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8.2 - Consumi, distribuzione del reddito e ricchezza

La disponibilità economica rappresenta una delle risorse materiali primarie per una famiglia e per un individuo, della quale si tiene inevitabilmente conto per dare una considerazione sulla qualità della propria vita. Una valutazione oggettiva sulla situazione economica di una famiglia avviene solitamente attraverso due approcci: la spesa per consumi e il reddito. Si tratta di indicatori entrambi importanti, e che, congiuntamente considerati, danno modo di osservare lo stesso fenomeno da diverse angolature. Il reddito è un indicatore ex-ante di disponibilità di risorse, prescindendo da decisioni di consumo che risentono spesso dello stile di vita personale. I consumi consentono, invece, di verificare l'effettivo comportamento di famiglie ed individui, generalmente - ma non sempre - legato all'effettiva disponibilità economica. Il consumo risulterebbe una variabile più stabile nel tempo, perché riflette le prospettive reddituali di medio e lungo periodo.
Utilizzando le informazioni sulle spese per consumi, congiuntamente a quelle sul reddito delle famiglie, è possibile indagare il benessere familiare e studiare il fenomeno della povertà in Veneto, riuscendo a stabilire una soglia di povertà oggettiva in grado di individuare famiglie ed individui che vivono al di sotto un certo standard di vita. A misure oggettive di povertà vengono affiancate alcune misure di percezione della propria condizione economica. Non sempre disponibilità materiale e percezione soggettiva si muovono in parallelo: le due misure coincidono quasi sempre a livelli estremi di povertà o di benessere, ma nella zona grigia intermedia può accadere che famiglie con scarsa disponibilità economica non avvertano alcun tipo di disagio e viceversa famiglie che dispongono di adeguate risorse considerino queste insufficienti. Per questo motivo, quando si parla di povertà, risulta importante mostrare entrambe le facce della medaglia, non solo perché interessa sapere come la gente vede se stessa, ma anche perché è soprattutto dalla percezione soggettiva della propria condizione economica che dipendono decisioni e comportamenti della famiglia.
Attraverso stime della Banca d'Italia, si indaga infine la ricchezza dei veneti, secondo attività reali e finanziarie, che congiuntamente alle informazioni sul reddito e sulla deprivazione economica consentono di completare il profilo di benessere delle famiglie.

Inizio Pagina  Consumi e spese delle famiglie

I consumi delle famiglie rappresentano uno strumento prezioso non solo per capire le tipologie di prodotti maggiormente desiderati, e delineare quindi le dinamiche di comportamento d'acquisto delle principali tipologie familiari, ma anche per tracciare un quadro di benessere della popolazione.
Nel 2006, secondo i dati dell'Indagine sui consumi condotta dall'Istat, la spesa media mensile per famiglia è pari a 2.988 euro, circa 252 euro in più rispetto all'anno precedente (+9,2%) e in continuo aumento dal 2003. Tale spesa complessiva risulta più elevata rispetto a quella dell'intero territorio nazionale, pari a 2.461 euro. Trattandosi di misure di spesa non deflazionate, l'aumento registrato negli ultimi anni è dovuto non solo ad un effettivo consumo crescente di beni in termini nominali, ma anche alla dinamica inflazionistica in aumento (nel 2006 l'indice dei prezzi al consumo è pari in media al 2,1%) e alla crescita del valore del fitto figurativo, cioè all'importo stimato dalle famiglie proprietarie di un'abitazione circa il canone di locazione che avrebbero dovuto pagare (Nota 1). Nel triennio 2001-2003 l'aumento dei prezzi dei beni alimentari è stato decisamente superiore rispetto al tasso medio d'inflazione, ha subito poi un rallentamento nel 2004 per rimanere sostanzialmente stabile nel 2005 e nel 2006.
La spesa media mensile delle famiglie venete per generi alimentari e bevande è nel 2006 pari a 444 euro, sostanzialmente stabile rispetto agli anni precedenti. La struttura della spesa familiare riflette la propensione al consumo e l'effettiva disponibilità economica. Una quota elevata di consumo di beni volti a soddisfare bisogni primari, come lo sono i generi alimentari, rispetto ad altri capitoli d'acquisto, è quasi sicuramente indicativa di risorse vincolate o addirittura di un calo del tenore di vita: alla luce della dinamica di crescita dei prezzi, si presuppone che l'aumento del peso dei beni primari nella spesa complessiva sia avvenuto per garantire i prodotti di prima necessità a scapito di quelli accessori, quali ad esempio vacanze, tempo libero e abbigliamento.
Ciò risulta evidente se si osserva il comportamento di spesa di famiglie con maggiori vincoli di bilancio, quali ad esempio quelle con capofamiglia operaio o pensionato: queste destinano quote di spesa più consistenti ai beni primari, come i generi alimentari e l'abitazione.
La spesa per generi alimentari in Veneto, in valore assoluto vicina alla media italiana, assorbe il 14,9% del totale della spesa media mensile sostenuta dalle famiglie. Emerge così che sono in prevalenza le regioni del Sud quelle che presentano una quota di spesa maggiore; in particolare Abruzzo, Puglia e Campania mostrano livelli di spesa sopra la media nazionale. (Figura 8.2.1)
Rispetto alla situazione del 2003, tre anni dopo la quota di spesa per generi alimentari è in calo di oltre due punti percentuali, in aumento invece di circa un punto percentuale sono le spese per l'abitazione (Nota 2) - comunque inferiori alla media nazionale - e quelle per i trasporti (Nota 3), superiori invece rispetto alla situazione italiana. Il recente aumento dei prezzi dei combustibili e dei prodotti energetici (gas, elettricità, benzina) si riflette nelle spese per l'abitazione e sul capitolo dei trasporti, che vedono tassi di incremento sempre in crescita nell'ultimo triennio.
Le spese da sostenere per l'abitazione rappresentano un problema sentito dalle famiglie, in aumento da un decennio a questa parte. Oltre un quarto della spesa totale viene assorbito da questo capitolo di spesa, rappresentando tra tutte la voce con quota più elevata. (Tabella 8.2.1)
Sono in aumento e più numerose rispetto all'intero territorio nazionale le famiglie con la casa di proprietà (72,2%), le quali nel 17,6% dei casi sono gravate da mutuo. Tra 100 famiglie in affitto, 6 faticano a sostenere l'affitto e si dichiarano in arretrato nei pagamenti: tale situazione è migliore rispetto alla media nazionale, dove tale quota arriva a 13,6, ma se si analizza la situazione per i mutui è possibile notare che, rispetto alla media, le famiglie venete hanno qualche difficoltà in più nel sostenere il pagamento (5,2% per il Veneto contro il 4,5% per l'Italia).
Secondo gli ultimi dati del 2006, nelle regioni del Nord il canone locativo mensile pagato dalle famiglie affittuarie dell'abitazione si aggira attorno a 372 euro; la rata mensile pagata dalle famiglie per i mutui è invece di 473 euro. Entrambe queste voci registrano un costante incremento dal 2004, con valori sempre superiori alla media nazionale. Diversamente, nel Mezzogiorno sono riscontrabili i valori più bassi di affitto e mutuo.
Le spese per le varie categorie di consumo sono fortemente influenzate, oltre che dall'effettiva necessità di un bene, anche dagli stili di vita e dal comportamento di consumo.
È indubbia una trasformazione continua negli ultimi anni delle tipologie di beni acquistati, specchio di una società che cambia in valori e in esigenze. Se è vero che negli ultimi tempi si sono levate molte voci sulla difficoltà di spesa della famiglia, è indubbio che il livello di benessere economico in Veneto si collochi in una posizione medio-alta.
Si registra l'aumento delle spese per nuovi elettrodomestici, autovetture e prodotti tecnologici, primi tra tutti telefoni cellulari e personal computer, con accessori annessi. Sempre più peso nel portafoglio delle famiglie italiane hanno le spese per il benessere e il fitness, soprattutto sport, palestre e centri estetici. Si va inoltre diffondendo la ricerca di uno stile di vita salutare e semplice, anche ricercando con nostalgia prodotti tradizionali: aumentano gli acquisti per cibi biologici, prodotti di erboristeria e prodotti enogastronomici di qualità, come vini di marca, carni e salumi selezionati.
Nello specifico, le esigenze di spesa variano considerevolmente a seconda della tipologia di famiglia: ad esempio, gli anziani hanno consumi e comportamenti di spesa differenti dalle famiglie giovani con figli.
La composizione della spesa dipende molto anche dalla dimensione familiare, dal momento che un diverso numero di componenti determina diverse allocazioni del budget a disposizione. In genere, per molti capitoli di consumo si osserva a livello nazionale che i livelli di spesa media aumentano in misura meno che proporzionale rispetto al numero di componenti del nucleo: ciò è dovuto all'effetto delle economie di scala, in grado di aumentare il benessere familiare a parità di reddito o consumi. Inoltre, le famiglie più ampie, oltre a risiedere prevalentemente al Sud, dove la spesa per consumi è più contenuta, presentano livelli di povertà più elevata rispetto a famiglie con minor numero di componenti.
Per specifici capitoli di spesa, come quelle per l'abitazione e per i combustibili, la spesa è addirittura decrescente rispetto all'aumento della numerosità del nucleo: le famiglie più ampie, mediamente meno abbienti, cercano più delle altre di contenere le spese per tali categorie di beni con costi sostanzialmente fissi, tanto da mostrare livelli di spesa più contenuti.
Riguardo alle tipologie familiari, nelle regioni nord-orientali gli anziani soli o in coppia mostrano valori di spesa inferiori rispetto alle altre tipologie familiari per quanto riguarda abbigliamento e calzature, comunicazione, tempo libero e cultura, anche se solitamente al di sopra della media nazionale. Le persone anziane, infatti, hanno generalmente uno stile di vita più sobrio nel vestire, e mostrano esigenze di svago più modeste e per questo tendono a concentrare le spese su beni primari più necessari. Per contro, le spese per la salute sono superiori per le famiglie di anziani, anche rispetto alle coppie con tre o più figli, dal momento che all'avanzare dell'età si fanno più numerosi e cronici i problemi di salute.
In linea con il profilo nazionale, rispetto alle persone sole anziane, i single giovani delle regioni del Nord-Est spendono di più per i trasporti, dal momento che si muovono più assiduamente e generalmente hanno almeno un'auto, in comunicazione (telefono e cellulari), in abbigliamento, calzature e tempo libero. Lo stesso quadro si può delineare nel confronto tra coppie giovani senza figli, e coppie anziane.
La presenza di figli in famiglia si traduce in acquisti più consistenti in categorie quali abbigliamento e calzature, in maggiori necessità di spostarsi sul territorio e nelle spese da affrontare per istruzione e tempo libero. Tra le coppie con figli e i nuclei monogenitore, è evidente che le spese aumentino al crescere della numerosità del nucleo. Le spese più consistenti riguardano, oltre ai generi alimentari, quelle per i trasporti e per l'abitazione. (Figura 8.2.2) e (Tabella 8.2.2)

Inizio Pagina  La ricchezza delle famiglie

(Nota 4) La ricchezza delle famiglie (Nota 5) è costituita dall'insieme dei beni materiali e immateriali che sono vendibili sul mercato. Il valore della ricchezza è determinabile in un certo istante ed è esprimibile in termini monetari. Il reddito, attraverso il risparmio, contribuisce ad incrementare la ricchezza; il consumo, se superiore al reddito, a ridurla. Aumenti e diminuzioni della ricchezza possono derivare anche da corrispondenti variazioni dei prezzi dei beni. Particolarmente influenti nella determinazione del valore della ricchezza delle famiglie sono, ad esempio, gli andamenti dei mercati azionari e di quello immobiliare. La ricchezza costituisce, in conclusione, una riserva di valore accumulata in vista di consumi futuri.
Le componenti della ricchezza sono costituite dalle attività finanziarie (ad esempio contanti, azioni, titoli di Stato, ecc.), dalle attività reali (immobili, terreni, beni durevoli come i macchinari per le famiglie produttrici, ma anche beni immateriali come i brevetti e l'avviamento di un'attività imprenditoriale, ecc.) e, come valore negativo, dalle passività finanziarie (debiti bancari come i mutui per l'acquisto della casa, il credito al consumo, ecc.). La somma algebrica di poste positive come le attività reali e finanziarie con quelle negative delle passività finanziarie fornisce la ricchezza netta.
In base a una ricostruzione a livello regionale della ricchezza delle famiglie valutata ai prezzi di mercato (Nota 6), nel 2005 la ricchezza netta pro capite (Nota 7) delle famiglie venete era di circa 149.200 euro: un valore superiore a quello medio nazionale. (Figura 8.2.3)
Nel 2003, ultimo anno per il quale è stato diffuso il dato regionale sul reddito disponibile delle famiglie, la ricchezza netta era 8,5 volte il reddito disponibile regionale, un rapporto superiore a quello medio delle regioni del Nord (8,0) e a quello nazionale (7,9). Secondo l'indagine sulle famiglie condotta dalla Banca d'Italia, nel 2006 la distribuzione della ricchezza regionale non si discostava da quella nazionale: in Veneto poco meno della metà della ricchezza netta era detenuta dal 10% delle famiglie più ricche (Nota 8), come nel resto del paese. (Tabella 8.2.3)
Sebbene il livello di ricchezza pro capite delle famiglie venete nel 2005 fosse ancora inferiore a quello medio delle regioni del Nord, tra il 1998 e il 2005 in Veneto la ricchezza è aumentata più velocemente di quanto registrato, in media, nel Nord. Fino al 2000 l'accumulazione è stata alimentata, in parti uguali, dall'incremento dei prezzi delle attività e dal risparmio, successivamente é prevalso l'aumento dei prezzi. (Figura 8.2.4)
Tra le regioni dell'Italia settentrionale il Veneto si caratterizza, inoltre, per la maggior quota di ricchezza rappresentata da attività reali (Nota 9). Nel 1998 il 63,8% della ricchezza delle famiglie venete era costituito da attività reali, contro il 54,5% registrato nel Nord; la ricchezza reale pro capite delle famiglie venete era paragonabile a quella del Nord mentre il valore delle attività finanziarie era significativamente inferiore.
Nel periodo successivo le attività reali in regione sono cresciute ad un ritmo analogo a quello registrato dalle attività finanziarie mentre nel resto del paese l'accumulazione di ricchezza reale è progredita più velocemente della crescita delle attività finanziarie. Ciononostante, nel 2005 la ricchezza delle famiglie venete presentava ancora una quota di attività reali superiore a quella del Nord (64,8% e 58,4%, rispettivamente) e il valore delle attività finanziarie pro capite era ancora inferiore a quello medio delle regioni del Nord (63.900 e 82.500 euro, rispettivamente). (Figura 8.2.5) e (Figura 8.2.6)
In Veneto le decisioni di allocazione del portafoglio finanziario hanno privilegiato gli strumenti rappresentativi di quote di capitale delle imprese (come azioni e partecipazioni, la cui quota sul totale è passata dal 17,6% al 23,1% tra il 1998 e il 2005). È aumentato in maniera rilevante anche il risparmio previdenziale: la quota di fondi pensione e polizze assicurative sul totale delle attività finanziarie è passata dal 12,2% al 20,1%, valore quest'ultimo superiore a quello medio del Nord e dell'Italia di circa 5 punti percentuali. Alla diminuzione della quota di titoli di Stato e fondi comuni d'investimento è corrisposto l'aumento del risparmio postale, delle obbligazioni italiane, in gran parte costituite da obbligazioni bancarie, e dei titoli esteri. Nel 2005 la quota di circolante e depositi era ancora significativamente superiore a quella media delle regioni del Nord. (Tabella 8.2.4) e (Figura 8.2.7)
Nel 2005 le passività finanziarie pro capite delle famiglie venete ammontavano a 11.400 euro circa, un valore inferiore a quello medio delle regioni del Nord (12.400 euro). Esse rappresentavano il 7,7% della ricchezza netta complessiva (il 7,3% al Nord). Secondo l'indagine sulle famiglie della Banca d'Italia, nel 2006 poco meno di un quarto delle famiglie venete risultava indebitata, in linea con quanto rilevato a livello nazionale.
In Veneto le passività finanziarie hanno registrato un ritmo di crescita medio annuo elevato (9,0%), analogo a quello registrato, in media, nel Nord e superiore a quello nazionale. Tra le passività finanziarie, i mutui per l'acquisto dell'abitazione e il credito al consumo hanno registrato i tassi di crescita più alti. (Figura 8.2.8)
In base alla ripartizione regionale dei Conti finanziari nazionali, tra il 2005 e il 2006 le attività finanziarie complessive detenute dalle famiglie venete sono aumentate del 4,7 per cento, analogamente a quanto rilevato nelle regioni del Nord e in Italia. La crescita dei corsi azionari ha trainato l'aumento di valore delle azioni e partecipazioni nel portafoglio delle famiglie; alla diminuzione di titoli di Stato e fondi comuni d'investimento è corrisposto l'aumento di circolante e depositi bancari.
È proseguito, sebbene a ritmi meno intensi, l'aumento delle passività finanziarie (7,9%). I mutui per l'acquisto della casa, in particolare, hanno registrato una crescita (8,6%) inferiore a quella media rilevata nei sette anni precedenti (18,8%).

Inizio Pagina  Redditi delle famiglie

Nel paragrafo precedente è stato analizzato il livello di ricchezza delle famiglie venete, misurato come quantità di denaro a disposizione, come capitale investito in attività finanziarie e come ammontare totale di beni posseduti, al netto delle passività finanziarie. Tale ricchezza rappresenta quindi una misura di tutto il patrimonio familiare, comprendendo liquidità e beni durevoli. Si concentra ora l'attenzione sul reddito netto delle famiglie, vale a dire sulla parte di ricchezza complessiva potenzialmente disponibile come denaro liquido.
Il reddito familiare rappresenta l'indicatore principe per la valutazione del benessere economico, in quanto misura il potere di acquisto di beni e servizi volti al soddisfacimento di specifici bisogni. I dati disponibili, provenienti dall'indagine su reddito e condizioni di vita parte del parte del progetto europeo EU-Silc coordinato da Eurostat, fanno riferimento al reddito netto familiare a prezzi correnti, pari alla somma dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, di quelli da capitale reale e finanziario, delle pensioni e degli altri trasferimenti pubblici e privati ricevuti dalle famiglie, al netto del prelievo tributario e di eventuali imposte patrimoniali. Sono presentati sia i redditi disponibili dichiarati dalle famiglie, sia quelli comprendenti l'affitto imputato, vale a dire il reddito figurativo delle abitazioni occupate dai proprietari. Si ritiene più attendibile, soprattutto per un confronto territoriale, la stima dei redditi senza fitti imputati, dal momento che tale valore dell'affitto imputato è stimato autonomamente dal proprietario dell'abitazione, in base al prezzo che a suo parere sarebbe necessario pagare per vivere da affittuario nella sua casa.
Nel 2005 le famiglie venete hanno percepito un reddito netto, esclusi i fitti imputati, pari a 29.421 euro (35.552 euro se si considerano anche i fitti imputati), superiore di poco meno di 2.000 euro rispetto alla media nazionale e in leggero aumento rispetto a quello registrato l'anno precedente (+120 euro). Il reddito netto mensile per le famiglie venete ammonta così a circa 2.452 euro (esclusi i fitti imputati). Oltre che alla tipologia della fonte principale di entrata (reddito da lavoro dipendente, autonomo o reddito da pensione e trasferimenti), le differenze tra famiglie sono dovute al numero di componenti, ed in particolare al numero di percettori di reddito: ovviamente più persone guadagnano in famiglia, più elevato risulta il reddito medio.
Osservando i redditi medi delle regioni italiane, è facile notare l'esistenza di marcate differenze territoriali: i redditi di Sud e Isole (con o senza fitti imputati) sono inferiori alla media nazionale, pari a 27.736 euro, mentre sono superiori per tutte le altre regioni centro-settentrionali, Veneto compreso e Liguria esclusa. Le famiglie di Lombardia ed Emilia Romagna dispongono di redditi mediamente più elevati, mentre quelle siciliane si collocano all'ultimo posto della graduatoria. (Figura 8.2.9)
Accanto ad una misura media della disponibilità economica, acquista rilevanza una misura del grado di concentrazione dei redditi tra le famiglie. Può essere infatti che due regioni, con redditi familiari medi molto simili, abbiano distribuzioni di reddito molto diverse: in una le singole famiglie potrebbero avere tutte all'incirca la stessa disponibilità economica, che va a coincidere con quella media, nell'altra invece il reddito medio potrebbe essere il risultato di famiglie con redditi molto elevati e famiglie con redditi molto bassi. Diviene quindi necessario considerare, attraverso l'indice di Gini (Nota 10), non solo le disparità tra aree del territorio nazionale, ma anche all'interno delle varie realtà regionali.
Dai dati si osserva che proprio le regioni del Sud, che hanno redditi mediamente più bassi, presentano squilibri più accentuati nei redditi. La situazione del Veneto è invece più favorevole: si osserva infatti una più equa distribuzione delle risorse, con minori squilibri tra ricchi e poveri, in linea con le realtà di Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia.
Nello studio della situazione economica familiare, sorge l'esigenza di rendere comparabili i redditi relativi a nuclei di diversa numerosità e composizione, quindi con componenti aventi diverse caratteristiche e bisogni. Per rendere comparabili i redditi di famiglie di diversa struttura e numerosità, il reddito familiare viene solitamente diviso per opportuni parametri (Nota 11), in modo da ottenere un reddito equivalente, che tipicamente presenta una distribuzione più concentrata e meno diseguale rispetto a quella dei redditi monetari.
Un modo efficace per confrontare le distribuzioni dei redditi familiari equivalenti tra regioni consiste nel suddividere il totale delle famiglie italiane secondo cinque classi di reddito ordinate, individuate in modo che ciascun quinto abbia una quota di reddito pari al 20%, a cui corrisponde la situazione ipotetica di perfetta uguaglianza (Nota 12). La prima classe comprende quindi le famiglie con redditi più bassi, mentre l'ultima quelle con redditi più elevati.
Osservare come si distribuiscono le famiglie in queste cinque classi reddituali aiuta a tracciare il profilo economico di diverse tipologie familiari. Come è ovvio, la collocazione delle famiglie nelle categorie dipende dal numero di percettori di reddito nella famiglia stessa: più sono i percettori di reddito, maggiore è la concentrazione nelle classi reddituali alte. Nell'intero territorio nazionale si osservano redditi inferiori per famiglie unipersonali e coppie con figli, con una situazione che peggiora all'aumentare del numero di figli. Quasi la metà delle famiglie in cui è presente almeno un minore è collocato nelle prime due fasce di reddito più basse. Situazione svantaggiata anche per gli anziani, specie se soli, tipicamente a causa di pensioni inferiori ai redditi da lavoro.
Confrontando il Veneto con la regione con redditi familiari medi più elevati, Lombardia, e quella con redditi più bassi, Sicilia, si osserva per la nostra regione una situazione economica familiare positiva e senza grossi squilibri: meno del 40% delle famiglie ha redditi annuali inferiori a 19.000 euro, quasi il 50% invece mostra redditi tra 19.000 e 40.000 euro. Un quadro con leggera disparità è quello lombardo, dove oltre un quarto delle famiglie ha redditi superiori a 40.000 euro, rappresentando questa la fascia di reddito con una quota maggiore di famiglie.
La situazione della Sicilia, e di buona parte del Sud, è del tutto differente: quasi la metà delle famiglie dispone di un reddito anno inferiore a 12.000 euro, mentre meno di 1 famiglia su 5 può contare una disponibilità monetaria superiore a 27.000 euro. Anche in questo caso si osserva una distribuzione del reddito fortemente diseguale, ma in direzione opposta rispetto alla realtà lombarda.
Dividendo la quota di famiglie venete benestanti (ultima fascia di reddito) con quella di famiglie più disagiate (prima fascia), si ottiene nel 2005 un valore pari a 2,05, che sta ad indicare che per ogni famiglia disagiata ce ne sono due benestanti. Lo stesso indice valeva 1,72 l'anno precedente: nell'ultimo anno quindi è cresciuto il rapporto tra famiglie più e meno ricche, ma è doveroso far presente che l'aumento di tale rapporto non si deve tanto ad un calo delle famiglie più disagiate, quanto ad una leggera crescita del numero di famiglie più benestanti. (Figura 8.2.10)
A livello nazionale, si assiste ad una sempre maggiore percezione da parte delle famiglie ad avere difficoltà nel mettere da parte dei risparmi, dovuta non solo ad una sfiducia nei confronti dei mercati finanziari ma anche alla progressiva perdita del potere di acquisto dei salari. Data la ritrosia all'abbassare il proprio tenore di vita, le famiglie tendono a consumare le proprie entrate, risparmiando ben poco e ricorrendo non di rado a prestiti. Secondo alcune elaborazioni del Censis, i debiti con le banche a medio-lungo termine (in prevalenza mutui, ma non solo) rappresentano oggi in Italia il 38% del reddito lordo disponibile, in aumento di oltre dieci punti percentuali dal 2001. Ciononostante, gli italiani in credito con le banche si dimostrano abbastanza virtuosi: oltre la metà (58%) dichiara di non aver avuto alcun problema nella restituzione del debito, il 35% di aver avvertito alcune piccole difficoltà, mentre l'area di rischio di insolvenza interessa il restante 7%.
Solo una minoranza della popolazione può godere di rendite finanziarie: i possessori di titoli del debito pubblico sono il 17% della popolazione italiana, l'11,5% è possessore di quote di fondi comuni di investimento, mentre meno di 8 individui su 100 possiedono azioni.

Inizio Pagina  Soddisfazione economica e indicatori di disagio

In un'analisi della situazione economica, centrale è l'utilizzo degli indicatori monetari tradizionali, ma questi, seppure di imprescindibile potere informativo, non consentono di cogliere la percezione delle famiglie rispetto alla propria condizione economica. L'economista e premio nobel Sen (Nota 13) individua due approcci allo studio del benessere economico, l'approccio oggettivo e l'approccio soggettivo, definiti rispettivamente valutazione standard e autovalutazione. Nel primo caso si fa riferimento a misure monetarie, quindi il reddito, i consumi e il possesso di beni; nel secondo caso, invece, si tiene in considerazione anche la percezione della famiglia, che risente di elementi monetari e non: se è vero infatti che la percezione di benessere di una famiglia dipende per larga parte dalle entrate monetarie di cui può godere e dalle effettive necessità di spesa, è anche vero che questa è influenzata dalle attese e dagli stili di vita della famiglia. Desiderata e stili di vita sono, a loro volta, collegati alla struttura della famiglia, alle caratteristiche di chi la compone e al bisogno di uniformarsi allo standard dell'ambiente sociale in cui è inserita. Chi si sente ricco si comporterà come tale, chi si sente povero tenderà a non eccedere nelle spese.
Il Veneto rimane una regione che rispetto all'intero territorio nazionale ritiene di disporre maggiormente di adeguate risorse economiche. Invero, nel 2007 il numero di famiglie che ritiene più che sufficiente la propria disponibilità economica è superiore in Veneto rispetto all'Italia (+1,9 punti percentuali), viceversa le famiglie che dispongono di risorse scarse o del tutto inadeguate sono in quota più contenuta. Ciononostante, anche le famiglie venete sembrano percepire un peggioramento delle proprie condizioni economiche rispetto ad un decennio fa, mentre all'incirca invariata è la quota di famiglie che vede un miglioramento della propria situazione. Tale percezione è da imputare a diverse cause esterne, tra cui l'incremento dei prezzi, l'aumento del costo della vita e della pressione fiscale. (Figura 8.2.11)
Un modo per testare il livello economico delle famiglie è anche quello di verificare la tipologia di beni posseduti. Le famiglie venete, rispetto alla media nazionale, posseggono in quota maggiore buona parte dei beni largamente diffusi: indicatori di benessere sono il possedere più di un'automobile, più di un televisore e l'antenna parabolica. Indicatori di uno stile di vita in linea con le nuove tecnologie sono il possesso di un personal computer, del modem, e la possibilità di accesso ad internet, che rispetto al dato nazionale hanno valori percentuali più elevati e in decisa crescita rispetto al decennio scorso. (Figura 8.2.12)
Si possono considerare a rischio di deprivazione famiglie che dichiarano forme di disagio in merito ad alcuni aspetti basilari della vita quotidiana, che fanno capo a necessità primarie come il cibo, i vestiti, la casa e le spese mediche. Da questi è inoltre possibile dedurre quali voci di spesa abbiano subito dei tagli: emerge così che nel 2006 quasi il 13% delle famiglie venete non ha avuto soldi per i vestiti desiderati. Si tratta dell'indicatore con la quota maggiore di famiglie, in Veneto come in Italia, e quasi invariato rispetto all'anno precedente, ad indicare che la riduzione di consumo da parte delle famiglie avviene prima nei beni meno indispensabili. In calo invece di quasi due punti percentuali è la quota di famiglie che non ha avuto soldi per alimentari, e con valore più contenuto rispetto alla media nazionale, ad indicare in Veneto una situazione economica tutto sommato favorevole. In calo anche la percentuale di famiglie che non riesce a riscaldare adeguatamente la casa e non ha avuto soldi per spese mediche, che nel 2006 si arresta attorno al 6%. In leggero aumento invece la quota di famiglie in arretrato con le bollette (quasi il 7%), confermando il recente aumento delle spese per l'abitazione e per i servizi ad essa connessi. (Figura 8.2.13)
Per molte famiglie italiane permane un'incertezza diffusa e la sensazione che il proprio reddito disponibile perda progressivamente potere d'acquisto, tanto da risultare insufficiente per far fronte a tutte le spese quotidiane.
Tra gli indicatori soggettivi di deprivazione materiale, l'arrivare a fine mese con difficoltà interessa l'11% delle famiglie del Veneto, collocandosi rispetto alle altre regioni in una situazione tra le più favorevoli. Meno di 24 famiglie su cento dichiarano di non essere in grado di sostenere spese impreviste di almeno 600 euro, una quota inferiore alla media nazionale. Rispetto al 2005, la situazione in Veneto appare sostanzialmente invariata. Per entrambi gli indicatori, la graduatoria tra regioni riflette quel divario territoriale tipico delle variabili economiche e reddituali: sono le famiglie del Sud, e parte del Centro, quelle che soffrono maggiormente una situazione di disagio economico; buona parte del Nord invece detiene le posizioni migliori nelle due graduatorie. In particolare le più disagiate risultano Calabria, Sicilia e Campania, che lamentano più di altre anche altre difficoltà nelle spese per beni di prima necessità. Infatti, pur trattandosi di criticità che possono avere un carattere temporaneo, spesso tali forme di disagio tendono ad essere associate tra loro, perché originate dalle medesime fonti: prima tra tutte redditi più contenuti, a cui si possono aggiungere altri fattori come il lavoro e la sicurezza economica che ne deriva, il titolo di studio, le condizioni di salute e le caratteristiche del nucleo familiare. (Figura 8.2.14) e (Figura 8.2.15)

Inizio Pagina  La povertà in Veneto

Parlare di povertà in Veneto può suonare strano, specie quando si hanno in mente situazioni di indigenza estrema. Ma se si parla di difficoltà economica, di affanno, di fatica a tenere il passo di spese e consumi, è più facile riconoscere che il fenomeno interessa anche alcune famiglie venete, più precisamente il 5% nel 2006.
Lo studio della povertà in Italia segue un approccio relativo, ossia una famiglia è giudicata povera in confronto alla situazione media della popolazione di riferimento: la stima dell'incidenza della povertà relativa, vale a dire della percentuale di famiglie o individui poveri sul totale di famiglie o persone residenti, viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale, detta linea di povertà, che individua il valore di spesa per consumi al di sotto della quale una famiglia viene definita povera. Secondo gli standard usati a livello internazionale una famiglia di due componenti è definita povera se la sua spesa media mensile per consumi è inferiore o uguale alla spesa media mensile pro-capite nel Paese, che in Italia nel 2006 è stimata pari a 970,34 euro (+3,6% rispetto alla linea del 2005).
Tale soglia risente dell'effetto dell'inflazione e della variazione dei comportamenti di consumo. I valori soglia sono differenti a seconda dell'ampiezza della famiglia, per tener conto delle economie di scala che è possibile realizzare.
Sono relativamente poche le famiglie povere in Veneto nel 2006, tra le regioni italiane risulta la terza meno povera. La scarsa numerosità delle famiglie povere venete spiega la difficoltà di analizzare più nel dettaglio caratteristiche di questa sotto-popolazione, data l'impossibilità di ottenere stime significative.
Le regioni con maggior numero di famiglie povere sono quelle del Sud, in linea con i profili reddituali, di consumo e di disagio economico già esplorati.
Il fenomeno della povertà può essere caratterizzato non solo in termini di diffusione, ma anche di gravità. L'intensità di povertà dà modo di investigare quanto poveri siano i poveri: tale indicatore misura di quanto in media la spesa delle famiglie povere sia al di sotto della linea di povertà. In Veneto nel 17,5% dei casi tale spesa è inferiore alla soglia di povertà, valore contenuto rispetto alla media italiana e in linea con la maggior parte delle regioni del Nord. Combinando diffusione e gravità del fenomeno, è possibile individuare le regioni dove risiedono più famiglie povere, e dove questo fenomeno sia di maggiore intensità. Il divario territoriale è abbastanza evidente: tutte le regioni del Sud, eccetto l'Abruzzo, registrano livelli di povertà più gravi, assieme ad una diffusione più marcata. Le rimanenti, si collocano in situazioni di povertà più contenute: in particolare Liguria, Umbria e Marche vantano i più bassi livelli di intensità del fenomeno. Situazione del tutto particolare è quella della Val d'Aosta: le famiglie povere non sono molte, se confrontate con la media italiana, ma quelle che lo sono presentano livelli di gravità elevati. (Figura 8.2.16)
Il quadro del benessere delle famiglie del 2006, se confrontato con la situazione del 2002, evidenzia differenti percorsi di povertà. Il Veneto, che si trova nel gruppo di regioni con un leggero aumento del numero di famiglie povere, vanta una diminuzione del livello di intensità del fenomeno. Calabria, ma soprattutto Molise, riducono nel tempo non solo la quota di famiglie povere, ma anche il livello di intensità del fenomeno. La Sicilia invece mostra la situazione più problematica, aumentando di incidenza e intensità il numero di famiglie povere, arrivando nel 2006 in testa ad entrambe le graduatorie.
Il percorso opposto è quello dell'Emilia Romagna, che recupera sia in diffusione che in gravità, risultando ad oggi la regione meno afflitta dalla povertà. (Figura 8.2.17)
Chi è povero oggettivamente, non è detto che si percepisca tale. L'apparente tranquillità economica può nascondere inquietudini legate ad un mutuo da pagare per i prossimi venti o trent'anni, al desiderio di garantire ai figli un futuro sereno e un certo standard di vita o alla precarietà del lavoro. Per contro, chi ha un basso reddito può non avvertire preoccupazione se è abituato ad un tenore di vita morigerato e non prevede in futuro spese straordinarie.
Confrontando le regioni in merito alla povertà oggettivamente misurata e a quella percepita dalle famiglie, si nota una sostanziale corrispondenza tra i due punti di vista: in particolare in Veneto la quota di famiglie che si sente povera è quasi identica a quella di famiglie che oggettivamente lo sono, segno di una decisa e comprensibile volontà di affermazione economica dei suoi abitanti. Regioni come Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Lombardia mostrano valori di percezione inferiori all'incidenza di povertà monetaria, già comunque bassa. Anche Abruzzo e Molise mostrano questo profilo, pur registrando una diffusione del fenomeno più ampia. Le regioni del Mezzogiorno sono quelle che sono più povere e più sentono di esserlo, nonostante la loro percezione sia ben inferiore all'incidenza oggettiva, indice questo di un adattamento delle famiglie ad uno standard di vita più modesto. Lazio ed Emilia Romagna presentano quote più elevate di famiglie che avvertono disagio economico rispetto a quelle di famiglie oggettivamente in difficoltà. (Figura 8.2.18)
Nel Nord, come nel resto del Paese, le famiglie più svantaggiate sono quelle numerose, soprattutto con cinque o più componenti; le difficoltà crescono all'aumentare del numero di figli, in particolare se minori: al Nord l'incidenza di povertà tra le coppie con tre o più figli risulta, infatti, quasi tre volte superiore a quella delle coppie con un solo figlio. Critica appare la condizione degli anziani soli, così come a rischio sono i nuclei monogenitore, che dal 2002 registrano un peggioramento in termini di benessere economico. Migliorano invece al nord le condizioni delle famiglie con figli, i cui tassi di incidenza sono in diminuzione. Ad uno sguardo d'insieme, è interessante notare per le regioni settentrionali, più che per altre ripartizioni, una progressiva uniformità nella distribuzione delle famiglie povere tra le varie tipologie. Si nota infatti una generale tendenza ad un tasso di diffusione sempre più uniforme, che nel 2006 varia dal 3,2% delle coppie con un figlio all'8,3% delle coppie con tre o più figli. (Tabella 8.2.5)



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Note

  1. Tale importo viene stimato per le famiglie che vivono in abitazione di proprietà, usufrutto o in uso gratuito o che sono proprietarie di un'abitazione secondaria, al fine di garantire la comparabilità dei comportamenti di spesa rispetto alle famiglie che vivono in abitazioni in affitto. Tra il 2005 e il 2006 tale importo vede un incremento medio nazionale del 4,3%.
  2. Le spese per l'abitazione, principale e secondaria, comprendono: affitto, fitto figurativo, acqua, condominio, manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria.
  3. Le spese per i trasporti comprendono: acquisto di auto, acquisto di moto e scooter, assicurazioni dei mezzi di trasporto, pezzi di ricambio olio e lubrificanti, carburanti per veicoli, manutenzione e riparazioni, tram, autobus, taxi e altri trasporti.
  4. A cura di Andrea Venturini, Banca d'Italia, Sede di Venezia, Nucleo per la ricerca economica. Le informazioni contenute nel testo sono da attribuirsi unicamente all'autore e non impegnano l'istituzione di appartenenza.
  5. Il settore delle famiglie comprende gli individui o i gruppi di individui nella loro funzione di consumatori o in quella di produttori di beni e servizi, purché, in questo secondo caso, il loro comportamento economico e finanziario non sia tale da configurare una società di persone o di capitali.
  6. La metodologia di calcolo della ricchezza reale e finanziaria delle famiglie residenti in Veneto è riportata in 'Supplementi al Bollettino Statistico Indicatori monetari e finanziari - La ricchezza delle famiglie italiane 1995-2005' - Nuova serie Anno XVII - Numero 75 - 19 Dicembre 2007. Le informazioni sulle attività reali per regione sono tratte da 'The real and financial wealth of Italian households by region' di G. Albareto, R. Bronzini, D. Caprara, A. Carmignani e A. Venturini - Conference on Italian Household Wealth - Perugia, 16-17 Ottobre 2007, e quelle sulle attività e passività finanziarie derivano da elaborazioni su dati tratti dai Conti finanziari. Alcune delle stime contenute nei due lavori citati possono lievemente differire da quelle qui riportate perché queste ultime incorporano revisioni più recenti della ripartizione regionale delle attività e passività finanziarie e della popolazione.
  7. Per persona.
  8. L'indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia è svolta ogni due anni su un campione di circa 8.000 famiglie, di cui circa 600 residenti in Veneto. L'indagine è disponibile sul sito www.bancaditalia.it.
  9. Nelle attività reali, oltre al valore delle abitazioni, sono inclusi: gli oggetti di valore e i beni durevoli, i terreni, gli impianti, i macchinari e le attrezzature, i fabbricati non residenziali, le scorte e l'avviamento.
  10. L'indice di concentrazione di Gini è una misura sintetica del grado di disuguaglianza della distribuzione del reddito: è pari a 0 nel caso di perfetta equità della distribuzione dei redditi, è pari a 1 nel caso di totale disuguaglianza.
  11. L'insieme di questi parametri viene chiamato scala di equivalenza. Ciascun coefficiente esprime di quante volte il costo di mantenimento della famiglia considerata è superiore a quella di un singolo. In questo caso, per ogni famiglia, il parametro utilizzato per calcolare il reddito equivalente è pari alla somma di più coefficienti individuali (1 per il primo adulto, 0,5 per ogni altro adulto e 0,3 per ogni minore di 14 anni). Questa scala di equivalenza, raccomandata dall'Ocse e adottata dall'Istat, è attualmente impiegata da Eurostat per il calcolo degli indicatori di disuguaglianza compresi nelle statistiche ufficiali dell'Unione Europea.
  12. Le cinque categorie di reddito sono: 0-12.282 euro, 12.283-18.745 euro, 18.746-27.247 euro, 27.248-39.807 euro, 39.808 euro e più.
  13. Amartya Sen (Santiniketan, 1933) è un economista indiano Premio Nobel per l'economia nel 1998, docente presso la Harvard University.


Figura 8.2.1
Spesa media mensile delle famiglie per alimenti e quota percentuale di spesa per alimenti sul totale di spesa per regione - Anno 2006
Tabella 8.2.1
Distribuzione percentuale della spesa media mensile delle famiglie per capitolo di spesa. Veneto, Italia - Anni 2003, 2006
Figura 8.2.2
Spesa media mensile totale per consumi secondo tipologie familiari (in euro). Nord-Est, Italia - Anno 2005
Tabella 8.2.2
Spesa media mensile di alcune categorie di consumo per tipologia familiare (in euro) nel Nord-Est - Anno 2005
Figura 8.2.3
Ricchezza netta in migliaia di euro pro capite per regione - Anno 2005
Tabella 8.2.3
La ricchezza procapite delle famiglie (in migliaia di euro, tasso di incremento annuo). Veneto, Nord e Italia - Anni 1998, 2005
Figura 8.2.4
Tasso di crescita medio annuo nel periodo 1998-2005 della ricchezza netta pro capite per regione
Figura 8.2.5
Attività reali in migliaia di euro pro capite per regione - Anno 2005
Figura 8.2.6
Attività finanziarie in migliaia di euro pro capite per regione - Anno 2005
Tabella 8.2.4
Attività e passività finanziarie delle famiglie venete (milioni di euro correnti, valori percentuali e variazioni) - Anni 1998, 2005
Figura 8.2.7
Composizione delle attività finanziarie in Veneto - Anni 1998, 2005
Figura 8.2.8
Passività finanziarie in migliaia di euro pro capite per regione - Anno 2005
Figura 8.2.9
Valori medi del reddito familiare netto espressi in euro, con e senza i fitti imputati, e indice di Gini (esclusi i fitti) per regione - Anno 2005
Figura 8.2.10
Percentuale di famiglie secondo classi di reddito. Veneto, Lombardia e Sicilia - Anno 2005
Figura 8.2.11
Percentuale di famiglie che avvertono cambiamenti della propria situazione economica. Veneto, Italia - Anni 1996, 2007
Figura 8.2.12
Famiglie che dichiarano di possedere beni durevoli (per 100 famiglie della stessa zona). Veneto, Italia - Anno 2006
Figura 8.2.13
Indicatori di disagio economico (percentuali di famiglie). Veneto, Italia - Anni 2005, 2006
Figura 8.2.14
Percentuale di famiglie che non riesce a sostenere spese impreviste e variazione percentuale 2006/05 per regione - Anno 2006
Figura 8.2.15
Percentuale di famiglie che arrivano a fine mese con difficoltà e variazione percentuale 2006/05 per regione - Anno 2006
Figura 8.2.16
Incidenza e intensità di povertà delle famiglie per regione - Anno 2006
Figura 8.2.17
Incidenza e intensità di povertà delle famiglie in alcune regioni e variazione rispetto alla posizione del 2002 - Anni 2002, 2006
Figura 8.2.18
Incidenza di povertà delle famiglie e percezione di povertà per regione - Anno 2006
Tabella 8.2.5
Incidenza di povertà relativa per ampiezza e tipologia familiare per ripartizione geografica (valori percentuali)  - Anni 2002, 2006
I numeri del capitolo 8
I numeri del capitolo 8

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