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Il Veneto e le sue province

Dopo avere confrontato il Veneto con le regioni italiane ed europee considerate sue competitor, dedichiamo questo capitolo ad un'analisi più "introspettiva", ovvero osserviamo ciò che accade all'interno dei confini regionali, guardiamo alla situazione che caratterizza i territori del Veneto, le sue province, sempre secondo il filo conduttore dello studio e del confronto del livello di qualità della vita da essi espressi.
Queste tematiche possono essere affrontate secondo due punti di vista sostanzialmente differenti, ma ugualmente interessanti. La prima prospettiva descrive il fenomeno in maniera oggettiva, utilizzando i dati statistici di fonte ufficiale nazionale; la seconda, invece, sicuramente più soggettiva ma comunque rilevante, viene dai singoli individui chiamanti ad esprimere una valutazione sulla qualità della loro vita.
E' soprattutto per approfondire questo secondo aspetto, con riferimento al territorio veneto, che la Regione Veneto si è avvalsa della collaborazione di Studio Sintesi per la realizzazione di un progetto d'indagine sullo stato e sulla percezione della qualità della vita ed il livello di benessere nelle province del Veneto.
Lo studio è organizzato in due parti: la prima, basata sui dati statistici ufficiali, prende in considerazione diverse aree tematiche che permettono di valutare con regolarità lo stato di salute del territorio e dei singoli cittadini attraverso l'osservazione congiunta di alcune variabili significative.
Sono state identificate otto aree tematiche rappresentanti i diversi ambiti regionali attraverso cui è possibile valutare le differenze economiche e sociali del territorio veneto: Ambiente e territorio, Benessere economico, Attività produttive, Istruzione e cultura, Lavoro, Infrastrutture e mobilità, Sanità, Demografia e sociale.
Per ciascuna area tematica è stata poi selezionata una batteria di indicatori elementari conosciuti in letteratura, allo scopo di descrivere nel modo più completo possibile il posizionamento di ogni realtà territoriale rispetto all'argomento di riferimento. Lo studio ne prende in considerazione 123, suddivisi nelle 8 aree di intervento sopra individuate.
Il confronto delle province venete è stato condotto su due livelli: sia valutando i risultati di ogni singolo indicatore elementare, sia, per non proporre le solite classifiche monodimensionali, costruendo per ciascun ambito degli indicatori di sintesi (Nota 1) che riassumessero in modo semplice, ma preciso, la posizione occupata da ciascuna realtà territoriale osservata.
Il disporre di una analisi statistica che riconduca a semplici indici sintetici, rappresenta un forte vantaggio per evidenziare eventuali gerarchie provinciali in ciascun ambito in cui è suddivisa la valutazione della qualità della vita espressa.
La seconda parte del progetto commissionato a Studio Sintesi prevede un'indagine campionaria triennale presso i cittadini veneti sulla qualità della vita ed il benessere da loro percepiti i cui risultati saranno disponibili a breve.
Anticipiamo qui, invece, i risultati della prima parte del lavoro.
Per ognuna delle otto aree tematiche individuate, vengono proposti la graduatoria delle sette province venete in base all'indicatore medio di sintesi elaborato da Studio Sintesi e un'analisi territoriale attraverso tre indicatori ritenuti significativi per il corrispondente settore.
Prima di passare all'analisi dettagliata dei singoli temi, è possibile effettuare alcune considerazioni di carattere generale e trasversale prendendo spunto dal lavoro di Studio Sintesi.
Emergono, in particolare, delle diversità tra i centri urbani di maggiore dimensione che generano un effetto "polarizzante" (Padova e Verona) e le province dotate di piccoli centri (le altre). Infatti va tenuto conto che il modello di sviluppo veneto basato sull'industrializzazione diffusa e sulla presenza di una pluralità di piccoli centri urbani sta attraversando una fase evoluzione. Si nota una ri-concentrazione delle attività economiche dovuta all'indebolimento dell'industria ed allo sviluppo dei servizi. Padova e Verona sono i due centri che riescono, per motivi diversi, a catturare meglio le opportunità di questa tipo di sviluppo.
Pur mantenendo una certa omogeneità regionale, soprattutto quando si effettuano i confronti con le altre province italiane, si notano alcune differenze per alcune variabili specifiche, in particolare relative alle dimensioni "Cultura" e "Demografia e sociale". La caratteristica (storica) fondamentale delle province venete è quella di aver evitato i grandi problemi della concentrazione urbana senza aver rinunciato ai benefici dello sviluppo dei servizi e delle attività produttive. Tuttavia, Padova e Verona incominciano in parte ad uscire da questa dimensione e sembrano presentare almeno due caratteristiche che le differenziano da questo modello. Innanzitutto, con la loro maggiore dimensione (le aree di gravitazione urbana di queste città ormai superano il mezzo milione di abitanti) esse riescono ad offrire servizi non producibili negli altri centri ed i risultati si possono notare nella dimensione "Cultura", dove queste città mantengono il livello delle aree più sviluppate d'Italia (differentemente dalle altre province). D'altra parte esse incominciano a sviluppare i problemi dei centri maggiori, soprattutto in termini di illegalità e di infrastrutture. Padova, con i recenti investimenti per risolvere i problemi di viabilità, ha in parte alleviato questi problemi.

Inizio Pagina  Ambiente e territorio

(Figura 15.1) Il contesto in cui si vive, ovvero il territorio e l'ambiente che ci circondano, è sicuramente un fattore che va ad influire sul livello di qualità della vita dei cittadini. L'analisi degli indicatori caratteristici e dell'indicatore di sintesi consente di descrivere la realtà che ci circonda e di effettuare una valutazione indiretta dell'impatto o delle ripercussioni che possono aver avuto sul territorio politiche di tutela ambientale o di conservazione del patrimonio naturale disponibile, tra cui ad esempio le più recenti attuazioni normative indirizzate alla riduzione dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili attraverso specifiche limitazioni del traffico.
Il primo risultato ottenuto dall'analisi dei dati ambientali porta ad un esito che vede il primato della provincia di Belluno, anche se incalzata in maniera stretta dalle province di Treviso e Rovigo. Tali aree possono contare su un minor sfruttamento delle risorse ambientali e su un maggiore equilibrio tra ambiente e tessuto urbano, con una conseguente riduzione dell'inquinamento. In particolare, Belluno si caratterizza per bassi livelli di inquinamento, una bassa densità abitativa e uno fra i più bassi indici di attrazione del capoluogo (inteso come percentuale di popolazione provinciale residente nel comune capoluogo).
La presenza agli ultimi due posti della graduatoria dell'indicatore medio di sintesi per ambiente e territorio delle province di Venezia e Padova pone le basi per una analisi delle difficoltà che queste aree della regione quotidianamente devono affrontare. Si rileva, tra l'altro, che le province di Venezia e Padova si caratterizzano per una densità abitativa superiore alla media, per indici di inquinamento atmosferico che, nonostante le misure restrittive adottate, si mantiene, almeno nel periodo invernale, al di sopra dei limiti stabiliti dalla legge e, fattore non meno importante, per un livello di sfruttamento del territorio spesso superiore alla media nazionale. Su tutti questi fattori, invece, si differenziano le province di Belluno e Treviso: la prima, in particolare, perché ha una connotazione geografica montuosa e quindi scarsamente abitata, mentre la seconda perché, nonostante presenti una urbanizzazione di tipo intensivo, ha saputo differenziarsi dalle altre province produttive attuando politiche di sviluppo sostenibile.
Un discorso a parte merita la provincia di Venezia che risulta essere il fanalino di coda come qualità di vita offerta da un punto di vista del territorio e dell'ambiente. I motivi di un tale risultato derivano da una parte dalle oggettive difficoltà a gestire una situazione di inquinamento ormai insostenibile e dall'altra da tutta quella serie di problematiche che più o meno direttamente dipendono dalla sua particolare collocazione geografica e caratterizzazione morfologica. (Figura 15.2)
La popolazione presente sul territorio può essere considerata una sorta di sensore della qualità di vita che il territorio stesso può offrire in quanto, banalmente se vogliamo, gli individui cercano di insediarsi in zone ad essi idonee e confacenti, anche se questo fenomeno può dar vita ad un circolo vizioso: un territorio non può dare ospitalità ad un numero infinito di persone e, ad un certo punto, un indicatore di densità troppo alto diventerà sinonimo di saturazione più che di benessere. Con riferimento al Veneto, appare evidente come la zona più attraente, considerata l'espansione che ha avuto negli ultimi anni, sia la fascia centrale del territorio allargata a nord fino a comprendere la zona pedemontana delle province di Vicenza e Treviso. Si è venuta a formare, così, un'area metropolitana densa e continua, che ha i sui nodi principali nelle città capoluogo e soprattutto nella direttrice Venezia-Padova-Verona. E' zona di importanti risorse propulsive per lo sviluppo e polo di attrazione di energie in cui vive il 90% della popolazione veneta.
Alla fine del 2006 il Veneto conta 4.773.554 individui residenti, per una densità di 259,5 abitanti per chilometro quadrato, in aumento del 5,4% nell'ultimo quinquennio. Nello stesso periodo il numero degli abitanti cresce in misura maggiore nella provincia di Treviso, seguita da Verona, Vicenza e Padova. Parte di questa crescita è dovuta sicuramente alla componente straniera, attratta da questi territori per le maggiori possibilità lavorative e integrative che essi offrono, e caratterizza principalmente l'area metropolitana centrale, i grossi capoluoghi, anche se le dinamiche di crescita interessano ormai sempre di più la generalità dei comuni. Delle province che formano l'area metropolitana di cui si è detto, Padova è quella con maggiore densità abitativa da una parte e minor crescita di popolazione (dopo Venezia) dall'altra, segnale forse del raggiungimento della soglia di saturazione del territorio e fattore che influenza negativamente il livello della qualità della vita. (Figura 15.3)
Quando si tratta del tema ambiente il pensiero va subito al problema dell'inquinamento, ed in particolare alla qualità dell'aria, un cui importante indicatore è la presenza di polveri sottili, PM10, derivanti dai processi di combustione e, soprattutto nei centri urbani, dal traffico autoveicolare e dal riscaldamento domestico. La concentrazione nell'aria di particolato sottile è ormai un'emergenza con cui le pubbliche amministrazioni sono costrette a confrontarsi ogni nuovo autunno-inverno. Lo dimostra il fatto che il monitoraggio del PM10, fino a qualche anno fa piuttosto scarso, ha ormai quasi raggiunto il livello sistematico di osservazione delle altre emissioni inquinanti, come l'anidride solforosa e il monossido di carbonio.
I dati qui analizzati si riferiscono non tanto alle province quanto ai comuni capoluogo che sono anche quelli maggiormente esposti ai problemi di inquinamento atmosferico.
La notizia positiva riguarda la riduzione della concentrazione di polveri sottili che si registra negli ultimi cinque anni in tutti i capoluoghi grazie alle politiche di sostenibilità ambientale adottate dalle amministrazioni locali, dalle istituzioni delle zone a traffico limitato alle limitazioni della circolazione dei veicoli, dall'incentivazione all'uso del trasporto pubblico all'acquisto di mezzi di trasporto pubblici non inquinanti.
La notizia negativa, invece, è che nel corso del 2006 soltanto Belluno non presenta un valore medio annuale superiore al valore limite per la protezione della salute umana di 40 µg./m3 (Treviso è sulla soglia). Città di medie dimensioni quali Padova, Verona e Vicenza presentano addirittura valori simili a quelli di una grande città come Milano. In particolare, Verona e Vicenza, che sono anche i capoluoghi delle due province con il più alto tasso di motorizzazione, si segnalano per situazioni particolarmente critiche: Verona per la presenza di una centralina che rileva concentrazioni medie annue di oltre il 50% superiori al valore limite dei 40 µg./m3, Vicenza per avere il valore medio delle concentrazioni di tutte le centraline presenti al di sopra del valore limite. Questi risultati, pertanto, indicano che, se da un lato le politiche ambientali adottate hanno prodotto alcuni effetti positivi e migliorativi, dall'altro ancora molta strada c'è da fare per raggiungere una qualità dell'aria compatibile con la salute dell'uomo. (Figura 15.4)
L'adozione da parte delle amministrazioni comunali di sistemi di raccolta differenziata e l'adesione ad essi da parte dei cittadini è senza dubbio una buona pratica, indice di sensibilità verso le tematiche ambientali e di senso civico, oltre che fattore migliorativo del livello di qualità di vita.
Si è già in parte parlato, nel capitolo dedicato all'ambiente, degli ottimi risultati ottenuti dal Veneto nella gestione dei rifiuti urbani, la cui produzione, seppur lentamente, cresce di anno in anno strettamente legata all'andamento dei consumi. Nel corso del 2006, grazie alla raccolta differenziata di quasi 1,2 milioni di tonnellate, gran parte dei rifiuti urbani non sono finiti in discarica ma recuperati in modi diversi, sostituendosi alle materie prime nella produzione di nuovi beni di consumo e contribuendo alla crescita dell'industria del recupero e riciclo. Il confronto fra le province mette in risalto notevoli differenze territoriali, per quanto riguarda sia la produzione di rifiuti sia la raccolta differenziata, pur trattandosi comunque di buoni risultati, considerato che tutte e sette le province hanno raggiunto o superato l'obiettivo del 35% di materiale differenziato che doveva essere conseguito entro il 2003 secondo il D.Lgs 22/97 (cinque province sono ben oltre l'obiettivo del 40% fissato per il 31 dicembre 2007 dalla Legge n. 296 del 27/12/06).
Nel 2006 il dato pro capite nel Veneto è di 495 kg/abitante di rifiuto urbano prodotto (pari a 1,36 kg/ab*giorno). A livello provinciale si passa da una produzione massima di 1,8 kg/ab*giorno della provincia di Venezia, che risente però anche della forte presenza turistica, a quella minima di 1,05 kg/ab*giorno della provincia di Treviso, la più virtuosa delle sette, che si distingue anche per la notevole diffusione dei sistemi di raccolta domiciliare.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, invece, il Veneto ha raggiunto la quota del 49%, con un aumento di oltre 14 punti negli ultimi 5 anni. Treviso risulta senza dubbio la provincia con i migliori risultati conseguiti nell'ultimo anno (66%), seguita da Padova, Vicenza e Rovigo (tutte fra il 51 e il 55%). Positivo è senz'altro notare come, nonostante i già buoni risultati, tuttavia si continui a migliorare incrementando la frazione di rifiuti sottratti alle discariche e avviati al recupero.

Inizio Pagina  Benessere economico

(Figura 15.5) Il secondo tema trattato per delineare il quadro complessivo della qualità della vita nelle province venete è quello relativo al benessere economico, aspetto che spesso appare fondersi in modo indistinguibile con il concetto stesso del "viver bene".
L'analisi si basa su una serie di indicatori che aiutano a descrivere qual è lo "stato di salute" ovvero la condizione di ricchezza economica che caratterizza le singole province e, di conseguenza, a capire come ne beneficiano i cittadini che vi risiedono.
L'indicatore medio di sintesi restituisce una graduatoria che sembra quasi il rovescio dei risultati ottenuti per Ambiente e territorio. Infatti, agli ultimi posti della graduatoria per Benessere economico si collocano due delle province che occupavano il podio per Ambiente e territorio, ovvero Belluno e Rovigo.
E' un risultato dovuto soprattutto ai bassi indicatori relativi al reddito (reddito medio delle famiglie, reddito pro capite disponibile, importo medio delle pensioni) e ai depositi bancari che caratterizzano queste province, uniti anche ad un minore ricorso ai prestiti bancari ed al credito al consumo.
Occupano, invece, il podio Verona e Venezia, seguite da Vicenza; in questi casi infatti il reddito disponibile e la maggiore ricchezza si trasformano in spesa per consumi elevata, senza dover ricorrere eccessivamente all'indebitamento bancario. Fattore non trascurabile nel determinare il risultato della graduatoria risulta anche l'attrattiva turistica: le province di Venezia e Verona, dotate di un patrimonio artistico e culturale di primaria rilevanza, occupano i posti migliori nel panorama del Veneto. (Figura 15.6)
Il valore aggiunto pro capite rappresenta la quota di ricchezza prodotta, intesa come saldo tra la produzione e i consumi intermedi, dall'intera economia di un determinato territorio che in media spetta a ciascun residente. È un indicatore efficiente del tenore di vita della popolazione e dello sviluppo economico e influisce ampiamente sia sull'entità dei consumi che sulla loro qualità. Poiché però si tratta di un dato medio, non è possibile definire come la ricchezza sia distribuita all'interno della popolazione.
Nel 2005 il valore aggiunto per ogni abitante veneto è stato di 25.699 euro e ha superato di quasi 4 mila euro il valore medio nazionale, 21.806 euro.
Nel periodo considerato, 2001:2005, tutte le province venete registrano un aumento del valore aggiunto pro capite superiore ai 5 punti percentuali, con tassi di crescita più elevati nelle province di Rovigo, +17,9%, Padova, +15,8% e Venezia, +13,7%. Vicenza è la provincia veneta che registra la crescita più bassa, +5,9%.
Nel 2005 Padova risulta la provincia veneta con il più alto livello di valore aggiunto pro capite, 26.658 euro, seguono Vicenza, 26.107 euro, Verona, 25.993 euro, Venezia, 25.638 euro, Treviso, 25.242 euro, e Belluno, 25.016 euro. Rovigo, pur registrando il più alto tasso di crescita nel periodo considerato, resta la provincia veneta con il valore aggiunto per abitante inferiore, circa 3.500 euro in meno rispetto alla media regionale. (Figura 15.7)
I dati che rilevano le spese sostenute dalle famiglie per acquistare beni e servizi, rappresentano una delle fonti principali per descrivere, analizzare e interpretare i comportamenti di consumo delle famiglie venete. Componente determinante nella formazione della domanda aggregata, e quindi nella creazione del reddito regionale, il livello dei consumi delle famiglie permette di analizzare e seguire l'evoluzione del livello e della struttura della spesa secondo le principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie, così come delle persone che le compongono, delle loro condizioni abitative e delle loro abitudini di spesa.
Nell'ultimo anno di osservazione, 2005, le province di Verona, Venezia e Belluno si confermano, con valori superiori ai 40 mila euro, le aree regionali con l'ammontare di spesa media familiare più elevato. Nelle altre province venete l'ammontare di spesa media familiare è compreso tra i 38.541 euro di Padova e i circa 32.600 euro di Rovigo, che presenta il valore più basso.
Nei cinque anni presi in considerazione, 2000:2005, le performance migliori per quanto riguarda la crescita della spesa media familiare vengono fatte registrare dalla provincia di Belluno, +10,2%, seguono le province di Venezia, +8,2%, Verona, +6,3%, Rovigo, +5,3%, Padova e Vicenza, +5,2%. Chiude la classifica Treviso, con un tasso di crescita pari a 3,5 punti percentuali. (Figura 15.8)
Le differenti tipologie di turismo possono essere delineate in termini generali dall'indicatore relativo alla permanenza media, cioè dal numero medio di notti trascorse dai turisti negli esercizi ricettivi: periodi di vacanza prolungati, sono attesi in aree costiere o montane che attraggono i flussi turistici connessi alle ferie "lunghe"; le permanenze brevi sono invece associabili alle città d'arte, mete del turismo culturale, ma anche di quello d'affari.
Questa regola vale anche in Veneto, dove le vacanze trascorse nelle città d'arte risultano le più brevi: così nel 2007 nelle città della provincia di Padova si soggiorna in media 2 giorni, in quella di Venezia 2,4, Treviso 2,6, Vicenza 2,7 giorni e Verona 3.
Invece le località montane e quelle balneari sono caratterizzate da un turismo più stanziale: la provincia di Rovigo, la cui località marina di Rosolina accoglie da sola l'80% del flusso provinciale, appare quella con la permanenza media più elevata, pari a 6,3 giorni; segue la provincia di Belluno che comprende il sistema turistico locale omonimo (Nota 2), le cui vacanze durano in media 9,1 giorni e il STL Dolomiti (Nota 3) in cui invece si permane in media 5,5 giorni.
Nella provincia di Venezia le località balneari offrono in media una vacanza superiore alla settimana: Bibione e Caorle 8 giorni, Chioggia 8,1, Cavallino-Treporti 9,1.
I soggiorni sul lago di Garda durano in media 5 giorni e sulla stessa linea sono anche quelli trascorsi alle Terme Euganee (5,2). Infine l'altopiano di Asiago raggiunge quasi i 7 giorni.
Da alcuni anni l'aumento degli arrivi è accompagnato da una diminuzione delle presenze: di fatto ad una sempre maggiore attrattiva turistica dei territori veneti si affianca una lenta tendenza dei turisti a ridurre la durata dei soggiorni, aumentando però il numero delle "vacanze".

Inizio Pagina  Attività produttive

(Figura 15.9) In questa sezione si analizza la situazione economica territoriale attraverso parametri più tipicamente legati alle attività produttive. Si considerano non solamente indicatori che descrivono le caratteristiche del sistema economico, ma anche variabili di natura macroeconomica.
Anche in questo caso, i risultati evidenziano una situazione economica ben definita all'interno della regione, con alcune aree più dinamiche rispetto ad altre. Sempre più distanziate dalle altre realtà provinciali si collocano le province di Belluno e Rovigo, che scontano una evoluzione produttiva ancora fortemente frenata in ambito industriale e dinamiche di crescita limitate nell'ultima fase della congiuntura economica.
Si mantengono invece ai primi posti della graduatoria, in termini di contributo delle attività produttive al miglioramento della qualità della vita dei propri residenti, le province di Vicenza e Verona. Tali province infatti possono contare su un sistema produttivo più solido e strutturato, che permette alla struttura economico-sociale del territorio di reagire meglio ai momenti di congiuntura economica sfavorevole, come riscontrato negli ultimi anni.
Proprio queste caratteristiche, assieme ad un sistema di imprese vincente, opportunamente distribuito tra i settori dell'industria, dell'agricoltura e dei servizi hanno permesso a Vicenza e Verona di occupare le migliori posizioni nella graduatoria regionale riferita alle Attività produttive.
A seguire, intorno alla media regionale si collocano le province di Treviso, Venezia e Padova. La prima si distingue per una consolidata vocazione ad esportare del sistema produttivo del suo territorio, che determina un elevato tasso di apertura e che porta benefici, in termini di qualità della vita, anche ai residenti. Padova, invece, pur presentando i migliori valori per l'indicatore di crescita del valore aggiunto, risulta penalizzata nell'analisi dall'incremento dell'inflazione. (Figura 15.10)
In economia il valore aggiunto è la misura dell'incremento di valore che si verifica nell'ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi grazie all'intervento dei fattori produttivi. L'impresa acquista beni e servizi necessari a produrre altri beni e servizi. La differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore aggiunto.
Nel 2006, il Veneto si conferma una delle regioni di vertice dell'economia italiana, contribuendo con una quota del 9,4% alla formazione del valore aggiunto nazionale. Nei cinque anni presi in esame il valore aggiunto prodotto in Veneto, calcolato a prezzi concatenati con base l'anno 2000, è cresciuto, +7,2%, passando da 101.192 milioni di euro nel 2001 a 108.457 milioni di euro nel 2006.
Nel 2006 la provincia di Padova, prima nella classifica regionale, determina il 19,5% del valore aggiunto regionale, seguono nell'ordine Verona, che nel periodo preso in considerazione passa dalla prima alla terza posizione della graduatoria, 18,7%, Treviso, 17,9%, Vicenza, 17,8, Venezia, 17,3, Rovigo, 4,5% e Belluno, 4,4%.
L'esame dei tassi di crescita dei cinque anni in questione evidenzia un incremento del valore aggiunto superiore al dato medio regionale, +7,2%, per le province di Padova, che ha fatto registrare l'aumento maggiore, +12,7%, Rovigo, +10,2% e Treviso, +9,3%. Belluno e Vicenza sono le province in cui il valore aggiunto cresce meno, rispettivamente del +2,9% e +2,6%. (Figura 15.11)
La terziarizzazione è una delle tendenze che negli ultimi decenni ha caratterizzato la trasformazione dei sistemi imprenditoriali di tutte le economie avanzate; una tendenza che si è manifestata con la spontanea crescita della ricchezza e dell'occupazione prodotta dal settore dei servizi. I servizi, soprattutto nella componente che si riferisce a funzioni che sono direttamente o indirettamente connesse alle attività produttive, diventano un settore cardine su cui può essere incentrato lo sviluppo economico di un territorio.
Negli ultimi anni il corso di terziarizzazione dell'economia veneta ha seguito dinamiche diversificate. A fronte di un processo di trasformazione degli esercizi commerciali, descritta nel capitolo 5.4, che comunque ne mantiene abbastanza costante la numerosità, è il settore dei servizi alle imprese che sta contribuendo alla crescita del terziario in Veneto. In particolare, spiccano le attività immobiliari, i servizi informatici e quelli legati all'istruzione e alla formazione.
La quota percentuale di imprese attive nel commercio e nei servizi alle imprese sul totale di imprese attive, è uno degli indicatori che viene utilizzato per misurare il grado di terziarizzazione di una economia.
Nel 2007, la provincia veneta che presenta il più elevato livello di terziarizzazione è Venezia, 56,2%; seguono a breve distanza Belluno, 53,6%, Padova e Vicenza, 51,5%, mentre la provincia con il livello più basso è Rovigo, con un valore di poco inferiore al 42%.
Esaminando la dinamica degli ultimi cinque anni, 2002:2007, i migliori risultati in termini di crescita del livello di terziarizzazione, intesa come differenza tra i valori dei livelli dei due anni presi in considerazione, sono stati registrati nelle province di Treviso, +3,6, Venezia, +3,3, Padova e Vicenza, +3. (Figura 15.12)
La misura della forza del sistema delle imprese può essere colto facendo riferimento al tasso di penetrazione sui mercati internazionali e il commercio estero rappresenta una delle principali modalità con cui misurare questo grado di apertura.
Nel 2006 il Veneto risulta ancora una volta la regione italiana con la maggiore apertura commerciale agli scambi internazionali: la sua propensione all'export, misurata dal rapporto tra il valore delle esportazioni e il valore aggiunto regionale, è pari al 36,9%, a fronte di un valore medio nazionale del 25,2%.
La provincia di Vicenza mantiene saldamente il primo posto della classifica dell'export regionale, con una quota di export regionale pari al 29,9% e una propensione all'export che supera di poco i 63 punti percentuali. Treviso è la seconda provincia veneta per valore di propensione all'export, pari al 44,8% del valore aggiunto prodotto, seguono poi, nell'ordine, Belluno, 42,4%, Verona, 32,5%, Padova, 30,2%, e Venezia, 20,8%. Rovigo rimane la provincia veneta con la più bassa propensione all'export, registrando un valore di poco superire ai 17 punti percentuali.
Esaminando la dinamica dei cinque anni presi in esame, emerge che cinque province venete su sette hanno visto incrementare il peso della propensione all'export: Belluno è la provincia che registra la crescita più elevata, +7,7 punti di differenza rispetto al 2001, seguono Vicenza, +2,3, Padova, +1,5, Verona, +1,1, e Rovigo, +0,5. Al contrario, diminuisce la propensione all'export nelle province di Treviso, -1,7 punti e Venezia, -4,3, quest'ultima dovuta a una consistente riduzione del valore dell'export provinciale del comparto dei veicoli aerospaziali.

Inizio Pagina  Istruzione e cultura

(Figura 15.13) Un tema importante nell'ambito della valutazione della qualità della vita in una determinata area è senza dubbio quello relativo al grado di istruzione e cultura. La capacità di apprendere e di poter poi sviluppare percorsi scolastici di alto livello rappresenta senza dubbio un ingrediente fondamentale nella vita di una persona, e ne può influenzare la qualità. Il buon livello di istruzione e di cultura della popolazione residente, inoltre, si trasferisce poi in termini macroeconomici alle imprese sotto forma di risorse umane qualificate.
In quest'ambito la provincia che più di tutte si trova in una situazione di eccellenza è quella di Padova, che dimostra di possedere una base solida nella formazione ed istruzione scolastica: la provincia infatti presenta il più elevato numero di giovani con 19 anni e più che possiedono un titolo di studio di scuola media superiore e presenta il maggior numero di laureati rapportato al numero di abitanti.
Al secondo e al terzo posto, nettamente distanziate da Padova, si collocano le province di Belluno e di Venezia, che presentano comunque buoni valori per alcuni indicatori. A Belluno, per esempio, si riscontrano il più elevato numero di strutture per la formazione ed istruzione in rapporto al numero di abitanti e il maggior numero di biblioteche; Venezia, invece, concorre con Padova per la formazione universitaria e per un'elevata dotazione di strutture culturali.
Più defilate si trovano le province di Verona, Treviso e Vicenza che evidenziano una minore diffusione di biblioteche in rapporto al numero di abitanti e una minore percentuale di popolazione laureata. In queste province emerge anche una bassa attitudine a leggere i quotidiani contrapposta ad una sostenuta partecipazione agli spettacoli cinematografici.
Rovigo si segnala fanalino di coda in questa graduatoria nonostante presenti il più alto tasso di scolarità nell'età 14-19 anni ed il maggior numero di lettori di quotidiani rapportato al numero di abitanti. Il più basso valore regionale delI'indice di dotazione di strutture culturali e ricreative segnala che i punti deboli della provincia rodigina sono legati a problemi di natura strutturale. (Figura 15.14)
Oltre al contributo determinante per la formazione educativa e personale degli individui, l'istruzione può rappresentare per ogni giovane una solida base sulla quale costruire il proprio futuro professionale.
In una società altamente competitiva come la nostra, le competenze acquisite nel percorso formativo, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, diventano determinanti nelle possibilità occupazionali.
Il tasso di scolarità, vale a dire la percentuale di ragazzi in età 14-18 anni iscritti ad una scuola superiore di secondo grado, è in aumento e nel 2007 in Veneto supera l'89%, valore però inferiore al dato nazionale di tre punti percentuali. Spesso, infatti, nelle regioni dove le possibilità di trovare un impiego sono maggiori, i giovani sono spinti a terminare prima gli studi in vista dei primi guadagni, mentre decidono di proseguire laddove le opportunità di lavoro sono più scarse.
In particolare, la partecipazione alla scuola secondaria di secondo grado è superiore alla media regionale nelle province di Rovigo (98,4%), Belluno (94,9%), Treviso (92,2%) e Vicenza (90,1), mentre le province di Venezia e Verona, sotto questo aspetto, si trovano in coda, con poco più di 85 alunni iscritti per 100 ragazzi tra i 14 e i 18 anni.
Rispetto al 2003 solo la provincia di Venezia mostra un'evoluzione negativa del tasso di scolarità che nel 2007 si riduce ulteriormente di 2,2 punti percentuali; di rilievo la crescita di Padova e Verona dove si registra un aumento consistente nella partecipazione scolastica superiore, oltre tre punti percentuali al di sopra del dato rilevato quattro anni prima. (Figura 15.15)
Nella nuova "società dei saperi" l'istruzione e la formazione diventano componenti basilari per garantire una maggiore qualità della vita di ciascuno e dell'intera comunità e una maggiore coesione sociale. Persone meno qualificate si trovano poi in condizioni più disagiate e corrono il rischio di rimanere emarginate.
Completare il ciclo di studi quindi e conseguire la laurea diventa fondamentale nella società attuale, sempre più dinamica, tecnologica e innovativa, un valore aggiunto che porta maggiore benessere alla persona.
Nella nostra regione migliora la capacità di successo nel completare tale percorso di studio: in cinque anni nelle facoltà venete si fotografa complessivamente una crescita di oltre i due terzi del contingente dei laureati, arrivando a contare nel 2006 oltre 21.430 laureati, provvedendo quindi alla formazione di oltre il 7% del totale nazionale.
Considerando, invece, i cittadini delle province venete, emerge il dato di Padova la cui incidenza di nuovi laureati sulla popolazione sono nel 2006 oltre 5 ragazzi ogni 1.000 abitanti. Segue con distacco Rovigo con una quota di persone che hanno concluso il ciclo di studi pari a 4,7. Queste due province si distinguono anche per il miglioramento formativo della popolazione negli anni: infatti, rispetto a cinque anni prima le quote di nuovi laureati crescono per entrambe di oltre due punti percentuali. La minore crescita si rileva a Venezia, poco più di un punto percentuale, mentre Vicenza risulta essere nel 2006 la provincia con l'incidenza di nuovi laureati più basso (4,2 ogni 1.000 abitanti).
Complessivamente, comunque, si nota per tutte le province venete un aumento dei livelli di alta formazione, segnale anche di una maggiore propensione delle famiglie a investire sul futuro dei ragazzi dedicando attenzione all'accrescimento dei loro saperi e delle loro competenze. (Figura 15.16)
Un'adeguata misurazione della dotazione di strutture culturali e ricreative presenti sul territorio è necessaria per determinare il livello di competitività ed attrattività culturale esercitato.
Il rapporto tra l'indicatore di dotazione della provincia con quello nazionale determina indici di dotazione relativa territorialmente comparabili: il valore pari a 100 è riferito all'intera economia nazionale e valori superiori o inferiori a 100 indicano territori con una dotazione relativa superiore o inferiore alla media nazionale.
Nel caso delle province di Padova e di Venezia nel 2004 si rileva una dotazione infrastrutturale mediamente superiore alla media nazionale rispettivamente del 70,3% e del 64,6%; in provincia di Vicenza, Verona e Treviso gli indicatori appaiono più vicini alla media nazionale seppur con valori inferiori, in provincia di Belluno e Rovigo decisamente al di sotto.
Nel periodo che va dal 2000 al 2004 si nota una diminuzione dell'indice per tutte le province ad eccezione di Treviso (+10,9%) e Verona (+1,6%).

Inizio Pagina  Lavoro

(Figura 15.17) Un altro tema significativo per quanto riguarda la qualità della vita è quello legato al lavoro: per raggiungere un livello di benessere adeguato, infatti, è necessario poter fare affidamento su una struttura occupazionale robusta. Senza dubbio le province del Veneto in quest'ambito si collocano in una posizione di prim'ordine nella graduatoria complessiva del Paese e, salvo qualche rara eccezione, risultano e sono sempre risultate poco esposte alle tensioni del mercato occupazionale. Anche nel momento in cui si rileva un tasso di disoccupazione elevato, questo non è altro che il frutto di precise scelte della popolazione residente (disoccupazione strutturale), che si mantiene nella posizione di ricerca di occupazione in attesa di una offerta lavorativa soddisfacente.
All'interno di un quadro congiunturale piuttosto positivo si possono comunque fare alcune distinzioni, mettendo in evidenza alcuni aspetti caratteristici del mercato del lavoro all'interno di ogni singola provincia.
Considerando la graduatoria complessiva è la provincia di Treviso ad esprimere i risultati migliori con il più elevato tasso di occupazione nella regione: questo deriva in parte anche da un'elevata occupabilità della componente straniera e da una buona capacità del sistema economico provinciale ad assorbire manodopera femminile.
Notevoli progressi sono stati effettuati da Belluno, che secondo l'attuale graduatoria si colloca in seconda posizione, seppure nettamente distanziata da Treviso. I buoni risultati registrati nella provincia sono determinati principalmente dal basso tasso di disoccupazione generale e dalle positive indicazioni che si rilevano sul fronte dell'occupazione femminile, il più alto tra tutte le province.
All'altro estremo della graduatoria regionale si trovano Venezia e Rovigo, con quest'ultima ancora molto distanziata da tutte le altre realtà provinciali. In entrambe le province si rileva un tasso di occupazione inferiore alla media regionale, ma mentre per Venezia si può parlare di un fenomeno di disoccupazione generalizzato, a Rovigo i punti deboli del mercato del lavoro sembrano concentrarsi principalmente nella manodopera giovanile ed in quella femminile. (Figura 15.18)
In un Paese il cui fondamento è il lavoro e la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica, sociale e politica della società, è evidente la necessità di mantenere elevati i livelli occupazionali, in maniera tale da poter in primo luogo sostenere gli effetti di dinamiche demografiche che tendono ad appesantire la popolazione attiva nel nostro mercato lavorativo, e in secondo luogo garantire una rispettosa qualità della vita dei cittadini.
In Veneto nel 2007 la quota di popolazione fra i 15 e i 64 anni occupata è il 65,8%, percentuale superiore al dato nazionale (58,7%), quota che fa sì che la nostra regione occupi il quinto posto nella graduatoria delle regioni italiane per livelli occupazionali raggiunti. La situazione del Veneto è in costante miglioramento negli ultimi anni, mostrando una crescita del tasso di occupazione del 2,3% rispetto al 2004. Ancora lunga è però la strada verso il raggiungimento dell'obiettivo di Lisbona, il quale prevede che il livello occupazionale del 70% venga toccato entro il 2010.
Nel confronto tra le province venete Belluno, Treviso e Verona sono le prime tre province per tassi di occupazione raggiunti nel 2007, rispettivamente 67,8%, 67,5% e 66,9% sulla popolazione in età lavorativa; queste province dimostrano quindi di possedere buone basi per mirare al raggiungimento nei prossimi anni di un tasso di occupazione rispondente al target europeo. Seguono con un minimo distacco le province di Padova (65,9%), Vicenza (65,6%) e Rovigo (64,5%), mentre si allontana un po' il dato della provincia di Venezia, dove si trovano meno di 63 occupati ogni 100 persone tra i 15 e i 64 anni.
Si osserva inoltre un trend di crescita per quasi tutte le sette province: Vicenza è l'unica ad aver registrato un calo del tasso di occupazione dal 2004 al 2007, diminuzione che sfiora il 2%. Le province di Verona e Rovigo negli ultimi tre anni hanno mostrato un forte aumento della percentuale di occupati nella popolazione in età 15-64, pari rispettivamente a 5,0% e 5,7%, mentre contenuta, ma pur sempre significativa, è la crescita dal 2004 al 2007 del tasso di occupazione di Belluno (3,5%), Treviso (2,6%), Padova (2,3%) e Venezia (2,1%). (Figura 15.19)
La maggiore partecipazione femminile nel mercato del lavoro è un elemento essenziale per raggiungere gli obiettivi economici, soprattutto in un contesto di rapide trasformazioni e di continua diminuzione della popolazione in età attiva.
Nel 2007 in Veneto il tasso di attività femminile in età tra i 15 e i 64 anni - ossia il rapporto tra le forze di lavoro di quella fascia di età e la corrispondente popolazione - si è attestato al 57%, oltre sei punti percentuali al di sopra del dato nazionale e quasi un punto percentuale in più del valore registrato nel 2004.
Molto al di sopra della media regionale si trova Belluno che, con un tasso di attività pari al 62,5% e in crescita rispetto a tre anni prima del 4%, si classifica tra l'altro tra le prime province italiane per i più bassi livelli di inattività delle donne (decima). Elevati indici di attività anche nel trevigiano (59,4%), veronese (58,1%) e vicentino (57,8%), mentre a Venezia la percentuale della componente attiva della popolazione non solo è di molto inferiore al valore medio regionale, quasi cinque punti al di sotto, ma subisce anche la diminuzione più rilevante fra tutte le province venete rispetto alla quota rilevata tre anni prima. Viceversa, Rovigo registra in questi anni il miglior trend di crescita: rispetto al 2004, il tasso aumenta del 6,2%.
Nonostante i livelli occupazionali più elevati femminili, rimangono tuttavia ancora forti gli squilibri di genere e ancora molti sono gli ostacoli che impediscono alle donne di far valere interamente il loro potenziale. (Figura 15.20)
La Commissione europea, individuando nei giovani una categoria debole e vulnerabile, ha sollecitato una particolare attenzione da parte dei Paesi membri al problema dell'inserimento lavorativo giovanile, così come l'importanza della questione giovanile nelle politiche occupazionali europee è stata rimarcata anche dall'Employment Committee (EMCO).
La situazione occupazionale dei giovani in Veneto nel contesto nazionale è positiva: il tasso di disoccupazione giovanile nella nostra regione nel 2007 è pari all' 8,4% contro il dato italiano pari a più di 20 ragazzi tra i 15 e i 24 anni su 100 delle corrispondenti forze lavoro che cercano lavoro. Le differenze di genere si mantengono rilevanti: infatti, il tasso di disoccupazione giovanile delle donne venete, pari a 12,5%, supera quello maschile di 7 punti percentuali.
Le province venete che presentano le migliori performance nel 2007 sono Rovigo, Verona e Belluno, i cui tassi di disoccupazione giovanile sono tutti inferiori al 6% e le cui variazioni del tasso dal 2004 mostrano un grandissimo decremento raggiunto negli ultimi anni. Le province di Vicenza e Treviso superano il tasso di disoccupazione giovanile medio veneto assumendo nel 2007 valori pari, rispettivamente, a 8,8% e 9,0%; la vera problematicità riscontrata per queste province riguarda però l'evoluzione del fenomeno, che dal 2004 raffigura un aumento affatto indifferente della disoccupazione in età 15-24. I maggiori livelli di disoccupazione giovanile raggiunti nel 2007 nella nostra regione sono relativi alle province di Venezia e Padova, i cui tassi raggiungono rispettivamente il 9,6% e l'11%; queste situazioni decisamente non ottimali, essendo però accompagnate da robuste variazioni negative relative agli ultimi anni, risultano per lo meno direzionate verso un lento ma promettente abbattimento del fenomeno.

Inizio Pagina  Infrastrutture e mobilità

(Figura 15.21) Nell'ambito delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità si sono considerati alcuni parametri utili per produrre un indicatore che riassumesse il livello di dotazione e di qualità dei servizi offerti dalle varie province della regione. Nella determinazione di tale indicatore sono state inserite specifiche relative sia alla mobilità sul territorio, e quindi alla possibilità e capacità di spostamento da parte dei cittadini e delle merci, sia indicazioni relative all'interesse rivolto alla conservazione ed a un migliore utilizzo delle città e del loro hinterland. Emerge complessivamente un quadro piuttosto definito della situazione veneta, con ai due lati opposti le realtà provinciali di Padova da una parte e di Treviso dall'altra.
Se per la provincia patavina il risultato ottenuto è l'espressione dei progressi fatti attraverso l'adozione di politiche ambientali, più perplessità suscita invece riscontrare all'ultimo posto della graduatoria il territorio della marca trevigiana.
Per spiegare il risultato di Treviso si deve fare riferimento al fatto che ad una rapida crescita del sistema economico e produttivo avvenuta all'interno della provincia nell'ultimo periodo non è stata corrisposta un'adeguata pianificazione delle infrastrutture e dei sistemi di conservazione del territorio: a Treviso infatti si rileva la più bassa disponibilità di zone a traffico limitato rapportate al numero di abitanti ed uno scarso utilizzo dei mezzi pubblici per recarsi al lavoro. Il tempo che i trevigiani spendono per recarsi al lavoro è inferiore rispetto ad altre province, ma se questo nell'immediato può rappresentare un punto di forza, nel lungo periodo un eccesso di utilizzo di mezzi privati potrebbe incidere pesantemente sui livelli di inquinamento.
All'altro estremo della graduatoria, Padova presenta la miglior combinazione tra infrastrutture per la mobilità e domanda di servizi, pur essendo caratterizzata da uno dei maggiori tassi di motorizzazione. Il risultato è dovuto alla notevole presenza in città di piste ciclabili e di zone a traffico limitato, unite ad un buon grado di utilizzo dei mezzi pubblici urbani, grazie anche all'introduzione dell'innovativo metrobus che rappresenta un'alternativa ai tradizionali mezzi di trasporto.
Un'osservazione a parte va dedicata alla provincia di Venezia che mantiene la migliore organizzazione del trasporto pubblico, sia rivolto al capoluogo che al resto della provincia, con alti tassi di utilizzo da parte della cittadinanza, sia per recarsi al lavoro sia per i normali spostamenti quotidiani. Significativa anche la recente evoluzione organizzativa in tema di isole pedonali, risultato che non ha eguali nel resto della regione. (Figura 15.22)
L'adozione di zone a traffico limitato (ZTL) è uno degli strumenti dissuasivi della mobilità privata di cui si servono maggiormente le amministrazioni locali. Le ZTL sono oramai adottate in quasi tutte le città italiane grandi o piccole con l'obiettivo di migliorare la qualità e la vivibilità urbana. Inizialmente sono nate per la protezione dei centri storici e delle numerose aree di pregio delle città, non solo perché esse consentono una diminuzione dell'inquinamento acustico e atmosferico, ma anche perché la selezione dei mezzi idonei a circolare sulle strade urbane, il freno alla sosta selvaggia, ecc. libera spazi per bici e pedoni, facilita il parcheggio dei residenti, rende più semplice la vita di tutti i giorni dei cittadini.
Se si limita l'analisi al confronto fra i comuni capoluogo del Veneto, si può notare come Padova e Verona siano le due città con maggior dotazione pro capite di ZTL, con valori di molto superiori a Rovigo, Venezia e Treviso, città di fondo classifica.
Il dato sulla variazione nel tempo, invece, crea un po' di sconcerto: a forti variazioni positive se ne affiancano altre di negative. E questo può essere sintomo di differenze nell'intensità di adozione di queste politiche con marcati effetti di frammentazione e discontinuità dei risultati.
Se, però, si considera che l'estensione media complessiva delle ZTL nei capoluoghi d'Italia nel 2005 è di poco superiore ai 4 metri quadrati per abitante, la situazione dei capoluoghi veneti non può essere ritenuta soddisfacente: solo Padova si avvicina molto a questo valore e due comuni dispongono addirittura di meno di un metro quadro per abitante. (Figura 15.23)
Il numero di veicoli circolanti sul territorio, soprattutto se rapportati alla lunghezza delle strade e alla popolazione, è un dato importante se si vuole descrivere a quali e quanti fattori di pressione è sottoposto l'ambiente. La densità automobilistica costituisce uno degli elementi più critici per le città. Le conseguenze del traffico veicolare sono note a tutti: inquinamento dell'aria dovuto alle emissioni inquinanti dei processi di combustione, intasamento e congestione della rete viaria, problemi di sosta nei centri urbani, maggiore possibilità nel verificarsi di incidenti stradali, solo per citare le più "famose". Ma, nonostante tutte queste ripercussioni negative, la corsa all'auto, o ad altro veicolo, non si ferma. Anche nel corso del 2006, ultimo anno disponibile, la consistenza del parco veicoli è aumentata, raggiungendo un totale di 3.690.493 unità, di cui 2.829.512 autovetture e 369.698 fra autocarri, rimorchi e motrici per il trasporto merci. Molto significativo il dato sulla densità di veicoli presenti sulla rete stradale (70 veicoli per km): non solo in continua netta crescita dal 2002 al 2006, ma anche sempre molto superiore al valore nazionale (55).
Anche la dotazione di veicoli, ovvero il tasso di motorizzazione, continua a crescere: nel 2006 in Veneto si contavano 77 veicoli ogni 100 abitanti (78 il dato Italia). Verona è la provincia a detenere il primato, con 81 veicoli ogni 100 abitanti, seguita da Vicenza e Padova con 80. Per queste province, caratterizzate da valori cos' alti, il margine di crescita ancora raggiungibile sembra contenuto, e infatti la variazione del tasso di motorizzazione negli ultimi cinque anni si attesta attorno al 4%. Più consistente, invece, la crescita nelle province di Rovigo e Belluno, che presentano per l'ultimo anno un valore simile al dato italiano, in aumento rispettivamente del 10 e del 7,5%.
Con una dotazione di circa 67 veicoli ogni 100 abitanti, fanalino di coda di questa particolare classifica, in cui, però, occupare le ultime posizioni non è del tutto negativo, è Venezia, provincia che si distingue più per l'organizzazione e l'uso del trasporto pubblico che per il ricorso ai mezzi privati. (Figura 15.24)
Per ridurre i problemi di traffico ed inquinamento in città una delle possibili soluzioni alternative, oltre all'adozione dei classici strumenti dissuasivi della mobilità privata, è senza dubbio incentivare l'uso del trasporto pubblico rafforzandone il parco veicolare, sia numericamente che qualitativamente.
Con riferimento all'offerta di trasporto pubblico nei comuni capoluogo per l'anno 2005, in Veneto per ogni 100 km2 di superficie comunale sono disponibili 193 km di linee di autobus, tram e filobus (163 il dato Italia), che variano da un massimo di 342 a Treviso ad un minimo di 57 a Rovigo. Si tratta di una dotazione sostanzialmente invariata rispetto al 2000 per molti capoluoghi, tranne che per Vicenza (+10,8%) e Verona (+4,7%). Sulle linee dei capoluoghi regionali, inoltre, correvano nel 2005 10,6 autobus ogni 10.000 abitanti (8,9 il dato Italia), in aumento del 7% rispetto nell'ultimo quinquennio, dotazione che varia dal valore massimo di 16,5 di Venezia (che, però, comprende anche i vaporetti) al valore minimo di 7,5 di Rovigo.
Dal lato della domanda, invece, l'indicatore della domanda di trasporto pubblico non sembra evidenziare un'alta propensione a servirsene da parte dei cittadini veneti: nel 2005 i mezzi pubblici hanno trasportato 161 passeggeri per abitante, contro i 217 a livello Italia. Se si guarda ai singoli comuni capoluogo, escludendo il caso particolare di Venezia che merita un cenno a parte, tutti gli altri hanno un valore di passeggeri annui trasportati dai mezzi pubblici per abitante nettamente più basso rispetto a quello medio italiano.
Il comune capoluogo che più si avvicina al valore italiano, restandone comunque molto staccato, è Padova, pur essendo caratterizzata da uno dei maggiori tassi di motorizzazione, probabilmente grazie all'incentivo a servirsi dei mezzi pubblici dato dall'introduzione dell'innovativo metrobus.
Padova è anche la città che ne ha registrato il maggior incremento nel quinquennio 2000:2005, seguita da Belluno. Le altre città, invece, presentano una situazione invariata o in diminuzione.
Una nota a parte merita il comune di Venezia: il valore così alto di domanda di trasporto pubblico è probabilmente dovuto in parte all'utilizzo dei traghetti pubblici da parte dei numerosissimi turisti e in parte al ricorso agli autobus quasi obbligatorio dei residenti in terraferma che devono ogni giorno raggiungere il centro storico lagunare per lavoro o studio.

Inizio Pagina  Sanità

(Figura 15.25) Lo stato di salute dei cittadini e della stessa sanità pubblica rappresenta sicuramente uno dei principali indicatori per valutare la qualità della vita di una popolazione e di un territorio.
Nel quadro del processo di riorganizzazione della rete ospedaliera, avviato oramai più di dieci anni fa, sono stati adottati numerosi interventi di aggiornamento e o correttivi dell'apparato sanitario regionale, tra cui senza dubbio spicca la limitazione dei posti letto disponibili rispetto al numero di abitanti. Inoltre, al fine di garantire qualità ai servizi, sono oggetto di monitoraggio parametri di riferimento quali il tasso di ospedalizzazione, il tasso di occupazione dei posti letto, l'indice di rotazione, l'intervallo di turn over e anche l'appropriatezza dell'attività del medico di base.
La graduatoria regionale dell'indicatore medio relativo alla sanità proietta al primo posto le province di Padova, Treviso e, leggermente più staccata, Vicenza, realtà che, oltre a distinguersi per un buon apparato ospedaliero ed una adeguata struttura sanitaria, offrono un'immagine sostanzialmente "equilibrata" rispetto a tutti quei comportamenti che hanno comunque un risvolto sociale e sulla salute.
Sono proprio i dati riferiti a suicidi ed incidenti stradali che consentono di far emergere alcune distinzioni tra le prime tre province e le altre realtà della regione: a Padova e Treviso, più che Vicenza, si registra il minor tasso di suicidi e autolesione. A Padova, inoltr,e si registra il più basso tasso di pericolosità degli incidenti stradali, al quale corrisponde di conseguenza anche il più basso tasso di mortalità. Treviso, rispetto alle altre realtà provinciali, si distingue per un basso tasso di mortalità per tumori e per AIDS e per una bassa incidenza dei sinistri in rapporto al numero di abitanti. Vicenza, infine, evidenzia il minor numero di posti letto per abitante, fattore che determina una minor durata della degenza media. Elevato risulta il tasso di natalità, con il corrispondente tasso di mortalità infantile inferiore alla media regionale.
All'ultimo posto della graduatoria e nettamente staccata dalle altre realtà provinciali si attesta Belluno, che non presenta tanto elementi negativi in riferimento alla struttura sanitaria, quanto piuttosto offre preoccupanti indicazioni sul piano della vita sociale.
Infatti, se in senso positivo a Belluno si può constatare il maggior numero di medici in rapporto alla popolazione residente, a conferma di una struttura sanitaria che non evidenzia particolari carenze, i dati più negativi si ricavano considerando il tasso di mortalità per tumori e per suicidio, in particolare tra i giovani di sesso maschile. Nel bellunese si registrano nettamente al di sopra della media regionale anche i tassi di mortalità evitabile nella popolazione maschile e femminile ed un elevato numero di incidenti stradali ogni 10.000 abitanti. (Figura 15.26)
Tra le risorse principali del sistema sanitario figurano le risorse umane, e in particolare il numero di personale medico ed infermieristico presente sul territorio. Oltre alle strutture, ai macchinari e ai medicinali, è indispensabile che al cittadino sia garantito il personale medico e sanitario per la cura e l'assistenza, per una qualità del vivere quotidiano anche quando la salute viene meno.
Tale indicatore permette di conoscere la quota di personale sanitario in rapporto ai residenti in un territorio.
È Belluno la provincia che nel 2003 registra il valore dell'indicatore più elevato, con quasi 147 figure sanitarie ogni 10.000 abitanti, con un aumento del 4,7% rispetto al 1998. Seguono Verona e Padova, che contano valori abbastanza elevati dell'indice, rispettivamente 129 e 119, ma in diminuzione rispetto a cinque anni prima. In particolare, è proprio Padova che registra la riduzione più consistente rispetto al resto del territorio regionale. Rovigo e Treviso si collocano nel mezzo della graduatoria regionale, in particolare la marca trevigiana vede l'aumento più consistente di personale sanitario, che dal 1998 è cresciuto di quasi l'8%. Venezia e Vicenza ricoprono gli ultimi posti della graduatoria, registrando inoltre una riduzione nel corso del quinquennio considerato.
Oltre a valutazioni in merito alla qualità dell'assistenza della popolazione da parte di medici e infermieri, l'indicatore può essere impiegato a fini programmatori, per evidenziare differenze tra diversi territori regionali in merito alla disponibilità e spendibilità di risorse umane in campo medico e sanitario. (Figura 15.27)
L'assistenza ospedaliera riveste uno dei ruoli principali tra i servizi sanitari. L'organizzazione della rete ospedaliera diventa quindi necessaria ai fini di garantire un servizio di qualità al cittadino bisognoso di cure. I posti letto presenti in una struttura ospedaliera costituiscono una delle risorse principali per la cura del malato, tanto che garantire un certo numero di posti letto alla popolazione significa garantire che, in caso di malattia, questa possa essere accolta e curata nella struttura. In particolare negli ultimi anni si registra una crescente necessità di posti letto per le patologie che comportano una lungodegenza dei pazienti.
A partire dal 1999, in tutte le province si osserva un aumento nel corso di un quinquennio del numero di abitanti per posto letto, a cui corrisponde quindi una diminuzione del numero di posti letto per abitante. In particolare la riduzione interessa i posti letto ordinari per patologie acute, mentre a livello regionale si osserva un aumento dal 1999 al 2004 dei posti letto per lungodegenze e riabilitazione, venendo così incontro alle esigenze della popolazione soprattutto più anziana.
Nel 2004 Vicenza e Treviso evidenziano una situazione peggiore rispetto alle restanti province, con il maggiore numero di abitanti per posto letto (rispettivamente 314,5 e 300,7), Verona e Belluno invece ricoprono nella graduatoria i posti migliori con incidenze minori del numero di abitanti per posto letto. La diminuzione di posti letto per abitante in questi cinque anni ha interessato soprattutto le province di Padova e Belluno, mentre nei territori di Venezia e Rovigo si osserva un variazione più contenuta.
Resta comunque confermata la buona posizione ricoperta da Belluno, che si deve ad adeguate strutture ospedaliere, rivolte probabilmente ad una popolazione in numero più contenuto rispetto ad altre province. Verona, grazie anche alla presenza di una grossa azienda ospedaliera, fornisce alla popolazione un numero di posti letto superiore alla media regionale. (Figura 15.28)
Il tasso di ospedalizzazione della popolazione è un indicatore utile a rilevare la domanda di ricovero ospedaliero da parte dei cittadini che trova risposta all'interno del territorio di riferimento. Il valore comprende solo i ricoveri a regime ordinario, esclusi quindi quelli a regime diurno.
Lo studio della diversa propensione al ricovero ospedaliero evidenzia alcune diversità territoriali nelle province venete, che si possono attribuire in parte a diverse organizzazioni delle reti ospedaliere e territoriali, anche in termini di dotazioni di strutture, in parte a gestioni diverse nelle Asl delle tipologie di ricoveri. La provincia con il valore del tasso più elevato nel 2004 è Verona, dove il numero di ricoveri ospedalieri è di 162 ogni 1.000 abitanti, seguita con un distacco di oltre 20 punti da Belluno e Padova. Sono Treviso e Vicenza le province con più basso tasso di ospedalizzazione, che si attesta rispettivamente a 115,1 e 114,7.
Per tutte le province si evidenzia una generale diminuzione dal 1999 del numero di degenze per abitante, in particolare la riduzione più consistente si registra nel bellunese, mentre quella meno marcata a Treviso. La generale diminuzione dei ricoveri per regime ordinario si deve parzialmente ad un aumento nel Veneto del numero di ricoveri day-ospital, nel tentativo di trasferire alcune attività dalla degenza ordinaria a quella diurna. Un confronto provinciale tra le degenze ordinarie e quelle in regime di day-hospital consente di apprezzare diversità nei modelli assistenziali adottati per la gestione delle patologie dei pazienti, che riflettono inoltre politiche differenti nell'ottimizzazione delle dotazione e delle risorse finanziarie.

Inizio Pagina  Demografia e sociale

(Figura 15.29) Per completare l'analisi sulla situazione complessiva del benessere dei cittadini veneti si prendono ora in considerazione alcuni indicatori relativi alla struttura demografica e sociale delle singole province.
I primi posti della graduatoria regionale dell'indicatore medio per demografia e sociale sono detenuti dalle province di Treviso, Vicenza e Padova.
I punti di forza di tali province sono determinati da una struttura della popolazione in cui l'età media è più bassa rispetto alle altre realtà territoriali, da una sensibile crescita della popolazione e da una dimensione media del nucleo familiare superiore alla media regionale.
In particolare, Treviso si stacca nettamente dalle altre province del Veneto per il minore numero di delitti denunciati per 10.000 abitanti e per la più bassa incidenza di crimini contro il patrimonio. Basso, inoltre, risulta il numero degli stupri ed il tasso di separazione coniugale.
Vicenza e Padova, invece, evidenziano risultati positivi per la presenza nel territorio di strutture per minori in relazione al numero di abitanti, anche se nelle due province si segnalano indici elevati, soprattutto per Vicenza, in riferimento al livello di criminalità minorile. Padova, inoltre, si segnala per un'elevata incidenza dei furti di autovetture ed un basso numero di volontari.
Una nota a parte merita la provincia di Verona, la cui posizione è determinata non tanto da fattori che si legano alla struttura della popolazione, dato che si registra nell'area l'età media più bassa e l'indice di dipendenza giovanile più elevato, ma deriva soprattutto da una situazione dove la criminalità e l'ordine pubblico devono essere mantenuti maggiormente sotto controllo. Risulta, infatti, rilevante il numero di delitti denunciati ogni 1.000 abitanti, la percentuale di crimini contro il patrimonio ed il numero di furti di auto in relazione alla popolazione residente.
Belluno fa da fanalino di coda, posizione che si spiega soprattutto con gli elementi di carattere demografico e sociale che la caratterizzano: troviamo qui la popolazione residente più vecchia, saldi migratori nulli, bassa incidenza delle famiglie numerose e un numero medio di componenti è al di sotto della media regionale. Anche sul piano sociale si devono segnalare alcuni elementi negativi: nel bellunese, per esempio, si registra il più elevato numero di stupri in rapporto alla popolazione residente. (Figura 15.30)
Il Veneto ha intrapreso da anni un processo di invecchiamento generale della popolazione in linea con le tendenze demografiche nazionali e della maggior parte dei Paesi industrializzati.
Le conseguenze sociali di un tale cambiamento strutturale della popolazione sono ampie, tanto da implicare importanti scelte anche negli interventi pubblici di economia e di welfare.
L'indice di dipendenza della componente anziana coglie un aspetto importante dello squilibrio tra giovani e anziani, in particolare quello che si va a creare tra chi lavora e produce o potenzialmente può farlo e chi, non avendo più l'età, dipende dalla parte attiva della popolazione. Calcolando, infatti, il rapporto tra la popolazione che per motivi demografici non lavora più, vale a dire gli individui con più di 64 anni, e la popolazione in età lavorativa 15-64 anni, si quantifica il carico sociale che grava su questi ultimi.
Il peso è particolarmente forte nelle province di Belluno e Rovigo, dove per 100 persone in età lavorativa, ve ne sono circa 34 con almeno 65 anni. A seguire la provincia veneziana con il 31,6%, e le rimanenti province con un indice di poco inferiore al 30%.
Il peso sociale della componente anziana sulla popolazione attiva è in crescita in tutte le province venete: nel giro di cinque anni l'indice di dipendenza degli anziani è aumentato di 3,7 punti percentuali a Venezia, di 2,4 a Belluno, Padova e Vicenza, di 2 punti circa a Verona e Treviso.
Rovigo è, invece, la provincia che registra la crescita dell'indice di dipendenza degli anziani più contenuta (+1,7 punti percentuali) anche se, assieme a Belluno, si conferma un territorio demograficamente vecchio. (Figura 15.31)
Nel Veneto la presenza di cittadini stranieri è ormai una realtà consolidata ed in continua espansione, sempre più visibile nei quartieri delle città più grandi, nelle zone più industrializzate, nelle scuole e nei posti di lavoro. L'arrivo di migranti è molto spesso determinato da situazioni di povertà e di disagio nei Paesi di origine, e quindi finalizzato alla ricerca di un lavoro e di condizioni di vita più qualitative. All'aumento dei flussi migratori si accompagna anche la progressiva integrazione e stabilizzazione nel territorio, che si manifesta con la formazione di nuove famiglie o con i ricongiungimenti alle famiglie di origine, con l'incremento dei nati e degli inserimenti scolastici, con la crescente presenza di lavoratori e di imprenditori stranieri.
Nel 2006 quasi il 12% di tutti i cittadini stranieri residenti in Italia si è stabilito in Veneto: essi sono oltre 350.000 e rappresentano oltre il 7% della popolazione veneta. La loro presenza si concentra soprattutto nelle zone a vocazione più industriale delle province di Treviso, Vicenza e Verona: queste da sole accolgono il 64,5% degli stranieri residenti in Veneto. Ma è a Venezia che si registra la crescita maggiore: in cinque anni, infatti, questa provincia vede quasi triplicare il numero degli stranieri residenti che passano da 15.625 del 2001 a quasi 45.000 del 2006; segue Rovigo che, pur presentando l'incidenza più bassa sulla popolazione (4,4%), in questi anni evidenzia un aumento di cittadini stranieri residenti di quasi il 176%. A Padova i migranti sono il 6,5% della popolazione, quasi l'11% in più dell'anno precedente. Infine, è di rilievo, in quanto a concentrazione di stranieri, anche la zona del Cadore. (Figura 15.32)
Classificandosi al secondo posto tra le paure degli italiani, la criminalità dimostra di rappresentare un fattore importante per il determinare il benessere sociale e individuale. Oltre al danno diretto, infatti, gli episodi criminosi determinano paura e insicurezza, condizionando fortemente anche le abitudini quotidiane e lo stile di vita.
Il numero di delitti denunciati sintetizza e quantifica il fenomeno della criminalità di un determinato territorio, fornendo indicazioni sull'andamento del problema che emerge dalle denunce dei cittadini e dall'operato delle Forze di polizia.
Nel 2005, in Veneto, i delitti - vale a dire gli atti criminali per i quali è prevista una pena detentiva o pecuniaria, nonché una pena accessoria - denunciati dalle Forze di polizia all'Autorità giudiziaria sono stati 196.764, il 2,2% in più rispetto all'anno precedente.
Le province venete più coinvolte sono Venezia, Verona e Padova, dove nel 2005 si sono denunciati rispettivamente 4.990, 4.918 e 4.758 delitti ogni 100.000 abitanti ma, ad eccezione del territorio della provincia veneziana, dove i delitti denunciati sono in crescita del 7,1% rispetto al 2004, a Verona e Padova le denunce si mantengono su livelli pressoché simili (-1,1% a Verona e +1,8% a Padova).
Viceversa, le province di Vicenza, Rovigo, Treviso e Belluno si distinguono per il numero decisamente inferiore di delitti denunciati rispetto alla media regionale (4.169) e a quella nazionale (4.401) anche se nell'arco di un anno le denunce sono aumentate del 18,1% a Rovigo e del 4,5% a Belluno.
Nel trevigiano, infine, si riscontra il miglioramento più consistente in termini di riduzione del numero di denunce, con oltre 200 (-6,2%) delitti denunciati in meno rispetto al 2004.



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Note

  1. E' stata utilizzata la media aritmetica dei valori dei singoli indicatori elementari trasformati in scarti standardizzati. Nel calcolo della media si è tenuto conto dei singoli indicatori, dopo averli ricondotti ad un unico verso (negativo - positivo) in relazione alle loro caratteristiche; sono stati prima espressi in scarti standardizzati (cioè, in scarti dalla loro media e relativizzati allo scarto quadratico medio), successivamente per ogni ambito è stata calcolata la media aritmetica degli scarti standardizzati.
  2. Il STL di Belluno comprende l'Alpago, il Longaronese, il Bellunese, la Val Belluna e il Feltrino.
  3. Il STL Dolomiti comprende Cortina, l'Agordino, lo Zoldo, la Val Boite, il Cadore e Comelico e Sappada.


Figura 15.1
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi.
Figura 15.2
Densità di popolazione - Anni 2001 e 2006
Figura 15.3
Qualità dell'aria: polveri sottili (PM10) nell'aria - Anni 2003 e 2006.
Figura 15.4
Percentuale di raccolta differenziata - Anni 2001 e 2006
Figura 15.5
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.6
Valore aggiunto pro capite (euro correnti) - Anni 2001 e 2005
Figura 15.7
Spesa per consumi delle famiglie - Anni 2000 e 2005
Figura 15.8
Permanenza media - Anni 2002 e 2007
Figura 15.9
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.10
Valore aggiunto, in milioni di euro 2000 - Anni 2001 e 2006
Figura 15.11
Livello di terziarizzazione - Anni 2002 e 2007
Figura 15.12
Propensione all'esportazione - Anni 2001 e 2006
Figura 15.13
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.14
Tasso di scolarità superiore - A.S. 2002/2003 e 2006/2007
Figura 15.15
Nuovi laureati per 1.000 abitanti - Anni 2001 e 2006
Figura 15.16
Indice di dotazione di strutture culturali e ricreative (Italia=100) - Anni 2000 e 2004
Figura 15.17
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.18
Tasso di occupazione (15-64 anni) - Anni 2004 e 2007
Figura 15.19
Tasso di attività (15-64 anni) femminile - Anni 2004 e 2007
Figura 15.20
Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) - Anni 2004 e 2007
Figura 15.21
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.22
Zone a traffico limitato (mq/ab) nei comuni capoluogo - Anni 2000 e 2005
Figura 15.23
Tasso di motorizzazione - Anni 2001 e 2006
Figura 15.24
Domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo - Anni 2000 e 2005
Figura 15.25
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.26
Personale sanitario ogni 10.000 abitanti - Anni 1998 e 2003
Figura 15.27
Abitanti per posto ospedaliero ordinario - Anni 1999 e 2004
Figura 15.28
Tasso di ospedalizzazione - Anni 1999 e 2004
Figura 15.29
Graduatoria in base all'indicatore medio di sintesi
Figura 15.30
Indice di dipendenza degli anziani - Anni 2001 e 2006
Figura 15.31
Popolazione straniera residente - Anni 2006 e 2001
Figura 15.32
Delitti denunciati per 100.000 abitanti - Anni 2004 e 2005

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