4. La situazione economica della famiglia nel Veneto

Inizio Pagina  Il reddito disponibile

"La ricchezza e i debiti degli stati oscurano spesso l'agiatezza e le passività delle famiglie e degli individui che di quelle stesse nazioni rappresentano il capitale più importante..." (nota 1).

Se nel capitolo precedente è stata esaminata la contabilità nazionale e regionale, si vuole ora scendere dal macro-dato del PIL per esaminare il micro-dato del reddito delle famiglie, confrontato con consumi, debiti e risorse individuali.

La fiacca crescita del PIL ha influenzato negativamente anche l'espansione del reddito disponibile delle famiglie, la cui variazione 2003/02 si è limitata ad un + 0,6% a livello nazionale e un +0,9% a livello regionale. Il reddito disponibile delle famiglie venete è superiore del 6,9% rispetto alla media nazionale e ne rappresenta l'8,4%; calcolato per abitante è mediamente pari a 16.900 euro nel 2003. Ciò significa che mensilmente la disponibilità del reddito delle famiglie destinato ai consumi finali ed al risparmio per abitante è stimato circa 1.408 euro. Il dato relativo alla distribuzione delle famiglie per classi di reddito è disponibile soltanto per ripartizione territoriale. Considerando comunque l'omogeneità del Veneto rispetto alle altre regioni del nord si può affermare che nel 2002 il 57,7% delle famiglie venete ha posseduto un reddito annuale superiore a 25 mila euro e più di un quarto di esse ha superato i 40 mila euro.

Inizio Pagina  I consumi

La debole crescita del reddito disponibile ha fatto sentire il suo effetto sui consumi familiari, che dai dati del conto economico, esaminati nel precedente capitolo, risultano essere diminuiti in Veneto. La debolezza dei consumi viene confermata dal calo della spesa media mensile familiare rilevata dall'indagine sui consumi condotta dall'Istat. Nel 2002 le famiglie venete hanno speso mensilmente, in media, 2.498,6 euro, 304,4 euro in più rispetto al dato nazionale, confermandosi la seconda regione, dopo la Lombardia, nella graduatoria dei territori con spesa mensile più elevata.

Nel 2002 in Veneto la spesa media mensile si è ridotta di quasi 200 euro rispetto all'anno precedente registrando una variazione, a valori correnti, di -7,4%, ma a valori reali si calcola una diminuzione complessiva di importo pari a -9,9%, in quanto l'incremento dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività è risultato del 2,5%. L'andamento per categoria di consumo evidenzia un comportamento tipico delle fasi di stagnazione: viene diminuita la spesa per i generi non alimentari di circa 205 euro (-8,9%, in termini correnti), a fronte di un aumento verso gli alimentari e bevande di 6,4 euro mensili (+1,6%) che in realtà corrisponde ad un calo di quantità consumate se si considera l'effetto dell'inflazione.

Nel 2002 la spesa media delle famiglie per generi alimentari e bevande rappresenta il 16,1% del totale, 1,4 punti percentuali in più rispetto al 2001. La quota più rilevante è rappresentata dalla spesa per la carne, per la quale si ha un aumento del 2,9%, seguita da pane e cereali (+4,5%) e dalla voce patate, frutta, ortaggi la cui spesa si riduce del 3%. Le spese non alimentari incidono per l'83,9% sul totale e tra esse quella relativa all'abitazione (nota 2) è la più pesante: l'affitto, il condominio, la manutenzione assorbono nel loro complesso più di un quarto della spesa complessiva. Le famiglie venete spendono una quota consistente del loro bilancio mensile per i trasporti (461 euro contro i 318,5 a livello nazionale), voce peraltro in drastica riduzione rispetto all'anno precedente (-15,4%). Scendono considerevolmente anche le spese per mobili, elettrodomestici e servizi per la casa (-13,8%) e per l'istruzione (-11,4%).

Inizio Pagina  La stima del risparmio

Da uno studio condotto dalla Banca d'Italia (nota 3) risulta che nel decennio 1991-2001 la ricchezza netta (nota 4) delle famiglie venete è più che raddoppiata, aumentando ad un tasso annuale di circa il 7,5%, con punte di crescita nel 1996 (+16,8%), nel 1999 (+8,8%) e una variazione del +4,2% nell'ultimo biennio considerato. La dinamica è stata più esplosiva rispetto alla media nazionale, che peraltro è aumentata di circa il 66%.

In Veneto, nel 2001, lo stock di ricchezza è stato pari a 5,7 volte il Prodotto Interno Lordo veneto, a livello nazionale è circa 5 volte. Il 67,6% della ricchezza è rappresentato da attività reali (66,5% in Italia), ossia abitazioni, terreni e beni durevoli, il 35,5% da attività finanziarie, (36,9% in Italia), mentre le passività ne rappresentano il 3,1% (3,4% in Italia). L'aumento della ricchezza finanziaria (+121,6%) è stato superiore a quello della ricchezza reale (+102,3%). Le attività finanziarie sono state caratterizzate nel decennio 1991-2001 da una diminuzione dell'incidenza dei depositi (quasi dimezzati), da una drastica riduzione del peso dei titoli di stato (-76,4%), dall'enorme crescita delle obbligazioni e fondi comuni d'investimento (+373,2%), delle azioni (+39,2%) e di altre attività (+112,7%), costituite principalmente da fondi pensione, riserve tecniche di assicurazione, attività estere. In particolare la quota di azioni è salita molto fino al 2000, per poi ridursi l'anno dopo. Il peso delle passività finanziarie è più che raddoppiato nel decennio, favorito dai bassi livelli dei tassi d'interesse dei mutui e degli incentivi fiscali alla ristrutturazione di immobili.

La ricchezza netta per abitante delle famiglie venete nel 2001 viene stimata essere pari a 132 mila euro, circa il 20% superiore al dato nazionale (110 mila euro). Le attività reali pro-capite, 89.500 euro sono superiori del 22% alla media italiana, le attività finanziarie, 47 mila euro per abitante, sono più alte del 16% rispetto al corrispondente valore nazionale; i debiti infine, attestati sui 4 mila euro, sono il 10% in più rispetto al valore relativo all'Italia.

Inizio Pagina  La povertà nel Veneto

Per la prima volta si dispongono di informazioni sulla povertà e l'esclusione sociale a livello regionale. Basandosi sulle stime prodotte da Istat è possibile delineare la fotografia della povertà nel Veneto nell'anno 2002.

La misura di povertà relativa si basa sull'uso di una linea di povertà (valore soglia utilizzato per discriminare le famiglie povere da quelle non povere), nota come International Standard of Poverty Line (ISPL), che definisce povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite (nota 5). In Italia nel 2002 tale spesa pro-capite mensile è stimata pari a 823,45 euro. Per famiglie di ampiezza diversa le linee di povertà relativa, riportate nella tabella seguente, si ottengono dal valore precedente applicando un'opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala che è possibile realizzare all'aumentare del numero di componenti.

In Veneto si stimano 67.969 famiglie povere, risultando la seconda regione, dopo la Lombardia, con la percentuale più bassa di famiglie povere sul totale regionale delle famiglie (incidenza di povertà): entrambe le regioni assumono valori inferiori al 4% (nota 6), più specificamente il 3,9% il Veneto ed il 3,7% la Lombardia contro un valore nazionale pari all'11%. In particolare, nella nostra Regione vi sono circa 177.000 persone povere, ossia il 3,9% dei residenti, valore minimo osservato a livello regionale. Nel Nord (nota 7), la ripartizione con minore incidenza di famiglie povere (il 5%), si distinguono il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia con valori prossimi al 10% ed il Piemonte e la Valle d'Aosta con una percentuale del 7%. In tutte le regioni del Mezzogiorno l'incidenza di povertà è significativamente più elevata rispetto a quella del Nord e del Centro.

Confrontando la spesa mensile e la linea di povertà si individua il deficit della spesa che indica di quanto, in termini economici, necessita una famiglia per uscire dalla condizione di povertà.

Nel Veneto 67.969 famiglie povere hanno un deficit medio mensile di 189,3 euro contro i 224,5 euro dell'Italia; il 34,2% del totale delle famiglie povere ha un deficit inferiore a 100 euro mensili, quasi il 25% presenta un deficit compreso tra 100 e 200 euro mensili e ben il 41,2% ha un deficit superiore a 200 euro mensili.

Trovarsi in condizione di povertà non si traduce necessariamente nel sentirsi poveri. La percezione del disagio da parte delle famiglie è un fenomeno soggettivo e non oggettivo. Da un'indagine Istat finalizzata a rilevare il giudizio delle famiglie riguardo la propria situazione economica, emerge che in Italia solo l'8,7% delle famiglie si definisce povera o molto povera contro l'indicatore oggettivo che mostra, come riportato in precedenza, un'incidenza di povertà pari all'11%.

Nel Nord la percezione di povertà è particolarmente elevata in Piemonte: il 10,6% di famiglie si sentono povere; seguono Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna con rispettivamente il 7,9%, 7,7% e 7,2%.

Nel Veneto le famiglie avvertono un livello di disagio superiore a quello misurato oggettivamente: il 5,9% delle famiglie si dichiara povero o molto povero contro il dato oggettivo stimato al 3,9%. Questo è vero nella nostra regione come del resto in quelle precedentemente menzionate, ovvero il disagio viene avvertito più frequentemente in contesti territoriali dove probabilmente il confronto con gruppi caratterizzati da un alto grado di sviluppo socio- economico diffonde una percezione negativa della propria situazione.

Viceversa nel Mezzogiorno, sebbene complessivamente la percezione del disagio sia più forte rispetto al resto d'Italia (12,1% contro l'8,7%), tutte le regioni, eccetto la Sardegna, mostrano di sentirsi meno povere di quanto lo siano oggettivamente.

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