14. L'ASSISTENZA SANITARIA

Continua la trasformazione dell'offerta dei servizi sanitari, già in atto da diversi anni, al fine di garantire un'assistenza più razionale da un punto di vista dei costi e, soprattutto, più mirata ai bisogni della popolazione, tenuto conto anche delle significative trasformazioni demografiche: al contenimento dell'offerta ospedaliera, cui indirizzare solo le situazioni bisognose di maggiore intensità assistenziale, si fa fronte con lo sviluppo dei servizi territoriali e residenziali.

Inizio Pagina  I servizi territoriali

In quest'ottica, un ruolo sempre più centrale viene assegnato al distretto socio-sanitario, quale centro capace di farsi carico in modo unitario e globale del bisogno di assistenza della popolazione, del singolo come della famiglia. Provvede all'organizzazione e al coordinamento delle forme di assistenza alternative al ricovero ospedaliero, ma anche più consone alle esigenze del cittadino, promuovendo sempre più l'integrazione tra prestazioni sanitarie e quelle sociali. Nel territorio regionale sono presenti 75 distretti socio-sanitari, strutturalmente ancora deboli nel 1999, attualmente più funzionali ed efficienti: servono in media una popolazione di circa 61.000 abitanti, in linea con le indicazioni nazionali. Sono operanti 7,7 medici di medicina generale per 10.000 residenti e 8,4 pediatri per 10.000 bambini di età inferiore ai quattordici anni, entrambi in aumento di oltre il 2% rispetto all'inizio del 2000. La presenza dei medici, sia di medicina generale che pediatri, risulta, quindi, abbastanza allineata con quella nazionale, precisamente pari a 8,2 medici di medicina generale e 8,9 pediatri.

Nel panorama dei servizi territoriali risulta potenziata anche l'attività del consultorio familiare, un servizio ad alta integrazione socio-sanitaria, ormai consolidato nel Veneto e tuttavia in continua evoluzione, perché chiamato a rispondere a molteplici e nuove problematiche proprie di una tipologia di utenza sempre più varia. Istituito soprattutto per tutelare la salute della madre e del bambino, deve oggi rispondere a problematiche non solo della donna, ma anche della coppia e più in generale della famiglia: il disagio giovanile, le difficoltà dei minori, soprattutto in caso di affido (409 giudiziali nel secondo semestre del 2004) e di adozioni (in media 430 all'anno negli ultimi 3 anni), i contrasti all'interno della coppia, il problema emergente della prevenzione e della cura della sterilità. Al 2003 la rete dei consultori familiari risulta ormai consolidata con 112 equipe operanti nel territorio; il numero di casi trattati sono oltre 141.000, in aumento negli ultimi anni (+1,7% rispetto al 2001), a positiva conferma di come le strutture riescano a rispondere all'incremento della domanda.

Continuano ad essere soprattutto le donne a rivolgersi al consultorio familiare, circa l'80% degli utenti contro appena il 3% dei maschi. Rispetto a qualche anno fa è, tuttavia, in aumento il numero sia delle coppie che dei nuclei familiari; quest'ultimi, ad esempio, nel 2003 rappresentano l'11% degli utenti, quando nel 2001 erano appena il 5%. Data la maggiore complessità dei casi, tra l'altro, richiedono interventi di supporto e di assistenza più articolati e mediamente più a lungo termine.

Le prestazioni sono prevalentemente di tipo sanitario (prestazioni ginecologiche, ma anche relative all'area della procreazione, della sterilità, della contraccezione e dell'interruzione di gravidanza), mentre il 33% riguarda l'area psicologica e sociale, numericamente più contenuta anche perché richiede più impegno e trattamenti mediamente più lunghi. Tuttavia, i supporti di tipo psicologico-sociale divengono sempre più necessari, tanto che nel triennio 2001-2003 aumentano del 3,5% a fronte, invece, di una diminuzione degli interventi di tipo esclusivamente sanitario (-4,5%).


Inizio Pagina  L'assistenza domiciliare

Il distretto ha anche un ruolo centrale nelle tutela delle persone particolarmente "fragili", come disabili e anziani. Per provvedere alla diversità dei bisogni, e in particolare per far fronte all'invecchiamento della popolazione e al crescente numero di persone con malattie cronico-degenerative, le azioni poste in essere dalla Regione registrano sia un ampliamento quantitativo dell'offerta, sia l' introduzione di nuove forme di intervento; tanto che il Veneto risulta essere una delle regioni italiane ed europee più avanzate per il livello di risposte assicurate alle persone in condizioni di bisogno.

Il sistema sanitario provvede con il potenziamento di strutture residenziali extraospedaliere destinate a persone non assistibili in casa, ma soprattutto cercando di favorire l'assistenza domiciliare, laddove sia possibile, al fine di evitare l'allontanamento dell'assistito dalla propria famiglia, abitazione e dalle proprie relazioni sociali. Le politiche regionali della domiciliarità mirano a individuare percorsi e progetti di assistenza finalizzati alla diversa natura dei bisogni, assicurati da professionalità sanitarie di tipo diverso e che prevedono sempre più l'integrazione con l'assistenza di tipo sociale.

Tenendo conto sia dell'assistenza di carattere esclusivamente sanitario, che di quella integrata con interventi di tipo sociale, nel 2003 gli utenti presi in carico sono 70.904, il 18% in più degli assistiti alla fine del 1999. Rispetto a quanto previsto dalla programmazione regionale, tuttavia, il livello di copertura dei servizi risulta abbastanza differenziato a seconda delle diverse forme di assistenza. Solo l'assistenza domiciliare di tipo infermieristica presenta un grado di copertura (1,7 per 100 residenti) entro il range previsto dalla programmazione regionale (1,5-1,8), mentre l'assistenza domiciliare programmata continua ad essere sovradimensionata; viceversa, sottodimensionate risultano le altre tipologie di assistenza. Rimangono evidenti le difficoltà a raggiungere gli obiettivi di copertura per l'assistenza riabilitativa e per l'ospedalizzazione a domicilio (ADI-HR), che rappresenta un livello di assistenza assimilabile a quello ospedaliero, sebbene permetta la permanenza del paziente a casa. Si nota, comunque, un impegno progressivo ed un investimento ingente per aumentare la possibilità dell'ospedalizzazione a domicilio: da 300 prese in carico del 1999 si passa a più di 700 nel 2003.

Al sostegno delle famiglie che si fanno carico dell'assistenza domiciliare di un familiare, la Regione provvede anche con contributi di tipo economico; grazie all'aumento delle risorse economiche dedicate a tal fine, sono oltre 11.960 le famiglie al 2004 che, in possesso dei requisiti previsti dalla L.R. 28/91, beneficiano di provvidenze economiche per l'assistenza domiciliare di persone, adulte o anziane, prive di autonomia fisica o psichica. Si riesce a soddisfare il 3% in più della domande dell'anno precedente, ma ben il 36% in più rispetto a tre anni prima. Inoltre, nel 2003 sono più di 1.600 le famiglie che beneficiano del sostegno economico per l'assistenza in casa di persone affette da demenza di Alzheimer, quasi il 62% delle domande ammissibili.

Accanto a questi interventi più tradizionali, la Regione cerca di provvedere e di far fronte alle nuove esigenze in atto, venendo incontro alle famiglie che si rivolgono ad assistenti familiari (badanti) per la cura dei propri cari. Dal dicembre 2002 le famiglie che stipulano un contratto con una terza persona per l'assistenza domiciliare a disabili o ad anziani hanno la possibilità di ricevere un aiuto economico di circa 200-300 euro al mese: nel 2003 sono oltre 4.560 le famiglie che usufruiscono di questo tipo di sostegno.

Tre le nuove forme di "domiciliarità" vi è anche il potenziamento dell'offerta dei centri diurni per anziani e persone disabili, per cercare di colmare i forti squilibri presenti a livello territoriale. Tra questi, i centri educativi-occupazionali diurni (CEOD): si tratta di centri socio-riabilitativi con valenza educativa, finalizzati a garantire l'integrazione sociale di persone disabili gravi o gravissime per cui non è possibile l'inserimento in un contesto lavorativo. Gli utenti sono soggetti in età giovane adulta, con condizioni ormai stabilizzate e che, pertanto, richiedono essenzialmente interventi di mantenimento, soprattutto di carattere sociale. Nell'anno 2003 nel territorio regionale sono operanti 246 Ceod, 28 strutture in più rispetto al 2000; seguono circa 5.000 persone, in aumento del 17% rispetto a tre anni prima.

Inizio Pagina  L'assistenza ospedaliera

A livello nazionale risulta confermato il trend decrescente dei presidi ospedalieri, effetto della politica di riconversione e dell'accorpamento di molte strutture di piccole dimensioni; così nel Veneto, dove il numero di presidi ospedalieri nel 2003 ammonta a novanta, tre strutture in meno rispetto all'inizio del 2000, quando nel 1995 erano 102. A seguito della riorganizzazione strutturale il numero di posti letto si va progressivamente riducendo: nel 2003 le strutture sono dotate di 22.062 posti letto (nota 1), circa il 9,8% in meno rispetto all'inizio del 2000. La dotazione dei posti letto soddisfa pienamente gli standard di riferimento indicati dalla normativa a livello nazionale: al 2003 si contano 4,8 posti letto per mille abitanti, inferiore al valore richiesto di 5,5, già raggiunto, tra l'altro, a partire dal 1999.

La contrazione interessa i posti letto per degenza ordinaria (diminuiti di quasi il 9% tra l'inizio del 2000 e la fine del 2003), più marcata nei presidi pubblici che in quelli privati. Questo percorso è stato intrapreso anche con la conversione delle strutture ospedaliere dismesse in strutture residenziali extraospedaliere, che forniscono un livello di assistenza sanitaria minore, ma con una più appropriata capacità di presa in carico sociale. I posti letto per ricovero diurno, invece, negli anni più recenti sono in aumento, secondo la politica di favorire tale tipo di ricovero per un migliore utilizzo delle strutture sanitarie (al ricovero diurno nel 2003 è dedicato quasi l'11% dei posti letto).

Così, nel contesto di un'attività ospedaliera caratterizzata in questi anni da una costante riduzione del numero complessivo di ricoveri e di permanenza media nelle strutture, al ricovero ordinario si predilige sempre più quello diurno. Coerentemente con gli indirizzi nazionali si conferma un sempre maggiore utilizzo di forme di ricovero in day hospital e in day surgery, forme che, quando applicabili, si dimostrano più efficaci nella cura dei pazienti, ma anche meno traumatizzanti, oltre a comportare una riduzione dei costi, liberando risorse per il miglioramento generale dell'assistenza. La diminuzione, poi, dei ricoveri potenzialmente inappropriati (-51% rispetto al dato del 2002), come la bassa percentuale di ricoveri eccessivamente lunghi (il 4,4% dei ricoveri) o di ricoveri ripetuti entro trenta giorni (1,2% dei ricoveri) evidenziano ulteriormente l'appropriatezza del servizio ospedaliero veneto e della qualità delle cure fornite. Negli ultimi anni, inoltre, il ricovero riguarda casi con sempre maggiore complessità, che richiedono un'elevata specializzazione e alti livelli di dotazione tecnologica, a conferma ulteriore di un adeguato utilizzo delle risorse ospedaliere. In generale, infatti, aumentano i ricoveri di tipo chirurgico mentre calano quelli di tipo medico, in ragione anche di una maggiore presa in carico da parte dei servizi territoriali. Più nello specifico, per quanto riguarda i ricoveri ordinari, sia i ricoveri di tipo medico che chirurgico sono in progressiva ma evidente diminuzione, al contrario si assiste ad un costante aumento dei ricoveri diurni di tipo chirurgico, segno di un più diffuso ricorso a interventi di day surgery, in conformità alle guide nazionali e regionali.

Parallelamente al contenimento dell'offerta ospedaliera, si osserva anche una consistente diminuzione della domanda, come evidenziato dal trend decrescente del tasso di ospedalizzazione, che misura la domanda di assistenza ospedaliera da parte dei residenti del Veneto e che trova soddisfazione nelle strutture regionali ma anche fuori Regione. Il valore del tasso passa da 211 ricoveri per mille residenti nel 1999 a 194 per mille nel 2002 e la stima per il 2003 sembra attestarsi già attorno a 188 ricoveri ogni mille residenti. Ciò nonostante, rimane ancora distante l'obiettivo di 160 ricoveri per mille abitanti indicato dalla programmazione nazionale.

La riduzione quantitativa dei servizi ospedalieri non sembra, comunque, determinare una riduzione di copertura dei bisogni assistenziali della popolazione, costringendo magari i cittadini a rivolgersi a strutture fuori dal territorio regionale o all'estero. In questi anni il numero di residenti nel Veneto che sceglie di farsi curare in altra regione rimane sostanzialmente stabile; in aggiunta il sistema sanitario regionale non perde di attrattività nei confronti delle altre regioni, dimostrando di essere dotato ormai di stabilità e di aver consolidato la propria posizione in ambito nazionale. Nel biennio 2000-2001 sono oltre 80.000 in media all'anno le dimissioni di non residenti, ossia quasi il 9% del totale delle dimissioni da parte di presidi ospedalieri regionali, mentre i veneti che preferiscono rivolgersi a strutture di altre regioni sono circa 40.000 all'anno, circa il 4,5% della totalità dei ricoveri di residenti in Veneto. La mobilità passiva è indirizzata prevalentemente verso Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige, regioni che assorbono circa l'85% delle dimissioni fuori Regione dei residenti veneti e rappresentano i naturali 'competitori', anche in ragione della loro vicinanza geografica. La mobilità attiva risulta, invece, maggiormente distribuita tra le diverse regioni italiane, tant'è che il nostro sistema sanitario non solo si presta da polo attrattore per le regioni confinanti, ma anche per quelle meridionali, in particolare Sicilia, Puglia e Campania.




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Note

  1. Si fa riferimento ai posti letto per ricovero ordinario e diurno dei presidi pubblici e privati, esclusi i posti letto autorizzati, ma non accreditati.

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