 2009 e sarà sempre trainato dalle vendite del settore alimentare che si conferma come uno dei comparti più tradizionali dell'economia veneta. La dinamica del fatturato estero è stata positiva anche per i beni intermedi: nel 2008 il tasso di crescita è stato del +1,5%.
La crescita dell'export regionale degli ultimi anni ha trovato sostegno nei processi di trasformazione industriale che hanno selezionato le aziende in grado di competere nei mercati sempre più globalizzati. Questi processi hanno principalmente favorito la posizione delle imprese specializzate nella produzione di beni strumentali ed intermedi, che hanno dimostrato di saper reggere il passo dei concorrenti stranieri.
Il peso dei beni strumentali (Nota 10) sul totale delle esportazioni regionali sale dal 27,9% del 2000 al 29,7% del 2008: si tratta di un dato positivo perché la crescita della componente dei beni strumentali segue la dinamica della domanda mondiale di beni di investimento, soprattutto da parte delle nuove economie.
Cresce anche l'importanza della quota dell'export dei beni intermedi (Nota 11) che passa dal 23,3% del 2000 al 26,7% del 2008. L'incidenza dell'export di tali beni sale anche per l'effetto delle delocalizzazioni e può essere considerato un buon indicatore del grado di integrazione nelle filiere globali delle produzioni.
Negli ultimi anni alcuni settori di eccellenza della manifattura veneta, (soprattutto abbigliamento-moda e arredo-casa) hanno dovuto affrontare una grande crisi di competitività. La concorrenza di alcuni dei nuovi paesi emergenti, legata al basso costo della manodopera, ha investito numerosi settori di specializzazione del manifatturiero veneto. Ciò ha determinato un sostanziale ridimensionamento, circa sei punti percentuali, del peso dell'export dei beni consumo: la quota dei beni non durevoli passa dal 27,5% del 2000 al 24,5% del 2008, mentre quella dei beni durevoli scende dai 19,6 punti percentuali del 2000 ai 16,6 punti percentuali del 2008.
Osservando la dinamica delle esportazioni del settore manifatturiero nell'ultimo biennio e aggregando i settori in base al contenuto tecnologico del prodotto (Nota 12), si rileva una flessione annua nelle esportazioni di beni ad alta tecnologia (-4,8%), dovuta alla forte contrazione delle esportazioni del settore dell'aeronautica e dell'aerospaziale (-23,6%), e di prodotti a medio-basso contenuto tecnologico (-2,2%). Crescono, invece, le esportazioni dei beni a contenuto tecnologico medio-alto (+3,1% rispetto al 2007) e basso (+3%).
Il modello di export veneto, pur restando ancora incentrato sulla specializzazione in settori tradizionali ed a più basso contenuto tecnologico, registra una costante crescita della componente dei beni a contenuto intermedio: la quota dell'export del settore a contenuto medio-alto è passata 31,4% del 2000 al 34,7% del 2008, mentre quella a contenuto medio-basso, nello stesso periodo, cresce di circa 4 punti percentuali.
Non è un caso che i risultati migliori provengono dai settori tecnologici e dal Made in Italy di qualità. In questi ultimi anni, la meccanica strumentale veneta è riuscita, grazie all'alto grado di automazione dei processi produttivi e alla elevata capacità di innovare i prodotti, a compensare in modo soddisfacente la minore domanda dai mercati avanzati con la più favorevole evoluzione nella richiesta di macchinari nei Paesi emergenti.
La dimensione aziendale appare quindi rilevante per affermarsi nelle esportazioni di prodotti ad elevata attività di ricerca e innovazione visto che nei settori a medio ed elevato contenuto tecnologico le esportazioni sono trainate prevalentemente dalle grandi aziende. Le imprese di piccole dimensioni invece svolgono un ruolo predominante solo in alcuni dei settori tradizionali. (Figura 1.1.26)
Nel periodo 2000-2008, il comparto "Low Tech" è ancora quello più rappresentativo dell'export regionale e assorbe più del 36% dell'intero valore di beni esportatati dalle imprese venete. Influiscono in maniera significativa i prodotti del settore moda (con una quota del 51,8%) e del comparto del mobile e degli altri prodotti manifatturieri (24%).
Anche la quota dell'export di beni ad alto contenuto tecnologico esportati dal Veneto è da qualche anno in lieve flessione. Nel complesso dei beni esportati a livello regionale la quota passa dal 9% nel 2000 al 7,7% nel 2008: i consistenti incrementi dell'export dei settori dell'ottica, degli apparecchi radio e tv e delle attrezzature per l'ufficio e il computer non sono riusciti a compensare il calo del fatturato estero dei comparti delle produzioni aerospaziali e dei prodotti farmaceutici.
Il saldo commerciale e l'import
Anche per il 2008 la bilancia commerciale veneta ha registrato un avanzo, pari a circa 11 miliardi di euro. Tale risultato è la conseguenza dei saldi positivi verso l'UE (+5.795 milioni di euro), l'America settentrionale, i paesi dell'Europa orientale e il Medio Oriente. Invece le aree geografiche verso le quali si sono registrati dei disavanzi commerciali sono state l'Asia orientale e i paesi dell'Asia centrale. Il disavanzo commerciale verso l'Asia orientale è dovuto al ruolo dominante della Cina che ha coperto, da sola, quasi un quarto dell'import regionale di prodotti del comparto moda. (Figura 1.1.27) e (Tabella 1.1.6)
Nel corso del 2008 si è registrata una riduzione annua del valore, a prezzi correnti, delle importazioni pari a -2,7 punti percentuali. Nel corso dell'ultimo anno, fra i principali partner, le maggiori flessioni delle importazioni si sono registrate per Francia, Spagna, Paesi Bassi, Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito.
Sono, invece, cresciute le importazioni provenienti dai primi due partner commerciali del Veneto: +1,5% dalla Germania, +2,9% dalla Cina. I più elevati incrementi dell'import regionale hanno riguardato la Tunisia (+13,8%), la Repubblica Ceca, la Romania e il Brasile.
Tra i settori economici di maggior peso sono da rilevare le flessioni dell'import dei mezzi di trasporto (-0,6%), dei prodotti in metallo (-7,7%), del comparto dei prodotti in pelle e cuoio, le altre industrie manifatturiere (compresi i mobili e i gioielli), le lavorazioni meccaniche, e dei prodotti chimici-gomma-plastica. Incrementi hanno riguardato i prodotti del settore alimentare (+8,7%) e il comparto dell'ottica-elettronica, mentre rimane sostanzialmente stabile il valore delle importazioni del tessile-abbigliamento e dei mezzi di trasporto.
La situazione provinciale
(Tabella 1.1.7) Indicazioni di segno diverso vengono dalla dinamica dell'interscambio commerciale delle province venete. Nel 2008 cresce il valore dei beni esportati dalle province di Treviso, Vicenza e Verona, mentre diminuisce in quelle di Padova, Venezia e Belluno.
Si segnala, infine, il forte incremento dell'export di Rovigo, originato dal consistente incremento (+140 milioni di euro rispetto al 2007) del fatturato estero dei mezzi di trasporto. Buone le performance anche degli altri principali settori dell'export rodigino: +27% per le produzioni metallurgiche e +12% per la meccanica.
Per quanto concerne le importazioni, è sostanzialmente stabile il valore dei beni importati dalle province di Treviso e Verona, mentre si registrano variazioni percentuali negative per Vicenza, Venezia, Belluno e Padova. Consistente, invece, l'incremento delle importazioni della provincia di Rovigo, determinato in gran parte dal consistente aumento del valore dell'import dei mezzi di trasporto (172 milioni di euro rispetto al 2007).

Inizio Pagina  L'inflazione nell'area euro

Nel 2008 l'indice armonizzato dei prezzi al consumo nell'area euro è aumentato del 3,3 per cento, contro il 2,1 dell'anno precedente. In corso d'anno l'inflazione al consumo, dopo il picco toccato nel trimestre estivo (3,8 per cento), è fortemente scesa negli ultimi mesi, all'1,6 per cento in dicembre, trascinata dal rapido calo delle quotazioni delle materie di base.
A livello nazionale, il ritmo di crescita annuo dei prezzi, del 3,3% ha seguito l'andamento a campana rilevato per la UEM, con l'apice nei mesi di luglio-agosto e la discesa fino al 1,1% di marzo 2009.
Il tasso d'inflazione tendenziale nell'Area Euro a marzo 2009 è stato dello 0,6%, ancora in flessione per l'ottavo mese consecutivo. La tendenza discendente interessa, oltre l'Italia, la Germania e la Francia (0,4% in marzo). In Spagna il tasso tendenziale, a marzo 2009, è leggermente negativo (-0,1%). In Italia, il tasso di inflazione armonizzato è sceso a marzo 2009 all'1,1%, in contrazione rispetto al mese di febbraio (+1,5%). Misurata con l'indice armonizzato, l'inflazione di fondo (calcolata cioè al netto dei prodotti energetici e degli alimentari freschi) si attesta a marzo in Italia all'1,8%, in lieve calo rispetto al 2,1% di febbraio ad un livello non molto più elevato rispetto all'area dell'Euro (+1,5%), dove scende leggermente rispetto al mese precedente (+1,7%).
Secondo le valutazione degli operatori professionali censiti in dicembre da Consensus Forecasts, nel 2009 il tasso di crescita dei prezzi al consumo dell'area si attesterebbe in media all'1,4 per cento; nei trimestri centrali dell'anno l'inflazione sui dodici mesi potrebbe toccare livelli particolarmente bassi, grazie al confronto con lo stesso periodo del 2008, quando i prodotti alimentari ed energetici avevano subito forti rincari.
In Veneto nel 2008 l'inflazione è stata in media identica al livello nazionale, 3,3%; i capoluoghi di provincia che si sono distinti per un tasso minore sono stati Belluno, Venezia e Vicenza. Anche in Veneto, come a livello nazionale, i prezzi che hanno contribuito ad una maggiore tensione inflazionistica sono stati quelli relativi ai consumi per l'abitazione e ai trasporti. (Figura 1.1.28)

Figura 1.1.1
Variazioni percentuali del Prodotto Interno Lordo di Mondo, paesi emergenti ed economie avanzate. Anni 1970:2010
Figura 1.1.2
Indicatore di perdita di ricchezzanei periodi di recessione nel Mondo, Paesi emergenti ed Economie avanzate
Tabella 1.1.1
Variazioni percentuali dei principali indicatori dell'economia mondiale - Anni 2007:2010
Tabella 1.1.2
Variazioni percentuali degli indicatori economici nei principali paesi industrializzati - Anni 2007:2010
Figura 1.1.3
Il prezzo del petrolio (in dollari per barile). Anni 1950:2009
Figura 1.1.4
Il cambio euro-dollaro. Anni 1999:2009
Tabella 1.1.3
Variazioni percentuali degli indicatori economici nei maggiori paesi dell'area dell'euro - Anni 2007:2010
Figura 1.1.5
Saldo mensile del clima di fiducia del comparto dell'industria manifatturiera (dati destagionalizzati, 2000=100). Italia - Gen. 1996:Mar. 2009
Figura 1.1.6
Saldo mensile del clima di fiducia dei consumatori (dati destagionalizzati, 1980=100). Italia - Gen. 2000:Mar. 2009
Tabella 1.1.4
Quadro macroeconomico (variazioni percentuali su valori concatenati con anno di riferimento 2000). Veneto e Italia - Anni 2005:2008
Figura 1.1.7
Prodotto Interno Lordo per abitante in euro correnti e variazione percentuale 2007/06 per regione - Anno 2007
Figura 1.1.8
Saldo del clima di fiducia del comparto dell'industria manifatturiera. Veneto - Gen.  1995:Apr. 2009
Figura 1.1.9
Variazioni percentuali del valore aggiunto in agricoltura a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2002:2010
Figura 1.1.10
Variazioni percentuali del valore aggiunto nell'industria in senso stretto a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2002:2010
Figura 1.1.11
Variazioni percentuali del valore aggiunto nelle costruzioni a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2002:2010
Figura 1.1.12
Variazioni percentuali del valore aggiunto nei servizi a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2002:2010
Figura 1.1.13
Variazioni percentuali sull'anno precedente dei prestiti bancari alle imprese. Veneto e Italia - Anni 2004:2008
Figura 1.1.14
Variazioni percentuali sull'anno precedente dei prestiti bancari alle famiglie consumatrici. Veneto e Italia - Anni 2004:2008
Figura 1.1.15
Variazioni percentuali degli investimenti fissi lordi a valori concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2002:2009
Figura 1.1.16
Variazioni % annue della spesa delle famiglie per beni durevoli. Veneto e Italia - Anni 2002:2008
Figura 1.1.17
Variazioni % annue della spesa delle famiglie per beni non durevoli. Veneto e Italia - Anni 2002:2008
Figura 1.1.18
Variazioni % annue della spesa delle famiglie per servizi. Veneto e Italia - Anni 2002:2008
Figura 1.1.19
Consumi finali interni per abitante in euro correnti e variazione % 2007/06 per regione - Anno 2007
Figura 1.1.20
Spesa delle famiglie per capitoli di spesa in valori concatenati, anno di riferimento 2000. Quota percentuale 2006 e sua variazione percentuale 2006/2000 - Veneto
Figura 1.1.21
Variazioni percentuali delle spese per consumi finali a prezzi concatenati - Anno di riferimento 2000. Veneto e Italia - Anni 2003:2009
Figura 1.1.22
Variazioni percentuali annue del commercio mondiale di merci - Anni 2000:2009.
Tabella 1.1.5
Esportazioni per regione. Valori espressi in milioni di euro e variazione % annua. Anni 2007:2008
Figura 1.1.23
La dinamica dei principali mercati dell'export veneto. Anni 2008:2000
Figura 1.1.24
La dinamica dei principali settori economici dell'export veneto. Anni 2000:2008
Figura 1.1.25
Quota percentuale delle esportazioni per tipologia di bene. Veneto - Anni 2000 e 2008
Figura 1.1.26
La dinamica dell'export veneto per tipologia di bene e suo livello tecnologico. Anni 2008:2000
Figura 1.1.27
Saldo commerciale per area geografica. Valori espressi in milioni di euro. Veneto - Anni 2000 e 2008
Tabella 1.1.6
Importazioni per regione. Valori espressi in milioni di euro e variazione % annua. Anni 2007:2008
Tabella 1.1.7
Interscambio commerciale con l'estero per provincia. Valori espressi in milioni di euro e variazione % annua. Anni 2008:2007
Figura 1.1.28
Variazione percentuale dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC) senza tabacchi. Italia e città capoluogo del veneto - Anno 2008

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I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".
La traduzione in inglese è a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Padova.