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7.2 - L'equità nei diritti fondamentali : la salute

Una reale inclusione sociale implica anche necessariamente un sistema che garantisca a tutti i diritti sociali e l'accesso ai servizi fondamentali. In particolare il primario diritto alla salute passa per un'assistenza sanitaria rivolta a tutti i cittadini e che assicuri l'accesso ai servizi nel rispetto della dignità della persona, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso, della qualità e dell'appropriatezza delle cure e dell'economicità nell'impiego delle risorse. D'altro canto è anche una preoccupazione della politica europea quello di combattere le disuguaglianze che sussistono nell'Unione sul piano sanitario, pensando a una società sana come premessa per prosperità, solidarietà e sicurezza. Una società più coesa e solidale significa anche ridurre le principali disparità in termini di salute e di assistenza, che tra l'altro vanno di pari passo con le disuguaglianze nella prosperità.
Inoltre, la promozione della salute, oltre ad essere un beneficio personale diretto, è anche un elemento chiave per sostenere la crescita economica e del benessere sociale a lungo termine. Vivere più a lungo e soprattutto in condizioni di salute migliori significa aumentare la quota di popolazione attiva nel mercato del lavoro specialmente tra i lavoratori più anziani, riducendo così i pensionamenti anticipati e migliorando la sostenibilità del sistema economico. Per la realizzazione dell'agenda di Lisbona è quindi essenziale investire in prevenzione e salute: ridurre l'incidenza delle malattie e favorire un invecchiamento sano e attivo, attraverso la promozione di adeguati stili di vita e di programmi di prevenzione, creare ambienti di vita e di lavoro favorevoli, con l'obiettivo ultimo di aumentare il numero di anni di vita in buona salute dei cittadini. D'altro canto non si può prescindere dall'assistenza ai non autosufficienti e in particolare, per la loro numerosità, agli anziani, sviluppando maggiormente i sistemi integrati di assistenza a lungo termine, con un occhio particolare alla domiciliarità delle cure.
La Commissione europea invita a mantenere e migliorare la qualità e l'efficacia dei servizi sanitari e al tempo stesso a ricondurre la dinamica di tale voce di spesa nell'ambito dei vincoli della finanza pubblica. In questo senso, il sistema sanitario veneto, nel suo complesso, riesce a garantire i livelli essenziali di assistenza senza rinunciare alla propria sostenibilità finanziaria. E' un sistema che inoltre riesce a soddisfa la domanda di prestazioni da parte anche di cittadini residenti in regioni diverse, come evidenziato dal volume della mobilità interregionale, in particolare quella ospedaliera.

Inizio Pagina  I costi della sanità veneta e l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza

Con la definizione dei livelli essenziali di assistenza (DPCM 29 novembre 2001) ed i successivi accordi Stato-Regione intervenuti, il modello di quantificazione e ripartizione delle risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale risulta radicalmente modificato. Inoltre, a cominciare dall'accordo dell'8 agosto 2001 fino a giungere al più recente "Patto per la Salute" del 28 settembre 2006, sono state poste in atto una serie di azioni, di assoluto rilievo, mirate alla modifica dell'assetto complessivo delle responsabilità e dei rapporti fiscali tra i due livelli di governo. Tutto ciò in netta controtendenza rispetto alla precedente impostazione di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale che, di fatto, si basava sul ripiano ex post, prevalentemente a carico dello Stato, degli sfondamenti di spesa.
Pertanto, la Regione del Veneto ha conseguito i propri obiettivi di soddisfacimento dei livelli essenziali di assistenza garantendo, nel contempo, il sostanziale equilibrio finanziario del sistema considerato nel suo complesso. In questo senso, il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha riscontrato l'efficacia della copertura dei disavanzi da parte della Regione del Veneto, effettuata in conformità ai principi contabili europei del SEC 95, per gli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005. Tale attestazione ha consentito di evitare la penalizzazione finanziaria prevista per le regioni inadempienti (circa 530 milioni di euro) e l'immediato innalzamento al livello massimo delle addizionali IRPEF e dell'IRAP.
A fronte dell'equilibrio finanziario, pare opportuno considerare l'andamento prospettico dei risvolti economici connessi all'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che mostra un progressivo trasferimento di attenzione e di risorse verso i settori dell'attività territoriale.
Analizzando il triennio 2003, 2004, 2005 dei dati di costo delle Aziende Sanitarie, suddivisi secondo lo schema dei LEA, si può evidenziare come per tutti i macro livelli (assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera) vi sia stato un costante incremento, tuttavia caratterizzato da differenti tassi di crescita per i diversi ambiti, con il risultato, dunque, di una redistribuzione delle risorse. Sebbene una parte di tali incrementi sia ascrivibile a fenomeni inflattivi ed al rinnovo dei contratti di lavoro e delle convenzioni, le differenti percentuali di aumento possono fornire una sia pure parziale chiave di lettura degli orientamenti di programmazione.
Nello specifico, per l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro il costo ha subito un incremento di circa il 4% tra 2003 e 2004 e del 9% tra il 2004 ed il 2005; in particolare si sono sostenute maggiormente le attività rivolte all'igiene e sanità pubblica e al controllo degli alimenti e la prevenzione rivolta alle persone, riducendo leggermente i costi per la sanità veterinaria che però sono stati in parte compensati da un costante accrescimento delle attività svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale delle venezie che, peraltro, riceve specifici finanziamenti per lo svolgimento delle proprie finalità istituzionali.
Per l'assistenza distrettuale l'incremento è stato di circa il 7% tra 2003 e 2004 e dell'11% tra il 2004 ed il 2005; in particolare si sono incrementati i costi per le attività di guardia medica, per l'emergenza territoriale, l'assistenza integrativa, specialistica, protesica e per quella domiciliare, riducendo nel contempo, seppur parzialmente, l'incremento dei costi per l'assistenza farmaceutica.
Per quanto attiene alla specialistica ambulatoriale il maggior incremento è stato sostenuto tra il 2004 ed il 2005, soprattutto per il passaggio a questo tipo di attività di varie prestazioni prima erogate esclusivamente mediante ricovero ospedaliero (miglioramento dell'appropriatezza dell'uso delle strutture sanitarie).
Anche per il livello dell'assistenza ospedaliera vi è stato un incremento, ma di minore impatto percentuale e focalizzato sull'ospedalizzazione a domicilio e l'attività riabilitativa. In particolare si evidenzia come nel 2005 i costi per l'attività prettamente ospedaliera sono diventati identici a quelli sostenuti per l'assistenza distrettuale. Pur non disponendo ancora di dati di confronto nazionale per l'intero triennio sopra analizzato, si può affermare però che per il 2005 la suddivisione percentuale dei costi per le tre macrovoci nella regione Veneto risulta praticamente in linea con i valori attesi e previsti dalle direttive nazionali e ministeriali.

Inizio Pagina  La mobilità interregionale

Dal 1995 il fenomeno della mobilità sanitaria, ovvero dell'erogazione di prestazioni a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di ubicazione delle strutture erogatrici, è soggetto alla procedura di compensazione, finalizzata a "correggere" il meccanismo allocativo generale, che, come è noto, è basato sulla cd. quota pro-capite calcolata in rapporto alla popolazione residente.
Il flusso informativo nazionale, disciplinato da normative ministeriali e da accordi interregionali ha permesso la raccolta di informazioni di carattere epidemiologico ed amministrativo, dando un contributo notevole all'evoluzione dei sistemi aziendali e regionali di programmazione e monitoraggio. La base informativa disponibile, strutturata su informazioni di natura individuale (in linea con l'impostazione adottata per il nuovo sistema informativo sanitario nazionale) è ricchissima e consente già l'elaborazione di serie storiche significative. In particolare, l'analisi dei dati complessivi, mostra che per la Regione del Veneto il saldo economico totale ha sempre avuto segno positivo e trend crescente, con valori che per gli anni compresi tra il 2000 ed il 2005 presentano una media pari a ca. 110 milioni di euro. Collocando questi dati nel complessivo scenario nazionale, il Veneto risulta al terzo posto nella graduatoria delle regioni secondo il volume economico totale del saldo di mobilità, in posizione inferiore alle sole Lombardia ed Emilia Romagna.
Focalizzando l'analisi sui dati di mobilità ospedaliera (che complessivamente spiega l'82% del volume economico complessivo), la produzione complessiva delle strutture venete a favore di residenti in altre regioni ammonta in media, per gli anni 2001-2005, a circa 73.000 ricoveri, per un valore ecomonico complessivo (calcolato in rapporto alle tariffe regionali) pari a circa 222 milioni di euro. Viceversa, il numero di ricoveri di residenti nel Veneto in strutture ospedaliere di altre regioni, per lo stesso periodo, è stato in media di 43.000 ricoveri l'anno, con un saldo attivo di circa 30.000 ricoveri in media per anno.

Inizio Pagina  La domiciliarizzazione dell'assistenza

La Regione del Veneto ha sempre dimostrato particolare attenzione per il settore territoriale e distrettuale dei servizi sanitari, adottando un modello organizzativo e di erogazione basato sulla stretta integrazione tra le attività di natura sanitaria, socio-sanitaria e sociale. Tale approccio si è anche tradotto in una particolare sensibilità per le problematiche del sistema informativo distrettuale, che ha condotto, in netto anticipo rispetto all'evoluzione dello scenario nazionale, all'attivazione di specifici flussi informativi per il monitoraggio e la programmazione della psichiatria territoriale, dell'assistenza domiciliare integrata e della residenzialità extra-ospedaliera.
In effetti, la transizione demografico-epidemiologica sta spingendo tutti i Paesi europei a rivedere profondamente i modelli organizzativi di cura. A fronte di una marcata riduzione dei posti letto, riservati sempre più rigidamente ai casi di acuzie, si verifica un progressivo investimento sulla long-term care e sul setting domiciliare e territoriale. (Tabella 7.2.1) e (Tabella 7.2.2)
L'Italia, in realtà, a fronte di un numero di posti letto per "acuti" in linea con gli standard europei, si caratterizza nel suo insieme per un basso livello di investimento nell'assistenza residenziale e domiciliare. I dati regionali sono frammentari e riflettono differenze profonde negli obiettivi e nella stessa definizione dell'assistenza domiciliare. Nelle esperienze più evolute, a rimarcare questo passaggio è stato introdotto il tema delle "cure" domiciliari. (Figura 7.2.1)
I gap informativi sono stati in parte colmati dall'importante iniziativa del Progetto Mattoni del Nuovo Sistema Informativo Sanitario Nazionale, che ha coinvolto sei regioni per una prova pilota di raccolta dati sull'ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), nelle tre dimensioni dell'utente, della valutazione multidisciplinare e dei servizi offerti. Il Veneto ha messo a regime fin dal 2004 un sistema informativo condiviso (definizioni, strumenti di valutazione, tracciato record, costituzione di un datawarehouse regionale, restituzione via web della reportistica aziendale). Attualmente il sistema viene popolato dai dati della quasi totalità delle 21 Aziende Ulss della regione, mentre almeno la metà dispone di dati storici coerenti, utilizzabili per il benchmark storico e geografico. In queste ULSS è evidente che nella fascia di età dei grandi anziani la dimensione della presa in carico territoriale ha, con problemi e percorsi assistenziali diversamente impegnativi, un ordine di grandezza simile a quello dell'ospedalizzazione. (Tabella 7.2.3)
L'importanza delle cure domiciliari può essere illustrata dal punto di vista economico considerando il costo mensile di assistenza in funzione della vicinanza alla morte. Studi veneti, sulla scorta di un'ampia letteratura internazionale, evidenziano una crescita esponenziale dei costi negli ultimi 3/6 mesi di vita in tutte le classi d'età (la figura successiva si riferisce ad una coorte di 12.000 ultra75enni veneti). Fino all'età di 50 anni una persona consuma in media nell'ultimo anno di vita altrettante risorse di quelle utilizzate in tutto il resto della sua vita. Vi è quindi lo spazio per una opportuna riflessione sugli obiettivi della cura e dell'assistenza rivolta a persone in stato di terminalità/preterminalità. (Figura 7.2.2)
Lo studio EURELD (Nota 1) ha evidenziato il fatto che almeno i 2/3 dei decessi sono interessati da una decisione sull'assistenza di fine vita (luogo e modalità di assistenza), anche se nella realtà meno di un terzo dei pazienti che lo desiderano ricevono assistenza e muoiono a casa loro. All'interno di una grande complessità dei fattori influenti, che riguardano le preferenze del paziente, le condizioni socio-familiari e naturalmente anche gli aspetti clinici, è evidente che i malati di cancro che ricevono un'assistenza programmata da parte dell'ADI hanno maggiori opportunità rispetto al luogo del decesso. Questo è vero sia per i malati neoplastici che non erano stati ricoverati nel periodo preterminale, sia anche per coloro che avevano avuto un ricovero recente a connotare la loro situazione di instabilità clinica. Questo aspetto meramente quantitivo si accompagna ad un miglioramento documentabile del percorso di cura sia per quanto riguarda gli accessi al pronto soccorso (spesso indicatori di una rottura nella continuità dell'assistenza) sia per l'accesso alla terapia di palliazione con oppioidi.
L'assistenza domiciliare si caratterizza quindi come un Livello Essenziale di Assistenza di grande rilievo per la governance delle Aziende ULSS, con grandi possibilità di sviluppo e miglioramento, anche nel senso della standardizzazione dei comportamenti e delle procedure. La diffusione di questo livello di assistenza è comunque significativa, con tassi di attività anche superiori, in alcune realtà, a 42 assistiti per 10.000 residenti.




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Note

  1. Studio sulle decisioni di fine vita condotto tramite un questionario strutturato in sei Paesi europei.


Tabella 7.2.1
Percentuale di anziani non autosufficienti assistiti nelle strutture residenziali in alcuni Paesi europei
Tabella 7.2.2
Percentuale di anziani non autosufficienti assistiti formalmente a domicilio in alcuni Paesi europei
Figura 7.2.1
Utenti del servizio di assistenza domiciliare integrata per 1.000 anziani residenti per regione. Anno 2003 (*)
Tabella 7.2.3
Tasso di ricovero e di assistenza domiciliare integrata (ADI) per classe di età in undici Aziende Ulss del Veneto. Anno 2005
Figura 7.2.2
Una priorità di intervento: i costi in prossimità del decesso

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