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Welfare a misura di bambini, disabili, anziani

La spesa per protezione sociale in Italia e in Europa
La qualità dei sistemi di solidarietà nei confronti delle fasce deboli è certamente uno dei parametri che permettono di valutare l'evoluzione del welfare e il livello della qualità della vita di un paese. Naturalmente queste dinamiche protezionistiche nascono da politiche pubbliche che risultano limitate da rigidi vincoli di bilancio, ma che cercano il più possibile di rispondere ai diffusi cambiamenti demografici ed economici degli ultimi decenni.
Un valido sistema di protezione sociale si muove contro la povertà, cerca la riduzione delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e intende ridistribuire le risorse tra le diverse fasce generazionali compresenti in una nazione.
La grande importanza delle politiche di protezione sociale nelle società del ventunesimo secolo riflette gli elevati livelli di spesa riservata a tale funzione dalle pubbliche amministrazioni d'Europa.
La spesa per protezione sociale coinvolge sia il sistema previdenziale, sia quello assistenziale. Il primo è connesso all'attività lavorativa e opera sulla base di rapporti assicurativi e mediante finanziamenti conseguiti attraverso il prelievo contributivo, mentre le prestazioni di natura assistenziale mirano a garantire ai cittadini risorse economiche adeguate al sostentamento.
La spesa per protezione sociale italiana raggiunge nel 2005 il 26,4% del Pil nazionale, un punto percentuale in meno rispetto alla quota sul Pil relativa alla spesa dell'UE25: l'andamento della quota italiana è comunque in deciso aumento, facendo osservare una crescita del 6,9% dal 2000 al 2005, a fronte di una crescita del 3% del dato dell'Unione Europea. La spesa pro capite italiana fino al 2003 risultava superiore al valore pro capite relativo all'intera UE25, ma nei due anni successivi si è tenuta leggermente in difetto rispetto alla media europea. (Figura 12.1)
Quasi la totalità della spesa per protezione sociale giunge al cittadino sottoforma di benefici sociali, comprensivi degli aiuti monetari e di quelli in termini di beni e servizi: è risaputo che in Italia tradizionalmente vi sia un maggior ricorso alla prima modalità di assegnazione del sostegno.
In Italia, ancora più che in Europa, le funzioni per le quali vengono assegnati la maggior parte dei benefici sociali sono la vecchiaia e la malattia: queste due voci infatti nel nostro paese coinvolgono oltre tre quarti della spesa investita in benefici sociali per i cittadini in difficoltà. Elevata risulta anche la quota di spesa destinata a benefici sociali anche per i superstiti; meno consistente invece, rispetto alla media europea, è la spesa rivolta alle voci della famiglia, della disabilità ed alla disoccupazione. (Figura 12.2)
La spesa pubblica per protezione sociale delle regioni italiane
Il sistema di protezione sociale in Italia è comprensivo dei settori della previdenza, dell'assistenza e della sanità; in questo contesto ci occuperemo in particolare della spesa per protezione sociale soltanto rispetto alle due prime componenti.
Nel nostro Paese le competenze e le funzioni in tema di assistenza e previdenza si sviluppano, oltre che nella gestione pensionistica, anche nelle prestazioni a sostegno del reddito, quali i sussidi per: la disoccupazione, la malattia, la disabilità, la maternità, la cassa integrazione, gli assegni familiari. I destinatari delle prestazioni previdenziali e assistenziali sono quindi le persone ritirate dal mondo del lavoro, i minori, le persone inabili per malattia o invalidità, i lavoratori con redditi inadeguati, i disoccupati e altre persone che necessitano di forme speciali di aiuto per inserirsi nel mercato lavorativo.
Gli enti erogatori di prestazioni di assistenza sociale sono il Ministero dell'Economia e delle Finanze, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), tutte le amministrazioni locali (Regioni, Province e Comuni) e altre istituzioni pubbliche di assistenza. Si occupano invece dell'erogazione nel settore della previdenza gli enti di previdenza pubblici, accompagnati da altri soggetti gestori di fondi pensionistici privati.
La Pubblica Amministrazione localizzata nel Veneto (Nota 1) ha indirizzato nel 2006 alle funzioni della previdenza e dell'assistenza il 44,4% del totale della sua spesa pubblica consolidata (Nota 2); circa 43% è l'analoga quota a livello nazionale, peraltro in aumento negli ultimi cinque anni. (Figura 12.3)
In termini pro capite ammonta a 4,7 migliaia di euro l'importo di spesa mediamente destinato nel 2006 a beneficio di un cittadino veneto, inferiore al dato medio nazionale, 5,1 migliaia di euro.
In rapporto alla ricchezza prodotta, in Italia previdenza, integrazioni salariali e interventi in campo sociale impegnano la Pubblica Amministrazione centrale e locale per il 20,6% del Pil, 16,2% invece l'analoga quota nel Veneto, che si pone in coda alle altre regioni. (Figura 12.4) e (Figura 12.5)

Inizio Pagina  Le prestazioni pensionistiche

La principale criticità in tema di gestione della spesa per protezione sociale, in particolar modo per quanto riguarda il sistema pensionistico, è rappresentata dall'invecchiamento della popolazione osservato negli ultimi anni: è ormai riconosciuto che è necessario aumentare il tasso di investimento nel sistema assicurativo odierno al fine di sostenere l'alto rapporto tra anziani e popolazione attiva, sulle cui spalle di fatto ricadono le conseguenze del mantenimento delle generazioni precedenti.
Un buon rapporto di dipendenza è quello presentato dal Veneto per il 2005, dove a 100 lavoratori corrispondono 62 pensionati: il dato nazionale, pari a 71, e il massimo valore raggiunto dalla Liguria, dove l'indice di dipendenza sale addirittura a 89, fanno risaltare le situazioni di minor squilibrio che si trovano in Trentino, in Veneto ed in Lombardia. Il rapporto di dipendenza rischia però di sottostimare il reale carico sulla popolazione poiché valuta il rapporto tra pensionati e occupati senza tener conto del numero di pensioni ricevute da ogni beneficiario. In Italia infatti nel 2005 il 24,2% dei pensionati beneficia di 2 pensioni, il 6,1% riceve 3 prestazioni pensionistiche e l'1,3% addirittura 4 o più; tra questi il 26,8% cumula differenti tipologie di pensioni (Nota 3). (Figura 12.6) e (Figura 12.7)
A confermare la ridotta pressione esercitata sulla popolazione veneta è sufficiente l'osservazione del tasso di pensionamento, che sempre per il 2005 mostra 37,1 pensioni erogate per 100 abitanti, dato inferiore alla media nazionale, che evidenzia una situazione di maggior sostenibilità della spesa veneta rispetto alle realtà osservate in buona parte delle regioni italiane. (Figura 12.8)
I pensionati veneti e le loro pensioni
L'incidenza maggiore di beneficiari di pensioni nel 2005 è naturalmente collocata nella parte alta della piramide delle età; tuttavia quasi il 34% dei percettori ha meno di 65 anni, età normalmente individuata come soglia della vecchiaia a fini pensionistici. Leggermente più frequenti sono i pensionati di genere femminile: le donne, caratterizzate tipicamente da una maggiore longevità, continuano più a lungo a beneficiare delle prestazioni a loro dedicate. La distribuzione dei pensionati per età vede infatti un'alta quota rosa nelle fasce che comprendono gli over-settanta, mentre nelle classi d'età più giovani la maggioranza dei beneficiari è di genere maschile.
Tuttavia gli uomini, pur essendo il 47,7% dei pensionati, percepiscono la maggior parte dei redditi pensionistici, a causa del maggiore importo medio dei loro benefici: gli uomini presentano quote più elevate nelle fasce di importo mensile più alto, mentre le donne in quelle di importo più basso. L'importo medio lordo annuo delle pensioni in Veneto è di €12.390 per gli uomini, mentre per le donne la media si colloca ad un livello decisamente inferiore, pari a €7.100. A prescindere dal genere dei destinatari, è evidente come le frequenze più elevate si osservino in corrispondenza delle classi di importo più basse, elemento che fa cogliere la necessità di investimenti maggiori per una miglior distribuzione del reddito pensionistico. (Figura 12.9) e (Figura 12.10)
Il beneficio relativo delle prestazioni erogate ai cittadini veneti supera appena il 33% del Pil pro capite regionale, valore inferiore al dato nazionale che si attesta vicino al 39%. Il fatto che tutte le regioni del Nord mostrino bassi valori di questo indicatore probabilmente dimostra come la principale causa dello squilibrio, più che essere la differenza negli importi medi regionali delle prestazioni, sia imputabile alla forte differenziazione territoriale che esiste nel nostro Paese riguardo alla capacità di produrre ricchezza. (Figura 12.11)
Differenti importi medi territoriali possono essere spiegati anche dalla distribuzione per tipologie di prestazioni erogate. Alti livelli pensionistici in Italia sono raggiunti dai percettori di pensioni di vecchiaia, mentre i valori medi minimi riguardano i beneficiari di pensioni indennitarie e di guerra. La gestione pensionistica veneta tende a seguire l'andamento della distribuzione nazionale, mostrando però qualche impiego monetario in più nei settori dell'invalidità, delle pensioni sociali e di quelle di guerra: gli importi medi relativi a queste tipologie risultano superiori alla media nazionale, palesando così nella nostra regione una migliore risposta nei confronti dei problemi dell'handicap e del sostegno al reddito, problematiche per le quali il supporto deve essere sempre concretamente garantito. (Figura 12.12)
A conclusione viene operata una breve disamina della spesa pensionistica rispetto ai comparti lavorativi dei beneficiari, con riferimento soltanto alle pensioni di invalidità, vecchiaia, superstiti (Ivs) e indennitarie, in quanto le pensioni assistenziali, non essendo collegate ad un sistema di contribuzione, sono erogate a prescindere dal settore di attività economica nel quale il beneficiario abbia eventualmente operato. In Italia le pensioni Ivs e indennitarie coinvolgono per l'86,5% percettori provenienti dal mondo lavorativo privato; in Veneto l'incidenza di questo comparto è ancora maggiore, pari all'87,7%.
In linea con quanto affermato precedentemente le pensioni Ivs sono quelle con un importo medio più elevato rispetto alle altre tipologie di prestazione, in riferimento sia al comparto occupazionale privato che a quello pubblico. Nel 2005 in Italia infatti l'importo medio lordo annuo di una pensione Ivs è di €10.790, mentre decisamente più esigui sono gli importi medi lordi annui delle prestazioni indennitarie e assistenziali, pari rispettivamente a €4.132 e €4.308. Per queste ultime due tipologie di pensione gli importi medi delle prestazioni venete sono abbastanza vicini a quelli nazionali; più evidente è la differenza in relazione alle pensioni Ivs, le quali fanno registrare un allontanamento dell'importo medio veneto, in difetto di qualche centinaio di euro rispetto a quello italiano.
In Veneto l'importo medio delle pensioni Ivs di percettori provenienti dal comparto pubblico, pari a €17.648, risulta quasi doppio rispetto a quello degli ex lavoratori del privato, che ricevono mediamente €9.490; in riferimento ad entrambi i comparti la media degli importi veneti di questa tipologia di prestazione è leggermente inferiore rispetto al valor medio nazionale.
La differenza negli importi medi tra i due comparti probabilmente risente della diversa composizione dei relativi percettori di pensioni: appartengono infatti ai pensionati del comparto privato, oltre alla componente di lavoratori dipendenti, costituenti invece la totalità del settore pubblico, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Questi ultimi, anche se di numerosità esigua, percepiscono mediamente prestazioni pensionistiche di importo maggiore rispetto alla media del comparto privato, così come, anche se in minor misura, gli ex lavoratori dipendenti percepiscono pensioni mediamente più alte; sotto la media invece i lavoratori autonomi che rappresentano in Veneto il 38% del totale dei percettori di pensioni Ivs del comparto privato. (Tabella 12.1)

Inizio Pagina  Politiche sociali nel Veneto

(Nota 4) Nell'evoluzione del sistema regionale delle politiche sociali il termine "qualità" ha acquistato sempre maggiore familiarità nel lessico degli addetti alla programmazione ed all'erogazione dei servizi. Qualità dei servizi, ma anche qualità del benessere recepito - la cui misurazione è stata recentemente realizzata in una ricerca dell'Università di Padova (Nota 5) - per la quale sono molteplici gli attori implicati: Stato, regioni , enti locali, operatori, utenti, famiglie degli utenti, e tutti i diversi portatori di interessi. Questa pluralità di soggetti rende ragione del conio, in primis nella nostra regione, del modello dell'integrazione socio sanitaria, con la quale si definiscono sia la trama di rapporti tra soggetti erogatori dei servizi, pubblici e privati, concetto più recentemente elevato al rango costituzionale di principio si sussidiarietà, che l'integrazione, appunto di politiche sanitarie e sociali, con la delega alla loro gestione da parte dei comuni alle Aziende ULSS (Nota 6).
In questo contesto si intende descrivere gli aspetti di maggiore incidenza numerica sulle famiglie venete, che riguardano gi ambiti dei servizi alla prima infanzia, alla persona e alla non autosufficienza; tracceremo in conclusione, una sintesi delle risultanze della ricerca sulla qualità percepita nei servizi sociali del Veneto.
I servizi alla prima infanzia
Nel complesso dei servizi a favore delle famiglie, con particolare attenzione al mondo dei bambini, si inserisce anche il 'sistema educativo' che, a partire dal concepimento, si struttura in maniera da accompagnare genitori e figli nell'esperienza educativa e nella loro evoluzione. Sono infatti favorite iniziative, opportunità e organizzazioni vere e proprie, intese come offerta di servizi stabili e ben strutturati, appartenenti in parte, al sistema scolastico.
Di fatto nel corso di vita il bambino incontra i servizi per la prima infanzia che lo accolgono fino ai tre anni d'età. In essi è sostenuto prioritariamente l'aspetto educativo e tutta la programmazione ed organizzazione è volta ad assicurare una offerta di qualità e sostenibilità a livello locale e territoriale.
Non in tutte le regioni italiane il sistema di servizi e opportunità a favore dei bambini sotto i tre anni afferisce alle politiche sociali come avviene in Veneto: nel riconoscere l'alta valenza educativa e non esclusivamente di assistenza e cura per il primissimo periodo di vita del bambino e al fine di supportare le famiglie, si rende necessaria una opzione di fondo, quella di riconoscere la famiglia quale soggetto e capitale sociale.
Per invertire la rotta ed incominciare un percorso positivo per l'intera società è necessario riconoscere alle famiglie le loro funzioni passando dalle obsolete politiche assistenziali per la famiglia, alle politiche per e con la famiglia, con le quali la famiglia viene dotata degli strumenti culturali, economici, strutturali, sociali affinché possa svolgere al meglio il proprio insostituibile ruolo secondo una corretta ed equilibrata applicazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
Come già illustrato in precedenza, in questi ultimi anni è avvenuto un mutamento radicale nella cura ed educazione dei figli. Abbiamo una famiglia diversificata (genitori single, coppie ricostruite) che interagisce con la famiglia tradizionale e i servizi per l'infanzia. Dall'altra parte si verifica un ampliamento della diversificazione dell'utenze (vedi l'aumento della famiglie straniere), cambiano le esigenze di chi utilizza i servizi (orari part-time, flessibilità nell'entrata ed uscita).
La rete degli asili nido e di tutti i servizi integrativi non vanno più visti nell'ottica di erogatori di prestazioni di cura ed assistenza ma anche come servizi orientati al nucleo genitoriale: in questa prospettiva è necessario un investimento atto a consolidare una rete di servizi diversificati, in cui la centralità dell'asilo nido non venga meno, ma sia affiancata da una serie di altre tipologie di servizi (nidi in famiglia e domiciliari) in grado di offrire nuove risposte alle mutate esigenze familiari. Ciò permetterà di arricchire il panorama dei servizi tradizionali già esistenti con un ventaglio di offerte che vanno a costruire un sistema integrato di servizi, in osservanza anche al dettato della legge-quadro 328/2000, nel quale tutti i servizi socio-educativi possono essere realizzati sia da enti pubblici che privati, cooperative, associazioni, privato sociale.
In Veneto in risposta a queste esigenze hanno fatto seguito numeri significativi che corrispondono all'Obiettivo del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 di innalzare entro il 2010 l'offerta di servizi fino alla soglia della copertura del 33 per cento del fabbisogno: dal 2001 al 2007, il numero di posti disponibili in servizi alla prima infanzia è quasi triplicato, aumentando del 298% e passando da 8.813 posti del 2001 ai 26.299 di oggi.
I servizi per la prima infanzia nella regione Veneto ad oggi effettivamente funzionanti sono 639 e possono accogliere un totale di 18.939 bambini. Considerando, infatti, anche i servizi approvati ma non ancora funzionanti (231 servizi per 5.603 posti) e le domande presentate nel 2007 (60 nuovi servizi per 1.757 posti), i servizi autorizzati dalla Regione Veneto diventano 930 per un totale di posti potenziale pari a 26.299. (Tabella 12.2), (Tabella 12.3) e (Tabella 12.4)
Questo dato confrontato con la popolazione nella fascia di età interessata evidenzia un grado di copertura nel 2007 regionale del 19,1%, con un trend di crescita negli ultimi anni sostenuto e con punte sopra la media regionale nelle province di Padova, Rovigo e Verona. (Figura 12.13) e (Figura 12.14)
Questi dati pongono il Veneto tra i primi posti a livello nazionale nel campo dei servizi alla prima infanzia.
Inoltre l'amministrazione regionale veneta sta realizzando un forte investimento sulla realizzazione del "nido in famiglia" con l'obiettivo di soddisfare le sempre più pressanti richieste che vengono dal territorio, offrendo un servizio di cura di dimensioni più contenute. Tale realtà ha il duplice scopo di garantire da una parte un'offerta di servizi anche nelle realtà locali più piccole e dall'altra l'apertura al mercato delle donne che vogliono lavorare in proprio, salvaguardando le esigenze familiari. Questo tipo di realtà, svolta nel proprio domicilio, con un massimo di 6 bambini, non può certamente ricadere nei servizi strutturati tradizionalmente descritti, ma contribuisce alla copertura territoriale, soprattutto laddove l'ente locale, sia per motivi finanziari che anagrafici, non può permettersi un investimento su un servizio di grandi dimensioni, che oltrettutto non sarebbe in linea con il principio della buona amministrazione.
I servizi alla persona e l'invecchiamento della popolazione
Gli scenari descritti nel capitolo precedente che si riferiscono all'invecchiamento della popolazione pongono numerosi interrogativi sui cambiamenti che la condizione anziana comporta, e sulle problematiche connesse all'avanzare dell'età.
Un primo fondamentale aspetto riguarda le condizioni di salute dell'anziano, come queste possono cambiare nel tempo e che caratteristiche presentano. L'ingresso nella condizione di non autosufficienza è una delle problematiche più gravi che riguardano l'anziano: l'insorgenza nell'anziano di una condizione di dipendenza si ripercuote fortemente anche sulla sua famiglia e sulle sue dinamiche.
Oggi le famiglie venete comprendenti componenti anziani sono frequentemente costituite dai coniugi conviventi e dai figli, spesso già adulti e impegnati nella creazione di una loro nuova famiglia. L'aumento generalizzato della durata della vita consente alla coppia anziana di vivere più a lungo insieme e dunque consente l'eventuale presa in carico del familiare dipendente direttamente da parte del partner. Questa possibilità ricorre più frequentemente nel caso in cui l'anziano malato sia il marito, perché le donne spesso sono già vedove nel momento in cui insorge un problema di salute invalidante. In molti casi, invece, subentrano i figli nel ruolo di caregiver, trovandosi però a sostenere contemporaneamente il carico di cura sia rispetto ai genitori che ai propri figli. Il calo del numero di figli per donna che si è verificato a partire dagli anni '60, ha come diretta conseguenza la presenza di un numero ridotto di figli per genitore anziano, e dunque la scarsa disponibilità di figure di riferimento in caso di problemi di salute. I figli si trovano dunque spesso da soli a gestire l'assistenza al genitore non autosufficiente, in particolare se sono di genere femminile. Le donne infatti sopra i 50 anni sono sempre più coinvolte nell'affrontare e gestire il lavoro di cura sia verso le generazioni che le precedono sia verso quelle che le seguono, nel continuo tentativo di contemperare gli impegni familiari con quelli di lavoro. (Figura 12.15) e (Figura 12.16)
In Veneto sono circa 169.000 le famiglie con almeno una persona disabile, tale dato fa molto riflettere infatti, anche se al di sotto della media nazionale, quasi una famiglia su 10 appartiene a questa categoria. Se poi pensiamo che l'83,2% delle famiglie venete con disabili ha un disabile anziano ci possiamo ancor più rendere conto di quanto diffusa sia la problematica, il dato ci colloca al di sopra della media nazionale, in posizione intermedia tra Lombardia e Toscana, e purtroppo è molto probabilmente destinato a salire: secondo alcune stime previsionali la presenza nella popolazione anziana veneta di persone completamente non autosufficienti potrebbero aumentare nel medio-lungo periodo da 103.226 (anno 2005) a 172.180 (anno 2025) persone.
È ormai diffuso a livello nazionale ed internazionale l'orientamento verso interventi di tipo domiciliare rivolti alla popolazione anziana in particolare non autosufficiente e alle loro famiglie. Vengono dunque attivati non solo servizi domiciliari di tipo assistenziale per l'anziano non autosufficiente, ma anche interventi di sostegno diretto ai familiari dell'assistito, soprattutto di carattere economico. Questo nuovo orientamento va inserito all'interno di un processo di riconoscimento del ruolo fondamentale che la famiglia ricopre all'interno dei servizi, nel lavoro di assistenza e cura, e di ridefinizione del 'patto' sociale che lega le famiglie ed i servizi, e determina i confini tra ciò che può rimanere nella sfera privata e ciò che viene preso in carico dalla comunità.
Con la risposta 'domiciliare', sul cui sviluppo in Veneto si sta molto investendo, si completa con l'offerta di servizi residenziali per le persone non autosufficienti. E' un'attività programmatoria che segue linee strategiche che affermano un modello di welfare capace di valorizzare il sistema socio sanitario della rete integrata dei servizi e soprattutto in grado di collocare la persona e la sua famiglia nel 'cuore' delle azioni, degli interventi, dell'operare della politica.
Nel corso del 2007, l'introduzione delle 'impegnative di residenzialità' (Nota 7), cioè della libera scelta da parte dell'utente (o della sua famiglia) del centro di servizio, ha permesso, inoltre, di introdurre nei centri residenziali livelli di qualità ancora più elevati che permetteranno l'elaborazione di modelli gestionali flessibili e integrati sino a concludere percorsi di accreditamento istituzionale.
La nuova programmazione valorizza altresì il ruolo delle amministrazioni locali che attraverso l'approvazione del piano territoriale della residenzialità sono chiamate a condividere gli indirizzi della programmazione per rispondere in modo adeguato ai bisogni delle persone anziane non autosufficienti.
In Veneto non solo programmazione, ma anche investimenti: le risorse - 470.000.000,00 euro per il 2008 - per le persone anziane e principalmente per le persone non autosufficienti documentano l'impegno a sviluppare e a implementare la qualità della rete dei servizi socio-sanitari. Si tratta di una capacità di investire risorse che colloca la nostra regione ai primi posti a livello nazionale per la quota di rilievo sanitario e al contempo assicura livelli di eccellenza per l'assistenza. (Figura 12.17) e (Figura 12.18)
L'assistenza alle persone disabili
La disponibilità di informazioni statistiche sulla disabilità rappresenta un presupposto fondamentale per la corretta attuazione delle norme e per l'assegnazione di risorse adeguate. Tuttavia in Italia, come nella maggior parte degli altri Paesi, non si è ancora giunti ad un insieme organico e completo di dati sui diversi aspetti della disabilità.
La principale fonte di dati utilizzata per stimare il numero delle persone con disabilità presenti in Italia è l'indagine sulle Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2005. In base alle stime ottenute emerge che in Italia le persone con disabilità sono 2.609.000, pari al 4,8% circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia, il dato si basa su un criterio molto restrittivo di disabilità, quello di una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana. Se consideriamo in generale le persone che hanno manifestato una apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni la stima allora sale a 6.606.000 persone, pari al 12% della popolazione con età superiore ai 6 anni, ma è bene chiarire ancora che si tratta di stime, che presumibilmente distorcono verso il basso il reale numero di persone con disabilità in Italia, infatti non sono qui conteggiate le persone che risiedono nei presidi residenziali socio-sanitari.
La presenza di disabilità è ovviamente correlata all'età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 18,7%, e raggiunge il 44,5% tra le persone di 80 anni e più (35,8% per gli uomini e 48,9% per le donne).
In Veneto i disabili sono circa 182.000: il 18% è nella classe di età che va dai 6 ai 64 anni mentre il 66% ha un'età che supera i 75 anni. (Figura 12.19)
A livello nazionale i tassi di disabilità ovvero l'incidenza della categoria sulla popolazione, evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: ci sono circa 6,1 donne disabili ogni cento residenti mentre di uomini 3,3, nella nostra regione 5,1 per il genere femminile e 3,2 per quello maschile. Tale fenomeno è determinato in buona parte dall'evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne.
Nell'analisi della distribuzione territoriale emerge un differenziale tra l'Italia settentrionale e quella meridionale ed insulare. In particolare si osserva un tasso di disabilità del 5,7% nell'Italia insulare e del 5,2% nell'Italia Meridionale, mentre tale tasso scende al 4,2% nell'Italia Nord-Orientale e al 4,3% nell'Italia Nord-Occidentale. Nell'Italia Centrale si ha un tasso di disabilità del 4,9%. Il tasso del Veneto, 4,2%, risulta inferiore di quello nazionale e si allinea perfettamente a quello della ripartizione territoriale di appartenenza.
La famiglia costituisce il contesto di vita ed ambientale più rilevante delle condizioni di vita della persona con disabilità: luogo degli affetti e delle relazioni parentali più strette, ma anche ambito di cura, assistenza e riabilitazione sociale.
Per quanto riguarda l'ambito lavorativo, nonostante le innovazioni legislative (L.68/99 e successive) e le numerose iniziative attivate anche grazie a progetti e finanziamenti europei, i livelli di occupazione delle persone con disabilità sono ancora piuttosto bassi.
La partecipazione sociale delle persone con disabilità costituisce oggi la sfida più grande e più difficile da affrontare, perché in essa si vengono a sommare problematiche derivanti non solo dalla condizione di disabilità del soggetto, ma soprattutto e principalmente dal contesto ambientale e culturale. (Figura 12.20)
Nel Veneto, in attuazione dei fondamentali principi costituzionali e della normativa nazionale relativa alla disabilità (L.104/92, L. 68/98) si sono ormai consolidate modalità di intervento e ambiti organizzativi e gestionali che assicurano alle persone con disabilità i livelli di assistenza sanitaria, di diagnosi, cura e riabilitazione che favoriscono il riconoscimento di fondamentali diritti, quali quello della salute, dello studio, del lavoro, alla partecipazione attiva alla vita sociale.
L'impegno della Regione del Veneto su tale campo si è concretizzato in più ambiti della vita familiare e sociale dalla persona con disabilità.
I servizi di integrazione scolastica, i servizi di integrazione lavorativa, l'articolata rete dei servizi diurni e il sistema dei servizi residenziali, costituiscono ambiti di intervento che assicurano alle persone con disabilità e alle loro famiglie, il riconoscimento dei loro fondamentali diritti.
Le persone con disabilità che usufruiscono della rete dei servizi predisposti a livello regionale (integrazione scolastica, integrazione lavorative, servizi diurni e servizi residenziali) sono complessivamente 23.500 (Nota 8).
In particolare, per quanto riguarda i servizi di integrazione scolastica, grazie all'azione integrata e concertata della Scuola, dei Comuni, delle Province, delle A.Ulss. nell'anno scolastico 2005/2006 sono stati certificati 12.898 bambini di cui 3.124 sono stati seguiti dal punto di vista assistenziale dal personale Socio - Sanitario dell'A.U.L.S.S. per le gravità della loro disabilità.
Nell'area dell'integrazione lavorativa nel 2005 gli utenti dei SIL (Servizi di integrazione lavorativa) sono stati 6.179 che, attraverso gli strumenti dei tirocini lavorativi, hanno sperimentato progetti di formazione, orientamento e collocamento lavorativo.
Le strutture residenziali per persone con disabilità alla fine del 2006 nel Veneto sono 129 e il numero delle persone ospiti è di 2.867, i centri diurni sono 259 e gli utenti frequentanti sono 5.666.
La qualità percepita nei servizi sociali del Veneto
(Nota 9) Nella realtà dei servizi sociali la qualità non riguarda solo gli utenti dei servizi stessi, ma la popolazione in senso allargato. Ciò vale in particolar modo quando ci si pone nella prospettiva della legittimazione dei costi di tali Servizi: la maggior parte dei processi di legittimazione coinvolge appunto coloro che ne sostengono i costi anche se ne usufruiscono l'efficacia solo indirettamente.
Non basta quindi far riferimento ad una customer satisfaction di tipo aziendalistico per misurare questa soddisfazione. L'oggetto principale è, in questo contesto di valutazione, la percezione collettiva dei servizi, non tanto come giudizio o valutazione quantitativa, ma piuttosto come legittimazione di ciò che fanno. In altri termini la sola soddisfazione dei fruitori appare come un aspetto importante, ma insufficiente, per la definizione della percezione di qualità.
Una ricerca finanziata dalla Regione Veneto nell'anno 2003-2004 e denominata "Classi, cittadinanza e servizi sociali" aveva permesso di investigare le dimensioni sottostanti il costrutto della qualità e soddisfazione percepita, di customer satisfaction, nell'ambito dei Servizi Sociali. I risultati avevano evidenziato come i cittadini si configurassero come portatori di interessi, stakeholders, nei confronti dei Servizi Sociali e, in quanto tali, avevano mostrato di percepirne in modo differente la qualità.
A distanza di tre anni dalla precedente rilevazione, è parso opportuno proseguire con il monitoraggio tramite una seconda fase di ricerca, forti dell'esperienza maturata e dell'evidenza dei dati precedentemente raccolti.
Obiettivo principale del lavoro di ricerca è stato la misurazione del miglioramento della qualità dei Servizi e, soprattutto, la rilevazione della sua legittimazione. Anche in Italia infatti sta lentamente progredendo un approccio globale ai problemi dell' esclusione sociale. Molti fattori spiegano una certa lentezza nel rispondere ai bisogni degli utenti dei servizi sociali: tra questi la limitatezza delle risorse dedicate, la debolezza della macchina pubblica, e soprattutto la nascita di nuove tipologie di bisogni e la loro variabilità nel tempo.
I dati raccolti sottolineano come nonostante i servizi sociali siano utilizzati direttamente solo da una piccola parte della popolazione (12% nel campione utilizzato), i cittadini veneti forniscono complessivamente una immagine positiva, con differenti declinazioni territoriali e socio-anagrafiche.
Gli intervistati, che rappresentano l'intera popolazione veneta, attribuiscono molta importanza ai servizi sociali, importanza sulla quale sembra influire il proprio bisogno personale, anche quando non li si utilizza: si manifesta una sorta di effetto psicologico del bisogno nella definizione sia dell'importanza che della vicinanza dei servizi. I Servizi quindi rappresentano una rassicurazione, quasi una assicurazione in caso di necessità.
Sostanzialmente l'area degli anziani, della povertà e dei bambini risultano necessitare, agli occhi dei veneti, di ulteriori investimenti sia nell'ottica dell'aumento dei trasferimenti monetari sia in quella dell'aumento delle strutture e della riattivazione della rete sociale.
Inoltre i cittadini riconoscono positivamente il lavoro fatto nelle aree dell'handicap e dei giovani adolescenti.
Seppur risulti evidente come nella popolazione sono le reti primarie (famiglia e amici) quelle alle quali in primis ci si rivolge nei momenti di difficoltà, emerge forte l'esigenza dei cittadini di sapere di poter contare su uno Stato che si faccia garante del benessere dei suoi cittadini e della qualità dei servizi sociali e che si impegni nell'implementazione di nuovi servizi.
Colpisce come non si percepisca però una chiara identificazione sulla capacità professionale nei confronti degli operatori che lavorano all'interno dei servizi sociali. I cittadini sembrano poco avvezzi a queste figure professionali che non conoscono e delle quali non riescono a riconoscere la professionalità. Appare chiaro come tendano a riferirsi al modello sanitario piuttosto che a quello sociale.
Ciò crea alcune difficoltà culturali della popolazione nei confronti della operatività dei servizi. Anche se si rileva proprio nella alta professionalità uno dei temi rilevanti nella valutazione della qualità e soprattutto l'elemento di forza, assieme alla cortesia e umanità, dei servizi sociali del Veneto.
Entrando nel merito delle criticità operative

  • il tema dei tempi d'attesa (in media vengono segnalati dalla popolazione più di 2 mesi di attesa per una prima risposta) risulta estremamente delicato e problematico seppur appaia difficile e complessa la sua risoluzione.
  • a seguire emerge il problema della organizzazione, tema che peraltro influenza fortemente sia la qualità che la legittimazione dei servizi sociali.

I nostri dati rilevano come sia necessario, o forse dovremmo dire fondamentale, che il servizio sociale si impegni sia sulla organizzazione di prassi operative condivise all'interno delle medesime aree di intervento, che sulla trasparenza e visibilità rispetto alle proprie finalità, professionalità e metodi.
In definitiva quindi il servizio sociale sta cambiando configurazione. In passato rappresentava solo una compensazione che le parti più fortunate della popolazione garantivano ai bisognosi. Oggi a questo si accosta sempre più un ruolo di rassicurazione sociale che dovrebbe garantire la comunità dalle marginalità, dai malesseri sociali delle difficoltà di integrazione e dalle nuove povertà (malattie, dipendenze, ecc.).
Difficile quindi che l'intera popolazione non osservi con sempre maggiore attenzione ad un ruolo di trincea che i servizi sociali stanno assumendo e che sta diventando la frontiera più attuale della rassicurazione-sicurezza sociale di tutti.
Vengono di seguito riportati alcuni significativi risultati del campione generale costituito dalle 2000 interviste telefonoche. Appare evidente dalla tabella sottostante come la popolazione veneta pone in questa progressione i servizi e le relative aree di intervento: handicap, anziani, psichiatria, minori e famiglie e solo a seguire le povertà e le dipendenze. (Tabella 12.5)
Emerge una immagine ed una funzione sostanzialmente positiva dei servizi sociali: per il 60% dei cittadini veneti i servizi sociali hanno la capacità e la possibilità di rispondere efficacemente alle persone che hanno avuto la sfortuna di trovarsi in situazione di disagio; solo un 28% sottolinea l'eventualità che il bisogno e la richiesta di servizio sociale sottenda interessi altri. (Tabella 12.6)
L'handicap ed il settore dei giovani vengono segnalate come settori nei quali la Regione Veneto ha investito sia in termini di finanziamenti che di strutture, ciononostante per l'area dell'handicap emerge la richiesta di ulteriori sviluppi. L'area di maggior bisogno appare quella degli anziani che, nell'opinione dei cittadini veneti, necessiterebbero di importanti finanziamenti. A seguire vengono segnalate come aree su cui investire ulteriormente: bambini, famiglie con figli e poveri. In situazione inversa, cioè ricevono molto e non necessitano di ulteriori finanziamenti: le persone affette da disturbi mentali e i disoccupati. (Figura 12.21)
Nonostante ci stia muovendo nell'area dei servizi sociali è il personale medico e sanitario a raccogliere la fiducia dei cittadini, ad essi viene attribuita piena capacità ed efficienza, tra le figure più nettamente connotate nell'operatività sociale emerge la figura dell'assistente sociale cui si attribuisce una buona professionalità ed una certa fiducia. (Figura 12.22)
In tema di obiettivi di servizio, emerge sostanzialmente la richiesta da parte dei cittadini veneti che lo Stato, attraverso i servizi sociali locali, si occupi del benessere e della qualità della vita (57%), che garantisca e protegga dal rischio di povertà (16%) e dalla criminalità (14%). (Tabella 12.7)
In merito alle criticità, il tema dei tempi d'attesa (in media vengono segnalati più di due mesi di attesa per una prima risposta) risulta evidenziare problematicità di difficile e complessa risoluzione, emergono poi carenze nell'organizzazione che andrebbero colmate sia con l'individuazione di prassi operative condivise all'interno delle medesime aree di intervento e sia con l'accrescimento della trasparenza e della visibilità dei servizi sociali offerti. (Figura 12.23)
Infine dalla suddivisione provinciale si evince che le province dove i servizi sociali sono giudicati buoni sono quelle di Belluno e di Vicenza; più che sufficienti a Treviso, Padova, Verona e Venezia; sufficiente a Rovigo. In tutti i territori provinciali la questione dei tempi d'attesa per le prestazioni ottiene un giudizio negativo con l'eccezione della provincia di Belluno. (Tabella 12.8)



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Note

  1. La Pubblica Amministrazione del Veneto è costituita dagli enti aventi sede nel territorio regionale, appartenenti sia alle amministrazioni pubbliche centrali/statali, sia a quelle regionali e locali.
  2. La spesa totale consolidata della Pubblica Amministrazione è la spesa finale erogata da ciascun ente facente parte della Pubblica Amministrazione, ottenuta elidendo i flussi di trasferimenti, in conto corrente e in conto capitale, ricevuti e versati agli enti appartenenti ai vari livelli di governo. Il processo di consolidamento consente di ottenere il valore complessivo delle spese direttamente erogate sul territorio, senza il rischio di duplicazioni.
  3. Le prestazioni pensionistiche possono essere classificate in base alle seguenti tipologie: Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti); Indennitarie; Assistenziali (invalidi civili, non vedenti civili, non udenti civili, invalidi civili (indennità di accompagnamento), non vedenti civili (indennità di accompagnamento), non udenti civili (indennità di accompagnamento), pensioni o assegni sociali, pensioni di guerra).
  4. A cura di Antonio Aggio - Assessorato Politiche sociali della Regione Veneto.
  5. S. Scanagatta e B. Segatto - La frontiera della cittadinanza nei servizi sociali Citizen Satisfaction e qualità percepita - Erickson 2008.
  6. Articolo 8 LR 56/1994.
  7. Si tratta di un titolo, previsto dalla DGR 457/2007 ed in vigore dal 1 luglio 2007, rilasciato al cittadino non autosufficiente per l'accesso alle prestazioni rese nei Centri di Servizio residenziali e semiresidenziali della Regione Veneto, a copertura delle spese sostenute per le cure di carattere socio-sanitario prestate. Gli aventi diritto al contributo sono valutati attraverso uno strumento di misurazione del bisogno assistenziale, uniforme nel territorio regionale (Scheda S.Va.M.A.). Precedentemente, la 'quota di rilievo sanitaria', cioè il totale del contributo per la copertura delle spese socio-sanitarie, veniva erogata al Centro di Servizio in ragione del numero di posti letto autorizzati/accreditati. L'impegnativa consente alla persona non autosufficiente o alla sua famiglia di scegliere direttamente il Centro di servizio presso il quale ricevere le cure.
  8. dati stimati per sostegno economico e finanziario.
  9. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nel volume: Scanagatta S. e Segatto B. (2008). 'La frontiera della cittadinanza nei servizi sociali'. Trento. Erickson.


Figura 12.1
Spesa pubblica per protezione sociale: quota % sul Pil e spesa pro capite in parità di potere d'acquisto. Italia e UE25 - Anni 2000:2005
Figura 12.2
Composizione percentuale dei benefici sociali per funzione. Italia e UE25 - Anno 2005
Figura 12.3
Quota % sul totale della spesa consolidata della Pubblica Amministrazione centrale e locale per previdenza, integrazioni salariali e interventi in campo sociale. Veneto e Italia - Anni 2002:2006
Figura 12.4
Spesa pro capite della Pubblica Amministrazione centrale e locale (migliaia di euro) per previdenza, integrazioni salariali e interventi in campo sociale e relative variazioni percentuali annue. Veneto e Italia - Anni 2003:2006
Figura 12.5
Quota % della spesa della Pubblica Amministrazione centrale e locale per previdenza, integrazioni salariali e interventi in campo sociale sul Pil a prezzi correnti per regione - Anno 2006
Figura 12.6
Rapporto di dipendenza per regione - Anno 2005
Figura 12.7
Distribuzione percentuale dei pensionati per numero di pensioni percepite. Italia - Anno 2005
Figura 12.8
Tasso di pensionamento per regione - Anno 2005
Figura 12.9
Distribuzione dei pensionati veneti (migliaia di unità) per genere e classe d'età - Anno 2005 Inserire grafico f12_09-v01.xls
Figura 12.10
Distribuzione dei pensionati veneti (migliaia di unità) per genere e classe di importo lordo mensile in euro delle prestazioni pensionistiche - Anno 2005
Figura 12.11
Indice di beneficio relativo per regione - Anno 2005
Figura 12.12
Importo medio lordo annuo (migliaia di euro) per tipologia di prestazione pensionistica. Veneto e Italia - Anno 2005
Tabella 12.1
Pensioni erogate (migliaia di unità) e relativo importo medio lordo annuo in euro per tipologia di prestazione pensionistica e comparto. Veneto e Italia - Anno 2005
Tabella 12.2
Tipologia dei servizi per la prima infanzia effettivamente funzionanti. Veneto - Anno 2007
Tabella 12.3
Tipologia dei servizi per la prima infanzia effettivamente funzionanti in Veneto per provincia - Anno 2007
Tabella 12.4
Tipologia dei servizi per la prima infanzia (*) autorizzati in Veneto per provincia - Anno 2007
Figura 12.13
Grado di copertura dei servizi per la prima infanzia. Veneto - Anni 2000:2007
Figura 12.14
Grado di copertura dei servizi prima infanzia per provincia. Veneto - Anno 2007
Figura 12.15
Famiglie con almeno una persona disabile di 6 anni e più per regione - Anno 2005
Figura 12.16
Famiglie con disabili anziani per regione - Anno 2005
Figura 12.17
Impegno di spesa regionale per la quota di rilievo sanitario. Veneto - Anni 2000:2007
Figura 12.18
Impegnative di residenzialità riconosciute a copertura della spesa di rilievo sanitario. Veneto - Anni 2000:2007
Figura 12.19
Persone anziane con disabilità per classe di età e sesso. Veneto - Anno 2005
Figura 12.20
Persone di 6 anni e più con disabilità per regione. Tasso grezzo per 100 persone. Anno 2005
Tabella 12.5
Giudizio (su scala 1-5) di importanza dei diversi settori dei Servizi Sociali. Veneto - Anno 2007
Tabella 12.6
Ragione del ricorso ai servizi sociali. Veneto - Anno 2007
Figura 12.21
Opinione dei cittadini rispetto al confronto tra i soggetti che ricevono molti finanziamenti e coloro che dovrebbero riceverne di più (valori percentuali). Veneto - Anno 2007
Figura 12.22
Opinione dei cittadini rispetto al confronto tra la figura professionale più capace ed efficace e quella più affidabile (valori percentuali). Veneto - Anno 2007
Tabella 12.7
Giudizio su quale sia il compito principale del settore dei servizi sociali per ceto sociale. Veneto - Anno 2007
Figura 12.23
Soddisfazione - importanza nei fattori di qualità dei servizi sociali. Veneto - Anno 2007
Tabella 12.8
Giudizio sulla qualità complessiva dei servizi sociali della propria ULSS per provincia. Veneto - Anno 2007
I numeri del capitolo 12
I numeri del capitolo 12

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