Vai all'indice Indice capitoli             Vai alla pagina iniziale Home  
2.2 - I caratteri competitivi dell'internazionalizzazione

A partire dai primi anni novanta il fenomeno dell'internazionalizzazione delle imprese tramite investimenti diretti esteri (IDE) e altre forme di internazionalizzazione non mercantile ha assunto una dimensione sempre più rilevante anche per le imprese venete, tale da configurarsi come uno dei caratteri distintivi del modello di sviluppo regionale. Forme di decentramento produttivo, basate sulla delocalizzazione in paesi a basso costo del lavoro di specifiche fasi manifatturiere al fine di innalzare la concorrenzialità dei beni finali prodotti, si sono affiancate ad investimenti diretti volti a rafforzare la penetrazione commerciale, favorendo l'insediamento ed il radicamento dell'impresa sui mercati di sbocco attraverso investimenti greenfield e/o acquisizioni totali o parziali di imprese estere. Allo stesso tempo, negli ultimi anni è cresciuta anche la presenza in Veneto di imprese a partecipazione estera. Per tale motivo, da quest'anno il Rapporto Statistico dedica uno specifico approfondimento al tema dell'internazionalizzazione tramite investimenti diretti esteri.
A livello mondiale, gli anni più recenti segnano una forte ripresa dei processi di internazionalizzazione della produzione, dopo la crescita straordinaria degli anni novanta e le difficoltà di inizio millennio, che avevano determinato una significativa discesa dei flussi mondiali di IDE dai 1.400 miliardi di dollari del 2000 ai 630 del 2003, Secondo le rilevazioni dell'UNCTAD (Nota 1), nel 2005 gli IDE hanno recuperato quota 919 miliardi, replicando con un incremento del 29% sull'anno precedente quanto già verificatosi nel 2004 (+27%); i primi consuntivi per il 2006 indicano un'ulteriore crescita del 34%, verso il livello di 1.200 miliardi di dollari, non lontano dalla soglia record. Nel lungo periodo, i tassi di crescita degli IDE si sono in media mantenuti ben superiori a quelli del prodotto lordo mondiale e delle esportazioni. Ciò ha favorito l'emergere di una "nuova geografia economica", cui è sottesa la diminuzione della quota dei paesi industrializzati come destinatari degli investimenti (dall'80% nel 1980 a meno del 60% negli ultimi anni), nonché la speculare crescita (dal 20% al 40%) della quota spettante ai paesi di nuova industrializzazione e in via di sviluppo.
Nell'ambito di una crescente globalizzazione, i paesi di più antica industrializzazione hanno per ora mantenuto il controllo dei centri di comando e dei principali gateways delle attività economiche, mentre si va trasferendo, almeno in parte, in nuove aree del mondo il locus dell'innovazione sottesa alla produzione manifatturiera. Un altro fenomeno da rilevare è come la delocalizzazione tenda ad investire sempre più anche attività pregiate, relative alla generazione di conoscenze, nei campi più applicativi della R&S, e coinvolgenti altri assets strategici per lo sviluppo, come nell'ampio settore dei servizi.
La categoria degli IDE include diverse forme di investimento, quali fusioni e acquisizioni (M&As), gli ampliamenti di attività esistenti e gli investimenti greenfield, con effetti altrettanto diversi sulla dislocazione mondiale delle attività economiche. In particolare, le M&As cambiano l'assetto proprietario della produzione internazionale, ma non ne modificano la distribuzione territoriale, alla cui variazione contribuiscono invece i nuovi investimenti esteri (ampliamenti e greenfield), assieme agli investimenti interni a ciascun paese. L'analisi circoscritta alle iniziative che addizionano nuovi assets alla dotazione corrente appare dunque la più adatta a descrivere i luoghi e le traiettorie che stanno dando corpo alla nuova geografia economica (Nota 2). Sul lato dei flussi in uscita, il nostro paese partecipa alla generazione nel mondo di nuovi progetti, sia greenfield che di ampliamento di precedenti attività, in misura modesta comparativamente ai maggiori industrializzati (Nota 3). Il modello di crescita delle imprese italiane all'estero rimane prevalentemente centrato sulla delocalizzazione verso i vicini paesi dell'Europa Centro Orientale e su uno sforzo di penetrazione con strutture commerciali nei paesi evoluti e ricchi, in grado di apprezzare qualità e design del made in Italy; esso si rileva però assai debole nell'alimentare significativi flussi di investimento verso i continenti del mondo che sono oggi destinatari dei grandi progetti industriali e della massiccia attenzione degli investitori internazionali. In particolare, verso l'Asia si orientano iniziative delle nostre imprese più che in passato, ma l'entità rimane modesta nel quadro comparativo internazionale. Il paese evidenzia palesi difficoltà nei processi di integrazione internazionale anche sul lato dei flussi in entrata, con un profilo debole comparativamente ad un continente - l'Europa - dal ruolo già ridimensionato nel panorama mondiale come destinazione di nuovi flussi di investimento. L'Italia appare scarsamente attrattiva come area di destinazione di nuovi progetti greenfield, anche e soprattutto nei confronti degli altri partner europei, sia tradizionali che emergenti (Spagna in primo luogo).
Le difficoltà di integrazione nel nostro paese nella nuova geografia economica meritano grande attenzione, poiché tale collocazione è lo specchio sia della capacità delle nostre imprese di partecipare alla ristrutturazione mondiale della catena del valore, sia dell'attrattività del paese come luogo di destinazione di nuovi progetti economici. La necessità di essere parte attiva dei processi in atto è rafforzata dalla considerazione che essi non solo cambiano profondamente la distribuzione spaziale delle attività, ma sempre più comportano la diffusione e la frammentazione delle conoscenze sottostanti, con possibili spostamenti nei luoghi della loro generazione e accumulazione. Sullo sfondo vi è il formarsi di una nuova rete mondiale che presiede allo sviluppo capitalistico, nella quale si compete per l'eccellenza e la leadership, pena la marginalizzazione e il declassamento a periferia del mondo. Rimanere ai margini della nuova rete che innerva il mondo appare tanto più grave quanto più si consideri che l'economia mondiale conosce in questi anni una straordinaria crescita. Il rischio che ne deriva è che il paese si logori in un ambito progressivamente asfittico e che si inneschi un circolo vizioso tra scarsa attrattività interna e gap di globalità all'estero delle nostre imprese.
Le informazioni estratte dalla banca dati Reprint (Nota 4) riguardano le modalità di internazionalizzazione di natura equity, includendo partecipazioni azionarie di maggioranza e di minoranza in sussidiarie, filiali, affiliate, joint ventures, incroci azionari a supporto di alleanze strategiche. In tal modo essa non si limita alle sole iniziative che determinano flussi di investimenti diretti esteri, poiché, come noto, solo una parte, ancorché rilevante, delle suddette operazioni internazionali si finanzia tramite movimenti registrati nelle bilance dei pagamenti, essendo possibile reperire risorse finanziarie complementari sui mercati locali di insediamento. Il campo di indagine coperto dalla banca dati si estende all'intero sistema delle imprese industriali e all'insieme dei servizi che ne supportano le attività (Nota 5).
In estrema sintesi, il rapporto sottolinea come i primi anni duemila abbiano segnato sul lato degli investimenti in uscita un certo rallentamento delle iniziative, dopo il dinamismo nella crescita produttiva all'estero delle nostre PMI e di un selezionato insieme di medi gruppi industriali nel decennio precedente. Negli anni più recenti (2005-2006) emerge tuttavia una certa ripresa del numero di iniziative, perlomeno nelle attività manifatturiere e commerciali, le prime soprattutto indirizzate verso l'Europa Centro Orientale e l'Asia. Le PMI del paese tornano dunque a perseguire con una certa tenacia attività all'estero, seppure inevitabilmente confinate ad investimenti di piccola taglia. È peraltro evidente l'intrinseca debolezza di un modello di internazionalizzazione principalmente basato sul protagonismo delle imprese minori, le quali, pur vantando spesso, comparativamente alle imprese con analogo profilo dimensionale in altri paesi, più forti competenze e maggiore condivisione delle esperienze e delle informazioni, grazie all'agglomerazione territoriale, non possono non risentire dei limiti di cui in tutto il mondo soffrono le imprese di piccola taglia, in termini di risorse manageriali e finanziarie e di capacità di accedere e accumulare informazioni ed esperienze "dirette" sui mercati internazionali.
Sul lato dell'entrata, trova conferma il perdurare su livelli modesti le partecipazioni estere nel Paese, siano esse associate a investimenti greenfield che ad acquisizioni e partnership, con l'aggravante di una debole attrattività nei comparti dell'alta tecnologia e dei servizi avanzati. Ciò si verifica nonostante la robusta ripresa degli IDE a livello mondiale, avviatasi nel corso del 2004, dopo la flessione dei primi anni del nuovo millennio. Riguardo a questo lato dell'internazionalizzazione, occorre ribadire l'importanza che una robusta e articolata presenza di imprese multinazionali (IMN) riveste per tutte le aree progredite: in termini diretti, per il contributo dato all'occupazione, all'innovatività, alla formazione di competenze manageriali e alla crescita del sistema delle imprese; in termini indiretti, per le esternalità, gli spillovers e gli stimoli competitivi che le IMN generano, soprattutto con riferimento alle attività industriali e di servizio più coinvolte nei processi di integrazione internazionale. Una specifica esternalità che rileva in questa sede è l'influenza positiva che la presenza di IMN esercita anche sulla proiezione all'estero delle imprese del paese ospite, svolgendo per esse un ruolo di ponte verso i mercati esteri: si attiva, in altri termini, una spirale virtuosa della globalizzazione, per cui l'apertura all'investimento estero di un paese facilita la proiezione all'estero delle stesse imprese nazionali, attraverso le relazioni d'affari e la mobilità delle risorse. Vanno inoltre sottolineate le relazioni circolari tra competitività ed internazionalizzazione: se da un lato un territorio competitivo esercita una forte attrazione sulle IMN, dall'altro lato, come dimostrano ormai numerose ricerche, le performance delle imprese acquisite da IMN in termini di produttività e di incremento dell'occupazione, sono, ceteris paribus, spesso significativamente superiori a quelle delle imprese locali, grazie alla superiore capacità delle IMN di valorizzarne gli assets e di inserirle nei circuiti internazionali rilevanti. La visione canonica secondo cui è l'investimento produttivo greenfield il canale privilegiato per apportare valore al paese ospite è dunque obsoleta. In tal senso l'assunzione di un'ottica aperta ai nuovi settori di attività e favorevole alle operazioni di cross-border M&As appare essenziale nella definizione delle politiche per l'attrattività.

Inizio Pagina  Le imprese a partecipazione estera in Veneto

Con riferimento a tutte e sole le attività coperte dalla banca dati Reprint, all'inizio del 2006 le imprese venete partecipate da imprese multinazionali (IMN) estere sono complessivamente 463, con 43.797 dipendenti e un fatturato riferito al 2005 di 19.959 milioni di euro (Nota 6). (Tabella 2.2.1)
Nella larga maggioranza dei casi, la presenza delle IMN in Veneto si esplica tramite partecipazioni di controllo, coerentemente con quanto avviene in ambito nazionale. L'incidenza di tale tipologia è pari all'88,6% delle imprese a partecipazione estera (92,1% a livello nazionale), il 92% dei dipendenti (contro il 91,5%) e il 93,2% del fatturato (contro il 92,3%).
Rispetto alla consistenza complessiva delle partecipazioni estere in Italia, il peso del Veneto è pari al 6,5% delle imprese partecipate e al 5,1% sia dei relativi dipendenti, sia del fatturato da esse realizzato. La consistenza delle attività partecipate da IMN in regione appare dunque inferiore al peso che la regione ha rispetto al contesto nazionale con riferimento ad altre variabili economiche. In termini occupazionali, in occasione del Censimento Istat del 2001 l'incidenza del Veneto sul numero totale di dipendenti in Italia nei settori considerati dalla banca dati Reprint era risultata complessivamente pari all'11,2%.
Il confronto con le altre regioni settentrionali sottolinea la performance modesta del Veneto per quanto concerne la presenza di IMN estere in regione. Il grado di internazionalizzazione in entrata, calcolato rapportando il numero di dipendenti delle imprese a partecipazione estera al numero di dipendenti delle imprese residenti, risulta pari a 4,8% per l'insieme dei settori considerati dalla banca dati Reprint (contro una media nazionale più che doppia, pari al 10,6%) e a 5,7% (contro il 12,9%) con riferimento alla sola industria manifatturiera. Tali valori risultano inferiori a quelli di tutte le altre regioni del centro-nord ad eccezione delle sole Marche e anche alcune regioni del Mezzogiorno (segnatamente, Abruzzo e Sardegna) evidenziano performance migliori. I motivi della limitata presenza di imprese a capitale estero in Veneto va probabilmente ascritta alle specifiche caratteristiche strutturali dell'economia veneta, caratterizzata ancora da produzioni a medio-bassa intensità tecnologica, intrinsecamente meno attrattivi nei confronti delle IMN estere, e da imprese di piccola e media dimensione, che riducono le opportunità di investimento per gli operatori internazionali, per lo meno dal lato della possibilità di acquisire attività preesistenti, a causa del forte addensarsi di piccole imprese a gestione familiare. Un ulteriore elemento non favorevole ad insediamenti industriali esteri è la presenza di un carico fiscale ancora poco competitivo rispetto ad altre regioni europee, analisi approfondita nella seconda parte del Rapporto.
Gli ultimi anni hanno visto peraltro un certo incremento della presenza di IMN estere in Veneto, cresciuta a ritmi più veloci della media nazionale. Nel periodo 2001-2006 il numero delle imprese a partecipazione estera con sede in Veneto è incrementato del 21,5%, a fronte di un aumento del 12,5% a livello nazionale; in relazione alla consistenza economica delle attività delle imprese partecipate, il numero dei dipendenti delle imprese venete a partecipazione estera è cresciuto del 16,5%, contro una media nazionale dell'8,2%. Nell'industria manifatturiera l'occupazione delle imprese a partecipazione estera si è ridotta nel periodo considerato del 7,9% a livello nazionale, mentre il Veneto registra un incremento (+3,5%). (Tabella 2.2.2)
Un confronto internazionale è possibile con riferimento agli ampliamenti di attività esistenti e gli investimenti greenfield, grazie alla banca dati Locomonitor - OCO Consulting, che per quanto concerne le destinazioni di tali investimenti consente di disaggregare l'analisi fino a livello regionale. Con riferimento a tali dati, la tab.2.2.2 pone a confronto le performance del Veneto con quelle delle regioni competitor. Il divario di attrattività nei confronti delle più forti regioni europee appare assai ampio; tra le regioni italiane solo la Lombardia sembra tenere il loro passo. Assai più equilibrato appare il confronto con le altre regioni italiane. Piemonte e Lazio si confermano dopo la Lombardia le regioni italiane più attrattive nei confronti degli investitori esteri; il Veneto si posiziona al quarto posto, superando l'Emilia-Romagna (che precede invece il Veneto per numero e consistenza economica delle imprese a partecipazione estera attive sul territorio). (Figura 2.2.1)
Quasi i tre quarti dei dipendenti delle imprese venete a partecipazione estera operano nell'industria manifatturiera (216 imprese con 32,494 dipendenti, pari al 74,2% del totale). Seguono il commercio all'ingrosso (165 imprese e 5.442 dipendenti) e i servizi professionali (29 imprese e 3.404 dipendenti) (Nota 7). Modesta la consistenza complessiva delle presenze di capitale estero nei rimanenti settori: logistica e trasporti (21 imprese e 862 dipendenti), servizi di informatica e telecomunicazioni (17 imprese e 843 dipendenti), energia, gas e acqua (8 imprese e 353 dipendenti), industria estrattiva (1 impresa con 126 dipendenti). (Tabella 2.2.3)
Nell'industria manifatturiera, le imprese a partecipazione estera in Veneto si concentrano soprattutto nell'industria meccanica e assumono un certo rilievo anche nelle filiere dei prodotti elettrici ed elettronici e dei prodotti chimici e farmaceutici. Comparativamente alla media nazionale, le partecipazioni estere in Veneto appaiono specializzate nei settori a contenuto tecnologico intermedio (in particolare meccanica, metalli e prodotti in metallo e prodotti in gomma e plastica) e despecializzate nei settori a basso contenuto tecnologico (con l'eccezione di cuoio e calzature) e soprattutto in quelli ad elevato contenuto tecnologico. (Figura 2.2.2) e (Figura 2.2.3)
Per quanto concerne l'origine geografica degli investimenti, oltre i due terzi delle imprese (312, pari al 67,2% del totale) risultano partecipate da IMN con sede negli altri paesi UE-15; 80 imprese (17,3%) sono partecipate da IMN nordamericane) e 37 da altre IMN europee (prevalentemente svizzere). Residuano 22 partecipazioni giapponesi, 9 di altri paesi asiatici, 2 africane e 1 dall'America Latina. Tra i singoli paesi è la Germania a contare con il maggior numero di imprese partecipate in Veneto, seguita da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Svizzera. Il Giappone (22 imprese) occupa la settima posizione, precedendo altri sei paesi europei: Belgio, Danimarca, Spagna, Svezia, Austria e Finlandia. Se si guarda al numero di dipendenti delle imprese partecipate prevale invece la Gran Bretagna (7.983), davanti a Stati Uniti, Germania, Francia, Svezia, Paesi Bassi, Svizzera e Giappone. (Tabella 2.2.4) e (Tabella 2.2.5)
La provincia che ospita il maggior numero di imprese a partecipazione estera è Verona (143). Seguono Padova, Vicenza, Treviso, Venezia, Rovigo e Belluno. La ripartizione effettuata sulla base dei dipendenti delle imprese partecipate vede prevalere ancora Verona, con 13.266 unità, che rappresentano il 30,3% del totale regionale; Vicenza (8.696 dipendenti) sopravanza Padova; seguono Treviso, Venezia, Belluno e Rovigo. In termini dinamici, nel periodo 2001-2006 Verona vede crescere il numero dei dipendenti delle imprese a partecipazione estera di 3.446 unità (+30,3%), contro i 1.900 dipendenti aggiuntivi di Vicenza (+28%) e i 1.595 di Padova (+24,3%). Assai più contenuti gli incrementi registrati da Rovigo (+501 unità, che in termini relativi valgono però il maggiore incremento percentuale, +45,4%) e Treviso (+235 unità e +4,2%). Presentano invece un bilancio negativo nell'ultimo quinquennio Belluno (-78 unità e -3,2%) e soprattutto Venezia (-1.535 unità, equivalenti in termini relativi a -28,2%).

Inizio Pagina  L'internazionalizzazione delle imprese venete

All'inizio del 2006 la banca dati Reprint censisce 894 imprese multinazionali venete, ovvero imprese venete non controllate da gruppi esteri che a tale data partecipano in almeno una impresa estera operativa nei settori considerati dalla banca dati stessa. Le imprese estere da esse partecipate sono complessivamente 2.245, con 102.680 dipendenti e un fatturato riferito al 2005 di 19.198 milioni di euro. (Nota 8) (Tabella 2.2.6)
Le partecipazioni di controllo riguardano l'85,2% delle imprese partecipate, il cui peso è pari all'83,2% in termini di numero di dipendenti all'estero, ma sale al 92% in base al fatturato. (Nota 9)
Rispetto alla consistenza complessiva delle partecipazioni italiane all'estero, il Veneto rappresenta il 15,4% delle imprese multinazionali italiane, il 13,1% delle imprese partecipate all'estero, il 9,2% dei dipendenti e il 6% del fatturato. Relativamente alle partecipazioni di controllo, il peso del Veneto sale al 13,5% delle imprese, al 9,7% dei dipendenti e al 6,9% del fatturato. Tali dati indicano come il Veneto presenti un numero di soggetti investitori e di partecipazioni all'estero superiore al peso economico complessivo della regione nel contesto nazionale, mentre l'incidenza scende al di sotto di tale quota se si guarda alla consistenza delle attività partecipate all'estero, in particolare se misurata in termini di fatturato, data la maggiore incidenza di iniziative prevalentemente volte a delocalizzare all'estero specifiche fasi del processo produttivo, come confermeranno in seguito le analisi relative alla ripartizione delle partecipazioni estere per settori di attività e destinazioni geografiche.
Occorre peraltro sottolineare come un'analisi basata sulle partecipazioni dirette all'estero delle imprese colga solo una parte - certamente la più rilevante per "spessore" strategico - di quell'ampia varietà di accordi non equity con cui le imprese danno impulso al proprio coinvolgimento estero. Sono infatti escluse le cosiddette forme "leggere" di internazionalizzazione, basate su accordi e partnership con imprese estere che non implicano lo scambio di quote azionarie tra le imprese coinvolte, le quali rappresentano certamente una modalità importante di internazionalizzazione per le imprese italiane in genere e venete in particolare, sia per decentrare in paesi a basso costo del lavoro parte della lavorazione dei prodotti, sia per accedere a canali distributivi sui mercati di sbocco. Per quanto riguarda la delocalizzazione produttiva, va ricordato come vari studi abbiano mostrato come il traffico di perfezionamento passivo (TPP), che consiste in uno specifico regime doganale che agevola le esportazioni temporanee di materie prime o semilavorati destinati a subire lavorazioni dirette in altri paesi e ad essere reimpostati nel territorio di origine, sia solo in parte costituito da transazioni tra imprese appartenenti al medesimo gruppo multinazionale, mentre prevalgono le transazioni tra imprese indipendenti.
Un altro fenomeno che assume dimensioni di particolare rilievo in questo ambito, in particolare per quanto concerne il Veneto, riguarda le forme di imprenditorialità italiana all'estero, ovverosia le imprese partecipate all'estero da privati cittadini italiani, che non rientrano dunque nel computo delle attività multinazionali del nostro paese. Tali iniziative si concentrano soprattutto nel campo delle attività di tradizionale competitività dell'industria nazionale; con riferimento al Veneto, il fenomeno assume particolare rilevanza nei paesi dell'Europa centrale e orientale, in alcuni dei quali (Romania in primis) la consistenza delle attività riferibili a cittadini italiani che hanno ivi stabilito il fulcro delle loro attività imprenditoriali supera in misura anche significativa quella delle attività partecipate da imprese italiane. I protagonisti di tale processo sono molteplici: soggetti che non hanno mai avuto o hanno abbandonato precedenti attività in Italia, ma anche familiari e collaboratori di imprenditori operativi nel Paese. Si è così estesa quella "area grigia" di iniziative che esprimono i legami cooperativi formali e informali esistenti tra nuovi imprenditori e imprese italiane che hanno delocalizzato fasi e prodotti e costruito una rete di collaborazioni produttive internazionali. Si tratta in alcuni casi di processi altamente pervasivi, ma che non configurano in senso stretto la nascita di imprese multinazionali, sia perché spesso mancano strutture proprietarie formali che integrino le attività, sia perché talvolta le relazioni di proprietà sono sostituite da legami familiari.
Una misura della consistenza di tale fenomeno viene dal raffronto tra i dati contenuti nella banca dati Reprint e i risultati di un'indagine sulla presenza imprenditoriale veneta in Romania promossa da Antenna Veneto Romania (Nota 10). Il numero complessivo delle imprese di origine veneta registrate in Romania a partire dal 1990 e fino a marzo del 2005 risulta essere pari a 2.578 unità; tali imprese occupano oltre 39mila addetti e nel 2003 hanno registrato un giro d'affari di circa 458 milioni di euro. Le imprese romene partecipate da imprese venete censite dalla banca dati Reprint a fine 2005 sono 182, con circa 17.300 dipendenti e un giro d'affari di circa 380 milioni di euro. Rispetto agli investimenti diretti effettuati da privati, è evidente come le partecipazioni delle imprese medie abbiano una dimensione media e soprattutto una produttività assai più elevate.
È possibile confrontare le performance di internazionalizzazione attiva del Veneto con quella delle altre regioni italiane rapportando per ciascuna regione il numero di dipendenti delle imprese partecipate all'estero al numero dei dipendenti interni dalle imprese residenti non a controllo estero (Nota 11). Non sorprendentemente, tale indicatore del grado di internazionalizzazione assume i valori più elevati per Piemonte, Lombardia e Lazio, regioni che ospitano le maggiori e più internazionalizzate imprese italiane. (Figura 2.2.4)
Il Veneto, con 14,4 dipendenti all'estero ogni 100 dipendenti domestici, si colloca al di sotto della media nazionale (24,1%), preceduta anche da Marche, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. È verosimile che a determinare tale performance contribuiscano sia le caratteristiche strutturali dell'economia regionale, nella quale assumono rilevanza superiore alla media le produzioni a medio-bassa intensità tecnologica, intrinsecamente meno propense all'internazionalizzazione tramite IDE, sia le opportunità di delocalizzazione offerte dalla fitta rete di imprenditori veneti che hanno avviato iniziative imprenditoriali nei paesi dell'est europeo, che costituiscono una valida alternativa all'investimento diretto dell'impresa.
Nondimeno, nei primi anni duemila la consistenza delle partecipazioni estere delle imprese venete è cresciuta a tassi assai più elevati della media nazionale. Tra l'inizio del 2001 e l'inizio del 2006 il numero delle imprese estere partecipate da imprese venete è cresciuto del 16,3%, contro il 7,7% nazionale; l'incremento relativo al numero dei dipendenti all'estero è stato pari al 18,3% (contro il 9,8% nazionale), mentre il fatturato realizzato dalle partecipate estere è cresciuto del 26,9% (contro il 13,8%). Con riferimento alle sole attività manifatturiere, il numero dei dipendenti delle partecipate estere di imprese venete è cresciuto del 19,1%, mentre a livello nazionale la crescita è stata pari al 4,3%.
Oltre la metà delle imprese partecipate all'estero da imprese venete svolge attività commerciali: si tratta di 1.278 imprese, con oltre 21.500 dipendenti e un fatturato di oltre 9,5 miliardi di euro. (Tabella 2.2.7)
Oltre i tre quarti dei dipendenti all'estero sono peraltro occupati presso imprese manifatturiere (oltre 77.500 dipendenti in 766 imprese partecipate, che nel 2005 hanno fatturato quasi 8,8 miliardi di euro). Nel complesso marginale la presenza all'estero negli altri comparti, ove si escludano le costruzioni.
Comparativamente alla media nazionale, le partecipazioni venete all'estero appaiono specializzate nei settori a basso contenuto tecnologico, segnatamente il tessile-abbigliamento (oltre 23mila addetti all'estero), il cuoio e calzature e legno, mobili ed altre industrie calzaturiere. Superiore alla media anche l'incidenza del commercio all'ingrosso, mentre dal punto di vista della consistenza delle attività partecipate all'estero vanno segnalate anche i settori delle macchine e apparecchiature meccaniche e delle macchine e apparecchiature elettriche e ottiche. (Figura 2.2.5) e (Figura 2.2.6)
Per quanto concerne la destinazione geografica degli investimenti, quasi i due terzi delle imprese partecipate all'estero da imprese venete e il 70% dei relativi dipendenti sono localizzati in Europa. In particolare, 811 imprese con 28.312 dipendenti sono negli altri paesi UE-15; 556 imprese, con 41.893 dipendenti, nei paesi dell'Europa centro-orientale e 65 imprese, con 1.534 dipendenti, negli altri paesi europei. Seguono l'Asia, con circa 14.457 dipendenti in 333 imprese, il Nord America (6.743 dipendenti), l'America Latina (5.078), l'Africa (4.265) e l'Oceania (398). (Tabella 2.2.8)
Rispetto alla media nazionale, le imprese venete mostrano una maggiore propensione ad investire nei paesi dell'Europa centro-orientale, dell'Africa settentrionale e dell'Asia centrale ed orientale. La correlazione tra le specializzazioni settoriali e le scelte territoriali appare assai evidente. Assai modesta appare invece, sempre in rapporto alla media nazionale, la presenza diretta delle imprese venete nelle Americhe, nel Medio Oriente e in Oceania. (Tabella 2.2.9)
La provincia con il maggior numero di imprese investitrici è Vicenza (256), seguita da Treviso, Padova, Verona, Venezia, Belluno e Rovigo. Treviso prevale se si guarda invece alla consistenza delle attività estere, in relazione al numero dei dipendenti, con 31.227 unità, davanti a Vicenza, Verona, Belluno, Padova, Venezia e Rovigo.




Torna indietro Torna indietro

Note

  1. United Nations Conference on Trade and Development
  2. Un'analisi comparativa, condotta nell'ambito del rapporto dell'ICE 'Italia Multinazionale 2006' sulla base delle informazioni desumibili dal database LocoMonitor - OCO Consulting, evidenzia la problematica collocazione del nostro paese in questo rimescolamento della divisione internazionale del lavoro.
  3. La categoria degli IDE include diverse forme di investimento, quali le acquisizioni e fusioni (M&As), gli ampliamenti di attività esistenti e gli investimenti greenfield, con effetti altrettanto diversi sulla dislocazione mondiale delle attività economiche. In particolare, gli M&As cambiano l'assetto proprietario della produzione internazionale, ma non ne modificano la distribuzione territoriale, alla cui variazione contribuiscono invece i nuovi investimenti esteri (ampliamenti e greenfield), assieme agli investimenti interni a ciascun paese. L'analisi circoscritta alle iniziative che addizionano nuovi assets alla dotazione corrente appare dunque la più adatta a descrivere i luoghi e le traiettorie che stanno dando corpo alla nuova geografia economica. Il database LocoMonitor - OCO Consulting censisce per il periodo 2002-2006 e per tutti i settori economici, le iniziative di investimento estero per nuove attività o per ampliamenti di quelle esistenti, sia annunciate che realizzate. La sintesi del rapporto 'Italia multinazionale 2006' è disponibile on line sul sito www.ice.gov.it. Il precedente rapporto è pubblicato in Mariotti S., Mutinelli M., 'Italia multinazionale 2005. Le partecipazioni italiane all'estero ed estere in Italia', Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007.
  4. Banca dati realizzata presso il Politecnico di Milano, la quale censisce le partecipazioni di imprese italiane all'estero ed estere in Italia, misurandone la numerosità, la consistenza economica, gli orientamenti geografici e settoriali.
  5. Corrispondenti ai seguenti codici della classificazione Ateco: 11-37, 40-41, 45, 50-51, 60-63 (escluso 63.3), 64.2, 71-74. Per implicita differenza da quanto sopra indicato, sono esclusi dall'analisi sia taluni settori che pure si intrecciano in misura rilevante con le attività censite, quali l'intero comparto finanziario (banche, assicurazioni, servizi finanziari, holding), per il quale l'esclusione è motivata dall'impossibilità di usare variabili economiche omo¬genee per misurare consistenza e qualità delle attività internazionali, sia altri settori con minore grado di interazione con il fulcro della presente analisi: agricoltura, servizi immobiliari, distribuzione al dettaglio, turismo, servizi sociali e alle persone.
  6. Giova sottolineare che in questa sede vengono considerate venete le imprese che in Veneto hanno localizzato la loro principale sede operativa (ovvero la sede che ospita la Direzione generale e amministrativa della società, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale dell'impresa stessa).
  7. Il principale contributo a tale settore è offerto da una azienda del comparto farmaceutico, con il centro di R&S di Verona che occupa oltre 2.000 dipendenti.
  8. Giova sottolineare che in questa sede vengono considerate venete le imprese che in Veneto hanno localizzato la loro principale sede operativa (ovvero la sede che ospita la Direzione generale e amministrativa della società, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale dell'impresa stessa).
  9. Molte partecipazioni paritarie e di minoranza riguardano joint-venture in paesi a basso costo del lavoro (prevalentemente nell'est Europeo).
  10. L'Antenna Veneto Romania, costituita con l'accordo tra il Centro Estero delle Camere di Commercio del Veneto e la Camera di Commercio Industria e Agricoltura di Timisoara, svolge la funzione di sportello per gli imprenditori veneti che intendono avviare o consolidare i rapporti economici con la Romania e per le aziende venete già delocalizzate nel paese. L'iniziativa ha del patrocinio della Regione Veneto.
  11. La ragione dell'esclusione dal denominatore dell'indice degli occupati presso le imprese a controllo estero risiede nella considerazione che le imprese a controllo estero insediate in Italia non partecipano al processo di multinazionalizzazione attiva. Nel caso esse controllino attività all'estero, ciò è generalmente il frutto di scelte proprietarie e organizzative delle IMN cui appartengono e sa¬rebbe fuorviante attribuire contabilmente il controllo dei loro assets al nostro paese. Per tale motivo, tali attività non sono considerate nel computo delle partecipazioni italiane all'estero. Il computo riguarda ovviamente le sole attività censite nella banca dati Reprint.


Tabella 2.2.1
Indicatori relativi alle imprese a partecipazione estera al 1.1.2006. Veneto e Italia.
Tabella 2.2.2
Numero di progetti cross-border di investimento greenfield e di ampliamento di attività, per selezionate regioni italiane ed europee di destinazione, 2002-2006.
Figura 2.2.1
Grado di internazionalizzazione passiva (*) per regione al 1.1.2006.
Tabella 2.2.3
Imprese venete a partecipazione estera al 1.1.2006, per settore economico.
Figura 2.2.2
Indice di specializzazione (*) delle partecipazioni estere in Veneto nel settore manifatturiero in base al contenuto tecnologico delle produzioni al 1.1.2006.
Figura 2.2.3
Indice di specializzazione (*) delle partecipazioni estere in Veneto per i per i principali settori economici al 1.1.2006
Tabella 2.2.4
Imprese venete a partecipazione estera al 1.1.2006, per origine geografica dell'investitore
Tabella 2.2.5
Imprese venete a partecipazione estera al 1.1.2006, per provincia
Tabella 2.2.6
Indicatori relativi alle partecipazioni delle imprese all'estero al 1.1.2006. Veneto e Italia
Figura 2.2.4
Grado di internazionalizzazione attiva (*) per regione al 1.1.2006.
Tabella 2.2.7
Imprese estere partecipate da imprese venete al 1.1.2006, per settore
Figura 2.2.5
Indice di specializzazione (*) delle partecipazioni venete all'estero nel settore manifatturiero in base al contenuto tecnologico delle produzioni al 1.1.2006
Figura 2.2.6
Indice di specializzazione (*) delle partecipazioni venete all'estero per i principali settori economici al 1.1.2006
Tabella 2.2.8
Imprese venete a partecipazione estera al 1.1.2006, per aree geografiche e principali paesi
Tabella 2.2.9
Imprese venete a partecipazione estera al 1.1.2006, per provincia
I numeri del capitolo 2
I numeri del capitolo 2

Verifica l'accessibilità del Rapporto Statistico 2007 : Valid HTML 4.01! 

I dati elaborati dall'Ufficio di Statistica della Regione Veneto sono patrimonio della collettività; si autorizza la riproduzione a fini non commerciali del presente materiale con la citazione della fonte "Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale".