9. Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna

Inizio Pagina   9.1 La regione Emilia Romagna

L’attuale Statuto della Regione Emilia-Romagna, approvato con L.R. n. 13/05, recita all’articolo 1: “L’Emilia-Romagna, Regione autonoma entro l’unità della Repubblica, secondo le norme della Costituzione, dell’Unione Europea e del presente Statuto, persegue l’autogoverno e promuove lo sviluppo della comunità regionale, concorrendo al rinnovamento della società e dello Stato”.
L'Emilia-Romagna è composta di 9 Province (Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Rimini, Ravenna, Reggio Emilia) e 341 comuni; il capoluogo di Regione è Bologna.
Situata nell'Italia settentrionale, confina a nord con Lombardia e Veneto, a ovest con Piemonte e Liguria, a sud con Toscana, Marche e la Repubblica di San Marino; a est si affaccia sul Mar Adriatico. Il territorio può essere morfologicamente distinto in due settori: la zona appenninica a sud-ovest che declina in una fascia di colline ed una vasta zona pianeggiante a nord-est fino al Po. A quest'ultimo affluiscono i fiumi Tidone, Trebbia, Arda, Taro, Parma, Enza, Secchia e Panaro; il Reno, l’ Idice, il Lamone, il Montone-Ronco, il Savio, il Rubicone ed il Marecchia sfociano invece direttamente nel Mar Adriatico. Al limite tra la zona montana e quella di pianura, lungo l'antica Via Emilia, si sono sviluppati 7 capoluoghi di provincia, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Forlì, Rimini, mentre gli altri due, Ferrara e Ravenna, sorgono in mezzo alla pianura, più ad est. Le pendici collinari sono coltivate a vite e a ortaggi. La pianura vede al primo posto la produzione di frumento, barbabietola da zucchero, frutta e ortaggi, che alimentano cospicue industrie di trasformazione. Molto sviluppato è l'allevamento, soprattutto di bovini e suini, con conseguente forte produzione di formaggi (Parma, Reggio) e di salumi (Modena, Parma, Bologna). Intensa la pesca, praticata sia in mare sia nelle celebri Valli di Comacchio (anguille, cefali). Dal sottosuolo si estraggono petrolio e metano (Cortemaggiore, Correggio, Ravenna). Alle industrie alimentari, conserviere, salumarie e dello zucchero, si affiancano quelle tessili soprattutto nelle province di Bologna e Reggio, quelle meccaniche e automobilistiche a Modena e Piacenza, quelle chimiche (principalmente gomma sintetica) a Ravenna, e quelle petrolifere (Cortemaggiore, Fiorenzuola d'Arda, Fornovo di Taro, Ravenna). Rilevante l'artigianato, ceramiche artistiche di Faenza e di Imola. Sviluppatissimo il turismo, che vanta numerosissime strutture alberghiere (Rimini, Riccione, Cattolica, Cesenatico, Cervia, Marina di Ravenna), con diversi centri termali, primo fra tutti Salsomaggiore Terme, e stazioni di soggiorno montano sull'Appennino.
Bologna, passaggio obbligato fra il nord e il sud della penisola, è situata allo sbocco della valle del Reno nella pianura emiliana. Oltre la seconda cerchia poligonale di mura, eretta nel Trecento e in gran parte abbattuta agli inizi di questo secolo, si è poi estesa la città moderna, sia lungo l'asse segnato dalla via Emilia, sia in corrispondenza delle prime propaggini collinari e della zona situata verso la pianura, al di là della stazione ferroviaria. Attive sono le industrie alimentari (pastifici, distillerie), meccaniche (macchinari, impianti frigoriferi, carrozzerie, motocicli), poligrafiche ed editoriali, farmaceutiche, delle calzature. Bologna è importante nodo stradale, centro di smistamento delle merci e sede di fiere; è inoltre il principale nodo ferroviario italiano, attraversata da tutte le più importanti linee nazionali ed internazionali. L'aeroporto internazionale "G. Marconi" garantisce, con voli di linea, rapidità di collegamento per passeggeri e merci con le principali località italiane ed estere. Numerosi sono i charter che a frequenza settimanale la collegano con molte località europee ed extraeuropee.

Inizio Pagina   9.2 L'attrattività demografica

In Emilia-Romagna, come del resto in Veneto, negli ultimi quindici anni si evidenzia un forte incremento di popolazione, pari al 5,7%, inferiore però di oltre un punto percentuale rispetto all’aumento registrato nel nostro territorio.

L’Emilia-Romagna è meno popolosa: qui infatti abita il 7,1% della popolazione nazionale per un totale di oltre 4 milioni e 100 mila abitanti, mentre l’8% degli italiani si concentrano in Veneto, dove è più elevata anche la densità abitativa (255,4 abitanti per kmq contro 187,7).
L’incremento demografico dell’Emilia-Romagna è dovuto essenzialmente al saldo del movimento migratorio, in particolar modo al saldo con l’estero che incide per il 49% su quello totale, in aumento rispetto al 1990 (43,1%) ma nettamente inferiore al peso che tale componente ha nella nostra regione (83,7%). Inoltre l’Emilia-Romagna risulta una regione attrattiva non soltanto per quanti vengono dall’estero, ma anche per chi proviene da altre regioni italiane, infatti nell’ultimo anno il saldo migratorio interno incide per il 26% sul saldo migratorio totale, contribuendo ad una crescita di 4,9 per mille abitanti all’anno, il più alto tasso tra le regioni italiane. Contrariamente a quanto avviene in Veneto, resta invece negativo il saldo naturale, i decessi superano le nascite di circa 6.900 unità, in calo rispetto a dieci anni fa quando il saldo era pari circa a – 16.000.
In Emilia-Romagna solo il 38,5% della superficie totale è montana, analogamente a quanto avviene in Veneto (32%). Il 9% della popolazione totale, quota uguale a quella della nostra regione, abita in comuni montani che rappresentano il 36,4% del totale. Come nel Veneto oltre il 70% dei comuni è di dimensione medio-piccola, ovvero con un numero di abitanti compreso tra 1.000 e i 10.000; in particolare quelli tra 5.000 e i 10.000 inglobano una quota considerevole di popolazione, 28,2% in Emilia Romagna, 25% nel Veneto.

Inizio Pagina   9.3 Le condizioni familiari

Nel 2004 le famiglie dell’Emilia Romagna sono 1.783.689, con un aumento del 14% rispetto a dieci anni prima, ma comunque inferiore all’incremento di famiglie venete (+16%) che si attestano a 1.852.902 unità.
Viceversa, nello stesso periodo il numero medio di componenti per famiglia è diminuito: sia in Italia che in Veneto, oggi, ogni famiglia conta mediamente 2,5 persone, mentre nel 1995 ve ne erano rispettivamente 2,7 e 2,8. In Emilia Romagna la dimensione familiare è da tempo mediamente più ridotta: già nel 1995 era di 2,5 individui e attualmente è scesa a 2,3.
Il reddito disponibile (nota 1) rappresenta l’ammontare di risorse che le famiglie hanno a disposizione per i propri consumi e risparmi.
Tra il 1995 e il 2003 il reddito disponibile pro-capite ha registrato, in tutte le regioni confrontate, un aumento di oltre il 25% e nell’ultimo anno ogni abitante dell’Emilia-Romagna dispone mediamente di 19.860 euro, valore superiore al Veneto e alla media nazionale.
Dopo due anni di maggiore benessere, a partire dal 2002, anche a causa di una maggiore percezione del rincaro dei prezzi successiva all’entrata in vigore della moneta unica, le famiglie delle due regioni considerate hanno adottato un comportamento più cauto nei confronti delle proprie scelte di consumo che ha portato ad una diminuzione della spesa media mensile.
Nel 2004 le famiglie emiliane spendono 2.762 euro, che in termini reali si traduce in un aumento di oltre l’11% rispetto ad otto anni prima. In Veneto la spesa per famiglia è di poco più bassa (2.716 euro) e manifesta una tendenziale cautela molto simile negli anni, ma meno spiccata per entrambe le regioni rispetto a ciò che si è verificato in Italia. Nell’ultimo anno, Emilia Romagna e Veneto, dopo la Lombardia, si confermano rispettivamente al secondo e al terzo posto nella graduatoria delle regioni con spesa mensile più elevata, con una spesa di oltre trecento euro superiore alla media nazionale.

Inizio Pagina   9.4 Il contesto macroeconomico

Crescono tra l’altro i consumi finali interni complessivi (nota 2): dal 1990 al 2003, nonostante le frenate congiunturali questi sono aumentati del 25,4% in Veneto, del 26,2% in Emilia Romagna e del 19,8% in Italia.
Cresce quindi considerevolmente nel lungo periodo una delle principali componenti del prodotto regionale e nazionale, questo nel 2004 è dovuto per l’8,7% al prodotto dell’Emilia Romagna che guadagna il quarto posto tra le regioni italiane dal quinto posto che aveva nel 1990. Attorno al 9% e in crescita di 0,5 punti percentuali rispetto al 1990, la quota di prodotto veneto sul Pil italiano nel 2004; risultato, questo, che ha consentito alla nostra regione di collocarsi al terzo posto nella graduatoria regionale per contributo sul Pil nazionale, guadagnando così una posizione nell’arco temporale di riferimento.
Sempre inferiore a quello dell’Emilia Romagna, nei quindici anni considerati, il prodotto pro capite a prezzi costanti del Veneto, pari nel 2004 a 20.505 euro (ottava posizione nella graduatoria nazionale) rispetto ai 22.246 euro dell’Emilia Romagna (quarta in graduatoria), entrambi chiaramente al di sopra del valore medio nazionale.

Inizio Pagina   9.5 Il valore aggiunto

Nel periodo considerato si assiste a una tendenziale terziarizzazione del tessuto economico delle due regioni: in Emilia Romagna il valore aggiunto creato dal settore dei servizi è passato da una quota del 60,3% sul totale nel 1990 al 63,1% nel 2004, a scapito dell’industria che ha ridotto di poco la sua quota di valore aggiunto portandosi al 33% nell’ultimo anno.
Nel Veneto il valore aggiunto creato dal settore dei servizi è passato da una quota del 60,3% sul totale nel 1990 al 62,4% nel 2004 e si assiste, come in Emilia Romagna, a una riduzione del peso del valore aggiunto prodotto dall’industria (dal 36,2% nel 1990 al 34,3% nel 2004).
Osservando l’andamento di lungo periodo degli investimenti: dal 1990 al 2003 si evidenzia una crescita rilevante degli investimenti fissi lordi sia in Veneto (+39,4%) che in Emilia Romagna (+40,5%), confermata anche dall’analisi dei rispettivi livelli pro capite. In Veneto l’incremento degli investimenti ha riguardato principalmente quella componente, dei macchinari e dei mezzi di trasporto (+54,8%), che maggiormente favorisce uno sviluppo più innovativo del sistema economico.
Inoltre il recente boom delle costruzioni ha prodotto una forte crescita di tali investimenti in entrambe le regioni: nel periodo dal 2000 al 2003 l’incremento è stato di quasi 15 punti percentuali in Veneto e di 17 in Emilia Romagna.

Inizio Pagina   9.6 Le imprese

Sono 456.878 nel 2005 le imprese attive nel Veneto, 31.653 in più di quelle dell’Emilia Romagna. Rispettivamente l’8,9% e il 8,3% del totale italiano, corrispondenti al secondo e al quarto posto nella graduatoria delle regioni a livello nazionale.

Confrontando i risultati dei Censimenti dell’Industria e dei servizi del 1991 e del 2001, ad aumentare di più sono state le unità locali del Veneto: +23,8% contro il +17,1% registrato in Emilia Romagna.
Buona parte di tali unità locali appartiene al comparto dei servizi che dal 2000 al 2005 è aumentato ovunque soprattutto grazie al boom del settore immobiliare e dell’informatica. Analogo andamento si osserva nel corso del decennio 1991-2001 per gli addetti, che sono aumentati del 13,3% in Veneto e del 10,2% in Emilia Romagna.
Dal punto di vista relazionale le imprese venete hanno una minor propensione ad organizzarsi in gruppo di quelle dell’Emilia Romagna anche se, in entrambe le regioni, la maggior parte dei gruppi è costituita da imprese con meno di 100 addetti. Del resto la dimensione media complessiva delle unità locali è ancora piuttosto ridotta sia in Veneto (4,4 addetti) che in Emilia Romagna (4,2 addetti) e la tendenza decennale non suggerisce un orientamento verso l’incremento della dimensione d’impresa.
Analizzando il numero delle imprese estere a partecipazione italiana (nota 3), nel 2004 il Veneto e l’Emilia Romagna hanno all’incirca lo stesso numero di imprese estere partecipate, con una quota sul totale nazionale pari al 12,8%.
La propensione dell’economia veneta ad aprirsi verso i mercati esterni viene confermata anche dall’analisi degli investimenti diretti netti all’estero sul Pil (nota 4): nel 2004 il saldo degli investimenti netti veneti rapportato al Pil, pari a +0,62%, è superiore a quello dell’Emilia Romagna (+0,27%).
Le filiere produttive, l’apertura ai mercati esteri e la produzione di beni ad elevata tecnologia, sono i fattori che qui consideriamo per analizzare la competitività del mondo imprenditoriale.
Una grossa fetta di imprese italiane produttrici di beni ad alta tecnologia (nota 5) è veneta: nel 2005 il Veneto si colloca infatti in seconda posizione nella graduatoria regionale a livello nazionale; quarta è invece l’Emilia Romagna. Nel periodo considerato la quota veneta si è leggermente ridotta mentre quella dell’Emilia Romagna è in lieve aumento.

Inizio Pagina   9.7 L'apertura internazionale

Complessivamente dall’inizio degli anni '90 tende a crescere la quota veneta delle esportazioni italiane di beni: dal 12,3% del 1991 al 13,4% del 2005, migliora anche quella dell’export dell’Emilia Romagna, da 10,5% nel 1991 a 12,6% nel 2005.

Dall’inizio degli anni '90 l’incidenza sul totale nazionale delle esportazioni venete di prodotti manifatturieri ad alto contenuto tecnologico tende a crescere: dal 6% del 1991 al 10,4% del 2005; si evidenzia così un graduale aumento delle esportazioni proprio di quei prodotti che meno risentono della concorrenza legata al basso costo del lavoro dei nuovi Paesi emergenti. Stessa dinamica per le merci ad alto contenuto tecnologico in Emilia Romagna: la quota dell'export passa dal 4,1% del 1991 al 6,9% del 2005.

Inizio Pagina   9.8 L'innovazione

In Europa nel 2003 più della metà della spesa in Ricerca e Sviluppo (64,1%) viene gestita dalle imprese seguite dalle università (21,9%) e dalle amministrazioni pubbliche (13%). In Emilia Romagna invece le imprese sostengono il 58,5% della spesa, le università il 33% e le amministrazioni pubbliche l’8,1%. In Italia si presenta una distribuzione un po’ più equilibrata tra il settore delle imprese e quello delle università; ancor più in Veneto dove il 45,1% della spesa viene sostenuta dalle imprese e il 44% dalle università.

Entrambe le regioni scontano comunque una generale situazione di contenimento della capacità innovativa nazionale: l’Emilia Romagna nel 2003 riporta una quota della spesa in ricerca e sviluppo rispetto al Pil pari all’1,23%, al di sopra del valore nazionale che è dell’1,14%; il Veneto, invece, si attesta ancora al di sotto dell’1%. L’incremento dal 1995 al 2003 è stato comunque molto sostenuto in Italia quasi a voler guadagnare terreno rispetto al più elevato livello europeo dell’UE.

La tendenza positiva di lungo periodo registrata nella spesa si conferma anche nell’impiego di personale. Nel 2003 rispetto al 1995 in Emilia Romagna e in Veneto si è avuto un incremento del personale addetto alla R&S – rispettivamente del 37,2% e del 40,4% - portandosi a 3,7 addetti per mille abitanti in Emilia Romagna e a 2 in Veneto, a fronte di un valore pari a 4,4 nell’UE25.

Nel 2003, in termini di spesa in R&S per addetto impiegato, l’Emilia Romagna, il Veneto e l’Italia, sono in linea con la tendenza positiva europea di questi ultimi anni e sono riuscite a ridurre il gap che le divideva dall’UE25; in particolare l’Emilia Romagna con i suoi 93.613 € ha superato il Veneto (90.276 €), l’Italia (91.263 €) e l’UE25 (93.115 €).

Inizio Pagina   9.9 Il potenziale umano

La popolazione dell’Emilia Romagna si contraddistingue, rispetto ad altre regioni italiane, compreso il Veneto, per la discreta percentuale di persone laureate: secondo i dati rilevati all’ultimo censimento, nel 2001 oltre l’8% aveva completato il livello di istruzione universitario, contro il dato veneto pari a 6,5%. Anche la quota dei diplomati emiliani si rivela superiore sia rispetto a quella veneta che alla media nazionale: infatti, sebbene in Veneto si sia rilevato nell’ultimo decennio un costante innalzamento del livello di istruzione, la percentuale di coloro che sono in possesso nel 2001 di un diploma superiore è pari al 25,9%, in linea con il dato italiano, ma inferiore al 26,7% dell’Emilia Romagna; tutto ciò conferma la volontà crescente delle famiglie di investire sull’educazione e garantire così ai propri figli un futuro migliore.

Il sistema universitario emiliano si caratterizza per una considerevole attrattività, soprattutto se confrontato con quello veneto, in quanto, rapportando gli iscritti alle università dell’Emilia Romagna, di qualunque provenienza essi siano, alla popolazione tra i 19 e i 26 anni residente nella stessa, la percentuale già elevata nell’anno accademico 1998/99 (41,3%), passa in soli sei anni ad oltre il 52%, ponendosi costantemente al di sopra della quota nazionale e ancor più di quella veneta. Una crescita quella emiliana, ben lontana da quanto si registra nella nostra regione, dove l’incremento è inferiore ai cinque punti percentuali, arrivando nell’anno accademico 2004/05 al 27%.

Tuttavia c’è da rilevare che, anche nel Veneto, migliora la capacità di completare con successo i corsi universitari: in sei anni ha quasi raddoppiato il suo contingente di laureati contribuendo per quasi l’8% sul totale nazionale. Quasi il 10%, invece, il tributo emiliano, i cui laureati in questi anni sono aumentati di circa il doppio.

Inizio Pagina   9.10 La domanda di laureati nelle imprese

I nuovi assunti da parte delle imprese emiliane previsti per il 2005 (nota 6) sono circa 60.000, il 9,3% rispetto al totale nazionale, valore appena superiore a quello veneto (9,1%). In Emilia Romagna emerge una generale contrazione della domanda rispetto all’anno precedente pari a circa il -7%, ancora più accentuata nel Veneto, -8,4%. Nella media italiana il fenomeno è invece meno marcato, -3,9%.
Per quanto riguarda l’assunzione di laureati, l’Emilia Romagna, con una previsione di 5.470 nuovi posti di lavoro a loro destinati, contribuisce per il 9,6%, su base nazionale, valore questo, superiore a quello del Veneto che si ferma al 7,5%. Pur essendo prevista anche in questo caso una diminuzione dei nuovi posti di lavoro, questa è molto meno accentuata nell’Emilia Romagna (-0,7%) rispetto a quella prevista sul totale delle assunzioni. Tale dato è pur sempre in controtendenza sia col dato nazionale ove i laureati assunti crescono di circa un punto percentuale, sia rispetto al Veneto dove la domanda di laureati si prevede che aumenti del 14%.
Le considerazioni sopra riportate si traducono in una tendenziale crescita nel numero dei laureati neoassunti rispetto al totale dei neoassunti stessi.
Fra le categorie di specializzazione dei laureati preferite da parte delle aziende emergono quelle relative a professioni tecniche, scientifiche e manageriali specie a livello dirigenziale. In Emilia Romagna la previsione di assunzioni di laureati specializzati in professioni tecniche rappresenta da sola il 49,4% del totale dei laureati, valore che spicca sia rispetto al dato nazionale che a quello del Veneto stesso.

Inizio Pagina   9.11 La situazione occupazionale

Considerando il quadro occupazionale nel 2005 (nota 7) rispetto all’anno precedente, Veneto ed Emilia Romagna sono tra le regioni italiane che più hanno assorbito, all’interno del loro sistema produttivo, il maggior numero di lavoratori italiani: oltre il 16% del totale nazionale in Emilia Romagna e più del 13% in Veneto. In entrambe le regioni, si assiste in quest’ultimo decennio ad una significativa crescita occupazionale: quasi il 16% in più nel 2005, rispetto al 1995, è il numero di occupati nel mercato del lavoro veneto ed il 10% in quello dell’Emilia Romagna; andamento positivo in parte condizionato anche dal prolungamento della vita attiva oltre che da un effettivo aumento dei posti di lavoro, che si è riflesso anche sui tassi di occupazione. Infatti, in Emilia Romagna, che registra per il decimo anno consecutivo il tasso di occupazione più alto fra tutte le regioni italiane, nel 2005 lavora il 68,4% della popolazione 15-64 anni contro il 63,1% di dieci anni prima; nel Veneto il tasso di occupazione passa dal 57,8% del 1995 al 64,6% del 2005. Rispetto all’anno precedente la crescita degli indici occupazionali è debole, +0,3 punti percentuali per il Veneto e solo +0,1 per l’Emilia Romagna, ma c’è da dire che entrambe le regioni si pongono su livelli occupazionali significativamente superiori alla media nazionale (57,5% nel 2005).
Per quanto riguarda l’occupazione per età, il Veneto si distingue per gli alti livelli di inserimento dei più giovani nel mercato del lavoro: il 36,3% dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni si dichiara occupato - la seconda percentuale tra le regioni italiane e superiore di quasi undici punti di quella media nazionale. Poco distante, l’Emilia Romagna, dove 35 ragazzi su 100 lavorano. Da evidenziare, inoltre, che il Veneto è la seconda regione con il tasso più alto di occupazione giovanile femminile (il 32,6% delle ragazze con 15-24 anni contro il 30,8% dell’Emilia Romagna ed il 20,8% dell’Italia).
L’Emilia Romagna, invece, si distingue, rispetto alle altre regioni italiane, per il tasso di occupazione più elevato tra i giovani adulti di età 25-34 anni, fascia che comprende anche coloro che generalmente hanno concluso gli studi universitari: ben oltre l’83% della popolazione 25-34 anni lavora, un punto percentuale in più rispetto al Veneto, contro circa il 70% del totale nazionale.
I cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella distribuzione settoriale degli occupati evidenziano una ricomposizione economica a favore dei servizi e a scapito del settore agricolo e di quello industriale. Infatti, la quota di occupati nel settore terziario passa nel Veneto dal 54% del 1995 al 57% del 2005, mentre quella degli occupati nell’area agricola e industriale diminuisce in entrambi i casi di oltre un punto percentuale, passando nel primo caso dal 5,5% al 3,7% e nel secondo dal 40,5% al 39,2%. Una situazione analoga si verifica in Emilia Romagna, dove a fronte di una crescita sostanziale del settore terziario (dal 55% del 1995 al 60% del 2005), diminuiscono i lavoratori agricoli, fino a dimezzarsi in questi dieci anni, e quelli dell’area industriale, sopratutto dell’industria in senso stretto.
Sebbene sia in Emilia Romagna che nel Veneto in questi anni sia aumentato il numero di persone in cerca di occupazione, il tasso di disoccupazione in entrambi i casi continua ad essere più contenuto di altre aree italiane. Infatti, nel 2005 l’indice di disoccupazione dell’Emilia Romagna, il più basso fra quelli delle regioni a statuto ordinario ormai da dieci anni, è pari al 3,8% della forza lavoro; 4,2% quello veneto, invariato rispetto a quello dell’anno precedente e quasi due punti percentuali più basso del dato del 1995, e 7,7%, invece, quello medio nazionale, in costante diminuzione negli anni.

L’evoluzione del contesto sociale, economico e istituzionale negli ultimi decenni ha determinato profonde trasformazioni nella realtà italiana e nel mercato del lavoro. La flessibilità è stata incentivata, soprattutto negli anni più recenti, quale strumento per sostenere la crescita del sistema produttivo, è stata inoltre stimolata da una legislazione favorevole, volta a facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e a combattere la disoccupazione e il lavoro sommerso.
La quota di lavoratori atipici è in costante crescita sia nel Veneto che, in particolare modo, in Emilia Romagna, dove nel 2003 si evidenzia un aumento di quasi quattro punti percentuali rispetto a cinque anni prima. Entrambe le regioni presentano nel 2003 un valore pari al 15,2% del totale degli occupati, quasi due punti percentuali in più rispetto al dato nazionale. Considerando, comunque, la tipologia dei contratti atipici, Veneto ed Emilia Romagna presentano comportamenti significativamente diversi. Il contratto a termine prevale in Emilia Romagna (57%), così come in Italia (61%), in Veneto, invece, oltre la metà dei dipendenti atipici (55%) lavora part-time con un contratto a tempo indeterminato.

Inizio Pagina   9.12 L'attrattività turistica

Analizziamo a questo punto l’andamento del settore turistico, fondamentale dal punto di vista economico per la capacità di generare ricchezza e occupazione. Il Veneto si conferma anche per il 2004 in prima posizione tra le regioni italiane, sia in termini di arrivi che di presenze, con quote rispettivamente pari a 14% e 15,8%. L’Emilia Romagna si colloca invece al 5° posto per arrivi e al 3° per presenze, con il 9% ed il 10,5% del flusso italiano. Sono evidenti alcune differenze; infatti se per il Veneto si nota una netta preminenza del turismo balneare, seguito a distanza dalle città d’arte, con 43% delle presenze nelle località marine e 25% in quelle d’arte, in Emilia Romagna tale distacco appare ancora più marcato, con il 73% del mare rispetto all’11% delle città.

Dal 1990 al 2004, a fronte di un aumento di arrivi di turisti in Emilia Romagna del 42,4%, il turismo veneto ha avuto uno sviluppo ancor maggiore (+54,5%), superando in tal modo anche l’incremento registrato a livello nazionale (+45,5%). Il Veneto si distingue ancor di più se si considerano le presenze, che sono aumentate nel medesimo periodo del 65,6% contro un +24,3% dell’Emilia Romagna e un +37% dell’Italia.
Le conseguenze degli eventi legati al terrorismo internazionale degli ultimi anni hanno condizionato negativamente il turismo. L’Emilia Romagna mostra fino al 2004 una perdita lieve ma costante nelle presenze, invece il turismo in Veneto, più sensibile agli eventi internazionali proprio perché caratterizzato da un flusso preminentemente straniero, dapprima ha subìto perdite più consistenti, ma ha saputo recuperare a grandi passi, riducendo sempre più il trend negativo, fino a giungere nel 2005 ad un incremento, rispetto all’anno precedente, del 4% delle presenze e del 3,4% negli arrivi.

Inizio Pagina   9.13 La provenienza

Entrando nel dettaglio della nazionalità dei turisti, si nota che in Veneto la quota di stranieri è più rilevante di quella degli italiani a differenza di ciò che succede negli altri territori esaminati: nel 2004 è pari al 56,8% delle presenze in Veneto, contro 23,2% in Emilia Romagna e 40,8% nell’intera penisola.
Tra le provenienze straniere, in Veneto, come in Emilia Romagna e in generale in Italia, i turisti tedeschi occupano il primo posto, ma nella nostra regione giungono a rappresentare una quota tanto consistente da distaccarsi nettamente dalle altre nazionalità, superando il 20% delle presenze complessive. Seconda provenienza estera in ordine d’importanza risulta per il Veneto l’Austria, mentre per l’Emilia Romagna appare la Svizzera.




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Note

  1. Il reddito disponibile è ciò che rimane del reddito primario, ovvero della capacità delle famiglie di produrre reddito con l’impiego del proprio lavoro e del proprio capitale, dopo la fase di distribuzione secondaria che opera la detrazione delle imposte correnti e dei contributi sociali e l’addizione delle prestazioni sociali e dei trasferimenti netti.

  2. Consumi finali della contabilità nazionale = consumi delle famiglie + consumi delle amministrazioni pubbliche + consumi delle istituzioni private.
  3. Banca dati REPRINT, ICE, Politecnico di Milano.
  4. (Investimenti diretti all'estero - Disinvestimenti diretti all'estero) *100/Pil). Gli investimenti diretti all'estero considerati non tengono conto delle componenti rappresentate dai crediti commerciali e dalle transazioni del settore bancario per le quali non è disponibile la disaggregazione regionale.
  5. Classificazione standard OCSE (2003), basata sui valori mediani della distribuzione della spesa in R&S in rapporto al valore aggiunto in ciascun settore di classificazione in dodici Paesi membri nel 1999, che suddivide i prodotti del settore manifatturiero in quattro categorie (alta tecnologia, tecnologia medio alta, tecnologia medio bassa, bassa tecnologia).
  6. Dati forniti dal Sistema Informativo Excelsior che è una banca dati sul mercato del lavoro e sul fabbisogno da parte delle imprese di risorse umane, realizzata dall’Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Unione Europea su un campione di oltre 100.000 imprese.
  7. Nel 2005 l’occupazione in Italia cresce ancora, +0,7% rispetto all’anno precedente e +1,4% se confrontato con il dato del 2003; effetto dovuto anche in parte alla continua regolarizzazione dei cittadini stranieri: gli occupati stranieri sono ormai circa il 5,4% dei lavoratori totali, e per poco meno di due terzi si concentrano nel Nord.

Emilia Romagna : mappa fisica
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Emilia Romagna: mappa fisica
Italia
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Italia
Figura 9.1
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.1
Tabella 9.1
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Tabella 9.1
Tabella 9.2
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Tabella 9.2
Figura 9.2
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Figura 9.3
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Figura 9.4
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.4
Tabella 9.3
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Figura 9.5
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.5
Figura 9.6
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Figura 9.7
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Figura 9.8
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Figura 9.9
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Figura 9.10
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Figura 9.11
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Tabella 9.4
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Tabella 9.4
Figura 9.12
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Figura 9.13
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Figura 9.14
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.14
Tabella 9.5
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Tabella 9.6
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Figura 9.15
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Figura 9.16
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.16
Figura 9.17
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.17
Tabella 9.7
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Tabella 9.7
Figura 9.18
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.18
Figura 9.19
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.19
Figura 9.20
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.20
Figura 9.21
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.21
Tabella 9.8
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Tabella 9.8
Figura 9.22
Il Veneto si confronta con l'Emilia Romagna - Figura 9.22

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