8. Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II)

Inizio Pagina   8.4 La ricerca e sviluppo

Un indispensabile veicolo per migliorare le capacità di crescita del sistema è l’investimento in attività di ricerca e sviluppo. Purtroppo la capacità innovativa del Veneto risulta insufficiente rispetto a tutte le altre regioni, con la sua ridotta dimensione di spesa in R&S rispetto al Pil, inferiore all’1% nel 2001 (nota 11), e ancora pari a 0,72% nel 2003. Maggiormente incisivo risulta infatti tale genere di investimento nelle altre regioni europee, 3,89% del Pil nel Baden-Württemberg e circa 3% nella Baviera, entrambe già sopra l’obiettivo europeo del 3% posto a Lisbona nel 2000 e anche alla media europea, pari a 1,92%, che però è ancora distante dal proprio target.

Il mondo imprenditoriale è il principale motore della ricerca in UE, in quanto gestisce il 65% del totale della spesa; ciò avviene in tutte le regioni confrontate tranne che in Toscana, dove le Università contribuiscono per il 53,4%; nel Veneto la spesa è quasi equiripartita tra imprese e università. Sembra che proprio la strada imprenditoriale sia quella da intraprendere per aumentare la spesa in rapporto al Pil: nelle regioni dove l’obiettivo europeo è già raggiunto, infatti, le imprese spendono una quota che si aggira attorno all’80% del totale. Tra le regioni italiane, è il Piemonte, con il 76,9% speso dalle imprese, che detiene la quota più elevata di spesa in rapporto al proprio prodotto, 1,74%.

Le considerazioni che seguono ci inducono a ritenere che sono comunque ancora ampi i margini di sviluppo e che l’attuale fisiologia della crescita contiene una serie di elementi positivi tendenti ad accorciare le distanze con i migliori perfomer europei.

Inizio Pagina   8.5 Il capitale umano altamente specializzato

L’investimento in capitale umano altamente specializzato risulta prioritario nella regione spagnola, che si guadagna il primo posto tra tutte quelle poste a confronto sia per ciò che riguarda la quota di popolazione con un livello di istruzione universitario, 21,6%, che per percentuale di occupati laureati, 32,2%. In tutte le regioni estere risulta preponderante la preparazione universitaria del capitale umano: le diverse quote regionali di occupati laureati sul totale sono tutte superiori al 24%. Il Veneto non brilla in questo campo, ma dimostra, assieme alle altre regioni italiane, una spiccata dinamicità negli anni recenti, data da un incremento di circa il 16% degli occupati laureati dal 2001 al 2004 e del 17% della quota di popolazione con istruzione universitaria.

Inizio Pagina   8.6 Le persone che producono innovazione

Il capitale umano impegnato nel campo della scienza e della tecnologia è certamente il potenziale più favorevole all’incremento della competitività dei nostri sistemi in osservazione. Tutte le regioni estere con le quali ci confrontiamo possiedono quote di popolazione attiva con un grado di istruzione in materie scientifiche o tecnologiche nettamente superiori a quelle delle regioni italiane: la Catalogna possiede il potenziale maggiore, 35,8% nel 2004, il Piemonte occupa invece l’ultimo posto con il 13,4% della popolazione attiva. Il Veneto, che ha il 15,2% di cervelli preparati per operare in campo scientifico, ha però manifestato nel decennio 1995-2004 il massimo sviluppo, con una variazione positiva del 52%.

Non è però detto che la popolazione con una tale preparazione trovi soddisfazione in un ambito occupazionale adeguato: sono infatti molte meno le persone più fortunate che possono applicare nel lavoro ciò che hanno appreso durante il loro corso di studi, si distingue sempre il gruppo di regioni straniere – il massimo valore lo si registra per il Baden-Württemberg con il 18,3% - rispetto alle italiane – dal 9% del Piemonte all’11,7% della Lombardia. Il 9,6% della popolazione attiva veneta ha studiato e lavora in ambiti scientifico-tecnologici, ed anche in questo caso possiede uno dei più alti potenziali in crescita, +47% in dieci anni.

A confermare questa tendenza e scendendo più nello specifico, il settore dell’alta tecnologia nel manifatturiero, contrariamente all’andamento generale del settore, ha visto nel Veneto un incremento decennale di occupati pari al +11%, secondo alla Catalogna, dove l’aumento è stato di circa il 52%, mentre in tutte le altre regioni si è persa una consistente quota di occupati in questo campo.

Inizio Pagina   8.7 Il contesto occupazionale

La situazione descritta si inquadra in un contesto occupazionale generalmente più favorevole nelle regioni estere, i cui tassi di occupazione nel 2004 sono tutti superiori alla media europea: Baden-Württemberg, 69,4%, e Baviera, 69,5%, hanno praticamente già raggiunto il target europeo del 70% posto sempre per il 2010; tra le regioni italiane confrontate, l’Emilia Romagna ha l’indice più elevato pari al 68,4%, la Toscana è fanalino di coda con il 63,4%, in posizione intermedia il Veneto con il 64,4% delle persone di 15-64 anni che lavorano (nota 12).

Ma la tendenza di medio periodo ci dice che le regioni italiane stanno velocemente guadagnando terreno; ciò risulta dall’incremento dei tassi di occupazione del 2004 rispetto al 1999, +4,9 punti percentuali nella media nazionale, +3,9 nel Veneto. Piuttosto stabile invece la dinamica registrata nelle regioni estere. Il maggiore impulso proviene dall’occupazione femminile, anche questa, pur posizionandosi su livelli inferiori, maggiormente in crescita nelle regioni italiane rispetto alle europee.

Il Veneto risulta la seconda regione, dopo la Catalogna, per tasso occupazionale maschile, 76,3%; è invece ultimo in graduatoria per occupazione femminile, 52,3%, inferiore anche alla media europea pari al 55,5%. E’ interessante però notare come questo sia dovuto al permanere di criticità occupazionali per le donne di età media ed avanzata, cosa che fa ritenere che il gap verrà superato con l’avanzare delle generazioni. Infatti sia le giovanissime di età compresa tra 15 e 24 anni che le più mature 25-34enni lavorano nel Veneto per quote già molto elevate, 37,1% il tasso di occupazione nel primo caso, inferiore solo ai due colossi della Baviera e del Baden-Württemberg, 72,7% nel secondo caso, inferiore solo ad Emilia-Romagna e Lombardia tra le regioni italiane; quest’ultime tutte assieme, a parte la Toscana, mostrano in tal caso di competere solidamente con le proprie vicine d’oltralpe.

Viene inoltre condiviso a livello europeo che l’aumento della base occupazionale non può prescindere dall’incentivare alla partecipazione le classi di popolazione più anziana, di 55-64 anni, tanto da farne un obiettivo da raggiungere entro il 2010. In questo caso tutte le regioni italiane scontano una situazione strutturale che, incentivando la fuoriuscita di questi lavoratori dal mercato del lavoro, ha fatto si che i relativi tassi occupazionali siano tutti inferiori alle altre regioni europee, tra le quali l’indice più elevato è del Baden-Württemberg, 48,6%, mentre Rhône-Alpes, anche a causa della propria struttura demografica, essenzialmente più giovane rispetto a tutte le altre regioni, è ultima tra le europee poste a confronto, 34,7% infatti sono gli occupati in questa classe d’età.

Risulta chiaro dalla lettura dei dati relativi all’occupazione part-time che la più ampia partecipazione al mercato del lavoro delle regioni europee passa da una loro maggiore propensione alla flessibilità: Baden-Württemberg e Baviera possiedono quote di occupati part-time rispettivamente del 24,2% e 22,7% degli occupati totali nel 2004, sensibilmente superiori alla media europea, 17,7%; solo la Catalogna dimostra di utilizzare poco questa forma contrattuale, 8,8%.
Le regioni italiane hanno quote di occupati part-time comprese tra il 12% ed il 14%, ma nel medio periodo dal 1999 al 2004 tale forma lavorativa, che nella media nazionale si è sviluppata del 60,4%, ha avuto un incremento regionale teso all’accorciamento delle distanze con il livello europeo: l’aumento va dal +44,4% del Veneto al +59,8% del Piemonte.
Dalla distinzione per genere risulta evidente che sono le donne ad usufruire principalmente di questa possibilità, sono addirittura quasi il 46% le occupate part-time sul totale nel Baden-Württemberg; sotto questo profilo il Veneto, con il 27%, è prima tra le regioni italiane.
Per indisponibilità e disomogeneità di informazioni non è possibile valutare altre forme di flessibilità quali l’occupazione a tempo determinato che, come indicato nella prima parte di questo rapporto, non è altrettanto preponderante nel Veneto rispetto alle altre regioni italiane.
Alla più elevata partecipazione delle regioni europee al mondo del lavoro corrispondono tassi di disoccupazione mediamente più elevati: 9,7% l’indice in Catalogna, superiore anche a quello medio europeo, pari al 9,2%, fino al 6,3% della Baviera, il Veneto, con il 4,2% di disoccupati sulla forza lavoro, ha un valore superiore solo a Lombardia, 4%, ed Emilia Romagna, 3,7%.

Inizio Pagina   8.8 L'accessibilità

Consideriamo ora, al termine di questa comparazione, alcuni aspetti che rispecchiano ancora lo sviluppo e le potenzialità propri delle regioni considerate.
Da un’analisi realizzata dall’Eurostat nella seconda metà degli anni novanta sul trasporto delle merci su strada è possibile trarre alcune indicazioni sulle condizioni logistiche delle regioni poste a confronto che hanno certamente inciso sulla loro competitività, e nonostante i dati siano temporalmente disomogenei e piuttosto datati, possiamo in qualche modo dimensionare il fenomeno e collegarlo all’impatto che esso ha avuto successivamente sui diversi territori.
Nella considerazione del tempo medio di viaggio, espresso in km, necessario per raggiungere le altre regioni dell’Unione europea, il Veneto risulta piuttosto penalizzato con i suoi 1.413 km di tragitto da percorrere; ma la prima ad essere svantaggiata è la Catalogna, con 1.565 km, e subito a seguire la Toscana, 1.417 km. E’ stato inoltre calcolato un intervallo ammissibile per il tragitto percorribile da un mezzo pesante che voglia raggiungere un’altra regione europea: considerando il percorso per raggiungere la regione più distante, la Baviera si troverebbe nella condizione più favorevole se si considera che ipoteticamente il viaggio dovrebbe essere al massimo di 8.912 km, la Catalogna invece, data la sua posizione più periferica, è svantaggiata rispetto alle altre, con i suoi quasi 10.000 km, il Veneto, con al massimo 9.210 km da percorrere, mantiene una posizione relativamente favorevole, collocandosi al 3° posto dopo Baviera e Baden-Württemberg.
Altre informazioni quali i km percorsi per km autostradale da tutti i mezzi pesanti giornalmente, mettono la Lombardia in una situazione particolarmente congestionata tra le regioni italiane risultando in vetta alla graduatoria per circa tutte le tipologie di traffico. In termini di km tracciati a percorso intra-regionale è interessante notare come un primo gruppo di regioni, tra cui Baden-Württemberg, Lombardia e Baviera, che possiamo definire ad elevata percorrenza, si stacca notevolmente dalle altre. Il Veneto si pone nel secondo gruppo con una consistente mole di km tracciata quotidianamente, più di 1milione e 600 mila.
I viaggi di trasporto merci che originano invece dal territorio regionale vedono la Lombardia al primo posto, e dimostrano che anche il Veneto è particolarmente interessato da questa tipologia di traffico originando dal proprio territorio più di 11 milioni km complessivi per unità chilometrica autostradale. Andamento analogo si riscontra in termini di attrattività: quasi 16 milioni i km tracciati dai mezzi che si dirigono in Lombardia, segue il Veneto con più di 10 milioni km per chilometro autostradale, ultima la Catalogna con 5 milioni e 186 mila km.
In Emilia Romagna si riscontra una spiccata preponderanza del traffico di attraversamento, che risulta rilevante anche nel Baden-Württemberg e subito a seguire nel Veneto con quasi 13 milioni di km quotidianamente percorsi, che rendono conto delle criticità che questi territori si trovavano ad affrontare già alla fine degli anni novanta.
Da allora certamente questa tipologia di traffici non si è ridotta in quanto il volume degli scambi e delle relazioni economiche delle diverse regioni è aumentato, e gli aspetti inerenti l’accessibilità determinano sempre di più in che misura un territorio può partecipare al generale processo di crescita economica. Alcuni studi effettuati dall’Istituto Bak Basel Economics sull’accessibilità delle regioni quale benchmarking di riferimento per il periodo 2003 hanno consentito il calcolo di due generi di indicatori in merito: l’accessibilità globale, che misura la connessione di una regione con quelle di altri continenti; l’accessibilità continentale, che misura il collegamento tra regioni europee. Si intende qui l’accessibilità in origine, in altre parole quanto facilmente le altre regioni possono essere raggiunte da quella in questione (nota 13).
Tra tutte le aree prese da noi in considerazione Baden-Württemberg ha la migliore accessibilità globale, e si colloca tra le prime trenta aree mondiali selezionate per il confronto, mentre la Baviera segue piuttosto distanziata; vi sono quindi la Lombardia e il Rhône-Alpes, all'incirca nella prima metà della classifica, quindi il Veneto, che, assieme a Catalogna e Piemonte, si trova tra gli ultimi 40 territori. La situazione migliora se si considera l’accessibilità continentale, resta tra le prime posizioni il Baden-Württemberg, segue stavolta la Lombardia, quindi Baviera, Rhône-Alpes e Veneto, ultime Piemonte e Catalogna.
A fronte degli elevati volumi di traffico merci e di un’accessibilità potenziale di livello medio-alto, in termini di dotazione infrastrutturale il Veneto risulta, secondo un indice sintetico medio dei sistemi locali del lavoro (nota 14) regionali, elaborato dall’Isfort, che tiene conto sia della dotazione fisica che delle distanze, dei tempi di percorrenza e del volume di merci trasportate, al quarto posto tra le regioni del centro-nord per facilità di accesso, dopo Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte.

Inizio Pagina   8.9 L'attrattività turistica

La visione di un’area fortemente coinvolta nei processi di interscambio di merci ci restituisce un’idea di forte sviluppo economico ma desta certamente l’attenzione su problematiche di impatto territoriale. Il fenomeno dell’attrattività turistica, cui è dovuta buona parte dello sviluppo e della fama del Veneto visti anche in una dimensione mondiale, è certamente positivo, considerati tutti gli indicatori che lo collocano ai primi posti delle diverse classifiche. E’ per questo che in alcuni particolari periodi dell’anno ed in certi luoghi di forte richiamo necessita di essere anch’esso affrontato in termini di impatto territoriale.
Tutti gli indici di turisticità e ricettività alberghiera danno infatti il Veneto ai primi posti tra le diverse regioni: sono 15,6 le presenze giornaliere negli alberghi del Veneto per 1.000 residenti nel 2004, rispetto ad una media europea a 15 Paesi di 9,3; piuttosto elevata anche la permanenza media, 3 giornate; sono infine 38 le presenze giornaliere per 100 posti letto alberghieri, un’utilizzazione molto intensa rispetto alle regioni che seguono quali Lombardia, 34,8, Rhône-Alpes, 34,6, e Baviera, 33,1; solo la Catalogna presenta un indice di utilizzazione più elevato, pari a 38,3; fanalino di coda per utilizzazione l’Emilia Romagna che, nonostante l’ampia offerta alberghiera, data dai massimi tassi di ricettività e turisticità, occupa solo 28 posti letto su 100 al giorno. In termini di variazione decennale si può proprio dire che la Catalogna abbia fatto passi da gigante investendo in particolare nel settore alberghiero dove in dieci anni le presenze sono aumentate di circa il 61%.




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Note

  1. Anno per cui sono disponibili dati per tutte le regioni.
  2. I valori delle regioni italiane relativi al 2005 sono riportati nella tabella 1.1 di questo capitolo.
  3. La scelta di indicatori rappresentativi comporta una certa difficoltà, quelli tradizionali e facilmente comprensibili presentano alcuni svantaggi dal punto di vista scientifico. La comparazione dei tempi di viaggio medi non considera per esempio il fatto che le destinazioni di viaggio molto lontane vengano raggiunte meno di frequente di quelle vicine. Data la limitazione fissa del tempo, i cosiddetti modelli isocroni, che indicano quante destinazioni possono essere raggiunte in un tempo prestabilito sono arbitrari. Gli indicatori potenziali qui trattati, invece, comprendono tutte le opportunità disponibili senza alcuna limitazione di tempo e le valuta in relazione alla loro distanza temporale. Gli indicatori sono determinati per 274 regioni europee, tra le quali abbiamo individuato un livello territoriale idoneo al confronto,e 12 regioni degli Stati Uniti. Dato che l’accessibilità è un’informazione puntuale calcolata sulla base delle reti di infrastrutture che è fatta di nodi e connessioni, per ogni regione è stato designato un punto rappresentativo, la città centrale, scelta che meglio si adatta all’assunto che le regioni normalmente interagiscono con le altre economie regionali attraverso queste località. Come destinazioni da raggiungere sono state considerate 138 città fuori dall’Europa peril modello globale (144 città esclusa l’America del nord per le città degli Stati Uniti). Sono state selezionate le città che sono centri urbani d’affari di regioni con un Pil di almeno 10 miliardi di dollari statunitensi, in modoche il modello utilizzato possa coprire il 99% del potere economico mondiale non europeo.Nel modello continentale, invece, tutti i punti di origine costituiscono anche le destinazioni, cosicché il modello include oltre 300 destinazioni fino a coprire il 100% del prodotto economico europeo.
  4. Tale indice viene calcolato secondo una procedura che considera la localizzazione dei Sistemi Locali del Lavoro e dei nodi di trasporto. Sono stati selezionati i comuni in base al livello di concentrazione di addetti nel settore manifatturiero, quindi misurate le distanze e i tempi di percorrenza di ciascuno di questi dai principali nodi di trasporto. Con i dati così ottenuti si è costruita una banca dati sull’accessibilità dei distretti, considerando anche le informazioni sui volumi di merci trattate. Questi sono stati così utilizzati per costruire un indice sintetico finalizzato a misurare l’accessibilità del distretto, che varia tra 0, accessibilità nulla, e 100, massima accessibilità L’indice qui riportato risulta da un’elaborazione effettuata sulla base dei Sistemi locali del lavoro al 2001.

Figura 8.12
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.12
Figura 8.13
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.13
Figura 8.14
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.14
Tabella 8.4
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.4
Tabella 8.5
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.5
Figura 8.15
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.15
Figura 8.16
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.16
Figura 8.17
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.17
Figura 8.18
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.18
Figura 8.19
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.19
Figura 8.20
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.20
Tabella 8.6
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.6
Figura 8.21
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.21
Tabella 8.7
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.7
Figura 8.22
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.22
Figura 8.23
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.23
Tabella 8.8
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.8
Tabella 8.9
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.9
Figura 8.24
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.24
Figura 8.25
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.25
Figura 8.26
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.26
Figura 8.27
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Figura 8.27
Tabella 8.10
Il Veneto in Italia e in Europa dagli anni '90 ad oggi (parte II) - Tabella 8.10

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